3 marzo 2008

Marcovaldo, il Papa e la lectio magistralis (L'Unità). Quando la lingua batte dove il dente duole :-)


Vedi anche:

IL PAPA E L'OSCURANTISMO INTOLLERANTE DEI LAICISTI UNIVERSITARI: LO SPECIALE DEL BLOG

Il Papa agli USA: "Siate leader di solidarietà"

IL PAPA ANALIZZERA' CON I SUOI EX ALLIEVI LA FIGURA DI LUTERO: RIVOLUZIONARO O RIFORMATORE?

I salesiani appartengono alla folta schiera di quei discepoli che Cristo ha consacrato a sé per mezzo del suo Spirito con uno speciale atto d'amore

Il Papa: "Nell’evangelizzazione e nella sfida dell’educazione rendete attuale il carisma di Don Bosco, consacrandovi senza riserve a Dio e ai giovani"

IN FUTURO FORSE IL PAPA A SAN GIOVANNI ROTONDO

Ai microfoni della Radio Vaticana, la testimonianza dell’arcivescovo di Kirkuk che ringrazia il Papa per la sua vicinanza al popolo iracheno

La VI Giornata europea degli universitari: incontro con il Papa

Padre Pio, tomba riaperta dopo 40 anni. Il vescovo: alcune parti ancora intatte (Accattoli e Tornielli)

"Chiesa reale e Chiesa di carta": Michele Serra risponde a Dino Boffo...

Il ginecologo Bovicelli: «Sulla Ru486 i medici dicano tutta la verità» (Avvenire)

Una nuova immagine del femminismo e delle femministe (Lucetta Scaraffia per l'Osservatore Romano)

LA TERZA ENCICLICA DI PAPA BENEDETTO: SERVIZIO DI SKYTG24

Preghiera per gli Ebrei: "Se questo Papa fa il Papa..." di Maria Giovanna Maglie

Il cuore di Benedetto XVI è vicino a chi soffre: il commento di Radio Vaticana all'Angelus

Al cieco guarito Gesù rivela che è venuto nel mondo per separare i ciechi guaribili da quelli che non si lasciano guarire, perchè presumono di essere sani... (Angelus, 2 marzo 2008)

«Occidente, dalle università rinasca la civiltà dell’amore». Il Papa incontra gli universitari...

Il cristianesimo costituisce un legame forte e profondo tra il cosiddetto vecchio continente e quello che è stato chiamato il "nuovo mondo"

Religione e laicità in Francia (Philippe Capelle per l'Osservatore Romano)

Il Papa ai giovani universitari: "Rinnovate con il vangelo la civilta’ occidentale"

La Chiesa non ha il diritto di cambiare ciò che Cristo stesso ha istituito (Osservatore Romano)

Su segnalazione di Eufemia leggiamo questo articolo del giornale del partito democratico che dimostra in modo inequivocabile che la lingua batte sempre dove il dente vuole :-)
I latino direbbero: "Excusatio non petita..."

R.

Marcovaldo, il papa e la lectio magistralis

Luigi Cancrini

Lorenzo d’Orsi - Lulù Cancrini

Una mattina come tante Marcovaldo si trovava nella sua università. Era un’università prestigiosa che aveva ospitato grandi scienziati, grandi filosofi e grandi poeti. Era l’università di Federico Chabod e di Ungaretti. Quella mattina Marcovaldo venne a sapere che si stava organizzando una protesta contro il papa. "Il papa?", si chiese turbato, "Cosa mai aveva fatto il papa?" Gli dissero che si doveva armare di fischietto e quando quello passava doveva fischiare più forte che poteva. Marcovaldo si domandava il perchè di tutto quel baccano e iniziò a ricercare i motivi. Alla fine capì che il problema non poteva che essere l’occasione. Scopri così che il papa era stato invitato ad inaugurare l’anno accademico. "Cosa significava?"
Significava che era stato invitato niente popo’ di meno che dal magnifico rettore in persona a tenere una che aveva come studenti i professori che si trovavano nelle più alte cariche della gerarchia universitaria. Questa lezione tanto particolare aveva un nome altrettanto particolare: si chiamava lectio magistralis. "Con che titoli il papa veniva a sostenere una prestigiosa lezione universitaria?" I giorni passarono e le tv gozzovigliarono all’idea che al papa era stato impedito di parlare. Marcovaldo si sentiva davvero stupido. Era come se non riuscisse a fare lo stesso ragionamento di tv e telegiornali. Proprio non ci arrivava, sentiva sempre che se si metteva a ragionare e ad analizzare causa ed effetto gli veniva un risultato diverso. In fondo il papa era l’unica persona che avesse il diritto di parlare e dire la sua sui telegiornali nazionali tutti i giorni, alle più svariate ore. Per non parlare poi della messa la domenica mattina! Nessun professore, armato di mera conoscenza scientifica non rivelata, aveva lo stesso diritto. Eppure tutti gridavano alla censura. Censura che non c’era stata. Era stato Ratzinger stesso a decidere di non parlare. Studenti e professori volevano soltanto manifestare il loro disappunto al suo discorso; non vietargli di parlare, ma solo mettere in discussione. Quella sera Marcovaldo era stanco e triste. Si sentiva impotente. Decise, commettendo un grave errore, di accendere la tv. Lì, sul primo canale, c’era un insetto molto fastidioso, simile ad una vespa. Sosteneva che la Sapienza non era aperta al dialogo.

Cara Lulù, caro Lorenzo, ho dovuto abbreviare la vostra lettera, e me ne dispiace, per ragioni di spazio. Pubblicarla mi è sembrato importante, però, perché introduce l’aria fresca della perplessità di Marcovaldo nel pieno di una campagna elettorale in cui così spesso di questo argomento si discute, del diritto del Papa a parlare e di uno Stato a sentirsi e ad essere laico. Riportando a dimensioni realistiche e ragionevoli un episodio di cui sicuramente si è parlato troppo: superando ampiamente i limiti dell’assurdo con una serie di discorsi, inutilmente passionali, sul Papa cui qualcuno avrebbe impedito di "parlare".
La linea forte della riflessione di Marcovaldo, che io condivido appieno, è quella, infatti, della collocazione esatta del fatto. Come più volte affermato da Cini e dagli altri professori che scrissero la famosa lettera, il problema non era quello della visita di Papa Ratzinger né quello della sua libertà di esprimere il suo pensiero nel corso della sua visita. Il problema era quello, reale, dell’idea voluta da qualcuno di riconoscergli un ruolo che non è il suo: quello di professore cui si riconosce, nell’Università che è o dovrebbe essere il tempio della scienza e della ricerca, una competenza non religiosa ma scientifica. Di primus inter pares a livello dei professori e dei ricercatori all’interno di una contingenza storica in cui più e più volte egli (Egli?) ha detto di ritenere che la scienza deve fermarsi al limite di una fede (Fede?) nel nome della quale lui (Lui?) solo è autorizzato a parlare. Nel nome di Dio e della Verità. Riconoscendo coi fatti nel momento in cui non gli si chiedeva una benedizione o un saluto ma una lectio magistralis che questa sua tesi era condivisa dai docenti dell’Ateneo, che la scienza deve essere pronta a chinare la testa nel momento in cui a parlare è la Chiesa. A Roma. Dove la Chiesa, come voi ben sapete, ha parlato da sempre un po’ troppo. Correva l’anno 1600 e narrano le cronache di come fu accompagnato a Roma, dalle segrete di Castel Sant’Angelo fino a Campo dei Fiori un grande scienziato e filosofo del tempo, Giordano Bruno. Uomo colto e versatile, autore di libri su cui ancora oggi studenti e professori faticano alla ricerca della verità, docente per anni e anni, all’interno di un faticoso e durissimo pellegrinaggio da perseguitato, in tutte le più importanti Università d’Europa, quest’uomo era considerato eretico dalla Chiesa del tempo ed era stato confrontato, nei giorni precedenti alla sua condanna, con il Cardinale Roberto Bellarmino. Allora come adesso, il Cardinale parlava (credeva, diceva di parlare) nel nome della Verità e della Fede, forte dell’appoggio del Papa. In modo diverso da adesso, la Chiesa poteva condannare al silenzio e alla morte gli scienziati che non si piegavano, pur avendo ragione, alla sua autorità. Bruciando i suoi libri e torturando con una morsa di ferro, la mordacchia, la sua lingua blasfema: per impedirgli anche di proferire parole ("infettando con le sue parole chi l’avesse incontrato") nel breve tragitto che avrebbe dovuto percorrere incontrando altri prima di arrivare al rogo già preparato per lui. E uccidendolo, alla fine, con la potenza di un fuoco purificatore tra le urla della folla e i canti dei religiosi. Definitivamente affermando, con la forza dei fatti, la superiorità della Fede sulla scienza di chi in modo laico riflette e fa ricerca. Episodio terribile, la morte di Giordano Bruno accrebbe la fama e l’importanza del suo accusatore. Un Papa di cui non so più il nome lo innalzò addirittura alla gloria degli altari e lo insignì del titolo di dottore della Chiesa. Senza pudore alcuno dedicando al suo nome, meno di un secolo fa, una Chiesa che dista poco più di un chilometro dall’Università in cui il Papa non ha tenuto, per fortuna di tutti, la sua lectio magistralis. Rendendosi responsabile, la Chiesa nel cui nome anche quell’altro Papa parlava di un orrore di cui i Papi successivi e quello di oggi nulla hanno saputo o voluto dire. Un orrore che potrebbe essere perdonato a questo Papa e alla Chiesa nel cui nome egli parla solo nel giorno in cui, al termine di una ricerca rigorosamente laica, decidesse di dedicare a Giordano Bruno e al suo amore per la verità la Chiesa dedicata oggi all’uomo, crudele e non molto dotato dal punto di vista culturale, che seppe zittirlo solo con la mordacchia e che arrivò a farlo bruciare vivo nella piazza più bella di questa nostra splendida città.

© Copyright L'Unità, 3 marzo 2008 consultabile online anche qui

Mamma mia...che paura!
Le chiacchiere, cari miei dell'unita', organo del PD, stanno a zero: NULLA puo' giustificare il fatto che al Papa sia stato impedito di parlare alla Sapienza.
E' perfettamente inutile tirare in ballo Giordano Bruno perche' Benedetto XVI non e' responsabile di quanto avvenuto secoli fa. O forse dovremo dare la colpa al mediatico Veltroni dell'incendio di Roma ordinato da Nerone?
Parlare di Giordano Bruno e' controproducente perche' vorrei ricordare che fu proprio l'allora cardinale Ratzinger a rendere pubblici gli atti di quel processo.
Sembra che nessuno abbia responsabilita' perche', in fondo, e' stato Benedetto XVI a decidere di non andare alla Sapienza.
Certo che e' stato lui! Non siamo ancora arrivati al punto in cui e' lo Stato ad ordinare al Papa che cosa fare o chi incontrare...ma, cara unita', non diciamo nulla delle telefonate del ministro dell'interno Amato (membro del PD anche se pare non si ricandidi) ai cardinali Bertone e Bagnasco?
Cara unita', le chiacchiere non servono: il Papa e' andato alla Sapienza? No! Lo stato italiano e' stato in grado di garantire non la sicurezza del Pontefice ma quella dei contestatori? No!
Questo e' il punto!
Cercare di scaricare su Benedetto XVI ogni responsabilita', magari richiamando fatti accaduti secoli fa, e' indice di estrema insicurezza e mancanza di argomenti...
Questi sono i fatti! Le parole non interessano...

R.

4 commenti:

mariateresa ha detto...

Hai ragione cara amica, la lingua batte dove il dente duole. La figura fatta è stata meschina e tristina quindi è inutile infilare adesso nelle pagine dei giornali delle pezze dal tono innocentino.
Non si vuole lasciare l'impressione di un comportamento di sovietica memoria e quindi si racconta la favola di Marcovaldo.
Ma la figura fatta rimane e puzza parecchio, come l'abominio di un documento che ha raccolto delle firme per confutare delle tesi che non sono del cardinale Ratzinger.
Intellettuali da Wikipedia. Pfui.

gemma ha detto...

c'è comunque un errore di fondo in tutta questa filippica: il Papa non doveva tenere nessuna lectio magistralis ma solo fare un semplice intervento a fine inaugurazione e benedire la cappella universitaria. Cosa intendevano il prof Cini e co abbiamo avuto modo di capirlo meglio dell'autore dell'articolo, avendo purtroppo dovuto leggere un'ampia rassegna stampa al riguardo. D'altronde, se la raccolta firme è continuata anche dopo la rinuncia del Papa, mi pare che inaugurazione dell'anno accademico e lectio magistralis centrassero ben poco. Il bersaglio era Joseph Ratzinger e punto, lo ammettano e la smettano di girarci intorno, riesumando Galileo e Giordano Bruno
Veramente convinti che gli altri Papi recenti, in fatto di rapporto fra Dio e scienza, non avessero le stesse idee di fondo? Illusi...

Anonimo ha detto...

Al saputello articolista asservito alla testata dell’Unità, senza scomodare i vari galileo giordano voltaire pascal o quant’altri di noti, mi limito solo di ribattere questo: l’unico ”errore” commesso da quell’insetto fastidioso somigliante ad una vespa e che tanto ha scandalizzato il girovago fannullone Marcovaldo e i soliti benpensanti neoilluministi persuasori occulti delle lobby di potere massmediatico, non sia stato di denunciare l’aggressione ideologica subita tacitamente dal Santo Padre da parte dell’Università la Sapienza, bensì piuttosto di non aver precisato - il giornalista Vespa - l’intollerante prepotenza di quei pochi docenti sessantottini di vecchio stampo ateo-marxista, auto nominatisi detentori della sana ragione e della retta scienza, d’impedire al romano Pontefice – sì, mi riferisco all’erudito signor molosso, il professore Joseph Ratzinger - di parlare liberamente, quindi, di vietargli l’ingresso nell’università magari obbligandolo, e stavolta da parte del governo italiano, a farlo passare per malato d’influenza.

Alessandro… u.s.v.c.B.

Anonimo ha detto...

L'Unità fa relativamente poco danno, considerato il numero totale del lettori, e considerato che tali lettori non devono essere "convinti" di alcunchè dagli articolisti di quel giornale. Infatti, i "fedeli" de "l'Unità" sono persone comunque con una rigida formazione politica ed una "irriducibile" impostazione culturale. Al contrario della platea di lettori di "Repubblica" e del "Corriere", aventi tutto sommato almeno una certa apertura culturale, se non politica. Quindi, diamo a questa "perla" l'importanza che merita, pari a zero. Ciao Carla