6 febbraio 2008

Nel pomeriggio il Papa presiede i riti per l'inizio della Quaresima sull'Aventino. La riflessione del cardinale Arinze


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Nel pomeriggio il Papa presiede i riti per l'inizio della Quaresima sull'Aventino. La riflessione del cardinale Arinze

Oggi pomeriggio il Papa presiederà sull’Aventino, come da tradizione, i riti per l’inizio della Quaresima. Alle 16.30 un momento di preghiera nella Chiesa di Sant’Anselmo precederà la processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina, dove Benedetto XVI celebrerà la Messa con il rito di benedizione e di imposizione delle Ceneri. La Radio Vaticana seguirà in diretta questi eventi a partire dalle 16.25. Ma sul significato della Quaresima e sul simbolismo del numero “40”, che sono all’incirca i giorni che preparano al Triduo Pasquale, ascoltiamo il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, intervistato da Giovanni Peduto:

R. – Il numero 40 è un numero che ritorna nella Sacra Scrittura, è un numero sacro: Nostro Signore è stato per 40 giorni nel deserto per preparare la sua vita pubblica. 40 giorni Mosè è stato sul monte, 40 anni il Popolo di Dio è rimasto nel deserto. Per noi, quindi, questi 40 giorni di Quaresima sono di preparazione per la grande festa di Pasqua. La Quaresima è, quindi, tempo di intensificazione spirituale, è tempo di attesa e di ascolto speciale della Parola di Dio, è tempo di esercizi spirituali, è tempo per leggere la Sacra Scrittura. La Quaresima è il tempo di un maggiore ascolto di Dio che parla.

D. – La Quaresima è tempo di penitenza, incentrata sulla preghiera, il digiuno, l’elemosina; ma anche tempo di gioia …

R. – Certo, di gioia spirituale. Dobbiamo mettere l’accento sempre sullo spirituale. Quella penitenza, quella preghiera, quell’elemosina sono per la preparazione dell’anima alla grande festa della Pasqua. Questo ci dà la gioia, che Dio solo può darci.

D. – Il Papa, nel suo messaggio di Quaresima, si sofferma in particolare sull’elemosina. Come dobbiamo intenderla?

R. – E’ partecipare e condividere con gli altri i beni della terra che Dio ci dà. Anche se una persona è molto onesta per tutto quello che possiede, resta comunque l’obbligo di non dimenticare mai gli altri. Il Catechismo ci parla della destinazione universale dei beni della terra: Dio ci ha dato i beni della terra, ma non possono essere due o tre persone a controllare e monopolizzare le ricchezze che Dio ci ha donato. I ricchi non devono mai dimenticare i poveri e devono, quindi, condividere i loro beni con loro. Non si deve essere come quel ‘ricco epulone’ della Sacra Scrittura, che non faceva alcuna attenzione a Lazzaro.

D. – Il Papa precisa anche che l’elemosina cristiana non è semplice filantropia. Cosa significa questo?

R. – Significa che l’elemosina è espressione della carità. Noi seguiamo le orme di Cristo che ha dato se stesso per il bene degli altri, che è venuto non per essere servito, ma per servire; che dava tutto ciò che aveva e ha dato anzitutto se stesso. Noi dovremmo, quindi, donando agli altri, mostrare che in realtà doniamo noi stessi che è il modo più alto di fare la carità. Non si tratta di donare semplicemente un po’ di denaro, ma si tratta di riuscire a donare amore, carità cristiana. Noi compiamo questo atto in nome di Cristo e come cristiani. Noi non siamo soltanto degli operatori sociali, ma siamo testimoni di Gesù. Come la Beata Madre Teresa di Calcutta diceva alle sue consorelle: non siete operatrici sociali, ma siete testimoni della carità stessa di Gesù.

D. – La Quaresima è tempo di conversione personale,ma quando possiamo dirci veramente convertiti?

R. - Tutti noi abbiamo bisogno continuamente della conversione. Ne hanno bisogno coloro che hanno peccato; hanno bisogno della conversione anche coloro che non hanno grandi peccati – grazie a Dio – ma non devono esserne orgogliosi, perché anche loro devono sempre convertirsi di più, avendo più attenzione per Dio, dando sempre più spazio a Dio nella vita, nei loro desideri e nei loro progetti, per avere più spazio per il prossimo e, quindi, per avere più carità.

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