6 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 6 giugno 2007 (2)


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Rassegna stampa del 6 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 6 giugno 2007 (1)

Omaggio ad alcuni eroi caduti

Un nuovo studio su Pio XII con molti documenti inediti

I silenzi e i tormenti di Papa Pacelli

MARCO POLITI

Manca il miracolo, sussurrano in Vaticano, e poi la via della beatificazione di Pio XII sarà spianata. Ma intanto, l' 8 maggio scorso, la Congregazione per le Cause dei santi ha votato per il riconoscimento delle «virtù eroiche» di papa Eugenio Pacelli. Entro giugno Benedetto XVI dovrebbe dare il suo placet al decreto ed allora Pio XII diventerà venerabile. Pio XII. Un uomo sul trono di Pietro (Mondadori, pagg.660, euro 24), il bel libro di Andrea Tornielli, giunge dunque nel momento giusto. Inedita è la documentazione del carteggio familiare - cui l' autore attinge - inedito è il materiale che fa parte del dossier della causa di beatificazione, inedita la ricostruzione del conclave del 1939. Ne risulta un quadro anche umanamente assai ricco e che meglio aiuta a fare il bilancio del suo pontificato. Intanto Pacelli non volle fino all' ultimo diventare cardinale. Benché considerato prodotto perfetto di una macchina curiale capace di portare un minutante al soglio di Pietro, Pacelli insistette più volte con Pio XI per chiudere la carriera di nunzio in Germania e passare a occuparsi della «cura delle anime». Pio XI aveva, invece, altri progetti su di lui. Lo fece cardinale, lo fece Segretario di Stato ed è interessantissimo vedere nel libro la strategia con cui un pontefice regnante può «spingere» un porporato alla successione. Impagabili sono i brani, in cui Pio XI suggerisce al cardinale Pacelli come «rappresentarsi» nel ruolo di futuro pontefice. E dunque, quando dopo la morte di papa Ratti si apre il conclave, il futuro Pio XII è papabilissimo. Eppure l' elezione lampo (solo tre scrutini) fu contrastata e niente affatto unanime. Monsignor Tardini, grande collaboratore di Pio XII, spiegò così le opposizioni: «Il cardinale Pacelli è un uomo di pace e il mondo ora ha bisogno di un papa di guerra». Parole profetiche. Nell' incendio della guerra Pacelli - coscienzioso, addolorato, laborioso, impegnato per la sorte dei deboli - non riuscirà ad essere all' altezza del dramma straordinario che va in scena. Rispetto alle polemiche che da decenni circondano la figura di Pio XII, Tornielli è equilibrato e aperto alle giustificazioni di scelte difficili. Ma proprio la pacatezza dell' approccio fa emergere in maniera inequivocabile i suoi limiti. Pacelli intuì presto la natura «eretica» e diabolica del nazismo, soffrì moltissimo per il destino tragico degli ebrei, si spese per salvarne il più possibile, ma non ce la fece a scagliare una solenne condanna contro il simbolo demoniaco di Hitler e del suo regime. Non riuscì a saltare al di là della propria ombra, come dice il proverbio tedesco. Sta qui ciò che Rolf Hochhuth ha definito con l' intuito del drammaturgo il «silenzio» di Pio XII. Ossessionato dall' idea di equidistanza fra le parti in conflitto, ossessionato dal calcolo di costi e benefici (per le vittime) che potevano risultare da uno scontro frontale con il nazismo, avviluppato nell' angoscia del male minore, Pio XII si è sempre fermato un attimo prima di pronunciare la parola profetica di riprovazione, che lo avrebbe innalzato dinanzi ai posteri. Non sono critici malevoli a notarlo, l' interrogativo agitava lo stesso Vaticano durante la guerra. «Da tante parti - scriveva il cerimoniere pontificio mons. Respighi al cardinale Maglione nel 1943 - si attende una parola del Santo Padre forte e solenne a difesa dell' umanità». Pio XII fece certamente sapere come la pensava, ma quella parola solenne non venne mai. L' impianto distaccato del libro lo documenta senza ombra di dubbio. La Germania invade Olanda e Lussemburgo, violandone brutalmente la neutralità? Respingendo due testi di dura condanna, preparati da mons. Tardini e dal Segretario di Stato Maglione, Pio XII opta per telegrammi di condoglianza. Hitler introduce l' eutanasia per i malati di mente? Pio XII cassa dal documento del Sant' Uffizio l' espressione crimine «nefasto e inumano», preferendo si dica solo che è un fatto contrario alla legge umana e divina. L' arcivescovo di Cracovia Sapieha sollecita, tra alti e bassi, un documento sulle sevizie inflitte alla Polonia? Pio XII si limita a citare in pubblico la «tragica sorte del popolo polacco». Sulla persecuzione antiebraica - il libro lo documenta - papa Pacelli era informatissimo. «Piangeva come un fanciullo», era sconvolto, ricorda un testimone. Ma persino nel famoso radiomessaggio del Natale 1942 Pio XII non riuscì a collegare il termine sterminio con la parola «ebrei». Lui stesso, nel fondo del suo cuore, sapeva che un giorno ciò avrebbe potuto essergli addebitato. Al nunzio Roncalli, in piena guerra, chiede se «il suo silenzio circa il contegno del nazismo non è giudicato male».

Repubblica, maggio 2007

Che strano! A settembre Politi ha criticato Papa Ratzinger per avere parlato dell'impossibilita' del nesso fra fede e violenza, il mese scorso ha attaccatto Benedetto XVI per avere parlato di aborto e della questione degli indios, ma per quanto riguarda Pio XII il ragionamente e' esattamente l'opposto: lo si rimprovera per avere taciuto. Molto strano che si critichi la scarsa durezza di un documento sull'eutanasia...oggi Papa Ratzinger userebbe parole durissime e, per questo, sarebbe vilipeso e contrastato, vero Politi?
Raffaella


Bertone: «Nessuna profezia di apostasia negli scritti di suor Lucia su Fatima»

Vaticano. Tra i segreti di Fatima «non c’è una profezia dell’apostasia della Chiesa, come molti vorrebbero che ci fosse»: così il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, in un’intervista concessa a Radio Vaticana, ha sottolineato l’assenza di contenuti o segreti legati alle apparizioni portoghesi del 1917 che non siano già stati resi pubblici. «Io ho ripetuto – spiega il cardinale – com’è possibile che la Madonna, Madre della Chiesa, che accompagna la Chiesa ed è l’aiuto del Papa e dei vescovi, come l’ha invocata Giovanni XXIII, faccia una profezia per dire che ci sia un’apostasia della Chiesa?» «La Chiesa è fedele – ha proseguito il Segretario di Stato – "portae inferi non praevalebunt", anche se uomini e donne di Chiesa possono tradire la loro fede, e anche uomini di Chiesa, magari collocati in posti di responsabilità, come abbiamo visto anche recentemente». Bertone, come da lui stesso ricordato, nei giorni scorsi ha presentato durante una trasmissione televisiva «il testo autentico, le quattro paginette, cioè il foglio unico redatto da suor Lucia. Le parole del terzo segreto sono contenute in quel foglio e non ci sono altre parole scritte da suor Lucia che riguardino il terzo segreto». «Le altre parole – ha detto il cardinale – sono state inventate, formulate da altre persone, ma non corrispondono certo agli scritti di suor Lucia. Quindi, io sono fermamente convinto sia per la documentazione che era nell’archivio segreto del Sant’Uffizio, che è stata portata nel 1957 a Roma, sia per le dichiarazioni esplicite, personali di suor Lucia alla presenza del vescovo di Leiria, che non c’è altro: il terzo segreto è questo, dalla prima all’ultima parola».

Avvenire, 6 giugno 2007


STORIA

L’intervento del Segretario di Stato Bertone ieri a Roma: «L’emergere di un giudizio negativo su Pacelli coincide con la nascita dello Stato d’Israele. Incomprensibile l’accusa di non essere intervenuto come dovuto per gli ebrei perseguitati»

Pio XII, stop alla leggenda nera

Lo storico Andrea Riccardi: «Il Laterano venne trasformato in un grande rifugio».
Giulio Andreotti: «Dovette far fronte a una serie di situazioni molto difficili»


Da Roma Giovanni Ruggiero

Altre pagine, man mano che cadono i segreti degli archivi, sono scritte per sfatare, con i fatti e non con i miti, la leggenda nera di Pio XII. Andrea Tornielli, giornalista vaticanista, ne scrive oltre seicento attingendo per la prima volta all'Archivio della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari e, soprattutto, all'archivio privato della famiglia Pacelli. La sua biografia di questo Papa (Pio XII. Un uomo sul trono di Pietro, edito da Mondadori) è stata presentata a Roma da storici che hanno spiegato il meccanismo di confezionamento di questa leggenda e dal cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, per il quale questo falso mito ha avuto l'effetto di far dimenticare lo straordinario magistero di un Papa che fu il precursore del Concilio Vaticano II. Una congiura che rischia di «ridurre tutto il suo Pontificato alla questione sui presunti silenzi».
Di questi silenzi si è parlato. Furono veri silenzi? Il problema è proprio questo al centro del dibattito introdotto dal vicesindaco di Roma, Mariapia Garavaglia, e condotto da Bruno Vespa. Per Giulio Andreotti, che anche questo Papa ha visto da vicino, Pacelli «era di una personalità complessa che ha dovuto far fronte a una serie di situazioni molto difficili», che elencandole, potrebbero essere la preoccupazione di difendere la libertà del nostro Paese anche dopo i fatti bellici evitando la deriva per le nuove generazione verso ideologie diverse. Per lo storico Francesco Margiotta Broglio, i suoi furono silenzi eloquenti e «ridurre una personalità molto complessa e sfaccettata alla questione del silenzio non è fare un'operazione storica». La leggenda nera è antistorica, perché fonda, come poi dirà il cardinale Bertone, su quell'anacronismo che ogni storico denuncia, quando cioè si giudica la realtà di allora con gli occhi e con la mentalità di oggi.
C'è una tecnica per creare i falsi: quando lo storico usa i documenti senza rinunciare alle sue tesi di partenza. Gli americani la chiamano "serial citation", ricorda un giovane storico, Matteo Luigi Napolitano, che, invece loda Tornielli «che fa parlare le fonti da sole senza influenzare con la sua opinione quella dei lettori». Perché, dunque, la tesi del silenzio non regge? Perché, secondo Andrea Riccardi, questo Papa non si preoccupò tanto delle condanne pubbliche, «ma volle richiamare i principi, tenendo i contatti con la realtà e rischiando fino al limite», quando ad esempio il Laterano diventò una macchina clandestina enorme per salvare gli ebrei dalla persecuzione.
Questo Papa, insomma, non si preoccupò del giudizio che avrebbero dato gli storici. Lo sostiene chiaramente Bertone che, di tutti i Papi, dice: «Non parlano pensando a precostituirsi un'immagine favorevole per i posteri, sanno che da ogni loro parola può dipendere la sorte di milioni di cristiani, hanno a cuore la sorte degli uomini e delle donne in carne ed ossa, non il plauso degli storici». E così operò questo Papa che si muoveva con prudenza nell'ambito delle pubbliche denunce nell'interesse dei sofferenti stessi per non rendere più grave la loro situazione. Come del resto farà poi molti anni dopo Paolo VI nei confronti dei Paesi d'Oltrecortina, governati dal comunismo totalitario.
L'incomprensibile accusa a Papa Pacelli, per il cardinale Segretario di Stato, nasce in uno periodo storico ben preciso che va dall'agosto del 1946 all'ottobre del 1948, quando si formava lo Stato di Israele, «per non essere intervenuto come dovuto a favore degli ebrei perseguitati». In quegli stessi anni, però, Pio XII ricordò le persecuzioni di un antisemitismo fanatico scatenatosi contro il popolo ebreo (allocuzione del 3 agosto del 1946), ma anche i diritti di quanti già vivevano in Palestina e che attendevano anch'essi rispetto, attenzione, giustizia e protezione. «I giornali dell'epoca - dice il porporato - riferiscono ampiamente dello stato di tensione che in quella regione si stava manifestando ma, poiché non hanno voluto entrare n el merito dei ragionamenti e delle proposte di Pio XII, hanno cominciato a prendere posizione, chi per una parte e chi per l'altra, ideologizzando così una riflessione che si sviluppava in modo articolato ed attenta a criteri di giustizia, di rispetto, di legalità».
Bertone ricorsa Robert Kempner, magistrato ebreo e pubblico ministero al processo di Norimberga, che è il primo a riconoscere dopo l'uscita del "Vicario" di Hochhuth, che molto ha contribuito a formare la leggenda nera, che qualsiasi presa di posizione propagandistica della Chiesa contro il governo di Hitler sarebbe stata non solamente un suicidio premeditato, ma avrebbe accelerato l'assassinio di un numero ben maggiore di ebrei e di sacerdoti». Pacelli, ancora oggi, è stato definito da Hochhuth un "vigliacco demoniaco", ricorda Bertone, «mentre - aggiunge - ci sono storici fautori del pensiero unico anti-Pio XII che arrivano persino a dare del "brigatista pacelliano" a quanti non la pensano come loro osano manifestare un diverso pare su queste vicende».
Denunciare o agire? Fu questo il dilemma di Pio XII che però scelse di agire. «Non lamento, ma azione è il precetto dell'ora», compendia questa sua scelta. Bertone ricorda, ad esempio, come nel tentativo disperato di salvare più persone possibili chiese ai tedeschi che occupavano l'Italia nel 1943, di poter assumere 4.425 persone nella Guardia Palatina. Sarebbero state tutte persone strappate ai campi. È solo un episodio, ma Bertone è convinto che se gli storici indagheranno a fondo altri episodi verranno alla luce, come ad esempio la circostanza che questo Papa avesse preferito scrivere centinaia e centinaia di lettere alle persone più disparate, dove la denuncia del nazismo è ferma e il suo dolore per le vittime immenso.

Avvenire, 6 giugno 2007


L’ULTIMO CONTROVERSO PONTEFICE ROMANO

di LIDIA LOMBARDI

LE POLEMICHE su Pio XII, il dibattito sui suoi «silenzi», sulla sua ipotizzata, colpevole indulgenza nei confronti del nazismo non si chetano da decenni. Anzi, ogni giorno un articolo, un libro, un dibattito riaccendono le schiere di chi lo accusa e di chi lo difende. Così ieri in Campidoglio la presentazione di una biografia su Eugenio Pacelli firmata dal vaticanista Andrea Tornielli ha fatto da contraltare, come un evento a orologeria, agli articoli che da due settimane, la domenica, aprono l’inserto culturale de Il Sole 24 Ore. Rivelano, sulla scorta di documenti provenienti dagli archivi vaticani e oggetto di un volume di Emma Fattorini, come il pontefice della seconda guerra mondiale abbia tenuto nascosto l’ultimo documento vergato dal predecessore, Pio XI, che in occasione del decimo anniversario del Patti Lateranensi - e pochi giorni prima di morire - aveva intenzione di lanciare un vibrante j’accuse contro i totalitarismi, mettendo in guardia sulla china tragica nella quale stava precipitando l’Europa. Insomma, ancora un macigno a scardinare la figura dell’ultimo papa romano, quale Pacelli fu. Ma in questo infinito così è se vi pare ribatte Tornielli che Pio XII, decaduto dall’incarico di segretario di Stato alla morte di papa Ratti, e nella qualità di camerlengo col compito di reggere la sede vacante, non poteva che ordinare la distruzione delle bozze di un intervento non ancora corretto e reso definitivo proprio poiché era sopraggiunto il decesso del pontefice che l’aveva concepito. A sgombrare il campo dalle ombre su Pacelli è intervenuto ieri anche il cardinale Tarcisio Bertone, inquadrando l’infuriare delle polemiche nella storia più recente e sfatando quella che ha definito una «leggenda nera»: «Le accuse a Pio XII sono sorte in un periodo ben preciso, tra il ’46 e il ’48, in coincidenza con la nascita dello Stato di Israele e della questione palestinese. I giornali dell’epoca - ha ricordato Bertone - riferiscono ampiamente dello stato di tensione in quella regione e prendono posizione, chi per una parte, chi per l’altra, ideologizzando e senza entrare nel merito ai ragionamenti e alle proposte di Pio XII». «Costante attenzione alla tutela dell’umanità», così a sua volta Giulio Andreotti ha spiegato i cosiddetti «silenzi» del Papa romano. Stritolato, ha sottolineato il senatore a vita, «in un periodo certamente tra i più tremendi della storia».

Il Tempo, 6 giugno 2007


«Pacelli antisemita? Uno scempio del buon senso e della ragione»

nostro servizio

Alberto Bobbio

ROMA I silenzi di Papa Pacelli davanti alla Shoah? Le accuse di aver taciuto di fronte al nazifascismo tanto da aver rasentato la connivenza? Sono una «leggenda nera» su cui è maturo il tempo per mettere la parola fine. Il segretario di Stato di Benedetto XVI, il cardinale Tarcisio Bertone, lo ha detto ieri sera a Roma, presentando in Campidoglio il libro del vaticanista Andrea Tornielli, Pio XII, Eugenio Pacelli. Un uomo sul trono di Pietro , edito da Mondadori.
Bertone ha spiegato che vanno rivalutati invece tanti aspetti della sua pastorale innovativa, in un periodo tra i più difficili della storia, dai quali Pacelli ne esce addirittura come un grande. Il segretario di Stato ha definito il libro di Tornielli «una corposa e documentata biografia», che «ci restituisce la grandezza e la completezza della figura di Pio XII, ce ne fa approfondire l'umanità, ce ne fa riscoprire il magistero». Infatti la polemica sui presunti silenzi di Pio XII rischia di ridurre solo a questo un pontificato complesso. Bertone fa risalire «l'incomprensibile accusa» di non essere intervenuto a favore degli ebrei agli anni tra il 1946 e il 1948, che coincidono con la nascita dello Stato di Israele. Nell'allocuzione del 3 agosto 1946 il Papa ricordò le «persecuzioni di un antisemitismo fanatico» che si è scatenato «contro il popolo ebreo», ma anche «i diritti di quanti già vivevano in Palestina e che attendevano anch'essi rispetto, attenzione, giustizia e protezione».
Il segretario di Stato lascia intendere che queste parole a favore dei palestinesi hanno fatto scattare la trappola e avviato la «leggenda nera» di un Papa antisemita. Leggendo i giornali dell'epoca, rimarca Bertone, è possibile convincersi della giustezza di questa lettura. Invece, solo chi è libero da «finalità ideologiche e si fa amante della verità – osserva Bertone – è ben disposto a comprendere più a fondo, in piena sincerità, un papato lungo, fruttuoso e, a mio parare, eroico».
Il segretario di Stato ha citato, per sostenere la sua tesi, «il recente cambio di atteggiamento, anche nel grande santuario delle memoria che è lo Yad Vashem a Gerusalemme, che ha riconsiderato la figura e l'opera di Pacelli non dal punto di vista polemico, ma da un'angolatura obiettivamente storica». La tesi che ieri sera in Campidoglio ha illustrato Bertone è quella della prudenza e non del silenzio di Pio XII. Pacelli l'aveva maturata davanti ai drammatici eventi della guerra e l'aveva anche spiegata nel 1943 come scelta nei confronti di molte persone «per non rendere ancor più grave la loro sofferenza».
Una presa di posizione della Chiesa contro Hitler sarebbe stata, ha rilevato il segretario di Stato, «non solo un suicidio premeditato, ma avrebbe accelerato l'assassinio di un numero ben maggiore di ebrei e di sacerdoti». Secondo Bertone è la stessa prudenza usata poi da Paolo VI verso i Paesi d'oltre cortina negli anni Sessanta e Settanta. Eppure la prudenza non impedì ai pontefici di agire. Il segretario di Stato ha ricordato che il precetto di Pacelli era «non lamento, ma azione» e, anche se non si trovano circolari scritte, «ha detto a voce ciò che si doveva fare». Nell'ottobre 1943, per esempio, la Santa Sede chiese alla Germania, potenza occupante in Italia, di poter rinforzare la Guardia Palatina, che allora era una sorta di polizia del Vaticano, assumendo 4.425 e mettendole così sotto la protezione della Santa Sede.
Bertone ieri sera ha lasciato intendere che Pio XII pensava di assumere gli ebrei del ghetto vicino al Vaticano per salvarli così dalla deportazione. Poi ha ricordato che mai incontrò Mussolini come Papa e la stessa cosa fece con Hitler: «È giusto discutere, approfondire, dibattere confrontarsi. Ma bisogna guardarsi dal più grave errore per lo storico, che è l'anacronismo, cioè giudicare la realtà di allora con gli occhi e con la mentalità di oggi».
Riguardo a Pio XII Bertone ha rilevato che «è profondamente ingiusto giudicare il suo operato durante la guerra con il velo del pregiudizio, dimenticando non solo il contesto storico, ma anche l'enorme opera di carità che il Papa promosse, aprendo le porte dei Seminari e degli istituti religiosi, accogliendo profughi e perseguitati, aiutando tutti». Insomma una ponderata analisi dei fatti storici può portare a valutare come ingiustificate le accuse verso Pio XII.
Il segretario di Stato ha ricordato anche la famosa opera Il Vicario , che scatenò negli anni Sessanta la «leggenda nera» contro Pacelli. Il suo autore Rudolf Hocchuth in un'intervista ha definito Pacelli un «vigliacco demoniaco» e vi sono storici anti Pio XII, ha spiegato Bertone, «che non esitano a dare del “brigatista pacelliano” a chi non la pensa come loro». Ebbene, secondo il segretario di Stato, è arrivato il momento di denunciare «questo scempio del buon senso e della ragione perpetrato spesso sulle pagine dei giornali».

L'eco di Bergamo, 6 giugno 2007

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