14 aprile 2007

Rassegna stampa del 14 aprile su "Gesu' di Nazaret" (parte seconda)


Vedi anche:

"Gesu' di Nazaret", rassegna stampa del 14 aprile 2007

"Gesu' di Nazaret" di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI





Enzo Bianchi

GESÙ CRISTO FIRMATO BENEDETTO

Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teofilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto». Così si apre il Vangelo di Luca e questo stesso atteggiamento pare aver dettato a Benedetto XVI l’idea e l’impostazione del suo volume sulla vita pubblica di Gesù, dal battesimo nel Giordano fino al monte della Trasfigurazione.
In questi ultimi decenni, infatti, si sono moltiplicati i libri su Gesù, scritti da storici, esegeti, teologi di tutto il mondo: libri che cercano di scoprirlo e di leggerlo nella sua identità umana e di comprendere come sia nata e cresciuta la comprensione della sua figura caratterizzata al contempo da chiarezza e da mistero.
Questa ricerca ha dato finora esiti diversi e sovente discordi e più recentemente è stata anche attraversata da testi di grande successo editoriale basati su testi apocrifi o su ipotesi fantasiose.

Proprio per questo Benedetto XVI ha voluto fornire un orientamento autorevole - anche se da lui stesso definito aperto a critiche e discussioni - a quanti, dentro e fuori la Chiesa, desiderano conoscere maggiormente Gesù di Nazaret a partire da una lettura di fede.

Gesù chi era? Un uomo di un luogo e di un tempo ben precisi, un ebreo, meglio un galileo che ha vissuto e agito nella storia, in mezzo agli uomini, ma la sua identità viene dalla fede, anche se non è in contraddizione con la sua esistenza terrena. Di lui abbiamo testimonianze, racconti, raccolte di parole, ma quasi tutte - a parte Plinio e Giuseppe Flavio - risalenti a coloro che sono stati suoi discepoli o a coloro che avevano aderito alla sua «buona notizia», riconoscendo in lui non solo un uomo tra molti, ma innanzitutto un uomo giusto, un profeta, il Messia unto da Dio, il Figlio dell’Uomo e il Figlio di Dio.
Gli aspetti del libro di Benedetto XVI che hanno fatto più scalpore nei lanci di agenzia sono in realtà ipotesi o acquisizioni dell’esegesi recente abbastanza condivise. Più «nuova» per molti può apparire l’ipotesi che Gesù sia stato vicino al movimento di Qumran o degli Esseni, come d’altronde il suo «precursore» Giovanni il Battista. È vero che in questi ultimi decenni, a volte in nome di un curioso ecumenismo, si è preferito, anche in documenti ufficiali cattolici, affermare che Gesù era familiare al movimento dei Farisei. In realtà le vicinanze con Qumran hanno maggiori elementi di suffragio, anche se restano tuttora a livello di ipotesi. Ed è anche vero che Gesù, ebreo, «figlio di Israele», è andato oltre il giudaismo; anzi, lo ha trasceso operando alcune rotture rispetto al tempio, alla terra, alla famiglia: rotture che gli sono costate l’ostilità e la consegna all’occupante romano che ne ha decretato la condanna a morte.
Il libro di Benedetto XVI si annuncia come il testo di un credente che cerca di tracciare il volto di Gesù in obbedienza alle Scritture e alla grande tradizione della Chiesa: un libro che nasce dalla fede cattolica e che vuole affermare che la verità è una persona: Gesù di Nazaret.

La Stampa, 14 aprile 2007


Gli spunti del libro di Benedetto XVI

La vicinanza agli Esseni, le vicende di Giuda e Barabba

Qumran e gli Esseni

In ben quattro punti del libro Ratzinger il Papa avvicina Gesù agli Esseni, quella misteriosa setta ebraica che viveva sulle sponde del mar Morto. Cita i «rotoli» trovati a Qumran: «Ci colpisce la devota serietà di questi scritti: sembra che Giovanni il Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia fossero vicini a questa comunità. In ogni caso i manoscritti di Qumran presentano molteplici punti di contatto con l’annuncio cristiano».
Giuda, un fanatico politico Gli «Zeloti» non esitavano a uccidere per motivi religiosi; forse Giuda era dei loro: «La parola Iscariota può significare l’uomo di Keriot, ma può anche designarlo come “sicario” una variante radicale degli Zeloti».

Barabba, un resistente

Barabba, il «brigante» che la folla decise di liberare a scapito di Gesù - che per questo finì in Croce - era in realtà un «combattente della resistenza». Quando Ponzio Pilato si rivolge alla folla «la scelta è quindi tra un Messia che capeggia la lotta, che promette libertà e il suo proprio regno, e questo misterioso Gesù, che annuncia come via alla vita il perdere se stessi. Quale meraviglia - conclude - che le masse abbiano preferito Barabba?».

Anticristo

Può usare l’esegesi biblica per i suoi scopi. «L’interpretazione della Bibbia può effettivamente diventare uno strumento dell’Anticristo... I peggiori libri distruttori della figura di Gesù, smantellatori della fede, sono stati intessuti con presunti risultati dell’esegesi... E l’Anticristo ci dice in atteggiamento di grande erudito, che un’esegesi che legga la Bibbia nella prospettiva della fede nel Dio vivente, prestandogli ascolto, è fondamentalismo; solo la sua esegesi, l’esegesi ritenuta autenticamente scientifica, in cui Dio stesso non dice niente e non ha niente da dire, è al passo coi tempi».

Fede e potere

«Nel corso dei secoli questa tentazione - assicurare la fede mediante il potere - si è ripresentata continuamente in forme diverse, e la fede ha sempre corso il rischio di essere soffocata proprio dall’abbraccio del potere. La lotta per la libertà della Chiesa, la lotta perché il regno di Gesù non può essere identificato con alcuna struttura politica, deve essere condotta in tutti i secoli».

La Stampa, 14 aprile 2007


DA LUNEDÌ IN LIBRERIA 350 MILA COPIE DELL’OPERA PIÙ ATTESA DEL PONTEFICE CHE PRECISA: «NON È UN ATTO MAGISTRALE»

“Gesù né ribelle né liberale”

MARCO TOSATTI

CITTÀ DEL VATICANO
L’obiettivo, o uno degli obiettivi del libro su Gesù scritto da Joseph Ratzinger e che sarà da lunedì in libreria (350mila copie la prima tiratura) è quello di fare i conti con i super specialisti e analizzatori dei Vangeli, e ridimensionare la loro sicurezza nel valutare quanto è storico, e quanto non lo è, nei singoli brandelli di testo. «Ho voluto fare il tentativo - scrive Ratzinger - di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il “Gesù storico” in senso vero e proprio. Io sono convinto, e spero che se ne possa rendere conto anche il lettore, che questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico molto più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni». Insomma, fedele alla sua vocazione di difendere «la fede dei semplici», Benedetto XVI vuole rassicurare i cristiani che quello che ascoltano durante la messa non sono belle favole. Una tesi che il cardinale di Vienna, Christoph Schoenborn, protagonista con un teologo valdese, Daniele Garrone,e con il filosofo Massimo Cacciari della conferenza stampa di presentazione di «Gesù di Nazaret», (è stata scelta questa grafia, rispetto a quella che vuole Nazareth) ha difeso con lealtà. «Dopo 200 anni di critica storica della Bibbia - ha detto l’arcivescovo di Vienna - possiamo tranquillamente partire dal presupposto, con Joseph Ratzinger/Papa Benedetto, della solida attendibilità storica dei Vangeli. Le innumerevoli immagini fantasiose di Gesù come di un rivoluzionario, un mite riformatore sociale, come l’amante segreto di Maria Maddalena - ha aggiunto - si possono tranquillamente depositare nell’ossario della storia».
Il porporato ha stigmatizzato la «teoria del complotto»: «Sul pubblico mercato mediatico si mettono in vendita, senza pausa, “scoperte” apparentemente nuove, che dovrebbero rivelare una storia completamente diversa del Gesù di Nazareth. La rappresentazione biblica ed ecclesiale della figura di Gesù sarebbe una truffa da preti e un imbroglio della Chiesa. La “verità” su Gesù verrebbe soffocata da oscuri cospiratori, localizzati con particolare preferenza in Vaticano». E ha accennato al fatto che proprio dalle file degli studiosi cristiani siano giunti gli attacchi più distruttivi.
Daniele Garrone, Decano della facoltà Valdese, e piacevolmente stupito di essere stato invitato a parlare in Vaticano, ha convenuto sul «proliferare anche della ricerca sensazionalistica su Gesù. Il libro del Papa ci vuole restituire il ritratto che viene fornito dal Nuovo Testamento. Per il Papa il Gesù della confessione di fede coincide con il Gesù storico»; ma si è detto però «critico sulla parte apologetica. Credo sia un’operazione impossibile».
E’ comunque un avvenimento singolare l’uscita di un libro, scritto da un Papa, su Gesù, cioè sul centro della fede cristiana, e che nello stesso tempo appaia come un «libro privato». Alla «non magisterialità», e al permesso di critica, corrisponde un’estrema libertà del professor Ratzinger nel distribuire elogi e bacchettate. E infatti nei dieci capitoli non mancano né le une né le altre. A godere delle lodi papali è per primo lo scrittore cattolico Vittorio Messori, coautore del libro di Joseph Ratzinger più venduto fino all’elezione, «Rapporto sulla fede». Una lode che spicca tanto più perché il Pontefice non cita invece teologi e biblisti italiani di grande fama, come il cardinale Carlo Maria Martini, l’arcivescovo Bruno Forte e monsignor Gianfranco Ravasi. È citato invece, con lode solo implicita, il cardinale di Vienna Christoph Schoenborn. Ricordati anche Buddha, Confucio, Gandhi, Goethe, Martin Buber e il «preposito generale» dei gesuiti padre Peter Hans Kolvenbach.

La Stampa, 14 aprile 2007


Parlano i primi che l’hanno avuto in lettura

GIACOMO GALEAZZI


CITTÀ DEL VATICANO

L’affermazione contenuta in “Gesù di Nazaret” che l’unica salvezza è Cristo è un richiamo fortissimo contro il sincretismo e il relativismo», commenta il senatore Marcello Pera, ex presidente di Palazzo Madama e autore con Joseph Ratzinger del libro «Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, Islam». Le parole del Pontefice, secondo Pera, «cancellano lo spirito di Assisi, cioè la teologia relativistica che vede Gesù come una delle tante manifestazioni profetiche della divinità». Ed è significativo che per Benedetto XVI «le interpretazioni errate della Sacra Scrittura si tramutino in strumento dell’Anticristo». Dire che lo stesso Dio si manifesta in modi differenti a cristiani, ebrei e musulmani, evidenzia Pera, è «uno stravolgimento della Sacra scrittura». Allo stesso modo «dire che Dio è padre, non madre è un’argine all’arbitraria storicizzazione delle Scritture». Cristo, «non è una forma di cultura, ci dice Benedetto XVI, bensì la verità e la vita attraverso l’evento irripetibile dell’incarnazione da cui sgorga la salvezza». Secondo Pera, sostenere come fa papa Ratzinger che il discorso della montagna di Gesù sia la nuova Torah è «determinante» perché rimarca l’origine giudaica del cristianesimo. «Gli ebrei purtroppo continuano a non capirlo - si rammarica il senatore -. Eppure il vero fondamento del dialogo tra ebrei e cristiani è nella relazione che Cristo ha con l’ebraismo. Dire che non c’è cesura, frattura, ma continuità tra Vecchio e Nuovo Testamento vuol dire riconoscersi fratelli». Quando poi il Papa pone Gesù in rapporto agli Esseni «si assume rischi storici come quando innesta il cristianesimo sull’ellenismo». Mettendosi su un piano scientifico e «usando la storia a sostegno della teologia», il Pontefice «può essere contraddetto»
Il senatore a vita Giulio Andreotti è stato tra i pochi a leggere in anteprima il libro papale. «Non vedo differenza tra Ratzinger scrittore e Ratzinger papa. Il suo insegnamento è in perfetta coerenza con l’insegnamento della Chiesa, che d’altronde non è che sia abituata ad adattare tante varianti - sottolinea Andreotti -. Non a caso Giovanni Paolo II lo chiamava il mio fidato amico Joseph Ratzinger. Le sue sono enunciazioni teologiche molto articolate, un vero e proprio indirizzo di vita. Anche la questione della discendenza dalla Torah va vista in termini più ampi. Non solo ebraico-cristiani. Siamo legati anche agli islamici attraverso il comune padre Abramo». Una frase lo ha colpito: il cristianesimo è essenzialmente carità («su questo terreno si può più facilmente dialogare con le altre religioni»). Così come sorprende la scelta di far presentare il libro da un valdese. «Erano secoli che un valdese non prendeva la parola in Vaticano - osserva Andreotti -. Il testo, in generale, non mi appare polemico. E’ molto profondo e, non lo dico in senso critico, professorale. Il linguaggio è da maestro di teologia, non certo da predica di curato di campagna». Il gesuita padre Giampaolo Salvini, direttore di «Civiltà Cattolica», la storica rivista le cui bozze sono autorizzate dalla Segreteria di Stato vaticana, punta sul discorso della Montagna: «Il Papa mostra Cristo come il nuovo Mosè, compimento dell’Antico testamento e attesa di Israele. Mosè riceve la Legge sul Sinai, Gesù allo stesso modo sale sul monte e promulga il nuovo patto. E’ una questione altamente simbolica». E non c’è salvezza, dopo la venuta di Cristo, se non nell’unione con il figlio di Dio. «Ciò avviene nella Chiesa con il battesimo, ma anche con il desiderio o il martirio. Il luogo dell’esperienza di Dio è la redenzione attraverso Cristo». Quanto a «Dio padre e non madre» è un richiamo al Padre nostro. «Gesù dice padre mio e padre vostro, insegnandoci a pregarlo attraverso i termini della vita quotidiana - evidenzia padre Salvini -. Ma non è una “correzione” di Giovanni Paolo I, secondo cui Dio è padre e madre. In Dio per entrambi i pontefici ci sono tutte le virtù che individuiamo nell’umanità». Più complessa la questione di Gesù vicino alla comunità degli Esseni. «Cristo non ne fa mai esplicito riferimento anche se alcune sue dichiarazioni sembrano trovare un’eco nelle regole di Qumran. Piuttosto è degli apostoli, incluso Giuda, che si è soliti ipotizzare un’affinità con gli Esseni».

La Stampa, 14 aprile 2007


«Barabba? Un resistente E Gesù non era pacifista» Parola di Ratzinger

di CATERINA MANIACI

ROMA Non più o non solo «brigante» ma «combattente della resistenza», secondo il significato che la parola brigante poteva assumere «nella situazione politica di quel tempo, in Palestina»: tra le molte cose straordinarie che contiene l'atteso ultimo libro di Joseph Ratzinger, "Gesù di Nazaret", c'è anche questa sorprendete definizione di Barabba. Definizione che si lega ad un tema centrale del libro. Per il quale il cristianesimo non è buonismo e una morale. Anche se la dimenticanza di Dio e il mito del successo hanno trasformato la «giusta laicità» in un profano laicismo, la ricerca della verità di Dio resta un «segnavia» per la ragione dell'uomo. Il Papa propone di cercare la verità di Dio «nella comunione con Gesù». Ma chi era Barabba? La tradizione - e molta agiografia, compresa quella cinematografica - ci ha insegnato che era un " assassino" o anche un "sobillatore" messo in carcere dai romani e pronto per essere giustiziato. Liberato a furor di popolo da Pilato al posto di Gesù, sene perdono le tracce. In molti, tra romanzieri e registi, si sono sbizzarriti a inseguirne le tracce o a inventarne il destino: chi lo ha immaginato come un convertito al cristianesimo, chi invece ne ha descritto la fine violenta, in linea con la sua inclinazione a ribellarsi e a uccidere. Secondo Ratzinger, Barabba era un uomo che «aveva partecipato a una sommossa e - in questo contesto - era inoltre accusato di omicidio. Quando Matteo dice che era un "prigioniero famoso", ciò indica che egli era stato uno dei combattenti più in vista della resistenza, probabilmente il vero capo di quella rivolta». La spiegazione si inserisce nel più vasto capitolo sulle tentazioni che Gesù deve affrontare. Una delle più forti è quella del potere, tentazione a cui da sempre è esposta la Chiesa: «La lotta per la libertà della Chiesa, la lotta perché il regno di Gesù non può essere identificato con alcuna struttura politica, deve essere condotta in tutti i secoli». Si tratta dunque della scelta cruciale di rifiutare la lusinga del potere, e questo si manifesta in tutta evidenza, spiega sempre il Papa, nel racconto della Passione del Signore, in particolare, nel momento in cui Pilato, durante il processo, fa scegliere alla folla chi liberare: Gesù o Barabba. Un uomo, quest'ultimo, non qualunque, ma «un combattente della resistenza». «In altre parole», scrive Ratzinger, «Barabba era una figura messianica. La scelta tra Gesù e Barabba non è casuale: due figure messianiche, due forme di messianesimo si confrontano». La scelta, si legge in "Gesù di Nazaret", è dunque fra Barabba, «un Messia che capeggia una lotta» per la libertà e «questo misterioso Gesù che annuncia come via alla vita il perdere se stessi». Come meravigliarsi, si chiede il Papa, «che le masse abbiano preferito Barabba?». Da questo punto di vista particolare, ossia dall'idea di un Barabba non semplice tagliagole, ma qualcuno che pone un'alternativa politica, forte, di lotta, che promette un paradiso in terra, insomma, contro il potere costituito -l'impero romano nel caso specifico - emerge invece tutta intera la figura di Gesù vista da Ratzinger, il centro della Storia e dell'umanità: Gesù Figlio di Dio, Salvatore del mondo, che non è venuto però per portare la pace, il benessere, insomma una vita migliore, liberata. Non è un pacifista, un liberatore dagli oppressori, l'alfiere dei diseredati. Tutte queste cose possono essere uno scopo per tanti altri. Ma Gesù, dichiara il Papa «ha portato Dio». Se questo punto è chiarissimo, lo è altrettanto che il testo in questione non è un atto di magistero ma una opera teologica, e dunque dice il papa ai lettori «siete liberi di giudicare e criticare, come è anche stato ricordato anche dal direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, introducendo e coordinando la presentazione del libro ieri in Vaticano. Ma è sul rapporto tra il Gesù storico e il Cristo della fede, che ha animato tanta parte dell'esegesi del Novecento, che si è concentrata la presentazione dell'opera papale, affidata al cardinale di Vienna e discepolo di Ratzinger, Christoph Schoenborn, al filosofo Massimo Cacciari e al teologo valdese Daniele Garrone. «La questione della credibilità storica» dei Vangeli ha rilevato il cardinale, è «di importanza vitale», mentre «nel pubblico mercato mediatico si mettono in vendita, senza pausa, 'scoperte' apparentemente nuove, che dovrebbero rivelare una storia completamente diversa di Gesù di Nazaret: la rappresentazione biblica ed ecclesiale della figura di Gesù sarebbe una truffa da preti e un imbroglio della Chiesa». Per Cacciari «questo libro riattinge alla radicalità del messaggio cristiano» e sollecita le «decisioni radicali» che questo messaggio comporta. Garrone ha osservato che «il libro vuol essere un'apologia della fede cristiana, particolarmente in rapporto al Gesù storico». «Per il Papa», ha spiegato, «il Gesù della confessione di fede coincide con il Gesù storico. La rivelazione è documentalmente accertabile dal testo dei Vangeli». Il teologo valdese, che ha sottolineato come non sia così frequente che un protestante parli in Vaticano, si è definito però «critico sulla parte apologetica. Credo sia un'operazione impossibile. La verità cristiana è una verità paradossale, la difficoltà di ricostruire storicamente Gesù è tutta in questo paradosso».

Libero, 14 aprile 2007


Presentato ieri nell'aula del sinodo in Vaticano il libro di Papa Benedetto XVI, "Gesù di Nazareth"

«Questa è la mia ricerca personale ciascuno è libero di contraddirmi... »
Un'analisi a tre voci: il cardinal Schoenborn, Massimo Cacciari e Daniele Garrone

Mariano Dolci

Il rapporto tra il Gesù storico e il Cristo della fede, che ha animato tanta parte dell'esegesi del Novecento, torna in luce con il libro del Papa su «Gesù di Nazaret» – che uscirà nelle librerie italiane, con una prima tiratura di 350 mila copie, lunedì prossimo, giorno dell'ottantesimo compleanno del Pontefice – e su di esso si concentra la presentazione dell'opera papale, che si è svolta ieri pomeriggio, affidata al cardinale di Vienna e discepolo di Ratzinger Christoph Schoenborn, al filosofo laico Massimo Cacciari e al teologo valdese Daniele Garrone.
Nell'aula del sinodo in Vaticano, affollata, ma non al completo, di religiosi e personalità della cultura e dei media, i tre relatori, coordinati dal direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, hanno sottolineato i vari aspetti del libro del papa. Tra il pubblico anche Francesco Cossiga e Giulio Andreotti, in prima fila. Tra i tanti cardinali Giovanni Battista Re, Josè Saraiva Martins e William Levada e, in rappresentanza del Comune di Roma, Maria Pia Garavaglia.
Nessuna «meraviglia» che il Papa parli di Gesù, sorprende piuttosto «come egli lo faccia», spiega Schoenborn: il Papa tratta la materia come teologo, come fedele, e non impone la sua analisi come magistero, bensì la offre alla ricerca comune dei fedeli. Benedetto XVI lo scrive nella premessa al suo studio sulla figura di Gesù: «Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del volto del Signore. Perciò ognuno è libero di contraddirmi».
Non si tratta però di un approccio «soggettivista», perché il Papa, come san Tommaso, non «espone alla curiosità dei fedeli il fuoco della sua vita di fede, lo tiene nascosto».
«La questione della credibilità storica» dei Vangeli ha rilevato il cardinale, è «di importanza vitale», e comunque «sul pubblico mercato mediatico si mettono in vendita, senza pausa, "scoperte" apparentemente nuove, che dovrebbero rivelare una storia completamente diversa di Gesù di Nazaret: la rappresentazione biblica ed ecclesiale della figura di Gesù sarebbe una truffa da preti e un imbroglio della Chiesa».
Dalla fatica di papa Ratzinger, ha commentato l'arcivescovo di Vienna, la figura di Cristo risulta «molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni».
«Questo libro – ha osservato Massimo Cacciari durante il suo intervento – riattinge alla radicalità del messaggio cristiano e sollecita le "decisioni radicali» che questo messaggio comporta». L'esponente dell'intellettualità laica è partito dalla convinzione che «il libro di Ratzinger abbia il suo centro in Giovanni», e l'affermazione di Gesù, assente nei vangeli sinottici, «io sono la verità». «Qui – ha detto Cacciari – è lo scandalo che da qualche secolo inquieta tutta la riflessione e il pensiero europeo. Qui è l'affermazione di una persona che dice di sé "io sono la verità"». Secondo Cacciari, l' «io sono» di Gesù «inquieta e interroga la nostra ragione. Questo è il grande problema che la fede in Gesù non può non suscitare anche nei non credenti. È il concetto di verità che la "sofia" ha elaborato e ha continuato a cercare anche dopo Gesù». Il filosofo ha bonariamente "bacchettato" Ratzinger sostenendo che il Papa «se la cava un po' frettolosamente quando parla di filosofia», come nella citazione riservata nel libro a Nietzsche, che parlava di Gesù come «l'uomo più buono che ci sia mai stato».
Garrone ha osservato che «il libro vuol essere un'apologia della fede cristiana, particolarmente in rapporto al Gesù storico». «Per il Papa – ha spiegato – il Gesù della confessione di fede coincide con il Gesù storico. La rivelazione è documentalmente accertabile dal testo dei Vangeli».
Il teologo valdese, che ha sottolineato come non sia così frequente che un protestante parli in Vaticano, si è detto però «critico sulla parte apologetica. Credo sia un'operazione impossibile. Così come noi non possiamo dimostrare l'esistenza di Dio, così non possiamo convincere gli altri della nostra convinzione. La verità cristiana – ha aggiunto – è una verità paradossale, la difficoltà di ricostruire storicamente Gesù è in questo paradosso».

Gazzetta del sud, 14 aprile 2007


Tutti i temi del volume del Pontefice

Il Cristianesimo non è buonismo

Filiberto Maganza

Ha «voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il "Gesù storico" in senso vero e proprio». Così il Papa spiega la molla che lo ha spinto a scrivere «Gesù di Nazaret», del quale escono i primi dieci capitoli, dal battesimo alla trasfigurazione, 447 pagine che attingono alle acquisizioni della esegesi cristiana e si nutrono anche di un confronto con l'ebraismo. Ecco alcuni dei principali temi affrontati.
Il libro è espressione di una ricerca personale sul volto di Cristo – «Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell'anticipo di simpatia senza il quale non c'è alcuna comprensione».
Senza Dio violenza e crudeltà inaudite – «Laddove l'uomo perde di vista Dio, anche la pace decade e la violenza prende il sopravvento con forme di crudeltà prima inimmaginabili: lo vediamo oggi in modo fin troppo chiaro».
Cristianesimo non è buonismo – «La nuova bontà di Dio non è acqua zuccherata». C'è sempre «lo scandalo della croce» che «per molti è più insopportabile di quanto era una volta il tuono del Sinai per gli israeliti».
Gesù non è mito, presenza reale nella storia – «Gesù non è un mito, è un uomo fatto di carne e sangue, una presenza tutta reale nella storia».

Non interpretare Gesù con categorie solo umane – È sbagliato avvicinarsi alla figura di Gesù mettendola al pari di altri fondatori di religioni e filosofie morali senza tenere conto della sua «vera natura», della sua «specificità», della sua «totale alterità». «Karl Jaspers – scrive il Papa – ha affiancato Gesù a Socrate, Buddha e Confucio come uno dei quattro uomini determinanti, riconoscendogli con ciò un significato fondamentale per la ricerca del giusto essere uomini, ma Gesù in questo modo risulta uno tra altri all'interno di una categoria comune». Secondo Ratzinger, «oggi è invalsa l'abitudine di considerare Gesù uno dei grandi fondatori di religioni nel mondo, ai quali fu donata una profonda esperienza di Dio».
Uomo creatura libera, non proprietà genitori-figli – Gli uomini sono «creature libere di Dio» e nessuno può essere «proprietà» di un'altra persona: così «i figli non sono proprietà dei genitori», come pure «gli sposi non si posseggono vicendevolmente». Ratzinger tocca l'argomento parlando della figura del buon pastore nel Vangelo di Giovanni e usando volutamente «un esempio tratto dalla nostra vita». «Nessun uomo "appartiene" a un altro come gli appartiene una cosa», sottolinea, e la reciproca appartenenza degli uomini, così come si manifesta tra genitori e figli o tra coniugi, deve configurarsi «non come possesso, bensì nella responsabilità», accettando quindi «la libertà dell'altro».
La promessa di Gesù è dare la vita in abbondanza – «Questa è la grande promessa di Gesù: dare la vita in abbondanza».
Ragione contro laicismo e mito del successo – Quando la «libertà , stata interamente sottratta allo sguardo di Dio e alla sua comunione con Gesù», rimarca il Papa, «la libertà per l'universalità, e quindi per la giusta laicità dello Stato, si è trasformata in qualcosa di assolutamente profano, in "laicismo", per il quale l'oblio di Dio e l'esclusivo orientamento verso il successo sembrano diventati elementi costitutivi».
Afflitti simbolo di chi non si piega ai diktat – Gli «afflitti» e i «perseguitati» delle beatitudini evangeliche rappresentano sono «coloro che non si piegano ai diktat delle opinioni e delle abitudini dominanti, anche in questo caso si tratta di persone che scrutano attorno a sé alla ricerca di ciò che è grande, della vera giustizia, del vero bene».
Chiesa ha sempre difeso famiglia cuore società e cristianità deve sempre riformulare gli ordinamenti sociali Dio non è madre – Dio non è mammma (come invece disse papa Luciani, ndr): e «"Madre" nella Bibbia è una immagine, non un titolo di Dio». Nella Bibbia c'è l'immagine del «grembo materno» usata per indicare il «com-patire di Dio», ma c'è alterità Dio-creatura e Dio come padre indica la trascendenza.
Del nome di Dio si abusa ma bisogna pronunciarlo – «Del nome di Dio si può abusare e così macchiare Dio stesso, possiamo impadronirci del nome di Dio per i nostri scopi e deturpare così l'immagine di Dio».
Apostoli vicini a Qumran, ma senza appartenervi – I Dodici «appartenevano all'ambiente sociale dei «poveri di spirito», provenivano, da ambienti che «si distinguono dai farisei e dai sadducei, ma anche, nonostante una certa vicinanza spirituale, da Qumran».
Nietzsche rabbioso, cristianesimo non è morale – La «rabbiosa critica del cristianesimo» che Friedrich Nietzsche fa, interpreta il "Discorso della Montagna" come il manifesto di una «religione del risentimento, come l'invidia dei codardi e degli incapaci, che non sono all'altezza della vita e allora vogliono vendicarsi esaltando il loro fallimento e oltraggiando i forti, coloro che hanno successo e sono fortunati».

Gazzetta del sud, 14 aprile 2007

Nessun commento: