29 febbraio 2008

Rapito in Iraq l'arcivescovo di Mossul dei Caldei. Appello del Papa


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Rapito in Iraq l'arcivescovo di Mossul dei Caldei, Mons. Raho. Uccisi tre uomini che erano con lui

Il Santo Padre Benedetto XVI è stato subito informato del sequestro di SE Mons. Paulos Faraj Rahho, Arcivescovo di Mossul dei Caldei, in Iraq, avvenuto nel pomeriggio di oggi durante un agguato, nel corso del quale sono stati uccisi due guardie di sicurezza e l’autista del Presule. Mons. Rahho aveva appena terminato la Via Crucis, un rito religioso assai caro e partecipato dai fedeli in Iraq. Ciò fa pensare che l’azione criminosa sia stata premeditata.

Amareggiato per tale nuovo esecrabile atto, che colpisce profondamente l’intera Chiesa nel Paese e in particolare la Chiesa Caldea, il Papa si sente vicino al Patriarca Card. Emmanuel III Delly e a tutta quella provata comunità cristiana, come pure ai familiari delle vittime.

Il Sommo Pontefice invita la Chiesa universale ad unirsi alla sua fervente preghiera affinché prevalgano negli autori del rapimento ragione e umanità e Mons. Rahho venga restituito quanto prima alla cura del suo gregge. Rinnova anche l’auspicio che il popolo iracheno ritrovi cammini di riconciliazione e di pace
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IERI LA CONFERMA DEL CARDINAL BERTONE

Presto la terza enciclica di Benedetto XVI: sarà dedicata ai temi sociali

Arcangelo Paglialunga

CITTÀ DEL VATICANO - Le voci che circolavano da qualche tempo in Vaticano su una nuova enciclica del Papa, «di carattere sociale», hanno trovato conferma nelle parole del cardinal Bertone: il Santo Padre sta terminando la sua terza enciclica che sarà incentrata sui temi e problemi sociali internazionali con particolare riferimento ai Paesi in via di sviluppo. Il Segretario di Stato non ha però confermato le voci secondo cui l’enciclica sarà pubblicata entro marzo.
La terza enciclica si differenzia dalle due che l’hanno preceduta la «Deus Caritas est» e la «Spe Salvi», che recavano lo stilo del papa teologo che fonda il suo magistero sul richiamo alla fede e alle virtù teologali. Questa volta il tema è di carattere sociale. E se le prime due encicliche sono state frutto di studio personale, per la terza il Papa si è avvalso anche degli studi dei Pontifici Consigli impegnati in campo sociale.

Il giornale cattolico francese «La Croix» ha potuto anticipare che il tema centrale della nuova Enciclica riguarderà le problematiche della «mondializzazione», «un fenomeno che ha fatto passare il mondo dalla guerra fredda, dal suo superamento ai tempi nuovi del traffico dei prodotti, delle informazioni, agli scambi economici, ai flussi finanziari».

Ma non è detto che ciò abbia portato tranquillità e benessere a tutti: non pochi Paesi sono restati nella povertà, anzi hanno visto aggravate le loro difficoltà.
Non per nulla Benedetto XVI disse in un recente discorso: «Non si può certo affermare che la mondializzazione sia sinonimo di ordine mondiale... E i conflitti per la supremazia economica e la dominazione sulle risorse energetiche, idriche e delle materie prime, rendono difficile l’impegno di coloro che si sforzano di costruire un mondo più giusto e solidale».

Il Papa ha detto ancora: «C’è bisogno di una speranza più grande, che permette di preferire il bene comune di tutti al lusso di un piccolo numero ed alla miseria di tanti».

Facile intuire che Benedetto XVI accanto ai temi nuovi, come la difesa dell’ambiente, il riscaldamento del pianeta, affronterà temi sociali ed umani anche quelli relativi al lavoro con i suoi diritti e doveri.

Non si può dimenticare quanto affermò, suscitando svariati commenti: «È ormai evidente che solo adottando uno stile sobrio di vita accompagnato da un impegno serio per una giusta distribuzione delle ricchezze sarà possibile instaurare un ordine di sviluppo giusto e durevole».

Possono bastare per ora queste osservazioni per giustificare l’attesa di un documento che si inserisce nel solco dei grandi documenti sociali coi quali la Chiesa ha accompagnato la vita e la storia sociale dell’umanità.

Oggi il problema è la «mondializzazione». Su tutti i documenti il richiamo al rispetto totale della persona umana, della vita, della famiglia. Il nuovo documento di Benedetto XVI sarà certamente di grande importanza sul piano della dottrina e su quello delle proposte al mondo.

© Copyright Il Giornale di Brescia, 29 febbraio 2008

Visite pastorali del Santo Padre nella diocesi di Roma

Clicca qui per visionare la raccolta dei discorsi e delle omelie che il Santo Padre ha tenuto in occasione delle visite pastorali nella città di Roma e nel territorio della diocesi.

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Bilancio del cardinale Bertone dopo la visita nell'isola

Per il bene del popolo di Cuba nuovo dialogo tra Chiesa e Stato

"Ho detto sia al presidente, sia alle autorità cubane che lascio nelle mani della conferenza episcopale le istanze da portare avanti nel dialogo bilaterale e nell'impegno comune per lo sviluppo e per il bene del popolo di Cuba, un popolo che Dio ama e che la Chiesa ama". Sono alcune delle parole che racchiudono il senso dell'intervista del cardinale Tarcisio Bertone rilasciata a "L'Osservatore Romano" e alla Radio Vaticana al suo rientro da Cuba e che pubblichiamo di seguito.

Eminenza, Lei è stata la prima personalità esterna a incontrare Raúl Castro, dopo la sua elezione alla presidenza a seguito della rinuncia di Fidel. Quale è la convinzione che si è fatta dal colloquio con il nuovo presidente cubano?

È vero che di fronte all'opinione pubblica mondiale sono apparso come il primo rappresentante del mondo diciamo socio-politico e religioso a incontrare il nuovo presidente del Consiglio di Stato e nuovo presidente della Repubblica dopo la sua elezione.
L'incontro era fissato fin dal mio arrivo a Cuba. Raúl Castro ha ricevuto insieme con me la delegazione della Chiesa cattolica con una folta delegazione governativa. All'incontro hanno preso inizialmente parte i due vicepresidenti del Consiglio di Stato, Esteban Lazo e Carlos Lage; il ministro degli affari esteri Pérez Roque e la delegazione che mi accompagnava: il cardinale Jaime Ortega, arcivescovo dell'Avana; l'arcivescovo Luigi Bonazzi, nunzio apostolico; monsignor Juan García Rodríguez, presidente della Conferenza episcopale; il vescovo di Holguín, Juan de Dios Hernández segretario della Conferenza episcopale e monsignor Emilio Aranguren Echeverría.
Il colloquio è stato dapprima aperto a uno scambio di impressioni su Cuba e sulla vitalità della Chiesa cattolica. Poi ho incontrato privatamente il presidente per un faccia a faccia di 55 minuti. Era stata una mia richiesta precisa e il neo presidente ha risposto positivamente. Abbiamo così potuto esaminare insieme problemi sia interni, attinenti la società cubana e i rapporti bilaterali, sia internazionali.

Può riferire qualche dettaglio del suo colloquio con il Presidente Raúl?

Abbiamo affrontato anzitutto la questione della permanenza dei valori nella società cubana. Anche il presidente Raúl è preoccupato della caduta dei valori nella società, soprattutto nel mondo giovanile. Egli deve guidare il Paese verso una nuova tappa della sua storia sociale, politica e religiosa.
La preoccupazione per i valori e per la formazione dei giovani è pertanto una preoccupazione condivisa. Ci si chiede come vincere la disaffezione dei giovani nei confronti dei valori, come ascoltare le istanze e rispondere alle aspirazioni del popolo cubano. Su questo punto abbiamo convenuto che la Chiesa può dare un grande contributo nella formazione dei giovani ai valori. Il governo intende puntare sulla formazione dei giovani ai valori fondamentali attraverso i rinomati centri educativi superiori e universitari di cui Cuba dispone, e la Chiesa può contribuire molto efficacemente a perseguire un tale obiettivo educativo.
Un secondo punto che abbiamo trattato riguarda l'azione della Conferenza episcopale e della Chiesa in relazione a quei problemi concreti che possono sorgere all'interno di una nazione, come ad esempio la costruzione di nuovi edifici di culto. Nella Chiesa in Cuba c'è molto fervore, soprattutto nei gruppi spontanei e nei gruppi giovanili. C'è un bel rapporto tra i sacerdoti, i religiosi e la società. La Caritas è molto stimata dal Governo cubano per la rete di attività che svolge soprattutto a favore dei più bisognosi, dei poveri e degli anziani. Esiste il problema concreto del riconoscimento della personalità giuridica alla Chiesa cattolica e di uno statuto giuridico per la Caritas. Si tratta di problemi che saranno studiati successivamente dal Governo e dalla Conferenza episcopale.
Il presidente Raúl ha parlato, nel suo discorso di investitura, del rispetto della istituzionalità e delle istituzioni. A Cuba esiste questo problema anche per la Chiesa cattolica e per le sue varie istanze; problema che potrà essere affrontato bilateralmente e, si auspica con l'apertura e il coraggio necessari. Siamo poi passati ad una attenta valutazione della panoramica internazionale.

L'opinione pubblica si attendeva qualche passo in favore dei prigionieri politici. Ne avete parlato?

Abbiamo parlato del problema dell'assistenza ai detenuti. Soprattutto dell'assistenza spirituale nei confronti dei detenuti cattolici e non cattolici.
Ho presentato al presidente Raúl una lista di nomi di prigionieri da prendere in considerazione per ragioni umanitarie, pur nel rispetto della sovranità di Cuba, dei diritti di tutti e quindi anche dei diritti del governo. Ho manifestato la preoccupazione della Chiesa per le famiglie dei detenuti.
Il presidente ha sottolineato l'importanza di praticare a livello internazionale il dinamismo della reciprocità; si è detto disposto a trattare tutti i problemi con grande apertura ed anche a fare dei gesti concreti, in presenza di una reciprocità, nel rispetto dell'identità e della sovranità del popolo cubano.
Come è noto, i problemi cruciali di Cuba sono quelli dell'embargo imposto dagli Stati Uniti e delle sanzioni economiche dell'Unione europea che frenano il suo sviluppo e non permettono di venire incontro alle gravi difficoltà socio-economiche che affliggono l'isola. Il presidente ha posto a tale riguardo anche il problema dei cinque prigionieri cubani negli Stati Uniti e quindi la questione di un trattamento umanitario anche per loro, con la eventuale possibilità di scambio.

Lei ha ripetuto un appello molto caro ai cubani per la fine dell'embargo economico. Ma lo ha fatto anche in prospettiva di nuovi scenari che si delineano nell'isola e quale segno di incoraggiamento a un dialogo con gli Stati Uniti e con l'Ue che volti finalmente pagina?

Sì, questa è l'aspettativa del presidente e credo che sia un'aspettativa di tanti uomini e donne di buona volontà. Come è noto, a causa dell'embargo chi soffre di più è il popolo. In questo caso il popolo cubano. Una delle conseguenze dell'embargo riguarda anche le banche, che non possono fare transazioni economiche per Cuba e per i cubani, e questo è un impoverimento, un modo di impedire anche il flusso di aiuti economici alle singole famiglie e alle singole persone.
Da parte mia ho assicurato che la Santa Sede si adopererà perché vengano almeno ridotte queste sanzioni, se non eliminate. Poi, certamente questo deve comportare uno sviluppo verso una maggiore libertà, verso un riconoscimento dei diritti personali e sociali, politici ed economici. Ci sono già dei passi promettenti, perché Cuba si appresta a firmare le due convenzioni delle Nazioni Unite proprio sui diritti personali, sociali, economici e politici. Si tratta di un passo che permetterà una verifica sul campo anche da un punto di vista prettamente giuridico.
Ma, come disse Giovanni Paolo II non bisogna solo pretendere che Cuba si apra al mondo, accetti certi criteri imposti dall'esterno, ma che il mondo si apra a Cuba, e che anche gli Stati Uniti e l'Unione europea abbiano maggiore fiducia in Cuba.

Come interpretare il silenzio su Fidel Castro anche in momenti ufficiali e negli incontri che lei ha avuto con le autorità?

Anzitutto abbiamo parlato frequentemente di Fidel Castro; non c'è stato un silenzio su di lui. Il presidente Raúl si è riferito al fratello, ha fatto votare una mozione anche dall'assemblea che ha eletto i nuovi membri del Consiglio di Stato.
Il riferimento a Fidel è molto vivo. Egli ha seguito alla televisione e alla radio molte parti della mia visita. Ha ascoltato miei discorsi e li ha commentati con il presidente Raúl. Non ho potuto incontrarlo per comprensibili ragioni di salute. Si è parlato del suo invito a Benedetto XVI a visitare l'isola e Raúl ha confermato questo desiderio, che naturalmente pone nelle mani e nel cuore del Santo Padre.
Raúl mi ha assicurato i saluti e gli auguri da parte di Fidel, che pertanto è stato più volte ricordato. Anche il comunicato dei vescovi, in cui si invitava a pregare per la salute di Fidel, è stato commentato molto positivamente dal fratello Raúl.

Perché parlando di Chiesa in Cuba, lei non ha mai usato l'espressione di Chiesa perseguitata o con libertà vigilata come invece ritengono molti critici del Governo cubano?

Perché la Chiesa in Cuba non è una Chiesa perseguitata. Incontra alcune difficoltà, esempio, come è stato detto, per la costruzione di nuove chiese o per l'insegnamento. Abbiamo parlato con il presidente Raúl anche dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali. È chiaro che questa è una meta che non può essere realizzata adesso.
Non si può fare un paragone tra la Chiesa che è a Cuba e la Chiesa che è in Italia, però la Chiesa in Cuba non è una Chiesa perseguitata nel senso storico delle persecuzioni, anche se le autorità, di fatto, seguono con particolare vigilanza alcuni Pastori della Chiesa. Ciò nonostante, in qualche modo c'è la possibilità di esprimere anche pubblicamente la propria fede.
Non si può ignorare, naturalmente, il problema dei rapporti con i dissidenti politici, ma, tornando alla situazione della Chiesa, c'è stata una certa apertura anche per le manifestazioni pubbliche, come ad esempio per le processioni o le celebrazioni all'aperto. I mezzi di comunicazione hanno dato discreto spazio alla mia visita. In momenti particolari, il cardinale, il vescovo di Santa Clara e il vescovo di Guantánamo hanno parlato anche alla televisione. Per pochi minuti naturalmente, però sono i piccoli passi che dimostrano una concreta apertura.
I ragazzi, i giovani, anche quelli della scuola latino-americana di medicina hanno manifestato pubblicamente la loro identità cattolica, la loro appartenenza alla Chiesa e l'impegno di portare valori cristiani nella società cubana. Nella mia visita nella scuola latino-americana di medicina, l'aula magna era gremita di giovani; alcuni hanno innalzato un cartello "somo de Cristo" e nessuno l'ha fatto rimuovere.
Pur con dei limiti - naturalmente non possiamo fare dei paragoni - dobbiamo accettare i piccoli passi o, come diceva un famoso personaggio, la politica dei piccoli passi, che in questi dieci anni è stata fatta e che continua ancora adesso. Io credo che ci siano prospettive di ulteriore apertura e di ulteriore sviluppo.

I suoi discorsi sono stati molto dettagliati nel descrivere la crescita pastorale della Chiesa cubana. Che cosa ha constatato che sia avvenuto a Cuba e nella sua Chiesa nei dieci anni seguiti alla visita di Giovanni Paolo II?

Sono convinto che la Chiesa si esprima attraverso tutte le realtà che sono comuni a una società viva. Si esprime attraverso le celebrazioni liturgiche vere e proprie, si esprime attraverso gruppi di formazione, si esprime attraverso l'azione socio-assistenziale, si esprime anche attraverso l'organizzazione di attività, iniziative, convegni, pellegrinaggi.
L'arcivescovo di Santiago di Cuba mi riferiva che ogni anno circa mezzo milione di persone vanno in pellegrinaggio al santuario della Madonna della Caridad del Cobre. Ho visto la crescita di questi segni di una Chiesa viva. Poi ci sono i mezzi di comunicazione sociale; c'è un bollettino "Vida cristiana" distribuito in circa sessantamila copie. È una piccola cosa, ma ci sono altre riviste, corsi di formazione, centri di spiritualità, che nel fine settimana sono pieni di gruppi.
Vedo i segni positivi di una Chiesa "normale" come in tanti altri Paesi, certo con talune limitazioni per ora. Sono segni che documentano uno sviluppo positivo di Chiesa. Le risorse sono pochissime, lo Stato aiuta il restauro di antiche chiese, di antichi centri, con grande difficoltà, perché le risorse economiche e organizzative della Chiesa sono quelle di una Chiesa povera, in un Paese che è povero. Provvidenzialmente la Chiesa riceve aiuti dall'esterno, da altre Chiese che sono gemellate con le diocesi e i piccoli centri a Cuba.
C'è anche il problema dell'ingresso a Cuba di nuovi religiosi e religiose, e di sacerdoti in aiuto alla Chiesa. Ma anche questa fase della concessione dei permessi va evolvendosi; l'ho sperimentato io stesso come arcivescovo di Genova quando ho favorito l'andata a Cuba di due sacerdoti liguri e di tre suore brignoline di Roma.
Ho potuto constatare anche un certo aumento di vocazioni sacerdotali e vocazioni religiose. Ho visto novizie, aspiranti di congregazioni religiose femminili, nuovi sacerdoti, due di essi sono nuovi salesiani cubani. Questi sono segni belli.

Dall'insieme della visita emerge una grande e reciproca simpatia tra il popolo cubano e la Santa Sede. Nel suo saluto finale lei parla di "affetto", può darne una spiegazione?

Certo la Chiesa ha una sua storia a Cuba, anche nello sviluppo della rivoluzione cubana, e fino a questi ultimi anni rappresenta un punto di riferimento essenziale. Venendo a cadere altri punti di speranza o di ideali, si vede come gli ideali che propone la Chiesa sono sempre vivi e intramontabili, come è intramontabile la Parola di Dio, la vicinanza di Dio, del Dio amico, del Dio vicino, come ripete Benedetto XVI.
I cubani hanno questa sensazione del Dio rivelato da Gesù Cristo e annunciato dalla Chiesa, che è vicino e che sostiene il popolo cubano anche nelle sue sofferenze.
Nello stesso tempo, Giovanni Paolo II con la decisione di fare quella storica visita a Cuba ha suscitato un impatto incancellabile. Il ricordo di Giovanni Paolo II è vivo in tutte le comunità, in tutti i Paesi, in tutte le città e l'accoglienza dell'inviato del Papa, del segretario di Stato del Papa è stata entusiastica. Era impressionante e commovente vedere le file di gente, di bambini, di adulti, di famiglie sulle strade dove passava il corteo con il segretario di Stato. Salutavano e battevano le mani: "Viva il Papa". Tanti, poi, si sono raccomandati alle preghiere del Papa: "Dica al Papa che preghi per noi". "Benedizione" ripetevano.
La presenza della Chiesa è una presenza di benedizione, di aiuto, soprattutto a Cuba nella sua situazione e nelle sue sofferenze.

La sua visita si è aperta con la consegna di un messaggio del Papa ai vescovi e alla popolazione di Cuba e si è conclusa pubblicamente all'università con le parole di Benedetto XVI. È parsa chiara l'intenzione di rendere presente il Pontefice in ogni sua parola e azione. Come mai?

Il Papa stesso mi ha incaricato di portare questa sua vicinanza e questo suo affetto alla Chiesa che è in Cuba, ai vescovi e a tutte le sue comunità. Personalmente essendo invitato a parlare all'università de La Habana, e anche alla scuola latino-americana di medicina - dove si formano ventimila ragazzi provenienti da vari Paesi latino-americani, ma anche da Paesi dell'Africa, da altre regioni per diventare i medici umanisti - mi veniva spontaneo citare e farmi portavoce della parola del Papa in questi ambiti molto significativi.
Come sappiamo Benedetto XVI ha una ricchezza di contenuti e anche di modalità di espressioni così convincenti che erano accolti con entusiasmo sia all'università e sia nella scuola latino-americana di medicina.

Lei pensa che Benedetto XVI risponderà positivamente all'invito di andare a Cuba, dopo tutto questo entusiasmo per il segretario di Stato?

Mi farò portavoce di questo invito. Credo che il Papa Benedetto XVI avrebbe un grande desiderio di andare a Cuba e quindi di portare un'ulteriore iniezione di speranza e di vicinanza a questa Chiesa viva e al popolo cubano. Tutto questo deve però essere compreso nel disegno dei prossimi viaggi internazionali del Santo Padre che è da precisare.

Ora che Cuba è lontana, il suo bilancio della visita pastorale risponde agli auspici della vigilia?

Direi che ha superato le attese, considerando la situazione come viene presentata dai media o da come è vista dall'esterno anche in certi ambiti ecclesiali. Avevo per questo non dico un certo timore, ma mi proponevo certe mete, pur con fiducia nella grazia di Dio che opera incessantemente, ma anche con qualche incertezza sui risultati. Ripeto: i risultati sono stati molto superiori alle attese in ciò che ho visto della vitalità della Chiesa cubana in tutte le sue componenti e nelle sue iniziative.
Fra l'altro ho incontrato una religiosa salesiana che nel mese di ottobre compierà cento anni, dei quali settantotto passati a Cuba. Per questo Paese si può dire che ha dato la vita, e questo dono non può essere inefficace, perché il Signore sa trarre frutti dai semi piantati anche quando noi dormiamo! Se Dio trae figli di Dio anche dalle pietre, tanto più dai sacrifici di coloro che si sono consacrati per il bene di questo popolo.
Ho detto sia al presidente, sia alle autorità cubane che lascio nelle mani della conferenza episcopale le istanze da portare avanti nel dialogo bilaterale e nell'impegno comune per lo sviluppo e per il bene del popolo di Cuba, un popolo che Dio ama e che la Chiesa ama.

(©L'Osservatore Romano - 1 marzo 2008)

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Intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede sull'uso corretto della formula battesimale

E' stato reso noto oggi un intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede in risposta ai dubbi sollevati riguardo alla validità del Battesimo conferito con due nuove formule in lingua inglese, utilizzate nell’ambito della Chiesa cattolica. Il servizio di Pietro Cocco.

Il problema non è linguistico, ma coinvolge il contenuto della fede cattolica. Infatti in alcuni Paesi di lingua inglese sono state utilizzate due formule che non corrispondono alle parole contenute nel Vangelo e riferite al comando di Gesù: andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

Le formule nuove in inglese, utilizzate in alcuni casi, risultano invece queste, nella traduzione italiana: la prima formula, “io ti battezzo nel nome del Creatore, e del Redentore e del Santificatore”; la seconda, “io ti battezzo nel nome del Creatore, e del Liberatore, e del Sostenitore”.

Due formule non valide, secondo la Congregazione per la Dottrina della Fede, perché non rispettano la volontà di Cristo, e non contengono l’invocazione della Santissima Trinità, con l’espressione distinta delle tre Persone con i rispettivi nomi. Il Magistero della Chiesa ha insegnato ripetutamente lungo i secoli le esatte parole per il Battesimo cristiano. Per questo la Congregazione riafferma che la diffusione di espressioni che invalidano il conferimento di un vero battesimo non può essere tollerata, né minimizzata. Il Battesimo, “lavacro di rigenerazione e di rinnovamento dello Spirito Santo”, è uno dei doni più preziosi di cui il Signore ha arricchito la sua Chiesa. E’ per mezzo di esso che “ siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diveniamo membra di Cristo; siano incorporati alla Chiesa e resi partecipai della sua missione”, come ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica.

Le parole che si usano nelle formule, come già dicevano san Tommaso d’Aquino e sant’Agostino, sono efficaci nei sacramenti non semplicemente perché sono pronunziate, ma perché esprimono ciò che è oggetto di fede.

Le nuove formule, che usano designazioni delle Persone Divine diverse da quelle bibliche, provengono dalla cosiddetta teaologia femminista. Evitano così di dire Padre e Figlio, ritenute parole maschiliste, sostituendole con i nomi di Creatore, Redentore, Liberatore. Ma così facendo sovvertono la fede nella Trinità. La Congregazione per la Dottrina della Fede invita dunque i pastori a vigilare anche su eventuali nuove formule fuorvianti. E ricorda la rilevanza ecumenica di garantirne il corretto conferimento, in forza del quale ci chiamiamo cristiani. Se una comunità perde il vero Battesimo, fa un grande salto indietro nel cammino ecumenico e si allontana dalla piena comunione che Gesù vuole e che la Lettera di san Paolo agli Efesini esprime molto bene: “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.” (Ef 4, 5-6)

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Risposte della Congregazione per la dottrina della fede a quesiti sulla validità del Battesimo

Clicca qui per leggere i quesiti e le relative risposte, approvate dal Santo Padre.

INAUGURATA LA SEZIONE FEDE E RAGIONE: "CREDE UT INTELLIGAS", "INTELLIGE UT CREDAS"

In "Papa Benedetto XVI: gli speciali del blog" e' stata aperta la sezione sul rapporto fra fede e ragione nel Magistero di Benedetto XVI e nei testi di Joseph Ratzinger: FEDE E RAGIONE: "CREDE UT INTELLIGAS", "INTELLIGE UT CREDAS". Si tratta di una prima bozza in continuo aggiornamento. Chiedo, anzi, l'aiuto di tutti per arricchire la sezione :-)
Grazie.

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Bilancio del tutto positivo: così il cardinale Tauran sull'incontro al Cairo con l'Università musulmana di Al-Azhar

La fede in Dio e l'amore per il prossimo sono le basi del dialogo interreligioso: è quanto afferma la dichiarazione finale del Comitato Congiunto tra il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e la prestigiosa Università islamica Al-Azhar che ha tenuto l’incontro annuale al Cairo il 25 e 26 febbraio scorsi. Il testo incoraggia la conoscenza reciproca tra islam e cristianesimo rilevando l’impegno delle religioni monoteistiche alla pace, alla giustizia e alla verità: un ruolo sempre più importante in un’epoca che vede crescere la violenza e il terrorismo insieme al disprezzo per i valori religiosi e per tutto ciò che è considerato sacro”. Ma per un bilancio di questo incontro ascoltiamo il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero vaticano per il dialogo interreligioso, al microfono di Giovanni Peduto:

R. – E’ un bilancio del tutto positivo. Era la prima volta che partecipavo a questo incontro annuale e mi ha colpito l’atmosfera di grande cordialità, direi di fraternità, ai nostri scambi. Il tema era quest’anno “Amore di Dio e amore del prossimo”.

Abbiamo scoperto di avere in comune questa convinzione, cioè che la fede conduce alla carità. La fede ci spinge ad amare il prossimo. La parte musulmana ha insistito molto sul fatto che secondo il Corano in materia di religione non ci sia costrizione. Allora, io ne ho approfittato per dire che questo è un principio molto bello, ma ci sono purtroppo dei Paesi dove questo principio non viene applicato e ci sono situazioni in cui i cristiani non hanno nemmeno la possibilità di avere una chiesa per praticare il loro culto. Loro hanno riconosciuto che questo è un problema e poi hanno insistito molto sulla necessità di evitare che le religioni, i loro simboli, i loro libri sacri siano oggetto di derisione da parte di alcuni mass media. Condividiamo anche noi ovviamente questo punto di vista e nel comunicato finale congiunto sono state citate le parole del Papa Benedetto XVI, quando ha ricevuto le credenziali dell’ambasciatore del Marocco nel 2006, dove dice in maniera molto chiara che questo deridere i simboli religiosi non è assolutamente giustificabile. Questi, dunque, sono i punti principali del nostro incontro. Ci ritroveremo il prossimo anno, a febbraio, qui a Roma.

D. – Lei ha già accennato, Eminenza, al comunicato congiunto: vuole dirci quali sono i punti principali?

R. – Nei punti principali si accenna alle due conferenze, ai due “papers” da parte di un padre dominicano francese e da un professore dell’università, sulla fede in Dio e l’amore per il prossimo, come base per il dialogo interreligioso. Poi, alla fine si dice una cosa molto importante, cioè che questi principi possono raggiungere la gente molto semplice, non devono essere principi solo per un’elite, ma per le persone, e questo avviene tramite la scuola. Io ho insistito molto, perché da un lato abbiamo la moschea e dall’altra parte abbiamo le chiese, e le persone si incontrano nelle scuole. Noi abbiamo una rete di scuole cattoliche nei Paesi arabi di grande qualità e penso che dobbiamo potenziare questa presenza, che fa delle nostre scuole uno strumento del dialogo concreto, del dialogo religioso concreto.

D. – Eminenza, lei al Cairo ha avuto anche contatti con le locali comunità cristiane. Parliamo anzitutto degli incontri che ha avuto con la Chiesa cattolica ...

R. – Ho presieduto la Messa di domenica scorsa nella chiesa di San Giuseppe, per un’assemblea molto variegata, essendoci 52 nazionalità. E’ stata una bella Messa, con bei canti, con il Vangelo della samaritana, in un’atmosfera familiare. Poi ho visitato il centro dei Padri domenicani, che è un centro di dialogo interreligioso islamo-cristiano, con una prestigiosa biblioteca sull’islam, una specie di Pisai. Ho visitato anche il centro dei Padri comboniani, dove molti stranieri imparano la lingua araba, e ho dato una conferenza nella sala di un parrocchia sui credenti nella società di oggi, a cui hanno partecipato 330 persone, fra cui molti musulmani. E poi, per quanto riguarda la Chiesa ortodossa, c’è stata anche una dimensione ecumenica: ho fatto visita a Papa Shenuda III, patriarca copto ortodosso di Alessandria d’Egitto e di tutta l'Africa, che è stato molto gentile.

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CATTOLICI E POLITICA: NOTA SIR

Pubblichiamo la nota SIR sul confronto politico in vista delle elezioni del 13 e 14 aprile.

Cattolici, Chiesa, politica: è uno dei temi classici, sempreverdi, del dibattito pubblico italiano. Ovvio che se ne parli, eccome, in questa campagna elettorale. Tre vicende hanno finora fatto più notizia. In occasione del “divorzio” tra Udc e gli altri partner della coalizione di centro-destra è emersa la questione del ruolo e del destino di una forza politica di “ispirazione cristiana”. In occasione dell’accordo tra partito democratico e radicali non sono mancate le dure critiche ad una “coabitazione”, nelle stesse liste del Pd tra culture e storie personali che certamente su diversi aspetti e temi sono agli antipodi, così da generare confusione e contraddizione su questioni di grande rilievo. Infine ha fatto rumore l’iniziativa del “laico” Ferrara di promuovere una lista “single issue” ,“pro life” e l’uso di espressioni americane non è casuale.
In attesa della precisa definizione delle liste e dei programmi, alcune considerazioni possono essere anticipate.

La prima è a proposito dell’ampliamento del quadro.

Negli ultimi mesi avevano fatto rumore posizioni che (in senso tecnico) si possono definire vetero-laiciste. La vicenda “La Sapienza” ne era stata in qualche modo l’apogeo. Ora i toni del dibattito pubblico sono assai diversi.

Ottima cosa, purché ovviamente non sia solamente a fini elettoralistici: tutte le forze politiche infatti hanno interesse ad intercettare il voto cattolico.


Al di là degli interessi di bottega in realtà è interesse di tutti la piena cittadinanza, nel dibattito e nell’arena pubblica, non solo dei cattolici, singolarmente o nella loro rilevanza comunitaria, ma dei temi che ai cattolici sono i più cari. Questo proprio perché le posizioni dei cattolici interpretano ed esprimono un discorso coerente, comprensivo e armonioso sulla persona, in tutte le sue dimensioni, oggi più che mai cruciale e necessario.
I cattolici insomma sono ieri come oggi una risorsa del Paese e, di conseguenza, una risorsa in Parlamento, laddove si fanno le leggi.

Il fatto nuovo di questi anni è che gli Stati sono chiamati a legiferare su temi nuovi, sensibili, cruciali. Qui i vecchi schemi di una laicità ottocentesca non servono più. E si sono scottate con la realtà quelle forze politiche che, in non poche recenti occasioni, hanno scontato la tentazione di utilizzare una identità laicista come scorciatoia più a buon mercato.

Come sappiamo la fine di un partito unitario di ispirazione cristiana ha portato a diverse forme di presenza in Parlamento.

Recenti, chiari e impegnativi documenti del magistero hanno ribadito il profilo del legislatore cristiano: non si può partecipare all’elaborazione di leggi intrinsecamente negative, mentre c’è invece molto da fare per il bene comune, anche trasversalmente.

Stiamo avviandoci verso un tempo nuovo, anche in politica, dai contorni non definiti, aperti. Potremmo azzardare un punto fermo: le nuove e molteplici forme dell’unità dei cattolici come punto di riferimento per riaffermare e così sviluppare a tutti i livelli l’identità italiana e il bene di tutti.

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PAPA: DA USA RICONOSCIMENTO A RUOLO RELIGIONI IN SPAZIO PUBBLICO

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 29 feb - A poco piu' di un mese dal suo viaggio negli Stati Uniti, papa Benedetto XVI ha ricevuto il nuovo ambasciatore di Washington e le ha espresso, in particolare, il proprio apprezzamento ''per la storica considerazione che il popolo americano ha nei confronti del ruolo della religione nel formare il dibattito pubblico e nell'illuminare l'inerente dimensione morale delle questioni sociali, un ruolo a volte contestato nel nome di una comprensione ristretta della vita politica e del discorso pubblico''. E' un fattore, secondo il papa, che si riflette ''nell'impegno di molti cittadini e governanti statunitensi nell'assicurare protezione legale al dono divino della vita dal concepimento fino alla morte laturale, nel difendere l'istituto del matrimonio, riconosciuto come unione stabile di un uomo e di una donna, e quello della famiglia''. Il nuovo ambasciatore statunitense, Mary Ann Glendon, e' persona gia' ben conosciuta da papa Ratzinger. Negli ultimi quattro anni, a partire dal 2004, la Glendon e' stata infatti presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Ma soprattutto, prima di allora, nel 1995 aveva guidato la delegazione della Santa Sede alla Conferenza delle Nazioni Unite sulla condizione della donna, a Pechino. In quell'occasione, si era distinta per la tenacia e l'abilita' con cui aveva difeso le posizione vaticane su aborto, contraccezione, salute femminile. Professoressa di diritto a Harvard dal 1986, la Glendon e' divorziata e ha tre figli.


PAPA A AMBASCIATRICE USA: FIDUCIA NELL'ONU E MULTILATERALISMO
Mary Ann Glendon ha presentato oggi le lettere credenziali

Città del Vaticano, 29 feb. (Apcom) - E' necessario collaborare con le Nazioni Unite, che sono "capaci di promuovere autentici dialogo e comprensione", secondo il Papa, che a meno di due mesi da un viaggio negli Stati Uniti, dove parlerà all'assemblea generale dell'Onu, ha ricevuto oggi le lettere credenziali della nuova ambasciatrice statunitense presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon.
"La risoluzione di questi e simili problemi - ha detto in riferimento a temi come il terrorismo internazionale e il conflitto in Medio Oriente - richiede fiducia e impegno nel lavoro di organismi internazionali come l'Organizzazione delle Nazioni Unite, che per loro natura sono capaci di promuovere autentici dialogo e comprensione, riconciliare punti di vista diversi, sviluppare politiche multilaterali e strategie capaci di rispondere alle diverse sfide del nostro mondo complesso e in rapido cambiamento".


PAPA A USA: CONTRASTARE AIDS E ARMAMENTI,DARE SEGUITO A ANNAPOLIS
"L'umanità è minacciata non solo da terrorismo internazionale"

Città del Vaticano, 29 feb. (Apcom) - Il Papa chiede alla nuova ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon, un impegno del suo paese - di cui riconosce la "leadership" mondiale - per contrastare l'aids e la corsa agli armamenti, particolarmente quelli nucleari, e per risolvere il conflitto israelo-palestinese sulla traccia della conferenza di Annapolis.

"La costruzione di un futuro più sicuro per la famiglia umana significa innanzi tutto lavorare per lo sviluppo integrale delle dei popoli, specialmente attraverso un adeguato servizio sanitario pubblico, l'eliminazione di pandemie come l'aids, più ampie opportunità di educazione ai giovani, la promozione delle donne e il contrasto alla corruzione e alla militarizzazione che storna preziose risorse da molti fratelli e sorelle nei paesi più poveri", ha detto Benedetto XVI. "Il progresso della famiglia umana è minacciato non solo dalla piaga del terrorismo internazionale, ma anche da minacce alla pace come l'accelerazione della corsa agli armamenti e il proseguire di tensioni in Medio Oriente. Approfitto dell'occasione per esprimere la mia speranza che negoziati pazienti e trasparenti portino alla riduzione ed eliminazione delle armi nucleari e che la recente conferenza di Annapolis sia la prima di una lunga serie di passi verso una pace solida nella regione".

Il discorso al nuovo ambasciatore degli Stati Uniti e' disponibile, per ora solo in inglese, qui.

L'aiuto offerto dall'attività caritativa della Chiesa non deve mai ridursi a gesto filantropico, ma deve essere espressione dell’amore evangelico...

Clicca qui per leggere il discorso che il Santo Padre ha tenuto ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio "Cor Unum".

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PRESENTAZIONE DELL’ANNUARIO PONTIFICIO 2008, 29.02.2008

L’Annuario Pontificio 2008 è stato presentato al Santo Padre questa mattina, 29 febbraio 2008, da Sua Em.za il Signor Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e da S.E. Mons. Fernando Filoni, Sostituto alla Segreteria di Stato per gli Affari Generali. La redazione del nuovo Annuario è stata curata da Mons. Vittorio Formenti, incaricato dell’Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa, dal Prof. Enrico Nenna e da altri collaboratori.

Il complesso lavoro di stampa è stato invece curato dal Rev. don Elio Torrigiani, S.D.B., dal Comm. Antonio Maggiotto e dal Comm. Giuseppe Canesso, rispettivamente Direttore Generale, Direttore Commerciale e Direttore Tecnico della Tipografia Vaticana. Il volume sarà prossimamente in vendita nelle librerie.

Il Santo Padre ha ringraziato per l’omaggio, mostrando vivo interesse per i dati illustrati e pregando di esprimere l 'attestazione della Sua sentita gratitudine a tutti coloro che hanno collaborato alla nuova edizione dell’Annuario.

Dalla lettura del volume si possono desumere alcune novità relative alla vita della Chiesa cattolica nel mondo, a partire dal 2007.

Durante tale anno sono state erette dal Santo Padre 8 nuove Sedi Vescovili e 1 Prefettura Apostolica, sono state costituite 2 Sedi Metropolitane e 1 Vicariato Apostolico. In tutto, sono stati nominati 169 nuovi Vescovi.

I dati statistici, riferiti all’anno 2006, permettono di evidenziare gli aspetti rilevanti della presenza della Chiesa Cattolica nelle 2.923 circoscrizioni ecclesiastiche del pianeta.

I cattolici sparsi nel mondo sono passati, dal 2005 al 2006, da 1.115 a 1.131 milioni, con un aumento relativo dell’1,4%. La distribuzione dei cattolici, in accordo con il differente peso demografico dei continenti, è diversa nelle varie aree geografiche del pianeta; e ciò non tanto per i paesi africani e per quelli oceanici, per i quali l’incidenza della popolazione sul totale è poco dissimile da quella dei cattolici, quanto per gli altri tre continenti.

L’America, quanto a popolazione, ha un’incidenza sul totale pari a circa il 14%, mentre il peso dei cattolici americani raggiunge il 49,8% dei cattolici del mondo. L’Europa ha un’incidenza per quanto riguarda la popolazione di poco inferiore a quella dell’America, ma la sua importanza nel mondo cattolico assume un livello nettamente inferiore a quello dei paesi americani (25%). Il peso dei cattolici dell’Asia è del 10,5%, inferiore a quello che il continente ha per quanto riguarda la popolazione e che si attesta intorno al 61%.

Dal 2005 al 2006, il numero dei Vescovi è passato da 4.841 a 4.898, con un aumento relativo dell’1,2%. Tale movimento di crescita si riscontra in tutti i continenti, pur se la variazione relativa si presenta un po’ più accentuata per l’Asia e per l’America e un po’ al di sotto della tendenza generale per l’Africa, per l’Europa e per l’Oceania. Si segnala, anche, che il peso relativo di ciascun continente è rimasto, nel periodo, pressoché invariato.

Il numero dei sacerdoti, sia diocesani che religiosi, è passato da 406.411 nel 2005 a 407.262 nel 2006, con una variazione complessiva dello 0,21%. La consistenza dei sacerdoti nel mondo è andata progressivamente aumentando dal 2000 al 2006.

Osservando la distribuzione per aree continentali si osserva un ridimensionamento della presenza dei sacerdoti in Europa e in America a vantaggio di Africa e di Asia. In percentuale, infatti, se nel 2000 il complesso dei sacerdoti operanti in Europa e in America rappresentava l’81% circa del totale, nel 2006 essi incidevano sul dato mondiale del 78%. La variazione positiva di maggiore rilievo si osserva in Africa dove l’incidenza dei sacerdoti nel 2006 si attesta attorno all’8% del totale mondiale. Anche in Asia i sacerdoti hanno seguito una tendenza positiva, passando da 43.566 nel 2000 a 51.281 nel 2006.

Altri dati di interesse completano il quadro: gli studenti di filosofia e di teologia nei seminari diocesani o in quelli religiosi sono 115.480, con un aumento dello 0,9% rispetto all’anno precedente; di essi 24.034 si trovano in Africa, 37.150 nelle Americhe, 30.702 in Asia, 22.618 in Europa e 976 in Oceania.

Bollettino Ufficiale della Santa Sede, 29 febbraio 2008

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Fede in Dio e amore per il prossimo, basi del dialogo interreligioso

Dichiarazione finale del Comitato Congiunto per il dialogo islamo-cristiano

di Roberta Sciamplicotti

ROMA, giovedì, 28 febbraio 2008 (ZENIT.org).- La fede in Dio e l'amore per il prossimo sono le basi sulle quali costruire il dialogo interreligioso.

E' quanto afferma la dichiarazione finale emersa dall'incontro annuale del Comitato Congiunto per il Dialogo del Comitato Permanente di Al-Azhar per il Dialogo tra le Religioni Monoteistiche e il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso (Il Cairo, 25-26 febbraio).

Il testo, firmato dal Cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e dal professor Sheikh Abd al-Fattah Alaam, presidente del Comitato Permanente di al-Azhar per il Dialogo con le Religioni Monoteistiche, riconosce in primo luogo il ruolo delle religioni monoteistiche “nel fornire una solida base per i valori della pace, della verità, della giustizia, del giusto comportamento e della cooperazione nello sviluppo e nell'utilizzo delle risorse della terra a beneficio dell'intera umanità, realizzando in questo modo fraternità, pace e felicità per tutti i popoli”.

E' importante che questi nobili principi e valori esemplari guidino il comportamento umano, soprattutto in quest'epoca in cui i confini e le distinzioni tra popoli si stanno riducendo e il fenomeno della violenza, dell'estremismo e del terrorismo sta aumentando, insieme al disprezzo per le religioni, i valori religiosi e tutto ciò che è considerato sacro”, osserva la dichiarazione finale.

Riconoscendo sia da parte islamica che da parte cattolica “l'importanza della conoscenza reciproca e della ricerca di un terreno comune tra le due religioni come base per una cooperazione più ampia e relazioni migliori”, il Comitato ha esaminato “il tema della fede in Dio e dell'amore per il prossimo come basi per il dialogo interreligioso”.

Allo stesso modo, “ha sottolineato principi comuni e i valori spirituali e morali condivisi”, che “aiutano a formare la coscienza e a illuminare la ragione, fornendo una guida al pensiero e al comportamento, in particolare nei rapporti con i fratelli e le sorelle dell'altra religione”.
Particolare attenzione è stata riservata alla questione della libertà d'espressione, notando che “non può mai giustificare il ferimento dei sentimenti delle persone in questioni religiose, creando così rapporti tesi e distruggendo l'amore fraterno”.
A questo proposito, il Comitato “ha fortemente condannato la ripubblicazione di vignette offensive e il crescente numero di attacchi contro l'Islam e il suo Profeta, come anche altri attacchi contro la religione”.

Il testo della dichiarazione finale riporta anche le parole pronunciate da Papa Benedetto XVI all'ambasciatore del Marocco presso la Santa Sede il 20 febbraio 2006, quando disse che “per favorire la pace e la comprensione tra i popoli e gli esseri umani, è necessario che le loro religioni e i simboli siano rispettati, e che i credenti non siano oggetto di provocazioni che danneggiano il loro impegno e i loro sentimenti religiosi”.
I membri del Comitato hanno quindi espresso soddisfazione per l'accordo raggiunto, considerato “un incoraggiamento a continuare a impegnarsi nel dialogo”.

Al termine dell'incontro, i partecipanti si sono trovati concordi su alcune raccomandazioni, a cui applicazione dovrà essere verificata nei prossimi incontri del Comitato, il primo dei quali si svolgerà a Roma il 24 e 25 febbraio 2009.

La prima di queste è “affermare che tutte le religioni rispettano la dignità e l'onore della persona umana senza considerazione di razza, colore, religione o convinzione, e condannano ogni offesa contro l'integrità, la proprietà e l'onore personali”.
I partecipanti sono anche stati d'accordo sull'idea di “promuovere il vero rispetto per le religioni, per i credo, i simboli religiosi, i Libri sacri e qualunque cosa sia considerata sacra: i leader religiosi, sia musulmani che cristiani, così come gli intellettuali e gli educatori, dovrebbero compiere ogni sforzo per inserire questi valori nelle loro attività nei luoghi di apprendimento e a tutti i livelli della società”.
A questo scopo, si fa appello a quanti sono responsabili dei mass media in ogni Paese perché “vigilino sul fatto che la libertà d'espressione non sia presa come pretesto per offendere le religioni, le convinzioni, i simboli religiosi e tutto ciò che è considerato sacro, ma piuttosto si oppongano all'estremismo, incoraggino l'accettazione reciproca, l'amore e il rispetto per tutti, indipendentemente dalla loro religione”.

Di fronte a “questioni di interesse comune che possano sorgere”, il testo conclude infine invitando tutti a “incoraggiare scambi di vedute” che possano portare a una conoscenza e a un arricchimento reciproci.

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Lupus in pagina
a cura di Rosso Malpelo - Gianni Gennari

Furberie «svitate»: senza professionalità

«Gli svitati»: anni orsono un film, oggi esibizioni in pagina. Lunedì "La Stampa" annunciava un "giro di vite vaticano sulla Messa"! Già: mons. Ranijth, segretario del culto divino, ha detto che "la Messa non è uno spettacolo, ma sacrificio, dono e mistero". Normale, ma in pagina la deduzione cervellotica è "il ritorno degli inginocchiatoi", la proibizione totale della "comunione sulla mano e non sulla lingua" e l'obbligo di "omelia che non deve superare i dieci minuti"! Più che "giro di vite vaticano" un pezzo "svitato", ma non isolato.

Ieri, sempre lì (p. 1), si strilla la novità clamorosa di un "Gelo tra Vaticano e Israele", che nei fatti è una situazione di difficoltà diplomatiche vecchia di decenni.

Una non notizia! Serve davvero un "giro di vite" in pagina, per curare esibizionismi da scoop furbastri che ostentano "la mossa" anche su realtà grandi per storia bimillenaria e per cronaca drammatica.

Altre svitature sull'unghia? Martedì il "Corsera" (p. 44) torna allegro su due "novità" già vecchie: la prima riciclando per l'uscita di un libro la tesi di Aldo Spranzi già sparata nel 1995, per la quale "il cattolico" Alessandro Manzoni in realtà "negava la fede offrendo una visione del mondo opposta a quella del dio cristiano". Le pazzie, ripetute, non si fanno saggezza.

La seconda novità-vecchia, stessa pagina, rilanciava "Il Padre Pio di Sergio Luzzatto", ma proprio nel giorno in cui su altri giornali la tesi di quel libro era rasa al suolo nella sua pregiudizialità dal volume di Gaeta e Tornielli. Insomma, a certe svitature una "riavvitata" preventiva: con cacciavite di professionalità.

© Copyright Avvenire, 29 febbraio 2008

Benedetto XVI a Bonaria (Cagliari) il 7 settembre


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Benedetto XVI a Bonaria il 7 settembre

L’annuncio ufficiale di monsignor Mani a Natale durante la Messa di mezzanotte

di Mario Girau

Nel giorno della "Buona novella" è arrivata la grande notizia attesa da tutti i sardi:il Papa il 7 settembre 2008 sarà a Cagliari per concludere le celebrazioni del primo centenario della proclamazione della Madonna di Bonaria Patrona massima della Sardegna.

L'annuncio è stato dato dall'arcivescovo monsignor Giuseppe Mani all'omelia della messa di mezzanotte, in cattedrale. Benedetto XVI arriverà all'aeroporto di Elmas intorno alle 9 del mattino, per raggiungere, subito dopo l'incontro con le autorità civili, la basilica di Bonaria, nel cui sagrato celebrerà la messa del centenario.

Al termine dell'Angelus il Papa pranzerà con i vescovi sardi. Nel pomeriggio molto probabilmente, nel Largo Carlo Felice, l' incontro con i giovani, prima di ripartire per Roma. «Dobbiamo essere in grado - è il primo commento di monsignor Pier Giuliano Tiddia, arcivescovo emerito di Oristano - di cogliere il significato profondo di questa visita che avviene in contesti lontani e diversi da quelle compiute dai suoi predecesseri Paolo VI e Giovanni Paolo II».

«Anche se mancano 9 mesi all'arrivo del Papa - dice il mercedario, padre Luigi Belfiori - il comitato organizzatore permanente del centenario si riunirà nei prossimi giorni per aggiornare, alla luce di questo storico evento, il calendario della manifestazioni già previste fino a settembre 2008». Adesso è una certezza,: per la terza volta in 38 anni un papa sarà in Sardegna e, ancora una volta, il santuario di N.S. di Bonaria sarà il centro dell'isola cristiana. Come il 24 aprile 1970, quando Paolo VI trascorse un'intera giornata a Cagliari per solennizzare il sesto centenario del miracoloso approdo, nelle acque del Golfo degli Angeli, del simulacro della Madonna venuta dal mare. Come il 20 ottobre 1985, terzo giorno della visita pastorale di Giovanni Paolo II in Sardegna, a conclusione di un pellegrinaggio in terra sarda, che portò papa Wojtyla anche a Iglesias, Oristano, Nuoro e Sassari.

L'invito ufficiale a Benedetto XVI era stato fatto dall'episcopato sardo lo scorso mese di marzo, in occasione della visita ad limina. Al termine dell'udienza generale in Piazza San Pietro, durante l'incontro collegiale nella biblioteca pontificia Clementina, monsignor Giuseppe Mani aveva formalizzato al Sommo Pontefice la richiesta di venire in Sardegna per chiudere le celebrazioni per il centenario della proclamazione della Madonna di Bonaria Patrona Massima della Sardegna.

Dal Papa nient'altro che un sorriso. Nessuna risposta ufficiale. Solamente i monsignori della casa pontificia e il sostituto della Segreteria di Stato conoscono nei particolari l'agenda papale, quindi unici in grado di rispondere positivamente o negativamente alle richieste che a centinaia si accumulano sulla scrivania del Sommo Pontefice. Un filtro a maglie molto strette governa, per altro, la vita del Papa per evitargli spostamenti e viaggi faticosi, impegni comunque sempre adeguatamente intervallati per consentire al Santo Padre adeguati tempi di recupero. Dunque, al termine della visita ad limina, solo speranze e preghiere per i vescovi sardi.

Tuttavia nel corso dell'estate qualche segnale positivo è venuto dal Vaticano. Ai presuli nostrani, pur senza comunicazioni ufficiali, giungevano dalla Santa Sede ripetuti segnali sulla fattibilità della visita. Casualmente, nello scorso novembre, è stato proprio Benedetto XVI a dar corpo alle speranze dei sardi. Durante un incontro in piazza san Pietro con le rappresentanze di tutte le arciconfraternite italiane, nel salutare quella sarda il Papa, rivolto al suo segretario, ha detto che nell'agenda 2008 era previsto un pellegrinaggio al santuario di Bonaria. Ma niente di ufficiale, al punto che, ancora all'inizio della settimana scorsa, i vescovi sardi erano all'oscuro del nuovo pellegrinaggio papale. Finalmente, il 24 dicembre, a mezzanotte, la grande notizia, che ha colto di sorpresa non solo qualche monsignore di casa nostra, ma anche i padri mercedari da sette secoli custodi del santuario mariano.

Monsignor Pier Giuliano Tiddia è stato tra i protagonisti dell'accoglienza a Paolo VI e a Giovanni Paolo II. «Nel 1970 - ricorda l'arcivescovo emerito di Oristano - ero rettore del seminario arcivescovile cagliaritano, dove ho accolto Paolo VI, del tutto ignaro dei fatti di Sant'Elia accaduti poco prima, per l'incontro con i seminaristi e i sacerdoti. Nel 1985 ho seguito, come vescovo ausiliare di Cagliari, tutti i preparativi per la grande accoglienza a Giovanni Paolo II. E' bello poter constatare che 38 e 23 anni dopo le due storiche visite la fede dei sardi e la loro forte appartenenza alla chiesa sono rimasti immutati».

© Copyright La Nuova Sardegna, 27 dicembre 2007


Unica certezza, la messa sul sagrato alle 10.30

Ma il Vaticano non ha ancora reso noto il programma dettagliato della visita pontificia

di Mario Girau

La notizia dell'arrivo del Papa, lunedì 7 settembre 2008, ha dato una svolta alle celebrazioni per il centenario della proclamazione della Madonna di Bonaria Patrona massima della Sardegna. Se fino a qualche giorno fa i frati mercedari, custodi del santuario mariano cagliaritano, lavoravano a ritmo sostenuto per rispettare il corposo calendario di iniziative organizzate per la ricorrenza secolare, dal giorno di Natale viaggiano a mille.

Tutto è visto in funzione della visita papale: la "peregrinatio" del simulacro della Madonna attraverso le dieci diocesi sarde; il periplo marino e mariano dell'isola, dal 13 al 20 maggio 2008, della Protettrice dei naviganti, toccando i porti più importanti; la settimana di celebrazioni, nel prossimo aprile, a cento anni dall'incoronazione di Nostra Signora di Bonaria patrona dei sardi fatta dal cardinale Pietro Maffi; e, infine, la sagra estiva, la prima domenica di luglio, inizio della più calda estate dei mercedari, in attesa di Benedetto XVI. Padre Giovannino Tolu è da due anni Maestro generale dell'Ordine della Mercede, il superiore di tutti i mercedari.

«Appresa la notizia - dice - mi sono precipitato a Cagliari per congratularmi con l'arcivescovo Giuseppe Mani: la sua richiesta, sostenuta da tutto l'episcopato sardo, ha trovato attenzione e ascolto in Vaticano. Ovviamente voglio gioire come mercedario e come sardo di Elmas con i miei confratelli con i quali lavorerò in preparazione della venuta del Papa». Padre Tolu c'era anche il 24 aprile 1970: era l'organista ufficiale della messa di Paolo VI davanti a centomila sardi. «Piangevo di gioia al solo pensiero che il Papa veniva a casa mia, nel mio convento, nella nostra chiesa». Padre Giovannino ha già mobilitato i frati. «Il 7 settembre tutti i responsabili delle province mercedarie del mondo e il consiglio generale dell'Ordine saranno sul colle mariano per "videre Petrum" e rinnovare la fedeltà alla Chiesa e al Papa».

Padre Salvatore Mura, dall'estate 2005 parroco e rettore del santuario, è la personificazione del mix perfetto tra gioia dei confratelli e prudenza del responsabile massimo della macchina organizzativa di questo centenario. «L'attesa speranza è diventata certezza il giorno di Natale, alle due e mezzo del mattino. Da Roma erano arrivati negli ultimi mesi piccoli segnali che invitavano all'ottimismo. Non potevamo sbandierare ai quattro venti le nostre impressioni e speranze, poteva essere controproducente: il Vaticano non ama che si mettano in giro voci su viaggi e iniziative papali. L'unico motivo di conforto sono stati il sorriso e il "vedremo" del Papa in risposta all'invito ufficiale presentato dai vescovi sardi durante la visita ad limina dello scorso marzo».

Come un buon parroco padre Salvatore, catechismo e Vangelo in mano, precisa il significato della visita pontificia. «Benedetto XVI viene in Sardegna in pellegrinaggio di preghiera alla Madonna di Bonaria. Non per ricercare folle e trionfalistici raduni. Nient'altro - precisa il frate mercedario - che un viaggio apostolico simile a quelli di san Paolo per incontrare le comunità cristiane, soprattutto quelle da lui fondate. Una visita di 8-10 ore per adempiere all'invito di Gesù a Pietro: conferma i tuoi fratelli nella fede. Oggi Pietro si chiama Joseph Ratzinger».

Il programma del viaggio di Benedetto XVI non è stato definito nei particolari. Unica certezza la messa sul sagrato della basilica, alle 10,30. I restanti incontri saranno tutti da concordare con la casa pontificia.

© Copyright La Nuova Sardegna, 28 dicembre 2007