16 marzo 2007

Nuova puntata della fiction "Tutti contro Ratzinger": l'asse Martini-Dziwisz-mass media


Cari Amici, anche oggi dobbiamo meditare una sorta di Via Crucis mediatica contro il Papa.
Le osservazioni, sacrosante, di ieri di Avvenire e Osservatore Romano sono state liquidate in due righe sia da Repubblica che dal Corriere. Per di piu' le giuste rimostranze dei quotidiani cattolici sono state inserite in articoli di stampo politico sui DICO e, quindi, non verranno pubblicate in questo blog per non sfiorare il ridicolo.
Non una parola dei quotidiani sulla responsabilita' di chi ha attribuito a Papa Benedetto parole che egli non ha mai scritto.
Questa e' serieta'? Ai posteri l'ardua sentenza....
Del resto, di che cosa ci stupiano in un Paese in cui solo ieri si e' varato un provvedimento di censura per chi diffonde immagini o intercettazioni sulla vita privata delle persone, solo perche', in un'inchiesta, sono saltati fuori i nomi di alcuni politici? Che bel paese democratico!

Oggi, pero', purtroppo dobbiamo segnalare un nuovo attacco a Papa Ratzinger da dentro la Chiesa.
Anche in questa occasione (i DICO) il cardinale Martini non ha resistito alla tentazione di finire sui giornali con un intervento che viene interpretato come non conforme al Magistero.
Francamente sono un po' stanca di cardinali che, in pensione e da Gerusalemme, intervengono nel dibattito pubblico italiano con tutti gli onori della stampa.
Che strano! Le parole di Martini che forse mirano a influenzare la stesura della nota della CEI e che possono essere interpretate come una "benedizione" alla linea del ministro Bindi non sono ingerenza. Il Papa, invece, che ribadisce il valore dei principi non negoziabile e a cui vengono messe in bocca parole mai pronunciate commette ingerenza. Che strano doppiopesismo!
Capisco che i gioranli tirino l'acqua al loro mulini, non comprendo pero' Martini che, ancora una volta, si e' lasciato strumentalizzare.
Riflettiamo, gente, riflettiamo...

Il secondo affondo sul Papa viene dal Cardinale di Cracovia che pretenderebbe la violazione delle norme di diritto canonico sul processo di beatificazione di Papa Wojtyla. E' necessario vuotare il sacco sui giornali? Si', evidentemente non si hanno altri mezzi...


A BETLEMME / «Bisogna ascoltare la gente e dire quello che la gente capisce»
Martini e lo strappo sui Dico: la Chiesa non comandi dall'alto

L'ex arcivescovo di Milano: dietro le parole ci sia una ragione. Dialogo con chi non crede

DAL NOSTRO INVIATO

BETLEMME — Avanza piano col bastone nella Chiesa di Santa Caterina, accanto alla Basilica della Natività. Per festeggiarne gli ottant'anni, l'arcivescovo Dionigi Tettamanzi ha guidato il pellegrinaggio di 1.300 pellegrini milanesi che scandiscono «Carlo Maria» battendo le mani. E lui, il cardinale Martini, a dispetto delle sopracciglia imbiancate come i tetti di Betlemme («mai successo, una messa di Natale a marzo e addirittura nevica!»), ha nello sguardo la solita luce d'ironia mentre ringrazia i fedeli e invita la Chiesa ad «ascoltare la gente»: «È un grande compito che dobbiamo portare avanti, per il quale io prego nella mia intercessione quotidiana: che ci sia dato, anche come Chiesa italiana, di dire quello che la gente capisce: non un comando dall'alto che bisogna accettare perché è lì, viene ordinato, ma come qualcosa che ha una ragione, un senso, che dice qualcosa a qualcuno...».
Due giorni prima, a Nazareth, il cardinale Tettamanzi aveva parlato di famiglia e della necessità di «avvicinare» i non credenti e le coppie di fatto adottando («E se non ci pensa la Chiesa, ci penserà il Signore») lo stile evangelico. Ora il biblista Martini commenta accanto al successore la lettera di San Paolo a Tito, l'invito a «vivere con sobrietà, giustizia e pietà», e sillaba: «Sono parole laiche, questo mi colpisce». Ecco il punto, spiega più tardi: «Bisogna farsi comprendere ascoltando anzitutto la gente, le loro necessità, problemi, sofferenze, lasciando che rimbalzino nel cuore e poi risuonino in ciò che diciamo, così che le nostre parole non cadano come dall'alto, da una teoria, ma siano prese da quello che la gente sente e vive, la verità dell'esperienza, e portino la luce del Vangelo». Niente discorsi «strani o incomprensibili», ma «parole che tutti possono intendere: anche chi non pratica una religione o chi ne ha un'altra, perché sono il primo passo». Martini dice di «non credere molto nel dialogo interreligioso », perché «ciascuna religione è un po' incasellata nel suo schema, e gli schemi si ripetono», però c'è «un livello di verità delle parole che vale per tutti, credenti e non, e in cui tutti si sentono coinvolti e parte di una responsabilità comune».
Il cardinale parla dell'età, «sono giunto nella lista d'attesa, di chiamata», e lo fa «senza rimpianti, sereno», San Paolo dice che «non c'è proporzione tra le sofferenze del presente e la gloria che ci attende». Così invita la Chiesa alla fiducia. Clima ostile? «Le nostre comunità troppo spesso si lamentano, con buoni motivi, ma senza accorgersene rimangono un po' imprigionate in questa lamentosità: e questo è il gioco del demonio». Ai parroci scontenti, racconta, «io dicevo: ma non avete dei beni di cui ringraziare Dio? Ecco, cominciate a fare l'elenco delle cose belle perché la vostra fede in una situazione così secolarizzata è già un miracolo, un dono di Dio. Bisogna partire dalle cose belle, magari poche, e ampliare. Invece l'elenco delle cose che mancano è senza fine. E tutti i piani pastorali che partono dalla lista delle lacune sono destinati a dare frustrazione anziché speranza». Rapporti difficili tra Chiesa e modernità? «La modernità non è una cosa astratta, ci siamo dentro, e ciascuno di noi è moderno se vive autenticamente: non è questione di tempi ma di essere realmente presenti, in ascolto».
Come sulla famiglia: «Ricordo che avevo fatto un discorso di Sant'Ambrogio, sarebbe da riprendere oggi». Vi metteva in guardia dal «panico d'accerchiamento» e dal «tentativo di imporre come d'autorità una nostra concezione della famiglia». Bisogna promuoverla, ripete: «È una istituzione che ha una forza intrinseca, la forza non è data dall'esterno e da chissà dove. Bisogna che questa forza sia messa in rilievo, che la gente la desideri, la ami, e faccia sacrifici per essa». Farà discutere. Ma fu Martini a parlare della «necessità» di discutere liberamente. Ora sorride e conferma: «Non era neanche un auspicio mio, ad esempio l'aveva già fatto Karl Rahner: la necessità di una pubblica opinione nella Chiesa. Se poi sia aumentata o diminuita non saprei dirlo perché venendo a Gerusalemme, fuori dei doveri pubblici, mi sono posto l'impegno a osservare rigorosamente Matteo 7,1: non giudicate e non sarete giudicati. Quindi non giudico perché con la misura con cui giudico sarò giudicato anch'io. Ma l'auspicio è questo».

Corriere della sera, 16 marzo 2007

Eminenza, la Chiesa deve dire cio' che la gente capisce o cio' che la stampa vuole sentirsi dire?


Carra: vuole influenzare la stesura della Nota Cei

ROMA — Premette che, pur non essendo più il tempo dei «fedeli di una volta», «non spetta a noi il compito di commentare i vescovi».
Eppure Enzo Carra, cattolico, deputato teodem della Margherita, non manca di sottolineare che le parole del cardinale Martini arrivano proprio a cavallo tra la nomina del nuovo presidente della Cei, cioè della Chiesa italiana, monsignor Angelo Bagnasco («non è passata che una settimana») e l'imminente discussione della tanto attesa "Nota" della Conferenza episcopale sui Dico («che probabilmente arriverà a fine marzo come previsto»).
Un modo di influenzare la stesura finale di quel documento? Un altolà? Un mettere le mani avanti?
«Martini conosce bene i vescovi italiani, certo che può anticipare degli orientamenti o creare un'atmosfera o un'attesa, può segnalare un punto di vista che può apparire contrapposto a quello del Papa, visto che la Chiesa italiana non si deve muovere "a comando dall'alto"».
«Il Papa ha parlato a tutti i cattolici del mondo con la sua Esortazione apostolica — continua il ragionamento di Carra — adesso bisognerà vedere come verranno tradotti quei principi in orientamenti pratici che si devono confrontare con specifici progetti di legge, quale quello sui Dico». Però, secondo Carra, il cardinale Martini «sa meglio di me che la Conferenza episcopale italiana è legata in modo particolare al Papa: lo stesso sistema di nomina del presidente è diverso da quello di tutti gli altri Paesi. Il Papa è Papa in quanto vescovo di Roma, e quindi perciò stesso Primate d'Italia, altrimenti potrebbe stare anche a New York». Non è la prima volta, del resto, che Martini, ricorda l'esponente teodem facendo riferimento al recente pronunciamento del porporato sull'eutanasia in un testo pubblicato sul Sole 24 ore, «incarna una linea radicalmente diversa da quella della Cei».
E come si colloca il "cattolico impegnato in politica" Carra di fronte a questa duplice prospettiva? «Non voglio fare il tifoso dell'uno o dell'altro schieramento, considero sbagliato entrare in una vicenda del genere che viene amplificata dalla personalità stessa di chi la propone (cioè Martini,
ndr). Però deve anche far riflettere sul fatto che non sono passati nemmeno due anni dall'elezione di Benedetto XVI e che nel conclave Martini fece convergere quasi subito il suo voto e quello dei cardinali che lo sostenevano su Ratzinger: insomma alla fine le due linee non dovevano poi essere così distanti. Quanto ai Dico, io aspetto la Nota della Cei».

Corriere della sera, 16 marzo 2007

Parliamoci chiaro: il Papa e' Ratzinger, non Martini! E il presunto ruolo avuto dal cardinale piemontese sull'elezione di Benedetto XVI e' una leggenda smentita da altri porporati.


Il cardinale Stanislaw Dziwisz, segretario di Giovanni Paolo II
L'appello: Wojtyla subito santo e non beato

CITTÀ DEL VATICANO — Torna la richiesta «santo subito» per Giovanni Paolo II ma con una decisiva novità: stavolta non è la folla a gridare quell'auspicio, bensì il cardinale Stanislaw Dziwisz, che rivela a un giornale polacco di averne fatto richiesta a Benedetto XVI. C'è anche una novità di contenuto: «subito» non significa più «immediatamente», ma «senza passare per la beatificazione». Se il papa fosse d'accordo, i tempi della canonizzazione verrebbero notevolmente accorciati. Il 2 aprile — secondo anniversario della morte di Karol Wojtyla — verrà chiuso al Vicariato di Roma il processo diocesano e la documentazione raccolta sarà trasmessa alla Congregazione vaticana per le cause dei santi, dove si svolgerà un secondo processo — poniamo altri due anni — al termine del quale Giovanni Paolo potrebbe essere proclamato beato: a quel punto il papa, se accettasse la richiesta del cardinale Dziwisz, potrebbe proclamarlo direttamente «santo», senza passare per la fase della beatificazione. «Non vogliamo dettare niente al Santo Padre — ha detto ieri il cardinale che fu segretario personale di papa Wojtyla — ma questo è il nostro auspicio».

Corriere della sera, 16 marzo 2007


Pressing su Benedetto XVI: «Wojtyla sia subito santo»

di Andrea Tornielli

«Non vogliamo imporre niente al Santo Padre ma il nostro vero desiderio è che Giovanni Paolo II sia proclamato subito santo». Scende in campo senza giri di parole, il cardinale Stanislaw Dziwisz, per quarant’anni fedele collaboratore di Papa Wojtyla. Scende in campo per chiedere pubblicamente al Pontefice di accorciare il già rapidissimo iter del processo procedendo direttamente alla canonizzazione di Giovanni Paolo II. Negli ultimi giorni, dopo l’ufficializzazione della notizia della chiusura della fase diocesana del processo canonico (anticipata all’inizio della scorsa settimana dal Giornale), più volte Dziwisz ha accennato tra le righe, di dichiarazioni e interviste, a questa possibilità, spiegando però al contempo di non avere «assolutamente fretta». Ma fino a questo momento non si era mai spinto a rendere così esplicita la richiesta: lo ha fatto ieri con una dichiarazione alla «Polskie Radio» e con un’intervista al giornale Dziennik di Varsavia.

«Non vogliamo imporre niente al Santo Padre - ha detto dunque il cardinale - ma la verità è che questo è il nostro desiderio. La beatificazione consente un culto locale in una certa diocesi oppure in una provincia ecclesiastica, ma è difficile parlare di un culto locale quando si parla della persona di Giovanni Paolo II, che aveva superato tutte le barriere».

Il 2 aprile prossimo si chiuderà la fase diocesana del processo, iniziato poche settimane dopo la morte di Wojtyla per volere di Benedetto XVI, che ha derogato all’attesa di cinque anni dalla morte, come prevede la legge canonica. Fra pochi giorni, dunque, l’intero incartamento, con le testimonianze sulla vita e sulle virtù di Giovanni Paolo II, passerà alla Congregazione delle cause dei santi. Il primo gradino previsto, dopo un’istruttoria che solitamente richiede qualche anno e che prevede l’accertamento di un miracolo compiuto post mortem, è quello della beatificazione. Poi, in un secondo momento, dopo l’accertamento di un secondo miracolo, si arriva alla canonizzazione: un atto che implica l’infallibilità pontificia.

Fonti ben informate confermano che l’arcivescovo Dziwisz abbia chiesto ripetutamente a Benedetto XVI di proclamare Wojtyla subito santo e che avrebbe desiderato ciò avvenisse già durante il viaggio in Polonia che Papa Ratzinger ha fatto lo scorso giugno. Nel 2003, due anni prima della morte, Giovanni Paolo II si era trovato di fronte a una situazione simile a quella di Benedetto XVI: a pochi mesi dalla prevista beatificazione di Madre Teresa di Calcutta (il cui processo era cominciato senza attendere i cinque anni previsti dalla morte), sul tavolo di Wojtyla giunse una petizione di suor Nirmala e di altre consorelle della religiosa albanese che aveva trascorso la vita ad aiutare i più poveri tra i poveri. Nella petizione si chiedeva al Papa di proclamare Madre Teresa subito santa, senza passare per il gradino della beatificazione. Wojtyla volle consultare i principali collaboratori della Curia romana e la maggioranza si disse contraria. Così nell’ottobre 2003 Madre Teresa fu proclamata «solo» beata. Un caso simile si era presentato anche durante il Vaticano II. Dopo la morte di Giovanni XXIII, alcuni vescovi chiesero che fosse il Concilio stesso a canonizzare Papa Roncalli per acclamazione. Paolo VI, però, preferì agire diversamente e fece iniziare congiuntamente i processi di Giovanni XXIII e di Pio XII, i suoi due immediati predecessori: il primo si è concluso e Papa Giovanni dal 2000 è ufficialmente beato. Il secondo è ancora in corso, ma procede. È probabile che anche questi precedenti pesino nella decisione di Papa Ratzinger.

Nelle ultime settimane, di fronte alla valanga di accuse e veleni che ha travolto la Chiesa in Polonia, più volte il cardinale Dziwisz aveva detto di considerare alcune delle illazioni sui collaboratori di Wojtyla come un tentativo di bloccare l’iter della causa di beatificazione.

Il Giornali, 16 marzo 2007

Non si possono sovvertire le norme di diritto canonico, nemmeno per un grande Papa!
Come mai si ha cosi' fretta? Il processo e' iniziato cinque anni prima del previsto...

6 commenti:

Luisa ha detto...

Quello che a me pone problema non sono tanto le parole del Cardinal Martini, quanto la loro strumentalizzazione da parte della stampa.
La Verità secondo Martini, il Vangelo secondo Martini !
Certo che parlare di una Chiesa che non deve fare discorsi strani e incomprensibili, che deve dire parole che tutti possono comprendere, anche chi non ha religione, non un comando dall`alto al quale bisogna obbedire, una Chiesa che deve ascoltare la gente , non fare loro teoria ma mettere le loro prove alla luce del Vangelo.....queste parole dunque, sono pane benedetto per i media che le pervertiscono subito in un discorso contro il Papa che sappiamo tutti è un gran teorico, che non ascolta nessuno e sopratutto non è affatto ascoltato.....le ciffre parlano da sole...
È chiaro che dobbiamo fare nostre le parole che la Chiesa ci trasmette, è Suo compito, ascoltrci, ma a un momento è anche suo compito dirci,quali sono le verità trasmesse alle quali DOBBIAMO aderire se vogliamo dirci fratelli in Cristo! O allora non ho capito proprio niente !
Non posso solo essere ascoltato, o ascoltare ciò che ho voglia di ascoltare...a un certo punto ci sono dei principi ai quali decido di aderire o no , questa resta la mia libertà.
Mi sembra che il Cardinal Martini non abbia ancora capito che ogni sua parola sarà interpretata contro il Santo Padre,e che deve triplicare di prudenza, a questo punto non posso che domandarmi se la sua non è una scelta ragionata e voluta.
Eppure lo ripeto, in principio potrei aderire al suo discorso, solo che penso, che le sue parole rispecchiano quello che la Chiesa già fa con il Papa suo Pastore che ci ha preso per mano e ci guida.
Martini dixit, l`Oracle ha parlato, e la sua parola non può per i media che essere una parola contro Benedetto XVI......di questo il cardinal Martini non è responsabile......ma Eminenza per favore , non mi dica che lei è ingenuo a questo punto.....allora sì, preghi per questa Chiesa e sopratutto per Benedetto XVI che ha bisogno del sostegno di tutti, compreso e forse sopratutto del suo!

Anonimo ha detto...

Cara Luisa, non posso che trovarmi d'accordo con te.
Io non penso che il cardinale Martini sia un uomo ingenuo, per cui il dubbio che rilasci interviste per creare ancora piu' scompiglio mi pare giustificato.
Con tutto il rispetto, mi sembra molto comodo parlare da Gerusalemme ed intervenire sui temi piu' scottanti dando l'impressione di essere molto piu' compassionevole e misericordioso del Papa regnante.
Il discorso di Martini ha una sua logica ma ancora una volta mi chiedo: perche' il cardinale non ha esternato ribadendo, nello stesso tempo, che aderisce completamente al Magistero della Chiesa? Mi pare che Papa Benedetto abbia fatto tutto il possibile per mettere Martini a proprio agio. Addirittuta lo ha citato ad esempio ai giovani della GMG di Roma ed ai seminaristi. E' mai possibile che non ci sia un minimo di condivisione e di comprensione verso il Papa? Dialogo, solidarieta', parole semplice...per tutti ma non per il Papa! E' questo tipo di atteggiamento che io contesto.
Ciao
Raffaella

Luisa ha detto...

Mi domando ancora perchè quando il Papa dice le stesse cose del Cardinal Martini,non le troviamo su nessun giornale ( a parte qulche lodevole eccezione) .
Per esempio durante l`ultima udienza generale Benedetto XVI, con altre parole ha espresso la stessa preoccupazione del Cardinal Martini, il Papa ha invitato i fedeli all`unità in Cristo e all`interno della Chiesa , ha auspicato che vi sia armonia e non contrapposizione fra i fedeli e la gerarchia.
Stesso messaggio che il Papa non cessa di trasmetterci anche se con uno stile e parole differenti, stesso fondo, ma forma differente...allora perchè i media parlano solo e sempre del Cardinal Martini ??

Anonimo ha detto...

Bella domanda, Luisa!!!
Io credo che, a torto o a ragione, Martini sia diventato l'icona del cattolicesimo progressista contrapposto a quello conservartore (ma quando mai Ratzinger e' stato un conservatore?) del Papa.
Inoltre Benedetto XVI PARLA CHIARO. I suoi interventi non possono essere interpretati in un modo e poi nel suo contrario.
Purtroppo Martini usa un linguaggio meno diretto e un po' ambiguo per cui si presta, spesso, a interpretazioni divergenti.
Inoltre, e qui sta la mia "rabbia", non si preoccupa di spiegare e di correggere il tiro se viene strumentalizzato.
Ciao

lapis ha detto...

Voglio essere cattiva: al Cardinale Martini, arcivescovo "in pensione" senza incarichi di responsabilità nella gerarchia e senza cura d'anime, è abbastanza facile, per non dire comodo, restare sul piano dei valori condivisi, dire le cose in modo vago e generico, tirare il sasso e poi ritrarre la mano, avere belle parole moderate e comprensive per tutti, tanto non è lui che deve emanare provvedimenti rilevanti per il mondo ecclesiale e per i fedeli laici. Certo, anche dal suo ritiro spirituale in Gerusalemme dovrebbe continuare e vincolarlo, almano così spero, il legame con il Papa a Roma e il senso di unità all'interno della Chiesa che, certo, non significa voto di silenzio e bavaglio, ma, come dicevate voi, Luisa e Raffaella, un minimo di prudenza nell'esternare di fronte a media palesemente ignoranti e/o in malafede e cautela nell'alimentare possibili teorie su magisteri paralleli e alternativi che rischiano di aumentare la confusione e la divisione nel cattolicesimo. Che, poi, rimane tutta da vedere se l'Eminenza in questione, nel caso, grazie a Dio sfumato nel camino della Sistina due anni fa, che fosse diventato Papa, avrebbe dato corpo a questa sua fama di lluminato progressista, se avrebbe davvero distribuito preservativi all'Angelus, se avrebbe celebrato matrimoni gay stile don Barbero e abolito il celibato sacerdotale. In fondo è proprio lui che nella gerarchia si è imposto, negli anni passati, come il primo e più deciso oppositore di Milingo, al quale non ha mai permesso di celebrare nemmeno mezza messa all'interno della diocesi di Milano.

Sull'altro argomento, la canonizzazione per direttissima di Papa Wojtyla, vorrei solo dire che mi sembra si stia esagerando un tantino. Papa Benedetto ha già completamente annullato i cinque anni dalla morte solitamente richiesti per l'inizio del procedimento, quando lo stesso Giovanni Paolo II aveva "solo" dimezzato i tempi per Madre Teresa di Calcutta che, infatti, a dieci anni dalla morte è "ancora" beata e non santa, per cui credo che Dzwisiz si potrebbe accontentare di vedere Wojtyla in compagnia di Madre Teresa per qualche tempo...

Anonimo ha detto...

Ciao Lapis, io ho avuto la "fortuna" di avere Martini come arcivescovo ma, in tutta franchezza, non mi pare che abbia introdotto grandi campiamenti nella diocesi che, anche ora, non spicca per modernita' anzi...ho letto che si vorrebbe tornare ad un antico messale che potenzia la lettura delle Scritture.
Come giustamente affermi, e' facile per chi non ha responsabilita' pastorali, sedersi sotto il sicomoro e sentenziare...
Mi piacerebbe che Martini fosse Papa per un giorno (solo per uno). Vediamo se i politici continuano a mettere pende sulle mani perche' spellate dagli applausi.
Ciao