10 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 10 maggio 2007 (3)


Vedi anche:

VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE: SPECIALE

VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE (9-14 MAGGIO 2007)







Riabilitare la scomunica

Benedetto XVI difende il diritto della chiesa a essere quel che è

Eccoci di nuovo a un tema laico da svolgere partendo dalle parole di un Papa. E’ successo, succederà ancora. Benedetto XVI ha ribadito con freddezza che non hanno diritto a prendere il pane eucaristico coloro che, tra i fedeli cattolici, collaborano alla realizzazione di un aborto, cioè all’uccisione di un bambino non nato. Lo ha detto nel primo giorno della sua visita in Brasile, citando il diritto canonico a proposito di un caso esploso in Messico, il paese americano in cui si è spostata la nuova frontiera della cosiddetta interruzione volontaria di gravidanza. Immaginiamo oggi le rampogne e gli alti lai di parte laicista, che avranno la stessa forza e la stessa logica di quanto fu comminato alla chiesa per la mancata licenza di funerali religiosi a Piergiorgio Welby, l’uomo che ha consapevolmente e a suo modo coraggiosamente rifiutato sulla propria pelle, con una campagna favorevole alla decisione individuale di morire eutanasicamente, l’essenza del cristianesimo e cioè il significato trascendente della sofferenza. Il laicismo è fatto così: vuole imporsi come ideologia alla chiesa, desidera che gli usi e i costumi della società secolarizzata e scristianizzata penetrino nel profondo del corpo cristiano e lo rimodellino secondo i criteri e i valori di vita che hanno conquistato lo stato, la legislazione, lo spazio pubblico. La pena per la contravvenzione a questa velleità di pensiero unico dominante è l’esclusione, l’emarginazione, la condanna morale.
I laici veri, anche quelli che sono fuori da una comunione di fedeli e dal loro orizzonte confessionale, ma non hanno perduto il senso profondo della parola libertà e della parola laicità, devono invece accettare l’indipendenza della chiesa nel suo ordine e rispettare la scomunica, una sanzione canonica che alla comunione dà un significato e un limite invalicabile, un confine formale e sostanziale di “coerenza eucaristica”. Il primo passo in questa direzione è nel segnalare la pigrizia linguistica con cui abbiamo assimilato l’idea secolarista che “scomunica” sia una parolaccia intollerante e illiberale. E perché mai? Quando la chiesa, che vive nella storia e come il mondo laico nella storia ha le sue derive, esercitava un potere temporale, facendo gravare interdizioni e scomuniche sulla libertà civile dei fedeli colpiti, e l’ultimo orrore concordatario fu la esclusione del grande modernista Ernesto Buonaiuti dall’insegnamento, la scomunica era illiberale. Ora è un gesto che definisce l’identità e la libertà di una chiesa, cioè un valore profondamente laico.

Il Foglio, 10 maggio 2007


Sarkozy e la chiesa
Superamento della legge sulla laicità e ruolo pubblico della religione I punti di una possibile alleanza

Roma. Una visita in Vaticano l’8 settembre 2004 per per presentare all’allora segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, il suo libro “La Republique, le religions, l’esperance”, in cui il nuovo presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, parlava apertamente di un superamento della legge sulla laicità del 1905, che in Francia è un tabù. La simpatia con cui alcuni presuli d’Oltretevere guardavano a lui come sostituto di Jacque Chirac, il politico che più si era battuto contro l’inserimento delle radici giudaico-cristiane nel Trattato europeo. La scelta dei cattolici praticanti francesi che lo hanno votato al primo turno in una percentuale del quaranta per cento. L’uscita di scena del cattolico democratico François Bayrou, che aveva raccolto il voto di venti praticanti su cento. Le venature laiciste se non anticlericali di Ségoléne Royal e del suo compagno Fraçois Hollande che ha dichiarato che “non c’è posto per la religione nelle Repubblica che noi vogliamo”, mentre il candidato neogollista diceva a Famille chretienne che considerava “determinate” il cristianesimo per la costruzione dell’identità nazionale e “fondamentale” il ruolo delle religioni nel dibattito pubblico: “Credo che sia fondamentale che le religioni, e specialmente nel nostro paese la religione cattolica, partecipino ai grandi dibattiti nelle società” ai quali apportano “una domensione morale e metafisica essenziale”. Ecco perché la chiesa catttolica vede in Sarkozy possibile alleato.
Il nuovo inquilino dell’Eliseo non è sconosciuto nei Sacri Palazzi. Nicolas Sarkozy infatti l’8 novembre 2004 varcò il portone di bronzo per presentare in Vaticano il suo libro “La Republique, les religions, l’esperance”, che tanto aveva fatto discutere in patria e in cui si arriva addirittura a mettere in discussione la legge sulla separazione tra chiesa e stato del 1905. All’allora emergente politico francese sarebbe piaciuto consegnare la sua fatica letteraria nelle mani di Giovanni Paolo II. Ma anche a causa della ormai cronica non buona salute del pontefice non fu possibile. Così si dovette “accontentare” di incontrare il cardinale Angelo Sodano, all’epoca segretario di stato e l’arcivescovo Giovanni Lajolo, in quel momento ministro degli Esteri d’Oltretevere. Alla cordiale riunione partecipò – e fu un fuori programma – anche il cardinale francese Jean-Louis Tauran, fino al 2003 titolare della Farnesina dei Sacri Palazzi. Si trattò di una udienza privata e quindi non ci furono stati comunicati ufficiali. Ma una documentata cronaca apparve sul Figaro del giorno dopo.
Era chiaro comunque che Oltretevere si guardava con interesse al politico che poco dopo avrebbe assunto la guida dell’Ump, il principale partito francese, con la prospettiva non troppo nascosta di correre alla successione del cattolico-laicissimo Jacques Chirac all’Eliseo. Sono passati due anni e mezzo e Sarkozy è riuscito nella sua impresa.
In Vaticano c’è un nuovo Papa – tedesco ma culturalmente francofilo – e sono cambiati i vertici della segreteria di stato. Ma è facile ipotizzare che nei Sacri Palazzi si continui a vedere con grande interesse a questo esponente anomalo del mondo politico transalpino che ha avuto il coraggio di mettere in discussione il dogma laico della assoluta separazione tra stato e chiesa. Adesso sarà interessante verificare se Sarkozy deciderà di chiedere di poter fare una visita di stato in Vaticano, in modo da poter prendere possesso del titolo di “primo e unico canonico onorario”
di San Giovanni in Laterano, un privilegio che risale ai tempi di re Enrico IV, e che è stata ereditata anche da quei sovrani laici che sono i presidenti della Republique.
François Mitterrand, che pure era cresciuto cattolico ed ebbe funerali religiosi, in quattordici anni di mandato non volle mai prendere possesso di questo titolo. Chirac invece lo fece pochi mesi dopo la sua prima elezione (ma questo non gli ha impedito di essere il più strenuo oppositore a ogni riferimento alle radici cristiane nel Trattato europeo).
Paradossalmente Sarkozy potrebbe avere invece qualche problema con i vescovi francesi.
E’ vero infatti che secondo i sondaggi del primo turno è stato lui a raccogliere la maggioranza dei consensi tra i cattolici praticanti
(oltre il 40 per cento). Ma nel mondo dell’associazionismo e nel corpo episcopale transalpino gli umori sono più spostati a sinistra.
Di ciò si è avuto un saggio lo scorso anno quando Sarkozy è stato criticato in questi ambienti per la sua nuova legge sull’immigrazione giudicata troppo restrittiva. D’altra parte però lo stesso Sarkozy lo scorso aprile ha criticato, da sinistra, la chiesa accusandola di avere una posizione “scioccante” sull’omosessualità in quanto la considera un peccato. Ma aldilà di questi aspetti pur non secondari, e dopo l’uscita di scena di
François Bayrou, un cattolico democratico alla francese che al primo turno aveva raccolto il 20 per cento dei voti dei praticanti,
per la chiesa di Francia la scelta di Sarkozy è stata comunque quasi una scelta obbligata.
Ségolène Royal infatti, pur provenendo da una famiglia cattolica con forti venature tradizionaliste, non ha mai nascosto una certa idiosincrasia verso tutto quello che sa di religioso.
Non solo, ma il suo compagno di vita, il leader socialista Francois Holland durante un comizio tenuto a Nancy in piena campagna elettorale non ha avuto niente di meglio
da dire che “non c’è posto per la religione nella Repubblica che noi vogliamo…”. E questo proprio negli stessi giorni in cui Sarkozy in una intervista al settimanale Famille chrétienne ribadiva che per lui la parte avuta dal cristianesimo nell’identità nazionale
è stata “determinante” e che il ruolo delle religioni nel dibattito pubblico è “fondamentale”.
“Credo – ha detto Sarkozy in quell’intervista – che sia fondamentale che le religioni, e specialmente nel nostro paese la
religione cattolica, partecipino ai grandi dibattiti della società” ai quali esse apportano “una dimensione morale e metafisica essenziale alle nostre discussioni”.

Il Foglio, 10 maggio 2007

Bah...staremo a vedere! Noi Italiani siamo abituati a politici che, durante la campagna elettorale, fanno a gara a dichiarsi cattolici e poi, una volta eletti, pensano di fare come vogliono ignorando completamente il Magistero...
E' troppo comodo: coerenza, coerenza...questa sconosciuta!
E' anche vero, pero', che negli ultimi mesi si e' scoperchiato il vaso di Pandora e i finti devoti sono venuti alla luce in tutto il loro "splendore" :-)

Raffaella

1 commento:

Antonio Candeliere ha detto...

Sono d'accordo con quello che dici...proprio ieri scrivevo sul mio blog che i nostri politici in tempi di elezioni fanno a gara per dichiararsi cattolici!