16 novembre 2007

Il Papa e la musica sacra: il commento di Rodari per "Il Riformista"


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di Paolo Rodari

«Sono certo che il pontificio istituto di musica sacra (Pims), in “armonica sintonia” con la congregazione per il culto divino, non mancherà di offrire il suo contributo per un aggiornamento adatto ai nostri tempi delle preziose tradizioni di cui è ricca la musica sacra».
Ne è certo, Benedetto XVI. E lo ha detto - sono parole sue - lo scorso 13 ottobre recandosi in visita alla sede del Pims, in via di Torre Rossa a Roma, un paio di chilometri a ovest rispetto a piazza San Pietro.
Ed è nell’espressione “armonica sintonia” che il 64enne preside del Pims, il catalano monsignor Valentìn Miserachs Grau, vi legge una possibile volontà del Pontefice di assecondare quella che è a suo dire un’esigenza impellente: un nuovo ufficio dotato di autorità in materia di musica sacra.
Già, perché oggi il Pims ha competenze soltanto formative. «Siamo a tutti gli effetti - spiega Miserachs Grau al Riformista - una facoltà ecclesiastica adibita all’insegnamento della musica sacra (100 studenti e 20 docenti) e quindi dipendiamo dalla congregazione per l’educazione cattolica. Altre competenze in materia sono “sparpagliate” tra la congregazione per il culto divino e la pontificia commissione per i beni culturali ma non esiste un organo con poteri normativi.
Il Papa lo scorso 13 ottobre ci ha chiesto di lavorare in “armonica sintonia” con il culto divino. Sono parole importanti perché, per la prima volta, un Pontefice ci ha messo quasi sullo stesso piano e quindi, in futuro, non escludo che possano aprirsi nuovi scenari, fino - appunto - all’istituzione di un ufficio unico del Vaticano con competenze normative».
Miserachs Grau ha la musica sacra nel proprio dna. Nato e cresciuto a Sant Martí Sesgueioles, un paesino a nord di Barcellona, a soli sei anni, grazie agli insegnamenti del maestro del paese, Frances Vives, ha iniziato a studiare teoria e solfeggio del pianoforte. Quando a undici anni è entrato nel seminario diocesano i suoi superiori hanno avuto la lungimiranza di farlo continuare a studiare. Così fino ai tempi dell’arrivo a Roma per il triennio teologico, e quindi del servizio pastorale svolto in alcune parrocchie romane. Un compito, quest’ultimo, che dal ’77 egli è riuscito a conciliare con quello di maestro direttore della cappella liberiana di Santa Maria Maggiore. Poi, nel ’95, la nomina a preside del Pims.
È dal 1983 che il Pims si trova in via di Torre Rossa, nell’immobile che precedentemente era dell’abbazia di San Girolamo in Urbe. Qui Miserachs Grau insegna l’antica arte della musica sacra. Un’arte che il Pims prosegue ininterrottamente dal 1911, l’anno in cui Pio X aprì i battenti di quella che a quel tempo venne chiamata “Scuola Superiore di Musica Sacra”. Cinque le materie insegnate oggi: il canto gregoriano, l’organo, la composizione, la direzione corale e la musicologia.
Nei suoi quasi cento anni di vita il Pims ne ha viste succedere di cose. «Tra tutte - spiega Miserachs Grau -, la non curanza verso la musica sacra che, negli anni del post Concilio, ha portato Roma a declinare in favore delle varie conferenze episcopali le proprie responsabilità.
Il Concilio, in verità, aveva ben operato in materia recependo i documenti di Pio XII i quali, a loro volta, avevano attinto dal Motu Proprio di Pio X Inter sollicitudo. Dopo il Concilio sarebbe bastato attuare l’Istruzione De musica in sacra liturgia emanata dalla congregazione dei riti, ma la cosa non è avvenuta. E così l’anarchia ha regnato sovrana. Si è attuata una sorta di “reazione cancerogena” che ha portato la musica sacra (che io chiamo liturgica) a divenire una semplice trasposizione della musica profana di moda. Una musica, quest’ultima, che è entrata nelle nostre chiese inaridendo le pure sorgenti del gregoriano. Checché ne dicono gli apostoli del “giovanilismo” e del “populismo” la musica, se non ha i crismi della musica sacra, è piuttosto dannosa per la Chiesa».
Eppure, nel pontificato di Benedetto XVI, le antiche sorgenti del canto gregoriano potrebbero essere di nuovo purificate. «Non si tratta - spiega Miserachs Grau - di eliminare la musica popolare, ma di sottometterla a un principio ispiratore più alto: il gregoriano. Torni Roma a valorizzare la sua musica affinché lo spirito dei credenti si immedesimi sempre di più con il mistero che la stessa liturgia vuole celebrare. Lo vuole la tradizione della Chiesa. Lo vuole il Concilio se correttamente applicato».
E, infatti, lo disse lo stesso Concilio che la musica sacra, essendo “gloria di Dio” e “santificazione dei fedeli” deve sempre vivere. E, all’interno di essa, deve vivere il canto gregoriano. Il tutto, forse, col proficuo aiuto di un ufficio vaticano dotato di piena autorità in materia.

© Copyright Il Riformista, 16 novembre 2007

1 commento:

brustef1 ha detto...

Mi pare che la situazione si possa riassumere così: un tempo esisteva la musica sacra, o meglio, di ispirazione sacra, che spesso non era funzionale alle celebrazioni (si pensi alla monumentale Messa in si minore di Bach), ed era ben distinta dalla musica liturgica in senso stretto. Dopo il Concilio, musica di ispirazione sacra e musica liturgica si sono confuse, con esiti artistici quasi sempre scadenti, e hanno invaso le celebrazioni determinando l'abbandono pressoché totale della tradizione gregoriana. Ma la differenza è questa: mentre un tempo le "degenerazioni" erano rappresentate dalle opere di Bach, Mozart, Rossini, Verdi, oggi sono rappresentate, nel migliore dei casi, da Frisina.