10 marzo 2008

Una pura ragione: "Nella Spe salvi Benedetto XVI rilegge il passato che ha reso orfana la modernità"


Vedi anche:

L'ENCICLICA "SPE SALVI": LO SPECIALE DEL BLOG

"L’uomo è sempre uomo con tutta la sua dignità, anche se in stato di coma, anche se allo stadio di embrione..." (Omelia "a braccio" presso la chiesa di San Lorenzo in Piscibus, 9 marzo 2008)

Spiragli di dialogo tra cattolici e musulmani (Mirko Testa per "L'Occidentale")

Preghiera per gli Ebrei nella Messa tridentina, Gianluca Arca: "Benedetto XVI ha compiuto un'operazione in piena sintonia con la tradizione..."

"Il Papa: l'uomo resta uomo anche se è embrione o in coma" (Pinna e Lorenzoni)

Profili di donne nel variegato panorama della mistica medievale: La sposa del Signore non sia sciocca. Parola di san Bernardo (Osservatore Romano)

Mons. Ravasi commenta il discorso del Papa al Pontificio Consiglio della Cultura: «Così il Vangelo è lievito nella massa»

Il Papa: difendere l'embrione e il malato in stato di coma Senza temere la morte: «La vita non è nelle nostre mani»

Card. Bertone: «Presto l'incontro del Papa con Alessio II». «Reciprocità con gli Ebrei nelle preghiere» (Eco di Bergamo)

Il Papa difende la vita: «L’uomo rimane uomo dall’embrione al coma» (Tornielli per "Il Giornale")

Fede e ragione: il filosofo Jean-Luc Marion ed il teologo Angelo Bertuletti a confronto (Eco di Bergamo)

Eugenetica e aborto, quale legame? Intervento di Leonardo M. Macrobio (Zenit)

Visita del cardinale Bertone in Armenia e Azerbaigian: discorsi ed omelie

Il Papa, il discorso su fede e ragione e la "sporcizia nella Chiesa" (Giansoldati)

Bressanone: Vonmetz: "Il Papa? Persona acuta e ironica". Bertoldi: "Ama stare in biblioteca"

“I Santi di Benedetto XVI”. Selezione di testi di Papa Benedetto XVI a cura di Lucio Coco

"Lite" su Lutero tra Chiesa e Financial Times. I commenti dei prof. Severino e Reale (Corriere)

Discorso del Papa sul secolarismo, fede e ragione: "Importante tessera nel mosaico di interpretazione del nostro tempo (Botturi per "Avvenire")

Bartolomeo sulla via di Benedetto (Enzo Bianchi per "La Stampa")

Il cardinale Bertone parla del rapporto con gli Ortodossi, della preghiera per gli Ebrei e dell'enciclica sociale del Papa...

La fede suppone la ragione e la perfeziona, e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio...(Discorso al Pontificio Consiglio della Cultura)

Una pura ragione

Nella Spe salvi Benedetto XVI rilegge il passato che ha reso orfana la modernità. Il trattato sulla fine del mondo di Kant e i germi dell'opzione atea dell'illuminismo

di Giuseppe Feyles

Ha destato una certa curiosità il fatto che nella Spe salvi Ratzinger citi un trattatello poco noto di Immanuel Kant intitolato La fine di tutte le cose, pubblicato nel 1794, pochi mesi dopo il più famoso La religione nei limiti della semplice ragione, nel quale Kant definisce il suo pensiero in materia di religione. Già è singolare che sia un Papa a farci riscoprire il testo di un campione dell’Illuminismo. Quando poi se ne approfondisca il contenuto le sorprese aumentano. Innanzitutto la partenza: se l’idea della fine del mondo, che Kant definisce «terrificante e sublime», un «abisso», è presente presso tutti i popoli e le epoche, deve essere in qualche modo connessa con la ragione. E del resto se la creazione non raggiungesse il suo fine sarebbe come «come un dramma teatrale senza epilogo», un assurdo irrazionale. Ecco allora Kant affrontare i temi classici del rapporto tempo-eternità. Ma eccolo anche confrontarsi con le fiammeggianti immagini dell’Apocalisse di San Giovanni.

Così la fine del tempo è come un libro (un rotolo) che si riavvolge (immagine efficace anche per noi oggi: come se il nastro o la pellicola che racconta la nostra storia, giunto al suo ultimo fotogramma, improvvisamente si riavvolgesse velocemente fino all’origine). Il Giudizio universale è il momento estremo in cui viene fissato per sempre (eternità) il giudizio sugli atti compiuti in vita (eternità come inappellabilità? O forse come giustizia davvero finale?). Ancora, i segni che annunciano la fine del mondo, riletti da Kant con intelligenza storica, non sono solo quelli naturali, come terremoti o cataclismi, ma anche quelli sociali come ingiustizia, guerre, oppressione, tracotanza dei ricchi (e non è forse vero che è a questo livello che oggi l’uomo moderno percepisce la possibilità della catastrofe?). Ed infine, il riferimento all’Anticristo, visto come possibilità reale della storia del mondo, laddove il potere usurpi la vera religione, sottomettendo i popoli con l’inganno ed instaurando il suo «pur breve regno… fondato sulla paura e l’egoismo».
La fine del mondo per Kant può essere intesa in tre modi. In un primo senso, positivo, coincide con “il fine” del mondo. Qui le valutazioni kantiane sono conseguenti alla sua impostazione razionalistica: il fine per lui non è null’altro che il perfezionamento morale dell’uomo (è il solito Kant). In secondo luogo è la possibilità terribile – si potrebbe dire – che il fine sia la fine, “the end”, e null’altro: vale a dire l’annientamento assurdo e umanamente insopportabile di tutto nell’oblio, nel buio, nel nulla. Ma c’è un terzo senso in cui tutto può finire, che Kant chiama contro natura, e che coincide con il momento in cui l’Anticristo si sostituisce alla vera fede. È questo inaspettato riferimento che il Papa ha sottolineato nella sua enciclica. Ciò ha colpito alcuni commentatori.

È indubbio che Benedetto XVI abbia un senso vivissimo della possibile tragedia che incombe non solo sulla storia del mondo, ma anche su quella della Chiesa. Ratzinger ha ammonito contro la «sporcizia nella Chiesa» e in un discorso del 1970 ne ha parlato come «una associazione vuota e stagnante», che «sembra essere non il segno che richiama alla fede, ma il principale impedimento ad accettarla».

E non è un caso che quella conferenza si intitoli “Perché sono ancora nella Chiesa”, come se ormai la naturalità del mondo, la condizione di default, fosse di esserne fuori, se non contro.

Non è però una sensibilità millenaristica che spinge il Papa a rileggere Kant. C’è nel pontefice la coscienza del pericolo imminente, ma anche la volontà di capire come il passato abbia portato al presente. È qui che diventa interessante il confronto con l’età dei lumi. Innanzitutto, Kant incarna l’illusoria fiducia razionalistica nel progresso, nella scienza, nella politica (l’entusiasmo per la rivoluzione francese). Ma, nota acutamente il Papa, tra le righe de La fine di tutte le cose traspare anche una possibilità negativa, come se nel seno stesso dell’ottimismo razionalistico, fin dal suo inizio, si aprisse una crepa. In secondo luogo Kant è il crocevia del pensiero moderno che ha definitivamente separato ragione e fede e ridotto conseguentemente la religione a morale («la religione – afferma Kant – è la conoscenza di tutti i nostri doveri come comandi divini»).
Anche La fine di tutte le cose pur affermando il cristianesimo unica religione universale, pur contenendo quasi una ammirazione per la potenza evocativa della Apocalisse, pur evidenziando quella che Massimo Roncoroni definisce una «intenzionalità religiosa» della ragione, non esce dal pregiudizio illuminista. Il punto focale è allora proprio nel concetto di ragione. Una ragione «tutto misurante e da nulla misurata». Ma la pretesa di autosufficienza dalla stessa realtà riduce le potenzialità della ragione. Non per nulla nell’indagine di Kant non c’è spazio per la domanda circa la storicità dell’avvenimento di Cristo. Il fatto non interessa. È per definizione fuori dei limiti della ragione.

Un mondo cristiano ma per poco

Perciò per Kant il primo nemico della vera religione (quella razionale) è il miracolo. E la corruzione della fede sta nella preghiera (si veda La religione nei limiti della semplice ragione). Leggendo questi testi di Kant si resta colpiti dalla predisposizione favorevole, positiva, verso il cristianesimo, considerato ancora unica vera religione, destinato a trionfare nel mondo.

Siamo ancora in un mondo cristiano, che però contiene in sé i germi della sua dissoluzione. Nel secolo scorso sembrava che la questione cruciale fosse il rapporto del cristianesimo col marxismo; oggi per il Pontefice è il rapporto fede-ragione. Dunque urge rileggere Kant.

Già Augusto Del Noce osservava che «l’ateismo è il termine conclusivo a cui deve necessariamente pervenire il razionalismo al punto estremo della sua coerenza» e che, però, all’origine c’è una opzione. «L’ateismo si afferma come postulatorio, rifiutando l’aspetto per cui il pensiero kantiano può essere presentato come un itinerario verso Dio». Separate fede e ragione, per l’uomo moderno è un attimo scegliere per la abolizione della fede. Tanta ammirazione per il cristianesimo, pur ancora presente in Kant, può non servire a nulla. Tanta devozione pietistica degli avversari suoi e dell’Illuminismo meno che meno.
È la ragione che guida l’uomo. Tutto il resto, sentimenti, istinto, volontà, auspici, desideri, è debole. L’Anticristo potrebbe approfittarne.

© Copyright Tempi, 22 Febbraio 2008

Nessun commento: