14 aprile 2007

Aggiornamento rassegna stampa del 14 aprile 2007 su "Gesu' di Nazaret" (parte terza)


Esce lunedì il saggio del Papa sul Messia

È innanzitutto un avvincente ritratto del Cristo rigoroso e gioioso allo stesso tempo
"Madre non è un appellativo con cui rivolgersi a Dio" sottolinea in un passo
Identificando il Padre con il Figlio elimina tutta una serie di nodi discussi dai teologi
Ma è anche l´occasione per liquidare teorie che non lo convincono


MARCO POLITI

L´ultimo libro di Joseph Ratzinger è uno splendido catechismo letterario, un inno alla sequela di Cristo, un ritratto avvincente di Gesù come ogni parroco e ogni insegnante di religione vorrebbe essere in grado di trasmettere. Nel suo primo libro scritto da papa, Ratzinger conferma il suo stile, che affascina i fedeli a Roma e altrove: semplicità espositiva, capacità di avvicinare tutti – veramente tutti – ai temi essenziali della fede, esortazione convincente ad una spiritualità intensa, rigorosa e gioiosa.
Ma Gesù di Nazaret (Rizzoli, pagg. 446, euro 19,50) è anche l´occasione per il teologo Ratzinger di chiudere i conti con teorie, mode, persino traduzioni che lo hanno irritato da decenni. «Madre non è un appellativo con cui rivolgersi a Dio», esclama ad un certo punto, congedando bruscamente anni di polemiche con la teologia femminista e inclusiva del cattolicesimo nordamericano. Certo, Dio non è né uomo né donna, nella Bibbia gli viene attribuito amore materno per il suo popolo ed appare toccante che la divina misericordia venga espressa addirittura con un termine ebraico che rimanda al «grembo materno», ma l´immagine del Padre, ribadita nella preghiera fondamentale di Gesù – insiste – resta la più adatta ad esprimere «l´alterità tra Creatore e creatura, la sovranità del suo atto creativo». Conclude seccamente Ratzinger-Benedetto XVI: «Noi preghiamo così come Gesù ci ha insegnato a pregare, non come ci viene in mente o come ci piace. Solo così preghiamo nel modo giusto».
Questo libro, previene l´autore nell´introduzione, «non è un atto magisteriale». Di più, «ognuno sarà libero di contraddirmi». Sarà difficile. Perché l´impostazione di Ratzinger elimina i grandi problemi della ricerca teologica del Novecento come si tolgono le briciole inutili dalla mensa di un banchetto. Che significa esattamente che Gesù è «figlio» di Dio? Come è cresciuto nella sua vocazione? C´è stata una maturazione della sua autocoscienza? Perché credeva, come altri profeti, che la venuta del Regno sarebbe stata imminente e che lui stesso sarebbe «tornato» presto? Ha un significato o no che Gesù mai si sia presentato come Dio?
Su questi nodi generazioni di teologi si sono arrovellati e ancora stanno scavando nell´intento di gettare un ponte tra il Gesù storico e il Salvatore della dottrina cristiana. Il vangelo raztingeriano, invece, tutto acquieta e tutto by-passa, partendo dalla premessa che Gesù è uguale a Dio e basta e che la sua figura si può comprendere soltanto «a partire dal mistero di Dio». Poteva un pontefice dire diversamente? Probabilmente no. Ma il Gesù papale equivale alla fine della ricerca teologica come indagine secondo il metodo storico-critico. Da queste pagine affiora il desiderio di una teologia ancella della dottrina, una teologia che spieghi e non che metta alla prova quanto siano fondate costruzioni teoriche ereditate dal passato. Anzi, in un passo si ricorda che in Soloviev l´Anticristo ha una laurea honoris causa all´università di Tubinga (dove, en passant, vive da sempre il teologo critico Kueng).
Inoltre, iniziando il volume dal battesimo nel Giordano, Ratzinger può evitare le domande scomode (un tempo da lui stesso sollevate) sulla paternità di Gesù, sulla sua famiglia reale, sui suoi fratelli citati nel Vangelo.
«Né ribelle né liberale», né leader politico né maestro di morale, è il Gesù che Benedetto XVI presenta e accompagna dall´incontro con il Battista alla Trasfigurazione, spaziando in citazioni da Nietzsche a Marx, da Gandhi a Edith Stein, a san Francesco, a Teresa di Lisieux. (Un secondo volume dovrebbe arrivare fino alla Passione). Gesù, afferma l´autore, «ci ha portato Dio: ora conosciamo il suo volto, ora possiamo invocarlo». E solo chi conosce Dio, aggiunge, conosce veramente l´uomo. Al fondo, Ratzinger si rivela come un grande predicatore. Intense sono le sue illustrazioni del Discorso della Montagna, della parabola del Samaritano, delle invocazioni contenute nel Padre Nostro. Il Papa predica un cristianesimo esigente, in cui l´Io deve saper cercare Dio, purificarsi e sapersi fare «prossimo» all´Altro. «La legge di Cristo – dice – è la libertà». Ma non per vivere a modo proprio, bensì «libertà per il bene, libertà che si lascia guidare dallo Spirito Santo».
Critica i cristiani che vogliono sfuggire alla «croce» e considerano la bontà di Dio «acqua zuccherata». Respinge l´ideologia del benessere e l´individualismo che si detta la morale da sé, però anche le interpretazioni politiche del messaggio di Cristo: «Il Discorso della Montagna non è un programma sociale – avverte – ma solo laddove dalla fede deriva la forza della rinuncia e della responsabilità verso il prossimo come verso l´intera società, può crescere anche la giustizia sociale». La Chiesa, sottolinea, «non deve perdere la consapevolezza di dover essere riconoscibile come la comunità dei poveri di Dio». Gli afflitti, esaltati da Cristo, gli rammentano le vicende dei regimi totalitari e il «modo brutale con cui essi hanno schernito, asservito, picchiato» gli uomini, ma anche gli abusi del potere economico e la «crudeltà del capitalismo che degrada l´uomo a merce».
L´epoca contemporanea è vissuta da Ratzinger con allarme. Si dichiara che Dio è morto, si vuol fare apparire ridicola la fede. «Ci sono avvelenamenti mondiali del clima spirituale che minacciano l´umanità nella sua dignità, addirittura nella sua esistenza». C´è un «laicismo», incalza, che vuole lo Stato nell´oblio di Dio. Peggio: « Quando «Quando l´uomo perde di vista Dio, la violenza prende il sopravvento con forme di crudeltà prima inimmaginabili». E torna la difesa della famiglia: «Per la Chiesa nascente e successiva è stato fondamentale difendere la famiglia come cuore dell´ordinamento sociale. Vediamo come oggi la lotta della Chiesa si sia incentrata su questo punto».
Centrale nel «Gesù» di Ratzinger è il rapporto con l´ebraismo. Il papa respinge ogni visione, che accantoni superficialmente la Vecchia alleanza in nome della Nuova. E si confronta con le tesi del rabbino contemporaneo Neusner, che ha studiato a fondo e con serietà Cristo. Per Ratzinger lo scioglimento del nodo misterioso, che rende Ebraismo e Cristianesimo vicini e separati, si ritrova proprio nella Torah, dove è detto che Israele ha la missione di diventare «luce dei popoli», affinché sia manifesto che «il Dio di Israele, lo stesso unico Dio (di ebrei e cristiani), il vero Dio» deve essere Dio di tutti i popoli e tutti gli uomini. E´ in questo afflato universale che Cristo porta a compimento la Legge di Mosè.
C´è salvezza per chi non conosce Cristo? Sì, per coloro che «hanno fame di sete e di giustizia» e sono pronte al risveglio interiore per incamminarsi verso la verità: «questa è la via aperta a tutti, la via che approda a Gesù Cristo». No, invece all´idea di un´equiparazione delle religioni. Perché alla fine solo Cristo è il Redentore, colui che «ristora». Al culmine della sua esistenza Joseph Ratzinger ripete appassionato con Giovanni: «Dio nessuno l´ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato». E tutti i miti, che parlano di una divinità che muore e risorge – prorompe il pontefice teologo – alla fine aspettavano Lui: «Il desiderio è diventato realtà».
Così il cerchio si chiude. Ed è un discorso rassicurante, che piacerà ai fedeli in cerca di un´identità confortata. In fondo, papa Wojtyla con quelle questioni sul mea culpa e il pregare con le altre religioni suscitava parecchia inquietudine.

La Repubblica, 14 aprile 2007


Ieri Un dibattito nell´Aula del Sinodo in Vaticano
Cacciari: Cristo pone domande radicali

Per il valdese Garrone i pericoli più grandi non vengono dall´ateismo
Il cardinale Schoenborn attacca le ricerche che corrodono la verità della religione


ROMA

«Cristo pone domande così radicali che la fede non può essere trasformata in religione civile. E la scommessa su Gesù è così decisiva che non può ridursi a fatto giuridico, morale, politico». La stilettata contro la tentazione di riduzionismo (e di interventismo) della Chiesa viene da Massimo Cacciari ed è pronunciata nell´Aula del Sinodo, in Vaticano, dove si presenta il libro di Ratzinger. Il valdese Daniele Garrone rincara la dose: «I pericoli più grandi per la fede non vengono dalla secolarizzazione o dall´ateismo, ma dai suoi predicatori».
Fianco a fianco discutono dell´opera di Benedetto XVI, che verrà lanciata in ventidue edizioni (350.000 copie iniziali soltanto in Italia), un cardinale cattolico, un teologo protestante, un filosofo laico. E´ il segno di quella compresenza (e pari dignità) di visioni, che in Europa è normale, ma solo in Italia stenta ad affermarsi, dove - scherza Garrone - si proietta uno scenario in cui «c´è solo il Papa e l´Anticristo, i cardinali e i libertini».
Il dibattito si svolge ricchissimo, degno a sua volta di un libro.
Il cardinale Christoph Schoenborn di Vienna spiega che papa Ratzinger è stato mosso a scrivere il volume, soprattutto per il «desiderio di parlare dell´insegnamento di Gesù» e per contrastare l´immagine di Cristo corrosa da ricerche che mettono in discussione tutto. «Il dramma - aggiunge - è che certi dubbi sono diffusi anche all´interno della Chiesa e rendono incerto Gesù come punto di riferimento».
Bene, interloquisce il protestante Garrone, è cercare insieme, animati dalla stessa passione per Cristo. Ma c´è un limite, sostiene, nell´opera di Ratzinger: l´impostazione apologetica.
«Come non c´è una dimostrazione razionale dell´esistenza di Dio così è impossibile pensare di dimostrare storicamente che la potenza di Dio si è manifestata in Cristo». Bisogna esporsi al dibattito storico, sapendo che il cristiano compie una scelta di fede.
Anche Cacciari insiste sul tema della scelta, della «decisione».
Cristo dice «Io sono la verità», ma anche «Io sono la via». E dunque verità e ricerca (la via) sono indissolubilmente legati in rapporto dialettico. Cristo esige il massimo del possibile o l´im - possibile: cioè che l´uomo «sia capace di Dio». Sta a ciascuno di noi decidere di incamminarsi sulla via della perfezione. Ma - sottolinea il filosofo - «la fede non può assicurare nulla, può solo dirci che il Padre ci attende come il genitore del figliol prodigo». E così torna ad imporsi la questione delle domande radicali poste da Cristo e che non si risolvono nell´ambito di una visione mondana.
Conclude il cardinale Schoenborn, affermando che Ratzinger ha certamente collocato la sua opera nell´«agorà del mercato delle opinioni». Ma l´intento del Papa, assicura, non è di suscitare dibattiti. Bensì di «far crescere in ognuno la relazione vitale con Gesù».
(m. pol.)

La Repubblica, 14 aprile 2007


Una premessa per spiegare i criteri, le scelte e gli strumenti dell'opera, frutto d'un «lungo cammino interiore»

Quel Gesù dei Vangeli, storico e credibile

Diego Minuti

Un Benedetto XVI che chiede simpatia, da parte dei lettori, per un libro che, spiega, «non è un atto magisteriale», ma unicamente espressione della sua «ricerca personale del "volto del Signore"». Quindi, da "Gesù di Nazaret" nessuna indicazione, nessuna analisi cogente. Ecco perché, spiega, «ognuno è libero di contraddirmi».
«Gesù di Nazaret», il primo libro di papa Ratzinger da pontefice, è frutto, come spiega nella premessa – di per sé di notevole interesse per la metodologia e l'approccio al cuore dell'opera – di un «lungo cammino interiore» che, in qualche modo, affonda le sue motivazioni nella necessità di prendere posizione in quello che si determinò a partire dagli anni '50 e che definisce «lo strappo tra il "Gesù storico" e il "Cristo della fede", dove «l'uno si allontanò dalla vista dell'altro».
Prima – grazie anche ad autori come Adam, Guardini, Willam, Papini, Claude-Rops, l'immagine di Gesù Cristo veniva delineata dai Vangeli sottolineando come Egli, attraverso l' uomo, «divenne visibile Dio e a partire da Dio si potè vedere l'immagine dell'autentico uomo». Una immagine, dice ancora Benedetto XVI, che, attraverso la ricerca storico-critica, «divenne sempre più nebulosa, prese contorni sempre meno definiti». E questa stessa immagine prese, via via, a seconda anche degli ideali di coloro che ne intesero chiarire il profilo, connotazioni diverse e lontane, dal rivoluzionario anti-romano al «mite moralista», causa della sua stessa rovina.
Da questo, dice Benedetto XVI, si trae l'impressione che «sappiamo ben poco di certo su Gesù e che solo in seguito la fede nella sua divinità abbia plasmato la sua immagine», una situazione «drammatica per la fede perché rende incerto il suo autentico punto di riferimento: l'intima amicizia con Gesù, da cui tutto dipende, minaccia di annaspare nel vuoto».
Nella sua lunga premessa a "Gesù di Nazaret", papa Ratzinger lascia spazio a Rudolf Schnackenburg, forse il più importante esegeta cattolico di lingua tedesca, che, nella seconda metà del XX secolo, «avvertiva evidentemente con forza il pericolo che da tale situazione derivava per la fede». E dell'esegeta tedesco papa Ratzinger, teologo, «contesta» una frase relativa alla definizione del rapporto tra le tradizioni e la storia realmente accaduta. I vangeli, scrisse Schnackenburg, «vogliono, per così dire, rivestire di carne il misterioso Figlio di Dio apparso sulla terra». «Non avevano bisogno di "rivestirlo" di carne – dice Benedetto XVI – . Egli si era davvero fatto di carne». Nel libro papa Ratzinger rende omaggio al metodo storico che, dice, «proprio per l'intrinseca natura della teologia e della fede, è e rimane una dimensione irrinunciabile del lavoro esegetico. Per la fede biblica, infatti, è fondamentale il riferimento a eventi storici reali. Essa non racconta la storia come un insieme di simboli di verità storiche, ma si fonda sulla storia che è accaduta sulla superficie di questa terra».
Il metodo storico-critico, aggiunge il pontefice, «è una delle dimensioni fondamentali dell'esegesi, ma non esaurisce il compito dell'interpretazione per chi nei testi biblici vede l'unica Sacra scrittura e la crede ispirata da Dio». Ma, allo stesso tempo, è importante che «vengano riconosciuti i limiti dello stesso metodo storico-critico». Il primo è che «di sua natura, esso deve lasciare la sua parola nel passato.». Anzi, «non deve soltanto cercare la parola come qualcosa che appartiene al passato, ma deve anche lasciarla nel passato». «Come limite di ogni sforzo volto a conoscere il passato – dice ancora Ratzinger – bisogna prendere atto del fatto che non si può oltrepassare l'ambito delle ipotesi, perché propriamente non possiamo recuperare il passato nel presente».
Da queste e altre considerazioni, la spiegazione di Benedetto XVI sulla motivazione del suo libro con cui, dice, «ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il "Gesù storico" in senso vero e proprio». Poi il papa si dice convinto che «questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico ancora più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni. Io ritengo che proprio questo Gesù quello dei Vangeli sia una figura storicamente sensata e convincente».
«Io spero – questo l'auspicio di Benedetto XVI – che il lettore comprenda che questo libro non è stato scritto contro la moderna esegesi, ma con grande riconoscenza per il molto che ci ha dato e che continua a darci. Ci ha dischiuso una grande quantità di materiali e di conoscenze attraverso le quali la figura di Gesù può divenirci presente con una vivacità e profondità che pochi decenni fa non riuscivamo neppure a immaginare. Io ho solo cercato, al di là della mera interpretazione storico-critica, di applicare i nuovi criteri metodologici, che ci consentono una interpretazione propriamente teologica della Bibbia e che però richiedono la fede, senza con ciò voler e poter per nulla rinunciare alla serietà storica».

Gazzetta del sud, 14 aprile 2007


Raccontata la vita di Cristo dal battesimo nel Giordano alla trasfigurazione. Benedetto XVI: «Ognuno è libero di contraddirmi»
"Gesù di Nazaret", il primo libro di Ratzinger
Stampate già 350mila copie per festeggiare gli 80 anni del Papa

CITTA' DEL VATICANO - Un titolo semplice: "Gesù di Nazaret", senza "h". Una storia semplice: la vita di Cristo dal battesimo nel Giordano alla trasfigurazione. Un affare semplice: portare in libreria 350mila copie di un libro firmato da Joseph Ratzinger per festeggiare, lunedì, i suoi 80 anni. Lo farà RCS. Con una precisazione, della Santa sede e del Papa stesso: «Gesù di Nazaret non è un libro del Papa, non è né dottrina né magistero». Anzi, come ha scritto, Ratzinger: «Ognuno è libero di contraddirmi».
Eppure il primo libro pubblicato da Joseph Ratzinger dopo essere salito sulla Cattedra di San Pietro non passerà inosservato, sostengono gli esperti. Perché il teologo si prende la libertà di confutare almeno un papa che lo ha preceduto, Giovanni Paolo I. «Dio è madre», disse nei suoi brevi giorni da pontefice Albino Luciani, un Papa molto amato dalla gente, un Papa amato come pochi. Ora Ratzinger scrive: «Nonostante le grandi metafore dell'amore materno, madre non è un titolo di Dio».
Il ritorno a una visione maschilista? Qualcosa di diverso. Per Benedetto XVI Dio non è «né uomo né donna ma appunto Dio, creatore dell'uomo e della donna».
Nei dieci capitoli in cui è suddiviso il libro, rileggendo episodi della vita di Gesù, Ratzinger ne approfitta per chiarire il suo pensiero su molte cose, a cominciare da quelle che gli stanno più a cuore: l'amore e la centralità del Cristianesimo. Lo fa permettendosi accenti più netti di quelli usati per la sua prima enciclica, "Deus caritas est" (Dio è amore).
Il linguaggio è semplice e non pecca di ambiguità. Come sulla forza del messaggio cristiano: «La nuova bontà di Dio non è acqua zuccherata... c'è lo scandalo della croce... per molti più insopportabile di quanto era una volta il tuono del Sinai per gli israeliti». O sull'esistenza di Gesù: «Non è un mito è un uomo fatto di sangue e di carne, una presenza reale nella storia». Una presenza talmente storica che il Papa non la stacca dagli Esseni di Qumram, la setta ebraica ribelle al potere dei romani stanziata nella zona dove sono stati trovati i manoscritti del mar Morto. E questo fa di Gesù «un vero israelita che è andato oltre il giudaismo».
«Il discorso della Montagna - scrive Ratzinger - è la nuova Torah portata da Gesù», che nella sua essenza divina non chiede «guerra santa» né «abluzioni rituali». Dio, piuttosto, «esige il risveglio interiore,... esige persone che hanno fame e sete di giustizia». Partendo da Gesù, insomma, secondo Benedetto XVI si arriva in un mondo migliore, anche più libero.
Al concetto di libertà il Papa dedica ampio spazio nel libro, enunciando anche in questo caso idee innovative se entrassero a far parte del magistero.
Partendo dal presupposto che gli uomini sono «creature libere», Ratzinger spiega che nessuno può essere «proprietà» di altri. Fin qui, è quasi scontato. Il passo più in là il Papa lo compie sostenendo che «i figli non sono proprietà dei genitori» e «i coniugi non si posseggono vicendevolmente». Il rapporto non deve essere di possesso come per «un pezzo di legno e un terreno», ma di «responsabilità... accettando la libertà dell'altro». Sfumature che intaccano secoli di consuetudini non proprio politicamente corrette della Chiesa.
Lucia Visca

Liberta’, 14 aprile 2007

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