3 marzo 2008

Le indicazioni del Comitato nazionale di bioetica italiano: "Il neonato va sempre soccorso" (Osservatore)


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Le indicazioni del Comitato nazionale di bioetica italiano

Il neonato va sempre soccorso

di Assuntina Morresi

Tutti hanno diritto a essere soccorsi quando sono in pericolo di vita: grandi, piccoli e piccolissimi. E i neonati fortemente prematuri non fanno eccezione: al momento della nascita vanno sottoposti a cure intensive indipendentemente dall'età gestazionale, e secondo il parere del medico, che deciderà in scienza e coscienza, caso per caso. Questo il principio intorno al quale ruota il documento approvato a larga maggioranza dal Comitato nazionale di bioetica (Cnb) italiano, nella seduta di venerdì scorso, presieduta dal vicepresidente Lorenzo d'Avack.
Nato come parere sulla "Carta di Firenze" - un documento elaborato da medici e bioeticisti in merito ai trattamenti riservati ai grandi prematuri - ha poi acquistato un respiro più ampio man mano che procedeva il lavoro di un gruppo specifico attivato a riguardo, e coordinato da Francesco D'Agostino, presidente onorario del Cnb; non si tratta di linee guida per neonatologi ma, come ci si aspetta da un comitato di bioetica, della presentazione di punti etici fondamentali di cui tenere conto quando si affronta il problema dei grandi prematuri, ossia dei bambini che nascono quando la gravidanza è appena oltre la metà del periodo previsto (intorno alle 22-25 settimane di gestazione, anziché le normali quaranta).

Il momento della nascita per questi bambini è sempre estremamente critico: i piccolissimi neonati, anche quando presentano segni di vitalità, sono ovviamente sofferenti e necessitano quindi di cure intensive immediate - essenzialmente un sostegno alla respirazione - ogni secondo di ritardo può essere decisivo per la loro sopravvivenza e futura salute.

In queste condizioni l'intervento medico è un pronto soccorso per una persona in pericolo di vita - in questo caso, un minuscolo neonato - e secondo il parere del Cnb non può essere considerato un accanimento terapeutico, che va invece sempre evitato. In altre parole: va fatta una distinzione fra un primo soccorso, subito dopo la nascita, che deve essere immediato e non selettivo per età, e le fasi successive, in cui il medico potrà valutare se le cure sono proporzionate alla situazione del singolo neonato o se invece si può profilare un accanimento terapeutico, che è sempre inaccettabile. Non vengono cioè stabilite soglie di età gestazionale a partire dalle quali si esclude a priori ogni tentativo di intervento, che invece si ritiene debba essere valutato dal medico, caso per caso.

Il documento risponde a un altro nodo essenziale: il ruolo dei genitori rispetto alle decisioni mediche per i prematuri. Senza dubbio, essi vanno informati delle procedure mediche seguite e pienamente coinvolti nel percorso terapeutico. Il loro consenso però dovrà essere vincolante solamente quando si propongano interventi o terapie di tipo sperimentale: in tutti gli altri casi, se non c'è accordo - fortunatamente nella prassi questo sembra avvenire raramente - la decisione finale spetta al medico. Naturalmente tutto questo vale non solo quando i genitori volessero interrompere i trattamenti, magari per timore di una futura disabilità, ma anche quando richiedessero di continuare cure inutili o sproporzionate, per cercare di tenere in vita a ogni costo il bambino.

Insomma: non si indicano limiti a partire dai quali rifiutare a priori l'intervento medico; i prematuri hanno diritto al pronto soccorso, come qualunque altra persona in pericolo di vita; no all'accanimento terapeutico; consenso vincolante dei genitori solo nel caso di sperimentazioni. Queste le indicazioni di carattere etico su cui poggia il documento.

Conclusioni in accordo con quanto previsto dalla legge 194, che regola gli aborti in Italia, laddove, nel caso di aborti tardivi, quando la madre è in pericolo di vita - non di salute - e il feto ha possibilità di vita autonoma al di fuori del ventre materno, si cerca di salvaguardare la vita di entrambi. Concretamente questo significa per i medici indurre un parto pretermine anziché effettuare un aborto, prevedendo quindi la presenza di un neonatologo e dell'occorrente per il primo intervento: il neonato con segni di vitalità va sempre soccorso, indipendentemente dalle modalità con cui è venuto alla luce.
Eventuali previsioni di disabilità o considerazioni sulla futura qualità della vita non possono giustificare la desistenza dalle cure al neonato, a eccezione naturalmente di quelle patologie incompatibili con la vita, per le quali è doveroso evitare inutili terapie.
Un parere importante, questo espresso dal Cnb, che si inserisce in un accesissimo dibattito nazionale, e va ad affiancare dichiarazioni e documenti elaborati negli ultimi anni da specialisti del settore, il più recente dei quali, indicato da alcuni come "Carta di Roma", è stato firmato dai direttori delle cliniche di ostetricia e ginecologia di tutte e quattro le facoltà di medicina delle università romane.

(©L'Osservatore Romano - 3-4 marzo 2008)

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