12 febbraio 2008

Mons. Piero Marini: "Con il Motu Proprio "Summorum Pontificum" il Papa difende l'unità della Chiesa". Il presule replica alle critiche (R.V.)


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Mons. Piero Marini: con il Motu Proprio "Summorum Pontificum" il Papa difende l'unità della Chiesa. Il presule replica alle critiche sollevate dai media su alcune sue pubblicazioni in materia liturgica

Per quasi vent'anni maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, l'arcivescovo Piero Marini - attualmente presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici - è stato uno dei protagonisti, all'interno della Curia romana, della stagione post-conciliare che vide la riforma liturgica modificare radicalmente la partecipazione dei fedeli alle varie celebrazioni, a cominciare dalla Messa. Questa grande esperienza è stata condensata, fra l'altro, in due libri pubblicati di recente all'estero, oltre ai tre precedenti volumi dedicati al Giubileo del 2000, alla Sede Vacante e ai riti di inizio del ministero petrino di Benedetto XVI. In lingua francese, è uscito per i tipi della Bayard il volume "Cérèmoniaire des papes", che racconta gli anni di mons. Marini a fianco degli ultimi Pontefici, mentre in lingua inglese il volume "A Challenging Reform", descrive proprio quei primi anni di applicazione della riforma liturgica. Un volume, quest'ultimo, letto pretestuosamente da alcuni media in chiave di contrapposizione rispetto al recente Motu Proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum. Ecco la riflessione e la replica dello stesso mons. Marini, al microfono di Giovanni Peduto:

R. - I cinque volumi appena ricordati hanno visto la luce per una fortunata coincidenza nel momento in cui lasciavo l’incarico di Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie nel mese di ottobre 2007, diventando presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Tali pubblicazioni costituiscono quindi per me un punto di arrivo e mi aiutano a ricordare le varie stagioni della mia vita e il cammino percorso al servizio della Santa Sede. Non nascondo che questo passaggio a 66 anni di età costituisce un momento di verifica a livello esistenziale, nel tempo della maturità che va verso l’anzianità. Posso quasi dire che tutta la mia vita di sacerdote e poi di Vescovo nel 1998, quando ero Maestro delle Celebrazioni da più di dieci anni, è trascorsa a servizio della liturgia. Anche il motto episcopale che ho scelto fons vitæ ha un significato liturgico, alla scuola della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium. Fino a 23 anni ho vissuto nel nord Italia, nell’oltrepò pavese, nella mia diocesi di Bobbio. Appena ordinato sacerdote sono stato mandato a Roma. E così ho lavorato dai 23 ai 45 anni negli Uffici della Santa Sede incaricati di attuare la riforma liturgica stabilita dal Concilio Vaticano II e, successivamente, dai 45 ai 65 anni nell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. Il libro A Challenging Reform mi ricorda il primo periodo di lavoro e le vicende che hanno accompagnato l’attuazione della riforma liturgica a Roma e in tutta la Chiesa. Il volume Cérémoniaire des papes è una memoria della mia esperienza vissuta vicino ai Pontefici Romani: Paolo VI, e in particolare Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. I tre libri pubblicati a cura dell’Ufficio richiamano alla memoria tre eventi straordinari che hanno coinvolto tutta la Chiesa che io ho potuto vivere dal di dentro e in certo modo in prima persona: il Grande Giubileo dell’anno 2000, la morte del Papa Giovanni Paolo II, la Sede Apostolica Vacante e i Riti di inizio del ministero petrino del Santo Padre Benedetto XVI. Veramente posso dire di aver vissuto una esperienza ecclesiale unica e irrepetibile che mi ha permesso di respirare il soffio di vita del passaggio dello Spirito non solo nei Padri conciliari ma anche in tanti uomini che hanno lavorato alla attuazione della riforma liturgica. Uomini esperti e insieme ricchi di virtù umane e spirituali. In particolare mi ha arricchito la lunga vicinanza e la familiarità avuta con Papa Giovanni Paolo II e l’ultimo periodo con Papa Benedetto. Da loro ho imparato ad amare la Chiesa. Si, posso dire che veramente Dio mi ha preso per mano e mi ha introdotto all’interno del mistero della vita della Liturgia.

D. - In particolare, eccellenza, qualche settimana fa lei era a Londra alla presentazione del libro “A Challenging Reform”, pubblicato dalla Casa editrice inglese “Liturgical Press”, che raccoglie scritti da lei curati sulla Riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II: di cosa tratta in particolare il volume?

R. - A Challenging Reform è essenzialmente un libro di storia della liturgia e della Chiesa, tratta delle persone e degli avvenimenti che hanno accompagnato gli inizi della riforma liturgica dall’ottobre 1963 al 7 marzo 1965. Nel volume viene descritto come è nato l’organismo che ha attuato la riforma, durante e subito dopo il Concilio Vaticano, e come è stato impostato l’insieme del lavoro di riforma. Si tratta di un periodo cruciale che segna il passaggio dalle decisioni conciliari alla loro attuazione concreta, quando il Concilio, attraverso la liturgia è entrato nella vita quotidiana delle comunità cristiane. Possiamo dire che i fedeli hanno conosciuto il Concilio attraverso il rinnovamento liturgico. È stato un inizio difficile pieno di contrasti ma in un clima generale di entusiasmo, di speranza e di amore per la Chiesa. Il volume mostra che la riforma liturgica non è nata improvvisamente ma è stata preparata da oltre 60 anni di movimento liturgico. Per questo viene presentato in sintesi non solo lo sviluppo delle riforme attuate dai Papi nel 900, da Pio X fino alle riforme di Pio XII (settimana Santa e Veglia pasquale) ma anche l’iter delle decisioni conciliari sulla liturgia fino alla promulgazione della Costituzione Sacrosanctum Concilium. Non poteva mancare anche una sintesi degli avvenimenti accaduti dopo il 7 marzo 1965. La descrizione si arresta all’inizio degli anni 80, proprio perchè il volume è stato scritto tra il 1979 e il 1980 quando lavoravo alla Congregazione per il Culto Divino e frequentavo i corsi di scienze politiche presso la LUISS di Roma.

D. - Nonostante l’elaborazione degli scritti che compongono il libro sia chiaramente collocabile in un passato piuttosto lontano, alcuni giornali hanno interpretato la sua ricostruzione storica come una critica al recente Motu Proprio di Benedetto XVI - il Summorum Pontificum, che favorisce la possibilità di celebrare la Messa in latino secondo il rito di San Pio V, riformato da Giovanni XXIII - e anche come una critica alla Curia Romana. Cosa pensa di queste opinioni dei media?

R. - La prima parte dell’originale italiano si trova nel volume: Costituzione Liturgica “Sacrosanctum Concilium”, studi a cura della Congregazione per il Culto Divino, C.L.V. – Edizioni Liturgiche, Roma 1986, pp. 68-101. Le altre parti dell’originale italiano sono state pubblicate dalla Rivista Ephemerides Liturgicæ in articoli successivi a partire dal 1992: EL 1992, 4-5, pp. 289-318; EL 1993, 6, pp. 401-439; EL 1994, 3, pp. 205-231; EL 1995, 2, pp. 97-158; EL 1998, 4-5, pp. 289-309; EL 1999, 1, pp. 3-30. All’inizio del 2004 mi è stato chiesto dagli editori della “Liturgical Press” di pubblicare i testi in lingua inglese. Il lavoro di traduzione si è protratto per tre anni e il volume ha potuto essere pubblicato solo nel mese di ottobre 2007. Il volume inoltre sottolinea la straordinaria preparazione e capacità non solo degli Organismi di Curia: il Consilium e la Congregazione per il Culto Divino, ma anche degli uomini di Curia, a cominciare da Papa Paolo VI, che hanno dedicato la loro vita a servizio della Chiesa e della liturgia. È evidente dunque che non era possibile criticare 27 anni prima che fosse pubblicato il Motu Proprio di Papa Benedetto XVI. E con un volume pubblicato in parte dalla Congregazione per il culto nel 1986 e in parte da un’autorevole Rivista liturgica. Persino il luogo della presentazione del volume, Londra, è stato visto come una scelta polemica. Come sono stato invitato a Parigi per la presentazione del libro in francese Cérémoniaire des Papes perché in lingua francese, così sono stato invitato a Londra per il volume A Challenging Reform perché in lingua inglese.

Che cosa penso di queste opinioni dei media? Ritengo che la maggior parte dei media offrano un grande servizio alla società e alla chiesa dando una informazione obiettiva, documentata e responsabile. Purtroppo debbo constatare che alcuni media, certamente nel mio caso, creano e inventano “la notizia” con malizia e faziosità. La cosa mi ha suscitato rammarico soprattutto perché ciò è avvenuto da parte di alcuni media che si dicono di ispirazione cristiana e anche per la diffusione immediata che la notizia ha avuto non solo in Italia.

D. - Lei è stato per un ventennio responsabile dell’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche pontificie ed ha potuto - specie al fianco di Giovanni Paolo II - osservare in prima persona il cammino di rinnovamento liturgico attuato dalle Chiese in ogni continente: da esperto, oltre che da pastore, come valuta questo cammino nel suo complesso?

R. - Sono stato per 18 anni vicino a Giovanni Paolo II e due anni e mezzo a Papa Benedetto. Come responsabile delle Celebrazioni pontificie ho compiuto insieme con il Papa 80 viaggi internazionali e almeno 60 viaggi in Italia. I viaggi sono stati compiuti per due volte: la prima nella fase di preparazione, la seconda insieme con il Papa nella visita vera e propria. Ho visitato oltre 100 Paesi e ho organizzato con gli esperti locali innumerevoli celebrazioni dell’Eucaristia, della Liturgia delle Ore, della Parola di Dio, celebrazioni dei Sacramenti, celebrazioni ecumeniche in tante lingue e culture diverse, in piccole comunità come nell’isola di Rodriguez nell’oceano indiano o in grandi assemblee come a Manila, da Reikiawik a Punta Arenas, da New York a Ports Moresby, da Santiago a Giakarta, da Edmonton ad Astanà. Ovunque la liturgia voluta dal Concilio è stata celebrata con viva partecipazione e con entusiasmo, ognuno celebrando ha percepito la liturgia come propria della sua chiesa locale e allo stesso tempo come espressione della chiesa universale. In tanti anni e in tante celebrazioni non ho mai trovato difficoltà o opposizione. Perciò posso sottoscrivere oggi quanto ha scritto Giovanni Paolo II nel 1988: “I Pastori e il popolo di Dio nella loro grande maggioranza hanno accolto la riforma liturgica in uno spirito di obbedienza e anzi di gioioso fervore. Per questo bisogna rendere grazie a Dio per il passaggio del Suo Spirito nella Chiesa, quale è stato il rinnovamento liturgico” (Vigesimus quintus annus, 12).

D. - Molti media hanno fornito a suo tempo interpretazioni di vario segno circa il Motu Proprio del Papa, spesso travisandone con superficialità il reale significato. Qual è la giusta comprensione di questo atto pontificio?

R. - È necessario anche in questo caso evitare di creare ad arte polemiche e contrapposizioni. Il testo del Motu Proprio va letto nel contesto in cui il Papa lo ha collocato : “Oggi - dice il Papa nella lettera di accompagnamento indirizzata ai Vescovi- ci si impone un obbligo: fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile restare in questa unità o di ritrovarla nuovamente”.

Per noi cattolici il Papa è nella Chiesa il segno visibile dell’unità, è il Vescovo della Chiesa di Roma chiamata a presiedere tutte le altre chiese nella carità. Il Papa è stato chiamato dal Signore ad esercitare il ministero petrino, a fare cioè ogni sforzo perchè la rete della Chiesa rimanga integra. Egli pertanto ha il diritto e il dovere di provvedere alla unità della Chiesa. Chi tra i cattolici gli può negare questo dovere o quest’obbligo?

Proprio la Liturgia, per chi la vive con autenticità è scuola che forma al vero senso della Chiesa nel rispetto dei diversi compiti e ministeri e nell’obbedienza a colui che presiede. Infine è da ricordare che il Motu Proprio non intende introdurre modifiche nel Messale Romano attuale né esprimere un giudizio negativo sulla riforma liturgica voluta dal Concilio: “Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è l’espressione ordinaria della ”legge della preghiera”… il Messale promulgato da S. Pio V… deve essere considerato come espressione straordinaria della stessa “legge di preghiera”. Con questa nuova disposizione il Papa non vuole assolutamente che “venga intaccata l’autorità del Concilio” o che “venga messo in dubbio la riforma liturgica”. In realtà la decisione del Papa non ha comportato fino ad ora alcun cambiamento nella prassi celebrativa delle nostre comunità parrocchiali. Il suo è stato solo un gesto di amore per l’unità.

D. - Nel suo intervento alla presentazione del libro, lei ha sottolineato l’“entusiasmo” che animò sia Paolo VI sia i suoi collaboratori nella prima fase di attuazione della Sacrosanctum Concilium. Entusiasmo, ha aggiunto, che la Chiesa di oggi non deve smarrire poiché - lei afferma - “l’avvenire della liturgia è l’avvenire del cristianesimo”. Come vede il futuro, in questo senso?

R. - Si, io ritengo che la liturgia non si possa ridurre al cambiamento di qualche testo o di qualche rito. Occorre ricordare che il Concilio si era proposto quattro obiettivi ben precisi: la crescita della vita cristiana, l’aggiornamento delle istituzioni ecclesiali in relazione alle esigenze dei tempi, l’unità di tutti i credenti in Cristo, la chiamata di tutti gli uomini nel seno della Chiesa. Proprio per conseguire questi quattro obiettivi il Concilio “ritiene di doversi interessare in modo speciale della riforma e dell’incremento della liturgia”. Pertanto la riforma liturgica fu voluta dal Concilio non come semplice riforma di riti, ma come ispirazione e fondamento per raggiungere gli scopi che il Concilio si era proposti. Se è vero che “la Liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e la fonte da cui promana tutta la sua virtù”, allora chiesa e liturgia sono così intimamente legate che l’avvenire dell’una è l’avvenire dell’altra, e la sorte dell’una è la sorte dell’altra. Sono sempre di attualità le parole di Giovanni Paolo II: “La riforma della Liturgia voluta dal Concilio Vaticano II può considerarsi ormai posta in atto; la pastorale liturgica invece, costituisce un impegno permanente per attingere sempre più abbondantemente dalla ricchezza della Liturgia quella forza vitale che dal Cristo si diffonde alle membra del suo Corpo che è la Chiesa” (Vigesimus quintus annus, 10). È l’impegno permanente nella pastorale liturgica che deve essere portato avanti con entusiasmo, lasciandoci guidare dallo stesso Spirito che ha ispirato il movimento liturgico, Papa Paolo VI e i Padri conciliari e che ancora oggi continua a guidarci. Dobbiamo guardare avanti e continuare con entusiasmo il cammino intrapreso dal Concilio. È infatti lo Spirito la fonte del nostro entusiasmo, della nostra gioia e della nostra speranza.

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4 commenti:

brustef1 ha detto...

Excusatio non petita o excusatio petita?

Anonimo ha detto...

bene mons marini.
la colpa è sempre della stampa non dimentichiamolo.

euge ha detto...

Beh se ti dovessi rispondere brustef1 per completare la prima frase che hai detto ......... dovrei risponderti "acusatio manifesta!"

:-))

Anonimo ha detto...

Mah... Apprezzo i chiarimenti di Mons. Marini, ma resto non convinto. Mi sembra eccessivo tutto questo ottimismo per la riforma liturgica "imposta" - parliamoci chiaro - dopo il Vaticano II e andando ben oltre le sue reali dichiarazioni...
Comunque il tempo è galantuono... e non ci si può prendere gioco di Dio... chi semina vento raccoglie tempesta....