23 agosto 2007

L'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede: lavoriamo alla visita del Papa in Terra Santa


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Nostra intervista L'ambasciatore israeliano alla Santa Sede, Oded Ben Hur, nel segno dell'ottimismo spazia a tutto campo tra problemi sul tappeto e scenari futuri

Educare i nostri giovani la prima sfida da vincere insieme

Lucio D'Amico Lino Morgante

«Appartengo a una generazione che non può permettersi il lusso di non essere ottimista». Si presenta così Oded Ben Hur, 56 anni, ambasciatore d'Israele alla Santa Sede, in visita a Messina, una delle tappe del suo viaggio tra le diocesi e le comunità italiane. Un incontro cordiale con l'arcivescovo mons. Calogero La Piana in Curia, poi l'intervista concessa in esclusiva alla Gazzetta del Sud.

– Ambasciatore, qualche mese fa lei lanciò la proposta di una campagna mondiale di educazione per abbattere il muro dei pregiudizi. È una strada che sembra quasi impossibile da percorrere.

«Il nostro più grande nemico è l'abisso dell'ignoranza, che divide ebrei, cristiani, musulmani. Dall'ignoranza nascono gli "ismi", il fondamentalismo, l'antisemitismo, l'anticristianesimo. Occorre che i Governi investano molte più risorse sull'educazione scolastica. Non si tratta di fare il lavaggio del cervello alle nuove generazioni, ma di dare la base, di far conoscere i pilastri fondamentali dell'Ebraismo, del Cristianesimo, dell'Islam. Dobbiamo costruire ponti di conoscenza e di fratellanza. Io dico sempre: cristiani venite in pellegrinaggio in Terra Santa. È il modo migliore per vincere paure e diffidenze. Il pellegrinaggio come arma di pacificazione, nel segno del rispetto reciproco e della condivisione di luoghi che hanno un valore per ciascuno di noi, figli di Abramo, di Gesù o di Maometto».

– Quattro anni e mezzo di impegno diplomatico in Vaticano: lei ha vissuto l'ultimo scorcio della missione di Giovanni Paolo II e ha accompagnato, fin dall'inizio, il papato di Benedetto XVI. Come sono oggi i rapporti tra Santa Sede e Stato d'Israele?

«Sono stati compiuti progressi significativi. Ritengo che tra la Chiesa cattolica e Israele siano state poste basi di dialogo proficuo e di rispetto, che lasciano guardare al futuro con più speranza.
Vi posso anticipare che si sta lavorando intensamente perché Papa Ratzinger possa visitare Israele al più presto. Il nostro auspicio è che il viaggio avvenga entro la fine del 2007, ma cambia poco o nulla se dovesse slittare alla primavera del 2008. È nostra intenzione consegnare a Benedetto XVI le chiavi simboliche del Cenacolo.
Giovanni Paolo II è stato un grande Papa, lo ricordo in particolare per la sua visita ad Auschwitz nel 1979, per l'incontro alla Sinagoga di Roma nel 1986, per aver allacciato i rapporti diplomatici con lo Stato d'Israele e per il suo pellegrinaggio in Terra Santa. Papa Ratzinger mi ha colpito fin dal primo giorno, per la sua volontà di portare avanti il processo di collaborazione».

– Quello di Benedetto XVI, dunque, dovrebbe essere un viaggio dalla forte connotazione simbolica, come quello che fece papa Wojtyla, allorché lasciò il suo biglietto al Muro del Pianto, chiedendo perdono per gli errori commessi dalla Chiesa nei confronti dei "fratelli ebrei".

«Papa Ratzinger ha già dato due segnali forti: la visita alla Sinagoga di Colonia, che è stato il suo primo atto poco dopo essere salito al soglio pontificio; il pellegrinaggio ad Auschwitz, il luogo simbolo della Shoah. Benedetto XVI sta seguendo il percorso avviato da Giovanni Paolo II, che ha sempre ricercato il dialogo. Un percorso ancor più importante oggi che si sentono soffiare dappertutto venti di un nuovo antisemitismo, in Europa e nel resto del mondo».

– La preoccupa di più sentire parlare ancora oggi di "lobby ebraica" o il presidente dell'Iran continuare a sostenere che Israele non ha diritto di esistere?

«Il piccolo Hitler di Teheran, Ahmadinejad, non è un folle. Il suo disegno è lucido, c'è una grande parte del mondo islamico che non solo non vuole riconoscere lo Stato d'Israele, ma vorrebbe vedere via tutti gli ebrei dal Medio Oriente. Ma il pericolo è in agguato qui, in Europa, in Italia. L'estremismo islamico fa proseliti e in Europa si continua a sottovalutare la minaccia. Nel vostro continente i musulmani sono ormai 40 milioni, 7 milioni in Germania, 12 in Francia, almeno 2 milioni in Italia. Abbiamo visto tutti chi erano i terroristi di Londra, terza generazione di islamici nati e cresciuti in Inghilterra, che hanno studiato e lavorato in quella nazione. La questione dello Stato d'Israele a questo punto è solo un dettaglio, la sfida è molto più grande».

– Tornando ai rapporti con la Santa Sede, perché Israele non ha ancora dato seguito a quanto previsto dall'Accordo fondamentale del 1993, quella sorta di Concordato che regola le relazioni tra il Vaticano e Tel Aviv e stabilisce criteri condivisi per la gestione dei Luoghi Santi?

«Nell'Accordo fondamentale sono state poste le basi per le future intese. Si parla di libertà religiosa, lotta contro l'antisemitismo e l'anticristianesimo, la collaborazione nei settori scientifici, accademici, culturali. Poi, vi è una clausola che ha previsto che si arrivasse, nel giro di uno o due anni, a un accordo finanziario ed economico, stabilendo i diritti e i doveri delle comunità cattoliche in Israele, come ad esempio il problema delle tasse. Il processo si è protratto a lungo, vi sono state difficoltà nei negoziati, ma oggi possiamo dire che il dialogo ha fatto grandi passi avanti ed entro la fine dell'anno dovremmo arrivare alla conclusione del lavoro svolto dalle commissioni. Sarebbe bello che ciò coincidesse con la visita di Papa Ratzinger in Israele».

– Nel nostro Paese ancora oggi si sentono dichiarazioni di esponenti di forze politiche al governo che mettono insieme i sentimenti antiamericani e quelli filopalestinesi a senso unico, così da dipingere ancora Israele come il vero ostacolo alla pace.

«Molti errori di comprensione delle vicende del Medio Oriente nascono dall'ignoranza. C'è chi pensa che lo Stato di Israele sia stato calato dall'alto sulla pelle dei poveri palestinesi, un modo per l'Occidente di lavarsi le mani e la coscienza dopo gli anni dello sterminio. Ma non è così. Gli ebrei di oggi sono i diretti discendenti di Abramo, padre dal quale sono nati tutti gli altri credi monoteistici, i cristiani e i musulmani. La Terra Promessa è sempre stata Gerusalemme, non Londra, Parigi o Roma. Se si guarda alle origini, dovremmo riconoscere che i palestinesi sono gli eredi di popoli che provengono da altre aree geografiche. Ma questi sono falsi problemi e ostacoli alla comprensione e al dialogo. Come è stato detto, non c'è un popolo più degli ebrei a meritare un proprio Stato. Il mio sogno è quello di non leggere più sui giornali il nome di Israele, perché ciò significherebbe che si è tornati alla normalità. Pace e fratellanza sono valori "cardine" come la reciproca responsabilità. Nella lingua ebraica non esiste il "lei". Tu sei mio fratello e se sei in difficoltà, io non solo posso, ma devo venirti in soccorso. Se ognuno di noi pensasse di essere una piccola immagine di Dio, avremmo fatto tutti passi da gigante».

– Come si può conciliare l'ottimismo con l'essere costretti a vivere sotto assedio, accerchiati da odio e inimicizia?

«Vengo da una famiglia che mi ha insegnato questo valore. Vengo da un popolo che si è rimboccato le maniche, è tornato sui luoghi dei Padri e ha trovato solo deserto e fango, oltre che l'ostilità delle nazioni vicine. In Israele oggi siamo alla quarta fase di sviluppo economico e tecnologico, stiamo compiendo progressi inimmaginabili nel campo della scienza medica, come testimoniano le ricerche sull'ospedale molecolare all'Istituto Weitzmann. Sono orgoglioso e consapevole che noi ebrei siamo i primi a dover affrontare la vita tendendo la mano agli altri. Ecco perché dico che la mia generazione, quella che ha avuto i padri e i nonni sopravvissuti ai lager, non può permettersi il lusso di essere pessimista».

– Ambasciatore, guardiamo adesso ai problemi dello scacchiere mediorientale. La spaccatura che si è creata nell'Autorità palestinese, e la conseguente ascesa di Hamas, bloccherà il difficile cammino verso la pace e la nascita di uno stato indipendente a Gaza e in Cisgiordania?

«Vorremmo un popolo compatto, un interlocutore unico che abbia nel proprio vocabolario il termine dialogo. L'attuale situazione di grande tensione tra le varie anime della dirigenza palestinese complica le cose, tuttavia siamo fermamente convinti che il processo di pace è inarrestabile, può subire pause ma andrà comunque avanti. È interesse nostro, ma lo è ancora di più dei palestinesi se vogliono coronare il sogno di una patria».

– Qualche Cancelleria occidentale ritiene sia impossibile ignorare che nella striscia di Gaza si è insediato un governo contrapposto ad Al Fatah e Abu Mazen. Quale sarà la vostra politica in proposito, attendista, di "disturbo" o di dialogo magari a distanza?

«Non escludiamo nessuna opzione per arrivare alla pace. A Gaza sventola la bandiera di Hamas, ma non è detto che la popolazione sia tutta schierata con i fondamentalisti. Il Medioriente ci ha abituati ai repentini cambi di fronte, dunque non disperiamo».

– Il nostro governo, in molte sue componenti filopalestinese, ha strizzato l'occhio ad Hamas. Problemi di bilanciamento fra le varie anime della coalizione, cerchiobottismo o cambio di rotta rispetto al recente passato, che ha visto un rapporto molto stretto tra Italia e Israele ?

«Sono ambasciatore alla Santa Sede e sui rapporti Italia-Israele non voglio fare... invasioni di campo».

– L'isolamento, è la spiegazione che viene generalmente data, rischia di radicalizzare ancora di più il movimento capeggiato da Ismail Haniyeh. I vostri servizi, a quanto pare, hanno segnalato il pericolo. E all'orizzonte non ci sono solo le Brigate Izzedine Al Qassam.

«L'obiettivo di Hamas non è il dialogo, ma se l'approccio nei confronti di Israele dovesse cambiare nessun problema. Certo non possiamo sederci attorno a un tavolo con chi vuole cancellarci dalla carta geografica. I nostri servizi sono sempre in allerta, il quadro dei pericoli interni ed esterni è purtroppo molto variegato».

– Capitolo Siria. Assad non manca occasione per far sentire il suo peso in Libano e Iraq. Imperialismo di piccolo cabotaggio, ma forse anche voglia di spingervi a riaprire la trattativa per la restituzione delle alture del Golan.

«La trattativa con la Siria è sempre aperta, tuttavia sono lontane le premesse perché possa arrivare a buon fine. La restituzione del Golan non è un ostacolo, vogliamo solo garanzie, prima di tutto sulla fine della politica d'interferenza in Libano, dal cui territorio partono frequenti attacchi all'indirizzo di Israele».

– Il nucleare iraniano è l'altro nodo difficile da sciogliere. Bastone e carota per il regime di Teheran, o che altro? Il tempo stringe e le strategie sembrano fumose.

«Diplomazia e sanzioni potrebbero funzionare. Il regime rischia una rivoluzione interna se la situazione economica dovesse ulteriormente deteriorarsi. Il petrolio non basta più a supportare la politica assistenziale del governo, a meno di aiuti sottobanco sempre possibili».

– L'esperienza della guerra in Iraq avrà pure insegnato qualcosa, è stato saggio disarcionare Saddam? L'unico risultato certo è stato l'aumento del prezzo del petrolio, se dovesse aprirsi anche un fronte con l'Iran...

«Le guerre vanno sempre evitate, ma qualche volta purtroppo diventano l'unica opzione possibile. Non si può consentire, ne va della sicurezza nel Mediterraneo e nell'Asia ex Sovietica, dunque non è solo un problema del mio Paese, che un regime teocratico come quello incarnato dal presidente Ahmadinejad abbia la bomba atomica. In ogni caso, spero che sia il popolo iraniano a pretendere da chi lo governa pace e cooperazione».

– Il ruolo dei Paesi del Golfo e dell'Arabia Saudita per la soluzione dei problemi nell'area. Attivo, indifferente, ambiguo o colluso con chi non vuole un Medioriente pacificato?

«Alle nostre latitudini nulla è facile e univoco. Più che altrove Stati e governi hanno una doppia faccia. Certo la pace dovrebbe essere l'interesse primario di tutti, purtroppo non è così. Io, come ho detto, sono ottimista e non posso che esserlo, anche per la storia del mio popolo, sempre capace di superare prove di ogni genere».

– Ambasciatore, per concludere, cosa si aspetta Israele dall'Unione Europea e in particolare dall'Italia per arrivare rapidamente al traguardo della pace?

«A Israele piacerebbe che si sapesse distinguere tra chi è per la pace e chi no, tra chi persegue i valori della vita e chi l'orrore della morte. È la premessa necessaria per arrivare alla stabilizzazione della regione. Il terrorismo ha contagiato anche l'Europa, non certo per i problemi ancora sul tappeto in Medioriente, ed è ora di aprire gli occhi».
Già, dovremmo alzare la guardia, senza nascondere la testa sotto la sabbia per non urtare la suscettibilità di questo o quello. Il risveglio potrebbe essere quantomai traumatico.

Mai così buoni i rapporti con il Vaticano, stiamo lavorando perché al più presto Papa Benedetto possa venire in Israele.

© Copyright Gazzetta del sud, 23 agosto 2007

6 commenti:

sergio ha detto...

Ma fino a quando si dovranno leggere cose di questo tipo: come si a fa negare l'esistenza di una lobby ebraica? In America, dove le lobby esercitano alla luce del sole, è potentissima, e lo stesso è qui in Italia.
Altrimenti si dovrebbe cominciare a dire, onestamente: Israele ha invaso un territorio che non era il suo, ha distrutto centinaia di villaggi arabi a cui ha cmbiato il nome per poter dire che era terra di nessuno, massacrano centinaia di persone in Libano in risposta al rapimento di due soldati, con il contorno di distruzione di scuole, ospedali, centrali elettriche, è lo stato più razzista della terra (provate a comprare casa in Israele senza essere ebrei), ha più di duecento testate nucleari, continua a ricevere enormi finanziamenti dagli Stati Uniti per rifornire il suo esercito (se dovesse dichiarare guarra all'Italia, tanto per intenderci, resisteremmo, forse un quarto d'ora); Israele non celebra processi per dichiarare se uno è terrorista o no, lo ammazza prima con i razzi dall'elicottero... e stiamo ancora qui a chiedere cosa deve fare l'Italia per promuovere la pace.
Un fatto è certo: Israele non vuole la pace perché sennò, in sessant'anni, l'avrebbe già ottenuta: chiedete e vi sarà dato, diceva un grande ebreo.
Mi fanno ridere i commentatori che agitano il pericolo iraniano, che -forse - fra dieci anni avrà la bomba atomica.
Italiani, cattolici, vogliamo svegliarci?
Vogliamo difendere il nostro Pio XII dalle ingiurie sioniste?
VOgliamo cominciare a dire la verità?

raffaele ha detto...

Trovo francamente inaccettabile, nei toni e nel contenuto, questo messaggio di Sergio, mentre condivido in gran parte le affermazioni dell'ambasciatore israeliano. Si possono certo criticare vari aspetti della politica israeliana (come l'intervento in Libano), e non è obbligatorio essere d'accordo in tutto con l'ultimo libro di Magdi Alklam; e anch'io ne critico certe affermazioni. Ma non si può "bere" in modo acritico la propaganda palestinese (soprattutto quella di Hamas) o iraniana. Sin dal suo sorgere lo Stato d'Israele è stato aggredito: pensiamo quanto sarebbe stato meglio se invece delle enormi spese militari affrontate dagli Stati arabi per cancellare Israele e finanziare il terrorismo si fossero spese spomme anche inferiori per aiutare i palestinesi ad irrigare i terreni, a sviluppare l'agricoltura e l'industria, a cistruire un loro Stato che vivesse in pace con Israele e potesse trarre beneficio anche dal flusso di pellegrini e turisti... Condivido pienamente le posizioni del Vaticano II e degli ultimi pontefici (compreso l'attuale), che hanno portato la Chiesa a superare un deprecabile antigiudaismo. Paolo VI subì pressioni dai Paesi arabi perchè non promulgasse la Dichiarazione "Nostra aetate"! Qualche volta i nostri amici ebrei esagerano nella polemica contro Pio XII o su altri punti; ma hanno ragione a denunciare la politica iraniana. Da parte nostra stiamo attenti al pericolo di una destra cattolica antigiudaica (vedi Maurizio Blondet) che è speculare all'integralismo islamico! Raffaele

Blog creator ha detto...

Mah... perchè non ci si informa prima di parlare... vale per tutti, per me per primo.
E' molto molto ma molto bello e interessante il volume Eurabia uscito con Libero e disponibile nelle edicole. Libro eccezionale!
Comunque su Israele ce nè a iosa.
Mi spiace per Sergio.
Non esiste lobbi sionista ne braica ne israeliana. Israele esiste da oltre 2000 anni (la Palestina mai ripeto mai è stato uno Stato - è scientifico!).
Io sono cattolico e italiano ma mi sento e 'sono ebreo'.
E sì, in casa mia sventola anche la bandiera di israele, oltre ad altre e quando qualcuno si appropinqua... resta un pò lì! Ah, siamo tutti 'ebrei' in casa mia: moglie e figlie.
Che le lobby massoniche possano anche esserci in ambito di israeliti ed ebrei e chi dice no?
Ma vale per tutto e tutti.
Purtroppo quarant'anni di sessantottismo e sinistrate sinistre, ha infuso questa scienza non infusa nelle masse.
E qui mi fermo perchè se apro il libro allora ci vuole un blog apposta.
Ripeto: informarsi, bene, non da una sola parte ( mi pare che tutti usiamo ambo le manii, ambo gli occhi non è che guardiamo prima con un occhio poi con l'altro, per ben vedere li apriamo tutti e due) e quindi aria alle menti e cuore libero:
sempre così Raffaella.
Buon lavoro.

sergio ha detto...

Caro amico Raffaele, cosa c'è di inaccettabile dicendo che gli israeliani sparano missili dagli elicotteri su gente che, dopo averla ammazzata, si dice che erano terroristi: anche in Italia abbiamo avuto le BR: hai mai visto niente del genere?
E' forse questo il comportamento di una nazione civile? Dove si uccide senza processo, senza difesa...
Cosa diavolo c'entra l'antigiudaismo, quando ci sono fior fiore di ebrei che condannano la brutalità di Israele?
Cosa c'entra l'antigiudaismo dicendo che Israele riceve milioni di dollari in armamenti (mentre si grida allo scandalo se li ricevono i palestinesi).
Cosa c'entra l'antigiudaismo dicendo che Israele possiede centinaia di testate nucleari, mentre i famigerati Qassam hanno lo stesso principio dei petardi...
Questa è informazione.
Su internet, se hai voglia di informarti, oltre a Blondet, ci sono molti altri siti che confermano queste cose, da sinistra a destra passando per il centro. Mai peraltro smentite.
Anche perché molte di queste si sentono tranquillamente al telegiornale...
Solo che la nostra percezione delle cose è completamente stravolta: come durante la "guerra" contro il Libano, dove da una parte ci sono state distruzione di città, ma i servizi televisivi trepidavano per i razzi degli Hezbollah.
Sai quanti morti ci sono stati in Libano, anche fra i cristiani? E quanti fra gli israeliani?
E il modo in cui i soldati israeliani si comportano nei confronti dei "terroristi" palestinesi, lo vedi anche oggi sul sito di Repubblica in un filmatino molto istruttivo...
Il compito del cattolico è di dire la verità, e di ricercarla, anche se è scomoda.
Inoltre, se io ti accusassi di bere in modo acritico la propaganda sionista, ti mancherei profondamente di rispetto, e offenderei la tua intelligenza, senza conoscerti. Non mi pare la maniera migliore per dialogare.
Io parlo di fatti: se tu hai prove per smentirli, portale, sennò si discute del perchè succedono queste cose.
Inoltre ti chiederei umilmente di arricchire la tua informazione a proposito di terreni da coltivare in Palestina. Di quali terreni stai parlando? Hai mai visto un mappa delle occupazioni dei territori palestinesi da parte di Israele? Hai mai sentito parlare di furto dell'acqua?
Hai mai sentito parlare delle occupazione dei coloni?
Hai presente che cosa è Gaza?
Hai mai letto delle angherie a cui sono sottoposti i loro abitanti per entrare ed uscire da casa loro?
Non parlarmi di antisemitismo per favore.

sergio ha detto...

Caro amico Umberto,
sicuramente il libro di Libero è ottimo.
Ma anche a te dico che affibbiarmi una identità poitica, nel tuo caso, post-sessantottesca, è quantomeno offensivo.
O i fatti sono veri o sono falsi: Il nostro Signore Gesù Cristo non ha guardato l'identità del samaritano per dire se il suo intervento era buono o no.
Quindi potrei anche essere un nazista, o uno stalinista, ma se ciò che dico è vero o falso riguarda i fatti, non la mia identità politica.
E se proprio ci tieni a saperlo io ho un solo Signore, Gesù Cristo, e semmai i miei due modelli nel ventesimo secolo sono Giovanni Paolo II e Gandhi.
E proprio rifacendomi a loro il nostro grande Papa, manifestando la sua contrarietà alla guerra, aveva raccomandato di costruire ponti, non di alzare muri. Era forse antigiudaico anche lui?
E ti smbra che nella ricerca della pace Israele abbia qualcosa in comune con l'altissimo insegnamento di Gandhi? era forse antisemiti pure Gandhi.
Eppure Gandhi scrisse a Hitler chiamandolo amico, pur affermando la sua avvversione alla politica del tedesco.
Ti sembra che Israele, nella sua ricerca della pace abbia fatto qualcosa di simile ocn Hamas (che resta pur sempre un partito eletto democraticamente dal popolo palestinese)?
Il fatto di essere cattolici, dicevo, ci obbliga a ricercare la verità, indipendentemente da dove proviene.
In quanto al sentirsi ebrei... no, caro amico, io sono cattolico: la mia religione non mi fa sentire un eletto, superiore agli altri: mi fa sentire un peccatore che deve imparare da tutti; Gesù Cristo mi a insegnato che più grande della legge (ebraica) sono l'amore e il perdono.
Per questo la Chiesa ha pregato per millenni per la conversione degli increduli ebrei. Affinché anche loro sentissero la gioia di essere come gli altri.

sergio ha detto...

Per coloro che mi chiedono di informarmi:

Da Repubblica il filmato è stato tolto; lo si può vedere a questo URL.
http://tv.repubblica.it/multimedia/home/1086827?ref=hpmm
Per una buona ricostruzione dell'origine di Israele
http://www.pasti.org/manno3.html
Per una descrizione della vita a gaza
http://www.arabcomint.com/bambini_della_polvere_di_john_pi.htm

A me viene da piangere. Voi fate quello che la vostra coscienza vi suggerite.