22 ottobre 2007

La visita del Papa a Napoli: lo speciale de "La Stampa"


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«In questa città la violenza è diventata mentalità diffusa»

MARCO TOSATTI

INVIATO A NAPOLI
Camorra: Benedetto XVI non ha avuto paura di chiamare per nome uno dei mali di Napoli, chiamando la gente della città, la politica e la società civile a una conversione quotidiana per «trasformare le mentalità, gli atteggiamenti e i comportamenti di tutti i giorni». Se Giovanni Paolo II, nella Valle dei Templi, aveva ricordato ai mafiosi gridando e sventolando i fogli del discorso che «un giorno ci sarà il Giudizio di Dio», il suo mite successore ha tracciato un'analisi impietosa della situazione di Napoli, e per analogia, del meridione, «dove non mancano energie sane, gente buona, culturalmente preparata e con un senso vivo della famiglia. Per molti però vivere non è semplice: sono tante le situazioni di povertà, di carenza di alloggio, di disoccupazione o sottoccupazione, di mancanza di prospettive future».
«C’è poi il triste fenomeno della violenza», ha detto ma non ha voluto circoscriverla ai professionisti della malavita. «Non si tratta solo del deprecabile numero dei delitti della camorra, ma anche del fatto che la violenza tende purtroppo a farsi mentalità diffusa, insinuandosi nelle pieghe del vivere sociale, nei quartieri storici del centro e nelle periferie nuove e anonime, col rischio di attrarre specialmente la gioventù, che cresce in ambienti nei quali prospera l’illegalità, il sommerso e la cultura dell’arrangiarsi».
«L'amore può vincere la violenza»; questo sono state le prime parole del Papa alle decine di migliaia di fedeli che lo hanno atteso, applaudito e osannato impavidi sotto una pioggia battente. Non ha voluto caricare di colpe i responsabili di sempre e di tutto, e cioè i professionisti della politica: «Napoli ha certo bisogno di adeguati interventi politici, ma prima ancora di un profondo rinnovamento spirituale», ha detto davanti a Romano Prodi, Clemente Mastella, Antonio Bassolino e a Rosa Russo Iervolino. Non ha avuto neanche paura di incitare la gente a usare un mezzo singolare, per combattere la propria battaglia, e cioè la preghiera. La preghiera cristiana non è «espressione di fatalismo e di inerzia, anzi è l’opposto dell’evasione dalla realtà, dell’intimismo consolatorio»: è forza di speranza. Secondo il Papa «è l’arma dei piccoli e dei poveri di spirito, che ripudiano ogni tipo di violenza». Anche nella «battaglia decisiva contro il nemico infernale». Commento di Bassolino: «Da laico ho trovato molto belle le parole sulla preghiera come forma di trasformazione del mondo e come forma di lotta verso la violenza e la discriminazione».

© Copyright La Stampa, 22 ottobre 2007


E Bertone fa l’elogio della stabilità

FABIO MARTINI

Lassù, nella quiete del Seminario di Capodimonte, mentre i camerieri servono a tavola gli antipasti, il cardinale Tarcisio Bertone si isola con Romano Prodi. E con la sapienza del pastore salesiano che ti ascolta e ti consola, lascia parlare il presidente del Consiglio. «La situazione non è affatto semplice...». Per qualche minuto Romano Prodi sgrana il rosario, racconta difficoltà, insidie, inganni, ammette di «essere preoccupato», ma alla fine non esita a dire: «La situazione è seria ma non c’è un rischio di crisi immediata e possiamo uscirne bene». Il Segretario di Stato voleva capire. Capire quale fosse lo stato di avanzamento della "malattia" e se le medicine possano ancora avere effetto. E una volta ascoltato, il cardinale Bertone ha spiegato a Prodi «l’attenzione della Santa Sede alle vicende italiane», ha chiaramente espresso l’interesse «non impegnativo» per la stabilità della situazione politica, lasciando intendere che il precipitare verso elezioni anticipate non sarebbe vista con favore Oltretevere perché consegnerebbe la transizione italiana ad uno stato di endemica instabilità.
Parole espressamente «non impegnative» ma importanti quelle del cardinale Bertone, pronunciate informalmente ma nel pieno di una fase politica particolare, con un governo che ogni giorno rischia l’infarto. Parole importanti anche per il "contesto": mentre il capo del governo italiano e il capo del governo vaticano parlano tra loro, a distanza di qualche metro il Pontefice sta pranzando con i leader di altre confessioni religiose, nell’ambito della importante visita a Napoli, in concomitanza con uno dei tanti incontri organizzati da quella «superpotenza della pace» che oramai è diventata la Comunità di Sant’Egidio guidata da Andrea Riccardi.
Ovviamente il cardinale Bertone è tutto fuorché un convertito al prodismo. Al Vaticano, col realismo di sempre, interessa avere interlocuotori stabili e affidabili con i quali negoziare le questioni più spinose. Ma c’è qualcosa in più. Il cardinale Bertone non nutre verso Prodi quel pregiudizio sfavorevole che aveva segnato negli ultimi anni il rapporto tra il Professore e il suo vecchio confessore, Camillo Ruini. E se in casi come questi è davvero difficile parlare di feeling, è pur vero che il cattolico Prodi viene considerato in Vaticano un «amico», un «canale personale di dialogo», un personaggio conosciuto e come tale preferibile agli "ignoti", ai poco noti o ancora da decifrare. Come Walter Veltroni. E anche se è impossibile estorcere una sola parola a Prodi sul contenuto del colloquio con Bertone, il Professore ha capito che, almeno su un angolo, si è per il momento allentata quella "coalizione" dei poteri forti (Usa-Chiesa-Confindustria) che più di un anno fa - col contributo essenziale del cardinale Ruini - sembrò avere stretto la sua morsa attorno al governo guidato dal "cattolico adulto" di Scandiano.
Durante la visita napoletana, seguendo il protocollo, Prodi ha accolto il Pontefice al suo arrivo di buona mattina e a metà pomeriggio lo ha accompagnato alla partenza. Non sono state molte le occasioni di dialogo tra i due, anche se non sono mancati i momenti di distensione. Poco prima che Benedetto XVI ripartisse dalla Stazione Marittima, Prodi non ha mancato di fargli osservare «la straordinarietà del Vesuvio imbiancato sulla cima in questo periodo dell’anno». In compenso, una qualche gratificazione può ben dire di averla ricevuta Clemente Mastella. Quando il Papa ha incrociato il Gardasigilli, chi era vicino assicura di avere ascoltato queste parole: «Vada avanti, vada avanti...». Difficile capire se Benedetto XVI alludesse alle note vicende che vedono protagonista il ministro di Grazia e Giustizia. E’ però certo che due giorni fa, quando più intenso era il tifone su Mastella, il Segretario di Stato ha ricevuto il ministro di Ceppaloni, con un segnale di attenzione davvero significativo.

© Copyright La Stampa, 22 ottobre 2007

1 commento:

mariateresa ha detto...

cara Raffaella, mi sembra da questa infornata di articoli che gli osservatori non abbiano avuto tutti l'impressione di Politi. Anzi. Forse lui era arrabbiato perchè gli si sono formate le stalattiti di ghiaccio nella barba.....