18 ottobre 2007

Messa tridentina, Card.Scola: si deve comprendere l’intenzione profonda e l’utilità pastorale del Motu proprio Summorum Pontificum


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DA PADOVA FRANCESCO DAL MAS

Il rito? Ha un tale primato che «può realmente rappresentare una via privilegiata anche per affrontare i nodi ancora irrisolti del grande tema dell’evangelizzazione delle culture e dell’inculturazione della fede». Lo ha sottolineato con forza il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, intervenendo nella sua veste di gran cancelliere della Facoltà teologica del Triveneto all’apertura del nuovo anno accademico dell’Istituto di Liturgia pastorale «Santa Giustina» di Padova con una prolusione su «Il rito: tra rinnovamento e tradizione».

Tema molto dibattuto, soprattutto dopo la recente pubblicazione del motu proprio Summorum Pontificum. Il nodo? Per Scola sta in una «adeguata comprensione» dell’adagio classico lex orandi, lex credendi, che – rileva il patriarca – «fa riferimento alla regola della fede e non agli sviluppi teologici».

Dunque, pone in evidenza il cardinale al centro della sua riflessione, «la pluriformità di riti e, a fortiori, diversi usi dello stesso rito non intaccano l’unicità della lex orandi ». Si correrebbe tale rischio – a parere di Scola - se si identificasse materialmente azione rituale e lex orandi.
Ma una tale ipotesi misconosce la realtà stessa della azione rituale. Non perché ci siano altre istanze rispetto all’azione che detengano il primato sul rito, ma perché il rito stesso esiste come realtà complessa dal momento che al suo interno, come afferma l’esortazione postsinodale Sacramentum caritatis, è possibile identificare un’articolazione tra istituzione e forma liturgica. Senza contare la già importante distinzione della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium tra una parte immutabile e altre parti suscettibili di cambiamento».

Bene, per Scola, proprio in quest’ottica si può comprendere l’intenzione profonda e l’utilità pastorale del Motu proprio
Summorum Pontificum. Non ci devono essere dubbi per Scola: «all’origine di ogni tentativo di rinnovamento deve esserci il desiderio di favorire una partecipazione più piena, consapevole, attiva e fruttuosa al rito». Infatti, «al popolo cristiano deve essere offerta l’occasione di ricevere sempre di più e meglio il dono della grazia attraverso una partecipazione personale e comunitaria alle celebrazioni liturgiche».
Sottolineando, in premessa, i tratti essenziali del rito cristiano, Scola osserva che è anzitutto fondamentale riconoscere che l’Eucaristia è «azione eucaristica» e che «è azione per eccellenza simbolica e per questo si può dire che il rito costituisce un accesso privilegiato alla verità». L’azione eucaristica in quanto azione rituale simbolica «mette in campo la fede, che è anzitutto fides Ecclesiae ».
Dopo aver illustrato i documenti del magistero che chiariscono i concetti di istituzione e di forma liturgica, e l’orizzonte pastorale del rinnovamento liturgico, Scola ricorda che l’attore di ogni possibile rinnovamento è la Chiesa guidata dallo Spirito. «È così posta anche la ragione teologica per cui dall’inevitabile e necessario processo di rinnovamento sia aliena ogni arbitrarietà». Ma come coniugare nel concreto tradizione e rinnovamento? La «natura elittica» della liturgia mostra, sostiene il patriarca, la «coessenzialità» di questi due «fuochi» dell’azione rituale. Anzi, è una polarità insuperabile. Il cardinale è poi convinto che il rinnovamento del rito legato alla sua natura (antipredicativa) che gli consente di mediare inalterato l’evento fondante, «assicura la possibilità di un dialogo del tutto rispettoso con ogni cultura». «Tuttavia il carattere performativo del rito, così come l’originalità antropologica di una cultura, diventerebbero forme autistiche di linguaggio qualora non fosse possibile chiamarle al confronto con la verità.
Confronto ultimamente esigito dalla libertà stessa». Evidente, con queste premesse, l’importanza di un istituto come quello di Liturgia pastorale «Santa Giustina». Scola ha evidenziato, a conclusione delle sue riflessioni, che «tutti noi ci aspettiamo una proficua e sempre crescente collaborazione tra la Facoltà del Triveneto e l’Istituto di liturgia, collaborazione che dovrebbe essere favorita dal fatto che entrambe le istituzioni hanno come orizzonte del loro compito accademico la teologia pastorale».
Ieri il cardinale ha inaugurato l’anno accademico dell’Istituto «Santa Giustina» di Padova. Al centro del suo intervento il rito «tra rinnovamento e tradizione»

© Copyright Avvenire, 18 ottobre 2007

2 commenti:

euge ha detto...

Il cardinale Scola ha ragione ma, il problema e non si vuole comprendere il valore di questo documento papale!!!!!! e la cosa più grave, non è che non viene compresa dai fedeli ma, non viene compresa all'interno della chiesa. Gira che ti rigira il nocciolo è sempre lo stesso "NON SI VUOLE COMPRENDERE E QUANDO NON SI VUOLE NON CI SONO LETTERE ESPLICATIVE CHE TENGANO"

Anonimo ha detto...

Il card. Scola da tempo guarda con favore anche alla celebrazione della messa tridentina a Venezia. Segnalo l'articolo pubblicato dal Gazzettino del 25 settembre sulla chiesa di San Simon Piccolo: http://www.ilgazzettino.it/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Venezia&Codice=3518362&Data=2007-09-25&Pagina=5