1 ottobre 2007

Indiscrezioni: Mons. Ranjith al posto del cardinale Arinze al Culto divino?


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Ranjith successore di Arinze al Culto divino

di Andrea Bevilacqua

È il prossimo 1º novembre che il cardinale nigeriano Francis Arinze, prefetto della congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, compie 75 anni. Raggiunta l'età pensionabile, oltre le mura vaticane si è aperto il toto successore. Ratzinger pare sia intenzionato a inserire al suo posto l'attuale segretario del Culto Divino, ovvero il cingalese Malcolm Ranjith, che dopo la nomina di William Levada a capo dell'ex Sant'Uffizio fu il secondo colpo assestato alla curia da parte del pontefice.
Ranjith, infatti, spedito nel 2003 dal cardinale Sepe (dal 2001 il presule cingalese era segretario aggiunto di Propaganda Fide) in Indonesia e Timor Orientale quale nunzio apostolico, venne prontamente richiamato da Ratzinger nell'autunno del 2005 a Roma per sostituire Domenico Sorrentino alla segreteria del Culto. Sorrentino, più vicino alla scuola dei cosiddetti bugninisti, non era ritenuto adatto dal pontefice per interpretare al meglio quella sorta di controriforma liturgica che egli già dal 22 dicembre del 2005 (discorso alla curia romana) aveva fatto capire di voler inaugurare e per questo motivo venne fatto vescovo di Assisi. «Occorre - disse il papa il 22 dicembre 2005 - una corretta interpretazione del Vaticano II», un concilio che non segnò una rottura col passato quanto un «rinnovamento nella continuità».

Da qui ecco l'«avversione» del pontefice alla scuola il cui capostipite fu Annibale Bugnini (regista delle riforma post conciliare) spedito da Paolo VI in Iran proprio per le sue visioni ultramoderniste in campo liturgico. E da qui, ancora, ecco la sostituzione di Sorrentino e l'arrivo di Ranjith al quale il papa affidò anche la preparazione del motu proprio Summorum Pontificum dedicato alla liberalizzazione dell'antico rito di san Pio V così come papa Giovanni lo rivide nel 1962. Un motu proprio che segna la volontà del pontefice di riparare ai numerosi abusi che la Chiesa ha dovuto subire in campo liturgico negli anni del post Concilio.

Malcolm Ranjith, dunque, dovrebbe essere il candidato naturale alla successione del cardinale Arinze, anche se i giochi sono ancora aperti in quanto c'è, tra coloro che oltre il Tevere hanno maggiormente avversato il motu proprio, chi vuole fare di tutto per non farlo salire così in alto. Nei prossimi giorni, la «riparazione» di Ratzinger dedicata al comparto liturgico vedrà l'assestamento di un nuovo colpo con l'arrivo di monsignor Guido Marini - fino a oggi cancelliere della curia e maestro di cerimonie dell'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, alla guida dell'ufficio delle cerimonie papali al posto di un altro Marini, monsignor Piero.

Guido Marini (figura minuta e scarna nell'aspetto) è uno scrupoloso esperto di liturgia che il papa ha voluto a Roma dalla città, Genova, che per anni è stata sede arcivescovile del grande e indimenticato cardinale Giuseppe Siri il quale, definito dai più un «conservatore», altro non fu che un fedele custode della tradizione della Chiesa e, insieme, un forte avversario di ogni inquinamento mondano nella Chiesa, soprattutto in campo liturgico. Guido Marini è dunque un monsignore esperto di liturgia e un fedele discepolo del cardinale Siri ed è soprattutto per questo motivo che Benedetto XVI lo ha voluto al suo fianco a Roma. Di certo, con lui, spariranno nelle celebrazioni papali mitrie colorate e stole degne del migliore Arlecchino (vedi inaugurazione dell'Anno Santo del 2000) e si tornerà a quel rigore e a quella austerità degna delle celebrazioni del successore di Pietro.

Il cardinale Siri, nella sua Genova, teneva particolarmente che le celebrazioni eucaristiche fossero contornate dai canti gregoriani, da abiti e paramenti liturgici adatti, da un rigore insomma degno delle azioni che si andavano a compiere. Questa stessa attenzione sarà chiesta al nuovo cerimoniere papale. È per questo motivo che il pontefice ha deciso di chiamarlo a Roma, in uno dei posti più delicati e decisivi della curia romana. Da come il papa celebra la messa, infatti, tutta la Chiesa (e soprattutto tutti i vescovi e i sacerdoti nel mondo) possono attingere utili indicazioni. Insomma è sempre vero che lex orandi è lex credendi.

© Copyright Italia Oggi, 29 settembre 2007

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Deo gratias!!!

euge ha detto...

Giusto Gianpaolo!!!!!!!!
Eugenia