22 novembre 2007

«Usque ad sanguinis effusionem» (fino all'effusione del sangue): Giuseppe De Carli commenta il prossimo concistoro


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«Usque ad sanguinis effusionem»

di GIUSEPPE DE CARLI

«Usque ad sanguinis effusionem» fino all'effusione del sangue. La solenne formula è pronunciata dal Papa al momento della imposizione della berretta («accipite biretum rubrum», prendete la berretta rossa) e dell'assegnazione del titolo o della diaconia.

Si inginocchiano davanti al Successore di Pietro i nuovi principi della Chiesa. È una cerimonia quella del Concistoro di sabato 24 novembre che non ha nulla di sacramentale. Ma nella sua sfolgorante ritualità ci dà il senso della grandezza, del respiro universale e, persino, della vocazione al martirio cui sono chiamati i più stretti collaboratori del romano pontefice. È il secondo Concistoro dell'era ratzingeriana.
Ricevono la porpora 23 prelati, 18 sotto gli ottant'anni e cinque sopra.
«Accipe anulum de manu Petri», ricevi l'anello dalla mano di Pietro, dirà loro Benedetto XVI durante la concelebrazione eucaristica di domenica 26 novembre che comprende il momento della consegna dell'anello cardinalizio. Parole gravi e inaudite, proprie di una istituzione che è l'unica sulla faccia della terra a dare la possibilità ad un semplice fedele di diventare un monarca assoluto: ecco il papato; oppure di diventare principe del sangue, col titolo di "eminenza": ecco il cardinalato. Un filo di emozione coglierà gli eletti, chiamati a formare il "Senato della Chiesa" o, se vogliamo più laicamente, ad entrare nel "club più esclusivo" del pianeta. Da simbolo del potere e di gloria terrena, il cardinalato, specie con Giovanni Paolo II, si è trasformato nel riconoscimento di una vita eroica, spesa al servizio della Chiesa, segnata da persecuzioni e sofferenze.
Chi scrive (avendo fatto le dirette TV dei Concistori degli ultimi vent'anni) ha ancora negli occhi le figure luminose di preti e vescovi provenienti dalle cosiddette "Chiese del silenzio", le Chiese dell'Est, sotto il regime comunista. Quel parroco albanese Michel Koliqi che non ce la faceva neppure a salire i gradini fino al Papa. Lo hanno portato su in braccio come un fuscello. Cardinale a 92 anni! La porpora come sigillo di una vita, una storia. Decenni di prigione, sevizie e torture. Oppure, il pianto del rumeno Alexander Todea cui fecero credere che la madre era morta di crepacuore perché non si era fatto ortodosso. O Miloslav Vlk, attuale arcivescovo di Praga, costretto a fare il lavapiatti e il lustrascarpe; Vinko Puljc della città-martire di Sarajevo; la dolcezza del vietnamita Van Thuan, che continuò ad indossare la croce pettorale di filo spinato che gli avevano regalato i suoi carcerieri o il cinese Ignazio Gong Pin-mei, condannato all'ergastolo come "controrivoluzionario"; il bielorusso Kazimiers Swiatek, deportato in un gulag siberiano dai sovietici. L'accusa: quella di essere cattolico.
Il cardinalato per forzare equilibri politici, per denunciare la sofferenza delle comunità cristiane, o la "tragica utopia" del socialismo. Ecco Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum capitale di un Sudan dove i generali cercano di imporre la "shaaria", la legge del Corano o, per venire all'Italia, grandi comunicatori come Ersilio Tonini. Tutto ciò era nelle corde di Papa Wojtyla e sarà anche per questo che, col tempo, è cresciuta la considerazione dell'opinione pubblica verso questi uomini che si vestono di rosso, di "red scarlet", di rosso scarlatto, come dicono gli americani, il rosso del sangue e del martirio. Solo a questi dignitari, rivestiti di porpora, spetta dal lontanissimo 1059, il privilegio di eleggere a scrutinio segreto il nuovo Papa. È stato poi il vento di novita' del Concilio Vaticano II a sottrarre allo sfarzo rinascimentale una carica ambitissima nei secoli dalle principali famiglie aristocratiche romane. Tolti gli ingombranti residui del passato, onori e glorie, abiti rituali e strascichi lunghi fino a cinque metri, eliminata la cosiddetta "corte cardinalizia", una vera e propria corte in miniatura. Se va bene oggi ad un porporato di curia spetta gratuitamente un appartamento e due suore incaricate delle faccende domestiche e della segretria. Persino il "piatto cardinalizio", sul quale si è favoleggiato, è modesto: per un prefetto o un presidente di un Pontificio Consiglio si parla di non più di tremila euro al mese di salario. Del resto, radicalmente cambiato è lo spirito col quale le "berrette rosse" salgono questo ulteriore gradino (si veda l'intervista al cardinale Angelo Comastri).
Col Concistoro di sabato i cardinali elettori arrivano alla fatidica soglia di 120, quella stabilita da Paolo VI e a cui Benedetto XVI sembra voglia attenersi. Per la prima volta i cardinali extra-europei eguagliano in numero quelli europei. Che sia una indicazione per il futuro? Nove sono gli africani; trentasette delle Americhe; dodici dell'Asia e due dell'Oceania. I porporati del Vecchio continente sono sessanta. Ventuno gli italiani, un sesto dei conclavisti. Fra i nuovi il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova; Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; l'arciprete della Basilica Vaticana Angelo Comastri; Raffaele Farina, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Per non dimenticare il dramma dell'Iraq ecco il patriarca di Babilonia dei Caldei, Sua Beatitudine Emmanuel III Dely, ottant'anni appena compiuti. Internazionalità, pastoralità, esemplarità. Indicazioni cui Papa Ratzinger non intende derogare. Quel "fino all'effusione del sangue" rimane il sigillo, il memento di una carica così alta.

© Copyright Il Tempo, 22 novembre 2007

1 commento:

brustef1 ha detto...

Finalmente qualcuno che parla della Chiesa del Silenzio e del Martirio, praticamente negata in nome della ostpolitik. La vera ostpolitik l'ha fatta Giovanni Paolo II, contribuendo concretamente ad abbattere il Mostro