4 febbraio 2008

Le femministe e il loro silenzio. Armeni: noi troppo in difesa


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Le femministe e il loro silenzio Armeni: noi troppo in difesa

Giusi Fasano

MILANO — Se il feto è vivo va rianimato o no? Su un tema del genere un tempo avrebbe parlato la piazza, le donne si sarebbero fatte sentire, la questione sarebbe stata un trampolino di lancio verso una nuova battaglia di massa. Oggi invece la prima fila è dei politici, dei religiosi, dei bioetici, dei ginecologi (mediamente uomini).
E le donne? «Non siamo minorenni.
Siamo tutte adulte e consapevoli e credo che ormai ci sia un silenzio da parte delle donne abbastanza insopportabile » ammette Ritanna Armeni, scrittrice e femminista storica. «Non si può sempre agire perché è avvenuto qualcosa, sennò si gioca in difesa. E adesso, per esempio, che facciamo? Ci dividiamo fra chi vuole ammazzare il feto e chi no?».
Bianca Beccalli, da sempre studiosa dei movimenti femminili, docente di Sociologia del lavoro e pari opportunità a Scienze Politiche, dice che «è vero, non c'è più un soggetto pubblico femminile autorevole che faccia da interlocutore su temi come l'aborto, la sessualità, la maternità. Però è anche vero che le riflessioni serie delle donne su questi argomenti non trovano mai spazio ».
Susanna Camusso, segretario regionale Cgil lombardia, è una delle fondatrici del movimento «Usciamo dal silenzio», quello che ha portato in piazza a Milano 200 mila donne a difesa della 194. Dice di avere «una certa insofferenza per la frase "le femministe non parlano"» e spiega che «il problema semmai è che le persone non parlano più. Vincono le voci degli uomini. Questa faccenda del feto, per dire, è la pratica dimostrazione del fatto che gli uomini, il Papa, i politici, gli scienziati, sono convinti di poter scavalcare le nostre opinioni».
C'è uno schieramento che ipotizza in qualche modo una «congiura del silenzio». E ne fanno parte tante.
Elena Gianini Belotti, per esempio, femminista di vecchia data nonché autrice del libro Dalla parte delle bambine: «E cosa dovrebbero fare le femministe? — si arrabbia —. Mettersi a urlare in piazza? Ci hanno zittito». Lea Melandri, una delle più conosciute femministe italiane, è con lei: «Oggi si legifera sul corpo femminile e nessuno che pensi di interpellarci», lamenta. «Altro che silenzio delle donne...». Anche Carmen Leccardi, docente alla Bicocca di Milano e attenta da una vita ai temi femminili, si dice «per niente convinta che le femministe stiano zitte. Dateci il modo e il tempo e ci faremo sentire», promette.

© Copyright Corriere della sera, 4 febbraio 2008

Non e' assolutamente vero che le donne non parlano, anzi!
Perche' non prendere in considerazione il fatto che i tempi sono cambiati e che le ventenni e le trentenni di oggi si pongono problemi etici su aborto, eutanasia e matrimonio in modo diverso rispetto alla femministe storiche?
Le donne non possono fossilizzarsi sugli stessi schemi di trenta o quaranta anni fa e affermare che "gli uomini, il Papa, i politici, gli scienziati, sono convinti di poter scavalcare le nostre opinioni" non e' un buon punto di partenza per parlare di certe tematiche
.
R.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Alle donne non interessa più scendere in piazza o battersi per qualcosa. ma poi a chi importa se qualcuna non può avere figli? i figli o si fanno in maniera naturale o si rinuncia, mica è un diritto farli. ricorrere alla scienza per averli è contro natura in ogni caso.

Anonimo ha detto...

Beh, non e' vero che alle donne non interessa battersi per le proprie idee, anzi!
Non bisogna comunque demonizzare la scienza. Spesso risolve casi di infertilita' con farmaci (per esempio in caso di disfunzioni tiroidee) o grazie ad interventi chirurgici.
Ben venga la scienza rispettosa della dignita' dell'uomo!