12 luglio 2007

Messa tridentina: il cardinale Barbarin (Francia) invita a rileggere la costituzione "Sacrosanctum Concilium" del Concilio Vaticano II

Vedi anche:

COSTITUZIONE CONCILIARE SACROSANCTUM CONCILIUM SULLA SACRA LITURGIA

Documento della Congregazione per la dottrina della fede: Radio Vaticana intervista Joseph Augustine Di Noia

Messa tridentina: la parola al Vescovo di Como ed a Ferdinando Camon

Il Papa in Cadore fra messaggi e battute

Card. Kasper ai Protestanti: le differenze devono spronarci e non invece sconvolgerci perché le chiamiamo per nome

Messa tridentina: l'opinione di Sergio Romano

Il Papa in Cadore: cronaca della terza giornata

Messa tridentina e documento della Congregazione per la dottrina della fede: l'analisi di Massimo Introvigne

Messa tridentina: intervista al liturgista John Zuhlsdorf

LA CHIESA DI CRISTO SUSSISTE NELLA CHIESA CATTOLICA: LO SPECIALE DEL BLOG

Papa Ratzinger? Il vero riformatore

Cardinale Kasper a Radio Vaticana: il documento della Dottrina della fede e' un invito al dialogo

Mons. Amato: nessuna offensiva del Papa e del Vaticano contro il Concilio

Messa tridentina: Guido Ceronetti da' una lettura inedita della decisione del Papa

SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"

IL TESTO DEL MOTU PROPRIO (in italiano)

LA LETTERA DEL SANTO PADRE AI VESCOVI PER PRESENTARE IL MOTU PROPRIO.

IL PAPA IN CADORE: LO SPECIALE DEL BLOG

Cadore: il Papa lascia in auto la sua residenza

La maggiore apertura all’antico Messale, “un invito alla riconciliazione”

“Le porte sono aperte”, sostiene il Cardinale francese Barbarin

LIONE, giovedì, 12 luglio 2007 (ZENIT.org).- Con il titolo “Un invito alla riconciliazione”, il Cardinale Philippe Barbarin, Arcivescovo di Lione e Primate di Francia, propone una riflessione sul “Motu proprio” di Benedetto XVI “Summorum Pontificum”.

Si tratta di un’anticipazione per i lettori di ZENIT, su concessione di France Catholique, che pubblicherà il testo del porporato il 20 luglio.

Nella suo commento, il Cardinale francese invita all’attenta rilettura della costituzione del Concilio Vaticano II sulla liturgia sacra "Sacrosanctum Concilium", promulgata il 4 dicembre 1963.

Due usi dell’unico rito romano per rafforzare la riconciliazione all’interno della Chiesa: è stato l’obiettivo di Benedetto XVI con la promulgazione, il 7 luglio, della Lettera Apostolica in forma di “Motu proprio” Summorum Pontificum sull’uso della liturgia romana precedente alla riforma del 1970.

Il “Motu Proprio” stabilisce che il Messale Romano promulgato da Paolo VI (in seguito alla riforma liturgica, nel 1970) – e ripubblicato due volte da Giovanni Paolo II – è e rimane la forma normale o ordinaria della Liturgia Eucaristica della Chiesa cattolica di rito latino.

Da parte sua, il Messale Romano promulgato da San Pio V e ripubblicato dal beato Giovanni XXIII (nel 1962, quando la Messa si celebrava in latino) potrà essere utilizzato come forma straordinaria della celebrazione liturgica.

Anche se il “Motu proprio” non è stato redatto specificamente per i seguaci dell’Arcivescovo scismatico francese Marcel Lefebvre (fondatore della Fraternità Sacerdotale San Pio X), sicuramente il documento “spalanca la porta per un ritorno alla piena comunione” con la Chiesa cattolica, come ha affermato recentemente il Presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, il Cardinale Darío Castrillón Hoyos, sottolineando che, in ogni caso, l’antica Messa non è mai stata abolita né proibita.

Dal canto suo, il Superiore generale della scismatica Fraternità San Pio X, monsignor Bernard Fellay, ha scritto una lettera, in occasione della promulgazione del “Motu proprio”, riconoscendo “il clima favorevole instaurato dalle nuove disposizioni della Santa Sede”.

A suo avviso, “occorre che l'innegabile avanzamento liturgico operato dal Motu Proprio sia seguito – dopo il ritiro del decreto di scomunica – da discussioni teologiche”.

Di seguito riportiamo la riflessione del Cardinal Barbarin:

Le porte sono aperte

“Per comprendere la decisione del Papa, ricordiamo – invita il Cardinal Barbarin – ciò che ha condiviso con i Cardinali dopo la sua elezione. Quando le porte della Cappella Sistina erano ancora chiuse, Benedetto XVI ha spiegato la scelta del suo nome. Riferendosi a Benedetto XV, grande artefice di pace, ha detto di voler vivere un pontificato di riconciliazione e di pace”.

“Oggi il Papa ritiene che se non compiamo subito un gesto, la divisione con i tradizionalisti diventerà uno scisma irrimediabile.

Conferma, quindi, le disposizioni di Giovanni Paolo II a questo proposito: se vogliono rimanere fedeli a Roma, sappiano che le porte sono aperte per loro e che il loro attaccamento alla liturgia antica non è un ostacolo”, ha affermato il Primate di Francia.

Novità

“L’unica vera novità di questo ‘Motu proprio’ – insiste il Cardinal Barbarin – è che la decisione di acconsentire ai desideri dei fedeli in questo campo dipende d’ora in poi dall’autorità dei parroci. Come ha fatto Giovanni Paolo II con i Vescovi nel 1988, Benedetto XVI invita i parroci ad accogliere di buon grado le richieste di celebrare la Messa secondo il rito del Messale romano pubblicato nel 1962”.

L’impossibile esclusione del Messale romano attuale

Dall’altro lato, aggiunge l’Arcivescovo di Lione, “il Papa invita i tradizionalisti a riconoscere il valore e la santità del Messale romano istituito da Paolo VI. I sacerdoti attaccati alla liturgia precedente al Vaticano II, siano essi dell'Isituto del Buon Pastore, della Fraternità di San Pietro o del movimento di Ecône, si sentiranno sicuramente colpiti da questa forte esigenza di Benedetto XVI. Lo stesso monsignor Fellay, responsabile della Fraternità di San Pio X, ha detto che era impossibile essere cattolici continuando ad essere separati da Roma. Sarà quindi un vero progresso per l’unità se si accetterà di riconoscere il valore e la santità del Messale di Paolo VI con cui celebro la Messa ogni giorno dalla mia ordinazione e se si cesserà anche di escludere per principio la celebrazione secondo i nuovi libri”.

Il Cardinal Barbarin pone il documento sulla linea del Sinodo dei Vescovi sull’Eucaristia che ha coronato l’anno dell’Eucaristia voluto da Giovanni Paolo II, e dell’Esortazione apostolica postsinodale di Benedetto XVI, e sulla linea della costituzione conciliare “Sacrosanctum concilium”: “Notiamo che Benedetto XVI chiede a tutti di penetrare nella dimensione divina e sacra dell’Eucaristia. Da parte mia, auspico che tutti rileggano attentamente la costituzione del Vaticano II sulla liturgia. Questo sarà il cammino migliore per ricomporre l’unità, sempre fragile nella Chiesa”.

Lex orandi, lex credendi

Il Cardinal Barbarin spiega ciò che significa il vecchio adagio lex orandi, lex credendi in questi termini: “In effetti, la liturgia è un’espressione essenziale della fede della Chiesa secondo il ben noto principio lex orandi, lex credendi (la nostra preghiera esprime la nostra fede). La celebrazione dell’Eucaristia racchiude tutto il mistero pasquale. Ci supererà sempre, perché è allo stesso tempo la gioia del Giovedì Santo (comunione), il dramma del Venerdì Santo (sacrificio) e il Mistero della Resurrezione nella mattina di Pasqua (presenza). Questa riassume l’essenza della nostra fede”.

“Quanto a un eventuale giudizio sul Concilio, non ci sono questioni né dubbi possibili. Benedetto XVI scrive che il timore di sminuire l’autorità del Concilio Vaticano II e di vedere posta in dubbio una delle sue decisioni fondamentali non ha fondamento”, insiste il Cardinal Barbarin.

Ritorno ai testi del Concilio

“La mia speranza è che questo chiaro gesto del Santo Padre porti quanti sono ancora reticenti a riprendere i testi del Concilio, ad accettarli interiormente nella fede e a conformarsi ad essi in tutta la loro vita cristiana, e soprattutto nel loro ministero sacerdotale. Tutti abbiamo bisogno di tornare a questo insegnamento che io considero la fonte di rinnovamento e di unità nella Chiesa”, conclude il Cardinale.

© Copyright Zenit

12 commenti:

Anonimo ha detto...

meglio tardi che mai!!!!!!!!!!!!!!

Finalmente l'abbiamo capita

euge ha detto...

Cara Raffaella le dichiarazioni riportate nell'articolo da te postate, penso che parlino chiaramente. Sono conclusioni a cui siamo arrivati in questo blog in tanti momenti di dialogo; conclusioni che però sono state interpretate spesso come svarioni teologici, prese di posizione a priori, difesa del pericoloso tradizionalismo e quant'altro. Ma quante volte nei nostri post di commento abbiamo detto che il Motu Proprio non va contro il Concilio????? Quante volte abbiamo detto anche che questo documento può aprire un dialogo nella chiesa e compattarla rendendola più forte???? Abbiamo anche mensionato la Sacramentum Caritatis ma, siamo state accusate non dico di non capire nulla ma quasi; abbiamo anche detto che di fatto il Concilio Vaticano II non ha mai vietato l'uso del latino e ne mai ha vietato di celebrare con il messale del 1962; semmai, la concessione viene fatta proprio per la lingua nazionale che si dice deve essere introdotta per le letture e per le omelie se non sbaglio; quindi non è la lingua latina ad essere concessa nella celebrazione ma, semmai il contrario. Non parliamo poi della sobrietà dei vari riti; perchè sobrietà in questo caso non corrisponde propriamente a svilimento o semplificazione che rasenta la banalizzazione. Forse è il caso che veramente i cosiddetti sostenitori ad oltranza del Concilio rileggano molto attentamente i documenti perchè a questo punto è innegabile che il loro vero significato è stato profondamente frainteso ed adattato alle necessità del momento.
Eugenia

mariateresa ha detto...

e' splendido. Mi aprono il cuore questi interventi.
Un po' alla volta vengono fuori prese di posizione ragionevoli.Con un po' di pazienza. Anzi con molta pazienza.Dobbiamo essere fiduciosi.
Non mi piacciono invece gli interventi dei fratelli protestanti che trovo nella rete sull'altro documento, anche se fratelli protestanti è un po' generico, ce ne sono di tanti tipi. Non te li posto, Raffaella, perchè è inutile e sono sicura che non sarebbero di tuo gusto, a che serve ripere sempre le stesse cose?. Sono freddi e offesi e non mancano di un moralismo calvinista che di più non si può. Loro per primi non vogliono essere considerati una chiesa, ma si offendono perchè il documento ha sostenuto che non sono chiese in senso "proprio". Ma con questo il documento non sosteneva che erano un gruppo di cialtroni senza arte nè parte, anzi. Aspettiamo con fiducia anche con loro.
Cercare un filo veritiero di quello che sta accadendo utilizzando i media è davvero una cosa superiore alle forze umane.
Sapete che questo lavoro critico continuo sui media che si fa su questo blog mi sta insegnando parecchio anche con riferimento al resto della cronaca, alla politica e a tutto il resto.
Si impara a discernere meglio e non ci si accontenta più del primo titolo urlato.

Anonimo ha detto...

Ciao Mariateresa, grazie per la tua delicatezza.
Ho imparato anche io ad essere molto critica con i messaggi che il pensiero politicamente corretto dei media vorrebbe fare passare. In nome del presunto pluralismo (a senso unico) si rischia di commettere molte discriminazioni.
Raffaella

francesco ha detto...

caro il "mio" barbarin
je suis tout a fait d'accord
mais... je pense qu'il s'agit des eveques et tres peu des pretres
;-) francesco

elteo ha detto...

Ho scoperto solo da qualche giorno l'esistenza di questo blog interessante. Riguardo al motu proprio mi chiedo (e chiedo) semplicemente: la riforma di Pio V non ha sostituito in maniera definitiva (senza abrogarle, credo) i precedenti usi liturgici latini ? Allora perchè si è voluto con questo MP ma anche già con quello di GPII impedire alla riforma di Paolo VI di sostituire il precedente uso in egual maniera? Così facendo, anche senza volerlo, il Santo Padre ha ottenuto di screditare la messa di Paolo VI. Leggendo molti commenti, difatti, compreso i vostri, a parte quelli di Francesco, scopro con sgomento che si dice "finalmente si può usare la messa di Pio V (o pudicamente chiamata di Giovanni XXIII), che è più bella, più giusta, più spirituale, più mistica, ecc...", andando oltre le stesse parole e volontà di Benedetto. Quello che si criticava nela creatività liturgica (il relativismo e il pluralismo degli usi) si finisce per ottenerlo con un duplice uso del rito Latino che, lo si voglia o no, anche se coerente nella celebrazione del mistero eucaristico, ha un'impostazione diversa che relativizza e dualizza la vita liturgica della Chiesa Cattolica. Questo, mi sembra, è un po' paradossale.

Anonimo ha detto...

caro Francesco che fa??????? si porta i suoi sostenitori e posta in francese????????????

francesco ha detto...

eh lo spirito santo!!! fa parlare in lingue e sostiene i perseguitati...
;-P
francesco

Anonimo ha detto...

Che cosa!??????????????? lei un perseguitato?????? e da chi dai fantasmi ?????????????????

ma per favore Don francesco non faccia la vittima!!!!!!!!!!!!

Cristiano ha detto...

Guardi Elteo che del messale di Paolo VI molti non criticano la creatività, il pluralismo, e gli abusi.
Questi obbrobrii non si possono imputare direttamente a quel messale.
Autorevoli cardinali,vescovi, liturgisti, sacerdoti e fedeli non ne hanno accettato le patenti concessioni alla teologìa protestante.
Patenti nel senso che "appaiono con evidenza" pur lasciando salvo il deposito della Verità, la lex credendi.
Bisogna poi comprendere che il rito creato dai liturgisti all'epoca di Paolo VI non rappresenta ASSOLUTAMENTE la Chiesa Cattolica.
Vi sono i riti Siro-malabarense, Greco-melkita, Bizantino (sissignore, in comunione con la Chiesa)... Ambrosiano, Toledano...
I due usi del rito Romano possono e devono convivere perchè il novus ordo rappresenta una "corrente" teologica e liturgica, non tutta la Chiesa di rito romano.
Ricordiamo che la Chiesa è composta anche dai Santi che ci hanno preceduti.
Dall' epoca di S.Gregorio Magno si è celebrato secondo un ordo sostanzialmente identico al tridentino, e ciò non si può cambiare.
Non si può pretendere che i Santi che ci hanno preceduti siano rappresentati dal messale dei liturgisti degli anni '50-'60 del XX sec.!!!
Gli entusiasti del novus ordo dicono che ha accolto novità, che ha mutato, migliorato, ampliato...
Se crede che il loro usus relativizzi e dualizzi la vita liturgica della Chiesa può sempre passare in modo permanente all'uso tridentino, che in effetti è garante di unità.
Fra l'altro sia S.S.Paolo VI che S.S.Giovanni Paolo II permisero con indulti l'uso tridentino. Accusare vari papi di non sapere come serbare l'unità della Chiesa mi pare un pò eccessivo, non crede?
Detto questo mi pare giusto porre fine alle polemiche: nessuno sarà obbligato ad andare a messa in luoghi o orari per lui scomodi...
Saluti

francesco ha detto...

caro cristiano...
capisco le tue ragioni ma su due cose non concordo...
la prima è la concessione fatta alla teologia protestante nel messale romano attuale: non è questa la logica che ha guidato la riforma, ma piuttosto la riscoperta delle fonti più antiche della liturgia anche romana
la seconda è che è davvero tutta da dimostrare che gregorio magno celebrava con un messale simile a quello di pio v... a me pare una cosa poco probabile! basta leggere la quo primum tempore dove si scopre, tra l'altro, che il santo papa più che paolo vi e gli uomini della riforma intendeva "tagliare" con gli usi precedenti...
francesco

Anonimo ha detto...

Temo caro Cristiano che stai perdendo il tuo tempo sia con Francesco che con i suoi amici...... Tanto ormai hanno deciso nonostante tutto, che il Motu Proprio è di ostacolo al " progresso " del Concilio quindi ...... Non c'è niente da fare penso che se anche si scomodasse Sua Santità per spiegarglielo di persona il Motu Proprio, non capirebbero anzi secondo me non lo starebbero neanche a sentire........purtroppo!!!!!!!