12 novembre 2007

Cattolici in ripresa in Brasile: dopo anni di emorragia di fedeli, si assiste ad una concreta controtendenza


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Cattolici in ripresa nel Brasile che cambia

DA RIO DE JANEIRO GHERARDO MILANESI

La 'frenata' del cattolicesimo in Bra­sile sembra essere terminata. Lo in­dica una recente ricerca della Fonda­zione Getulio Vargas, intitolata «Economia nelle religioni», nella quale si stima che il numero dei cattolici brasiliani quest’anno dovrebbe superare quota 139 milioni, con una percentuale sul totale della popola­zione vicina al 74%. È la stessa quota rile­vata nel 2000, ma di fatto costituisce una ri­presa concreta dopo un decennio nel qua­le si era assistito a una piccola emorragia di fedeli verso le chiese neo-pentecostali. Da una parte, la pretesa di dare risposte immediate ai problemi quotidiani di mi­lioni di brasiliani indigenti, dall’altra la ca­pillare ricerca di fedeli nelle aree più pove­re delle metropoli avevano spinto quasi il 10% dei cattolici brasiliani ad abbracciare sette e nuove denominazioni, soprattutto evengeliche e neopentecostali. Nel 1991, infatti, i cattolici erano l´83,3% del totale. Gli evangelici oggi in Brasile sono 43,6 mi­lioni, pari al 23,1% della popolazione: era­no solo il 9% nel 1991.
Vi sono vari segnali che indicano una ri­presa di adesioni alla Chiesa cattolica. Il successo della visita di papa Benedetto X­VI a San Paolo e Aparecida dello scorso maggio, con la canonizzazione di frei Galvão, il primo santo brasiliano di nasci­ta, ha dato impulso a un’opera di rievan­gelizzazione che è al centro degli sforzi del­la Chiesa di tutta l’America Latina. Proprio al tema della evangelizzazione di fronte al­la sfida degli aggressivi gruppi neo-pente­costali sono stati dedicati parte dei lavori della quinta Conferenza dell’episcopato di America Latina e Caraibi (Celam).
«È necessario dare un nuovo impulso alla vita della Chiesa intesa come missionaria sul campo, la parola di Dio deve penetrare con vigore proprio fra i meno abbienti che sono la grande maggioranza della popola­zione », aveva più volte sottolineato il car­dinale Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero e arcivescovo emerito di São Paulo. Giustizia sociale, lot­ta alla violenza, al narcotraffico e alla cor­ruzione (mali endemici del Brasile e di tut­to il continente) e un forte no all’aborto so­no stati gli altri temi centrali dell’appello fi­nale del Celam. Ma la sfida dei neopente­costali resta un tema centrale su cui riflet­tere, perché il Brasile appare come il terre­no ideale su cui mettere a punto una stra­tegia da esportare in altre realtà vicine. Nel­la terra del Samba impressiona che un bra­siliano su quattro, almeno una volta nella vita, abbia cambiato religione. Dieci mi­lioni di cattolici sono diventati cristiani e­vangelici o hanno aderito a qualche grup­po neopentecostale, in moltissimi casi a vere sette che affidano la predica a pasto­ri- imprenditori dello Spirito. A Copacaba­na, una dei quartieri più noti di Rio de Ja­neiro, il tempio della Igreja Universal do reino de Deus richiama i fedeli nella sala di uno shopping center che assomiglia a un piccolo teatro. All’ingresso la 'locandina': «Hai un figlio alcolizzato? Tuo marito ti tra­disce? Sei disperato perché i debiti ti af­fliggono? – Entra e lo Spirito Santo ti gui- derà verso la soluzione». Risposte imme­diate, ma anche pentimenti e conversioni. Per ottenere le quali spesso è necessario porre le mani al portafoglio. Almeno il 10 per cento dello stipendio ogni mese, indi­pendentemente dal reddito. In molti luo­ghi di culto, spesso improvvisati fra le ba­racche di una favela, chi si presenta senza banconote può 'scegliere' di privarsi del­la fede nuziale o della catenina d’oro.
Le pratiche della potente Chiesa universa­le del regno di Dio o della Renascer o di al­tri gruppi neopentecostali finiscono spes­so sulle pagine dei giornali brasiliani. Pa­stori incriminati, sacchi di denaro che van­no e vengono, dollari nascosti persino nel­la Bibbia confiscati all’aeroporto di Miami. Nel documento che nei prossimi mesi sarà reso pubblico, il ruolo centrale lo avrà pro­prio il tema del riavvicinamento dei fedeli attraverso un’azione più incisiva della Chie­sa cattolica nel formare le coscienze. Il car­dinale Geraldo Majella Agnelo, vescovo di Salvador de Bahia, non ha dubbi: «Il pun­to più importante del documento è quello che esprime la necessità di tornare a crea­re nelle coscienze il senso di comunità, che si è perduto oggi a causa dell’individuali­smo, del consumismo e del relativismo».
Il compito appare particolarmente diffici­le nelle aree periferiche delle grandi città, dove le nuove 'chiese' aprono continua­mente luoghi di culto e attraggono una po­polazione povera e spesso senza punti di riferimento. A Nuova Iguaçu, comune sa­tellite di Rio de Janeiro dove sono concen­trate famiglie con un bassissimo potere d’acquisto, in soli otto chilometri si posso­no contare ben 39 chiese evangelicas e so­lo due parrocchie cattoliche. In zone come queste, la 'Teologia della prosperità' dei neo-pentecostali, che promette, con la fe­de, la soluzione dei problemi anche mate­riali è una sfida delicata a cui far fronte. «Questo modo di intendere la fede – ha chiarito l’arcivescovo di Brasilia, João Braz de Aviz – è una specie di scambio. Tu ade­risci alla fede, e Dio in cambio ti offre dei benefici. Ma si tratta di un concetto mo­ralmente scorretto».

© Copyright Avvenire, 11 novembre 2007


il vescovo Santoro

«La strategia delle sette mostra il fiato corto Adesso la Chiesa recuperi la sua vitalità»

Gherardo Milanesi

DA RIO DE JANEIRO

«La tendenza a un ri­torno alla Chiesa cattolica da parte di fedeli che avevano scelto la semplificazione spirituale e le pretese risposte immediate ai problemi da parte dei gruppi neopentecostali è tangibile in Brasile, come conferma la Fon­dazione Geatulio Vargas. È giu­sto, tuttavia, sottolineare che si tratta di una tendenza che deve ancora stabilizzarsi». Monsignor Filip­po Santoro, Dom Filippo, così lo chiamano affet­tuosamente i suoi fedeli brasiliani, è stato ordinato sa­cerdote nella dio­cesi di Bari nel 1972 ed è dottore in teologia dog­matica e in filoso­fia. Dei suoi 59 an­ni, 23 li ha tra­scorsi in Brasile come sacerdote fidei donum. Dal 2004 è vescovo di Petropo­lis, città imperiale del Brasile, e membro della Commissione di dottrina della fede e del Con­siglio permanente della Con­ferenza episcopale brasiliana.

Monsignor Santoro, come si spiega questa controtenden­za? Le statistiche indicano u­na crescita costante di fedeli che tornano alla Chiesa catto­lica dopo quasi 10 anni di 'mi­grazione' contraria.

In realtà, questa inversione di marcia ha cominciato a mani­festarsi prima timidamente con la preparazione al Giubi­leo, poi con maggior forza du­rante il Giubileo stesso e, negli ultimi anni, in modo ancora più concreto perché i fedeli 'migrati' ai gruppi neopente­costali hanno cominciato a ca­pire che la risposta ai bisogni dell’individuo non può essere immediata.

Benché il fenomeno apparis­se consistente, la Chiesa non è sembrata eccessivamente preoccupata. Era una ripresa che si dava per scontata?

Possiamo affermare che la stra­tegia con la quale i gruppi neo­pentecostali approfittavano del forte desiderio di spiritua­lità dei brasiliani, soprattutto dei fedeli provenienti dagli strati meno agiati della popo­­lazione, avrebbe alla lunga mo­strato il rovescio della meda­glia. Il culto, il tempio non pos­sono divenire la garanzia di u­na fabbrica di miracoli. Il ma­rito che si è allontanato di ca­sa, il frigorifero che si è rotto, il figlio alcolizzato: i neopente­costali promettono una solu­zione per ogni difficoltà, anche per le più gravi.
La Chiesa cat­tolica brasiliana, tuttavia, ha colto l’occasione della visita del Papa per analizzare la que­stione in modo approfondito. Benedetto XVI, con la sua pre­senza, ha saputo stimolare nel modo giusto la consapevolez­za che la Chiesa cattolica deve spingersi con il massimo vigo­re verso l’individuo. Il Santo Pa­dre ha lasciato un segno fon­damentale nel Paese. La sua presenza ha giovato al rispetto della Chiesa in ogni angolo di questo immenso Paese e, più in generale, alla spiritualità della popolazione.

Di quali sforzi si tratta?

Dobbiamo ridurre l’eccesso di predica­zione sociale, di ri­petizione della dot­trina e concentrarci maggiormente sulla percezione dell’esi­stenza. Dobbiamo impegnarci ancora di più sulla valoriz­zazione della dignità personale, sulla concretezza della parola di Dio so­prattutto in un Pae­se come il Brasile. Come ab­biamo annotato nel docu­mento di Aparecida, è neces­sario passare da una pastorale di pura conservazione dell’e­sistente a una pastorale del­l’annuncio della missione. Ma anche ad Aparecida non si è in­sistito tanto sulla preoccupa­zione per il fenomeno delle sette, quanto sulla necessità che la Chiesa recuperi il mas­simo della sua vitalità. La vera risposta sta nel rilancio del­l’impeto missionario. Ogni a­bitante di ogni parrocchia de­ve divenire un missionario vi­vo.

© Copyright Avvenire, 11 novembre 2007


L’INTESA

Concordato, vicina la firma Trattativa ancora aperta sull’ora di religione a scuola

DA RIO DE JANEIRO

Anche il Brasile avrà il suo Concordato.
Dopo oltre un anno di lavoro diploma­tico (i primi contatti risalgono al set­tembre del 2006), prima della visita pastorale dal Papa a San Paolo e Aparecida dello scorso maggio il governo del presidente Lula e la Santa Sede sono vicini alla firma del documento che regolerà presenza e diritti della Chiesa Cattoli­ca. Concordato di cui il Brasile, che pure è il Paese con il maggior numero di cattolici nel mondo, è paradossalmente privo, al contrario di quasi tutti gli altri Stati sudamericani. Gli ac­cordi contengono il riconoscimento giuridico della Chiesa Cattolica, la preservazione del suo patrimonio storico e artistico ed eventuali e­senzioni fiscali per società e istituzioni cattoli­che. Su questi punti Santa Sede e Itamaraty (il ministero degli Esteri brasiliano) hanno già raggiunto un accordo di massima. Esistono, tuttavia, altri temi su cui il negoziato è ancora aperto. Un punto controverso rimane quello dell’ora di religione cattolica facoltativa (in Bra­sile le Chiese neopentecostali, contrarie a que­sta opzione, sono ormai una lobby politica).
Trattativa aperta sulla possibilità di rendere e­sentasse le donazioni alla Chiesa. Nessun rife­rimento, infine, viene fatto nel documento al problema dell’aborto, che in Brasile è conside­rato reato. Per ora il tema non è considerato centrale dal presidente Lula, che tuttavia deve vedersela con le posizioni a favore della legaliz­zazione di una parte consistente della base del suo partito, il Pt. Le pressioni pro-aborto sono condotte anche dal ministro della Sanità, José Gomes Temporão, che a più riprese ha sottoli­neato come il tema, in un Paese dalla grande crescita demografica come il Brasile, sia una questione di 'salute pubblica' ( G.Mil.)

© Copyright Avvenire, 11 novembre 2007

2 commenti:

mariateresa ha detto...

Questi articoli mi fanno un grande piacere e li invierei tramite piccione viaggiatore alla redazione di Adista che in occasione di questo viaggio, come in tutte le altre occasioni , non si è smentita per la sua velenosità e a chi si è messo a contare le particole dopo la Messa ad Aparecida. E anche autti i giornalisti che durante il volo papale hanno creato il solito caso prima ancora che il Pontefice posasse le scarpe a terra.

Anonimo ha detto...

Cara Mariateresa, mi hai tolto letteralmente le parole di bocca quasi avessi preso un rampino eheheheheheh