15 novembre 2007

Agnoli (Il Foglio): c'è un velato “razzismo” nel descrivere la Messa tridentina


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Date di nascita

Il latino non c’entra, celebrare la Messa secondo il rito di san Pio V non è una questione linguistica

Francesco Agnoli

Ci sono sacerdoti, vescovi e fedeli, per i quali la chiesa cattolica è un giovane virgulto di una quarantina d’anni. Daterebbe, la sua nascita, all’incirca 1960 anni dopo Cristo, e coinciderebbe con il Concilio Vaticano II e poi, ancor più, con la riforma liturgica del 1970. Un po’ come i testimoni di Geova, o i mormoni, il cui fondatore vantava di aver ritrovato in una vecchia cassa il vero Vangelo smarrito per secoli, anche certi cattolici ritengono che il verbo di Cristo abbia risuonato inutilmente, incompreso, per interminabili anni, sino a una leggendaria “primavera conciliare”.
Costoro, quando si parla della liturgia di sempre, descrivono, con un velato “razzismo”, scenari lugubri, tenebre di ignoranza, miserie intellettuali indicibili: prima della liturgia in volgare, le “donnine biascicavano preghiere che non comprendevano”, gli uomini uscivano dalla chiesa durante la predica, i preti tuonavano e imprecavano dai pulpiti… roba, insomma, da preistoria, da gente delle caverne, da fede infantile e superstiziosa, sorta per sbaglio insieme a cattedrali e opere d’arte meravigliose.
Potrei crederci, se non avessi mai assistito a una Messa antica e non avessi mai sentito cantare il “Pange lingua”, lo “Jesus dulcis memoria”, o la “Missa de angelis”; oppure se non dovessi sorbirmi, talora, i tamburi, le schitarrate, le prediche insulse, e il disprezzo, involontario, dell’Eucarestia, protagonisti di tante messe odierne in cui si è smarrito il senso del sacro e del mistero.
Certo, vi saranno stati anche dei piccoli ritocchi, giustamente auspicabili anche per il vecchio rito, per adeguare ai tempi, non la sostanza, ma il linguaggio, e del resto anche i padri conciliari più tradizionalisti non lo negarono affatto. Ma nella sua essenza la Messa di un tempo continua oggi ad affascinare uomini e donne che desiderano ancora credere nella continuità della storia della Chiesa, che si sentono in comunione con duemila anni di storia, perlomeno per il debito di gratitudine che occorre avere verso chi la fede ce la ha tramandata.
“Vi ho tramandato, affermava san Paolo, ciò che anch’io ho ricevuto”.
Per questo vi sono fedeli in tutta Italia che richiedono sempre di più di poter conoscere il vecchio rito, benché tra i “sapienti” del tempio vi sia talora indignazione e perfino disprezzo. Lo capisco leggendo un piccolo librino appena scritto da Manlio Sodi, noto direttore nientemeno che della Rivista Liturgica, intitolato: Il messale di san Pio V. Perché la Messa in latino nel III millennio.
Si tratta di una critica al motu proprio, fatta con apparente garbo, ma dimostrando in realtà immenso fastidio per chi non capisce, e cioè, tra gli altri, per lo stesso Benedetto XVI.
Sodi inizia la sua denigrazione mettendo subito in confusione il povero lettore.
Parlando del messale di Pio V dice a pag. 3 che è stato “abrogato” e poi “abolito”, mentre a pagina 5 scrive: “ma la Messa in latino è sempre stato possibile celebrarla!
Dunque il problema è altrove”. Poi a pagina 26 afferma: “Anche il messale del Vaticano II (sic) è pubblicato in latino… un ulteriore segno che mai è stata abolita la Messa in latino”. Si mena il can per l’aia, dicendo e contraddicendo, e infine riducendo il problema liturgico a una questione essenzialmente linguistica.

Una lezione di storia in abiti eccentrici

I concetti ribaditi di continuo da Sodi sono i soliti: il nuovo messale è più ricco, ha più letture, ha tante preghiere eucaristiche, mentre il messale di Pio V è povero,
quasi rudimentale… Sempre, il discorso cade sulle letture, sull’ascolto della parola:
la centralità dell’Eucarestia, l’incontro con Cristo fattosi carne, è assolutamente secondario, assente. La Messa, per Sodi, è “un’esperienza viva di comunità celebrante”, mentre il vecchio rito “non ha contribuito a sottolineare che Cristo è presente nella sua Parola quando questa si proclama nell’assemblea”. Si tratta a ben vedere, di una definizione della Messa non cattolica, assai simile, se non identica, a quella protestante, che propone l’idea del sacerdozio universale e riduce la Messa a un puro memoriale, in cui l’incontro con Cristo non è reale, fisico, in “corpo, sangue, anima e divinità”, ma passa dall’ascolto della sua parola e dalla presenza di persone disposte, bontà loro, a ricordarlo e a rileggerne gli insegnamenti che furono. La Messa come una lezione di storia, insomma, con abiti un po’ eccentrici. In quest’ottica Cristo sarebbe l’Emmanuele, il “Dio con noi”, principalmente, se non esclusivamente, con la sua Parola, alla condizione, per di più, che questa si proclami alla presenza dei fedeli, e, come scrive a pagina 30, dei “loro educatori, i presidenti dell’assemblea”.
Non servono discorsi per commentare una visione così razionalista, estranea alla retta dottrina sulla Messa: basti pensare alla figura di padre Pio, che rappresenta nella storia del cristianesimo uno dei santi che più ha saputo incarnare l’idea di
sacerdote come ponte tra Dio e gli uomini.
Padre Pio non si è mai considerato un “presidente di assemblea”, un semplice “educatore”, non solo perché celebrò innumerevoli volte da solo, senza fedeli, ma soprattutto perché viveva nella sua carne l’incontro con Gesù crocifisso,viveva, cioè, ogni momento, la sua Messa. Le folle non accorrevano a lui per come leggeva le Sacre Scritture: rimanevano affascinati dal modo in cui pronunciava le parole della consacrazione, da come si inginocchiava davanti al corpo di Cristo, dalla tenerezza con cui lo teneva tra le mani, dalle gocce di sangue che sgorgavano dalle sue palme, dalla consapevolezza che aveva di essere, nonostante tutta l’umana abiezione, un altro Cristo.

© Copyright Il Foglio, 15 novembre 2007

8 commenti:

euge ha detto...

Altro che velato razzismo........ secondo me c'è una vera e propria ostilità ed il velato razzismo arriva proprio da coloro che si sentono padroni e profondi conoscitori ( per quello che gli torna comodo ), del Concilio Vaticano II; razzismo degno delle menti più ottuse.

Gianpaolo1951 ha detto...

Bellissimo articolo che mette in luce una spiacevole realtà che purtroppo conosciamo bene.
Chissà che ne seguano altri e altri ancora come questo, in modo da scuotere e fare finalmente breccia negli animi di quei preti che tali sono, solo per l’abito che portano o poco più!!!

Anonimo ha detto...

L'articolo di Francesco Agnoli è veramente ben fatto, concordo in pieno con lui. Sono sacerdote da 20 anni e con il Motu Proprio mi si sono veramente aperti gli occhi su tante cose. Francesco Agnoli ha scritto anche un libro sulla Messa Tridentina intitolato "La Liturgia Tradizionale" è un libretto agile che dide delle cose veramente interessanti e senza spirito polemico. Invito tutti i confratelli sacerdoti a leggere questo testo davvero illuminante perchè fa capire da dove viene la situazione attuale di certa falsa liturgia.

Anonimo ha detto...

L'articolo di Agnoli è bellissimo, concordo in tutto è anche molto profondo. Francesco Agnoli ha scritto anche un agile volumetto sulla Messa di San Pio V intitolato "La liturgia tradizionale", ho letto questo libro e lo trovo molto interessante, non è polemico, ma nello stesso tempo fa capire molte cose sulla riforma liturgica del 1970. E' un libro la cui lettura la consiglio a tutti i sacerdoti, sono un sacerdote anch'io.
Io prego perchè la Messa torni ad essere celebrata con quel senso di sacro che gli è prprio.

Anonimo ha detto...

Io, permettetemi, non amo la messa tridentina. Non la osteggio. Non la desidero. Ho rispetto per chi la ama e la desidera.
Parliamo di "razzismo" (termine abbastanza forte per indicare incomprensioni in questo campo liturgico...).
Vi sembra che quelli che scrivono sulla messa attuale usino uno stile soft per denigrarla?
Nei miei 36 anni di vita, da cattolico praticante, educatore parrochiale, ho sì incontrato a volte problemi nella messa. Come credo ce ne siano stati in quella "tridentina" (o nei ce ne sono solo in quella postconciliare?)Ma se un giorno un canto in chiesa non è adatto la colpa è della riforma liturgica? o della superficialità del parroco (e correpsonsabilità dei laici?)?
Personalmente incontro il Cristo vivo ed eucaristico nella Messa, al di là degli aggettivi che vogliamo appiopparle.
Agnoli, che ho sempre stimato, afferma che per molti cattolici la Chiesa è nata dopo 1960 anni dalla nascita di Cristo... (un'esagerazione metaforica a mo' di paradosso).
Paradosso per paradosso: quanti credono che la Chiesa si sia fermata o abbia tradito il Cristo dopo 1960 anni dalla nascita di Gesù con la riforma litugica?
Ecco: è che molte volte credo che più che di un dibattito pacato si tratti di uno scontro ideologico.
D'altronde , cara Euge (mi piace molto quello che scrivi...) si può avere un po' più di carità ed evitare di scrivere "menti più ottuse"?
Scrivo per dialogare e comprendere. Grazie.

n.b. Sono sempre lo stesso Alessandro che interviene nei post e trovo il sito magistrale (bhè Ratzinger qualcosa pur insegnerà a noi comuni mortali...)

Anonimo ha detto...

Esagerato! :-))

euge ha detto...

Caro Alessandro sono contenta che ti piace quello che scrivo la mia terminologia dura come la definisci tu, non era certo rivolta a chi come te ama confrontarsi con un dialogo aperto e corretto ma era rivolto a chi ostentatamente si rifugia dietro partiti presi senza senso con il solo intento di appioppare nel vero senso della parola al Pontefice l'etichetta del retrogrado e di colui che cerca di portare indietro la chiesa prendendo a schiaffi il Concilio. Io non ho nulla in contrario alla celebrazione secondo il Messale di Paolo VI se non fosse che il Meesale di Paolo VI stesso, viene nelle parrocchie compresa la mia, alterato e trattato come un copione teatrale di cui si può dare l'interpretazione che si vuole. Questo Alessandro è inaccettabile.

Anonimo ha detto...

Caro Alessandro fin'ora purtroppo un certo razzismo verso quanti amano la Santa Messa nel Rito di San Pio V c'è stato. Cosa pensi che nella diocesi di Amiens in francia il Vescovo si rifiuta di concedere una Chiesa ai nostri fratelli della fraternità di san Pio X e domenica 11 novembre oltre ottocento persone sono state costrette a partecipare alla Messa sotto l'acqua e il vento (vi erano anziani e bambini) e poi diamo le chiese a ortodossi, evangelici (nulla in contrario) e anche ai mussulmani???. Anche nel rito di Paolo VI, perchè non si usa qualche volta il latino? (nelle parrocchie dico) e il canto gregoriano dove è andato a finire? E tutti sti applausi nelle chiese... a me pare che stiamo difronte a una crisi di fede...