12 giugno 2007

"Gesu' di Nazaret": la parola al cardinal Vanhoye


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Rassegna stampa del 12 giugno 2007


UDINE

Il biblista cardinal Vanhoye appoggia la posizione del Papa sul metodo storico-critico: «L’interpretazione dei Vangeli non è soltanto scienza»

Esegesi: non è detta l'ultima Parola

«La ricerca ha fatto progressi, ha inventato nuovi sistemi, ma la Sacra Scrittura resta un messaggio divino»

Da Illegio (Ud) Francesco Dal Mas

«Vogliamo sapere chi era Gesù? Le indagini condotte con metodo storico critico non danno risposte esaurienti». Non ha dubbi il cardinal Albert Vanhoye, uno fra i biblisti più illustri ed autorevoli: «È un metodo utile, in tempi come i nostri, perché la scienza storica ha fatto molti progressi, ha inventato nuovi sistemi, quindi l'esegesi si deve adattare a tali nuovi livelli. Ma...».
«Ma - aggiunge lo studioso -, come fa ben capire il Papa, questo è soltanto un approccio secondario con la Bibbia. Che è e resta un messaggio divino: di fede, di speranza e di amore. Discutere sui dettagli della storicità è utile. Difficilmente, però, si arriva a conclusioni precise, salde…». Dove si arriva, invece? «Soltanto a congetture. Ma, nelle condizioni attuali della scienza, si tratta di una prospettiva abituale».
Vanhoye, già rettore del Pontificio Istituto Biblico e già segretario della Pontificia Commissione Biblica, definito «un grande esegeta» da Benedetto XVI, è salito domenica ad Illegio, sulle montagne della Carnia friulana, per riflettere su «La santità dei redenti e il cantico nuovo nell'Apocalisse», nell'ambito della mostra internazionale dedicata - appunto - all'Apocalisse. Un appuntamento che sta muovendo migliaia di fedeli, ma anche di ricercatori, spinti a riscoprire quanto di meglio offrono le interpretazioni dell'Apocalisse.
Ed è appunto sulla lettura più opportuna dei testi sacri che, prima del convegno, il cardinale si sofferma con gli organizzatori. Gli si chiede del libro di Ratzinger Gesù di Nazaret, ovviamente, e dei rilievi anche critici che ha ricevuto. La conversazione si appunta sul metodo storico critico nell'esegesi. E Vanhoye non perde occasione di precisare: «Le conclusioni di questo tipo di ricerca non possono essere degli assoluti, da sole non sono in grado di ricostruire tutta la verità contenuta nella Sacra Scrittura e che era intenzione degli autori trasmettere; ci vuole l'integrazione con altri tipi d'approccio».
Ricorda, il cardinale, quando Ratzinger volò negli Usa - allora era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede - per una conferenza durante la quale prese le distanze da alcuni fondatori del metodo storico, osservando che determinati presupposti «ideologici» compromettevano la correttezza della ricerca stessa. Vanhoye va con la memoria anche ai lavori della Commissione pontificia sull'interpretazione della Sacra Scrittura nella vita della Chiesa: «Ratzinger non intervenne direttamente sulla valutazione del metodo storico, ma nella prefazione del documento conclusivo ribadì chiaramente che su questa materia il dibattito non poteva ritenersi affatto completato. Qualche riserva, insomma, ce l'aveva. Il che non significa fissare limiti alla libertà di ricerca».
Il biblista riconosce infatti che l'indagine storica può dare «risultati buoni ed accettabili». Ma - raccomanda - è uno strumento che va utilizzato con molto acume. E Gesù di Nazaret? Sono in molti, ad Illegio, a chiedere giudizi, negli intervalli tra la visita alla mostra, il convegno sul canto dell'Apocalisse (in una cornice musicale offerta dalle corali della valle), i solenni vespri nella tipica melodia illegiana, la processione del Corpus Domini fra le strette strade del paese cosparse di petali di rosa.
«Il libro - risponde infine il porporato - dimostra che il cardinale Ratzinger seguiva le opere degli esegeti, manifestava pertanto una profonda conoscenza delle questioni in campo. E, nel contempo, esprime una posizione precisa contro un'esegesi troppo strettamente scientifica». Anzi - riprende Vanhoye - «un'esegesi scientificamente arida. E proprio per questo il Santo Padre non vuole che il metodo storico-critico sia riconosciuto come quello esclusivamente valido. Si tratta di un metodo necessario in tempi come i nostri, ma bisogna completarlo con una modalità diversa di accogliere il messaggio della Bibbia».
Anche gli illegiani sanno che il loro ospite è molto stimato da Benedetto XVI. E cercano di strappare altri particolari sul libro. «Il Papa ha espresso l'intenzione di completare la sua opera, dove non si parla - per esempio - né dei Vangeli dell'infanzia, né della Passione. Si tratta evidentemente di una prima parte, che è importante ma ha necessità di un compimento». Gli appunti critici arrivati da alcune parti le sembrano fondati? «No, questo è un lavoro serio - risponde senza esitazione il biblista -, è la ricerca di un uomo di grande fede, che conosce i metodi scientifici, ma che non vuole esserne schiavo. Va veramente a contatto col Signore, attraverso la Parola di Dio».
E l'approccio «popolare» della Bibbia (siamo in una piccola comunità - 380 abitanti - dove lo studio del testo sacro costituisce un collante non solo religioso, ma anche sociale, grazie alle mostre religiose di respiro europeo si ripetono ormai da mezza dozzina d'anni, con un solido contorno d'iniziative culturali) quali indicazioni riceve dal metodo usato da Ratzinger? «Ribadisco, non dev'essere un approccio aridamente scientifico.
Il Papa ci dà un esempio corretto di come leggere ed interpretare i testi sacri. Ci dice, appunto, che bisogna leggere la Bibbia con fede, e non soltanto con preoccupazioni di storicità. La Parola di Dio non ha bisogno di essere minuziosamente dettagliata. Bisogna, insomma, andare al suo cuore più profondo, che è un messaggio religioso essenziale. La Bibbia non è un libro di storia, non è nemmeno un libro di filosofia, ma una testimonianza di fede. E, quindi, una guida per la fede».
Ma il libro del papa è per specialisti? Il cardinale riprende fiato: «Gesù di Nazaret presuppone, ovviamente, lettori con un minimo di cultura religiosa. Ma è evidente il beneficio che deriva dalla sua lettura. Come ha detto anche il cardinale Martini, è un libro scientificamente serio e, allo stesso tempo, una grande testimonianza di fede».

Avvenire, 12 giugno 2007

1 commento:

Luisa ha detto...

Quale migliore risposta a coloro che domandano che la Bibbia sia studiata a scuola allo stesso modo che un altro libro?
A coloro che vorrebbero fare della Bibbia un libro scritto da laici per laici?
Omettendo la sua natura essenziale di messaggio divino, religioso , di testimonianza di fede ? "Bisogna leggere la Bibbia con fede e non soltanto con preoccupazioni di storicità" ha detto Benedetto XVI.