12 aprile 2008

Chiusa la campagna elettorale. L'Italia al voto (Osservatore Romano)


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Seggi aperti domenica 13 e lunedì 14

Chiusa la campagna elettorale L'Italia al voto

di Marco Bellizi

Si è conclusa ieri a mezzanotte la campagna elettorale in Italia per le elezioni politiche e amministrative che si terranno domenica 13 e lunedì 14. Si è trattato, secondo un'opinione largamente condivisa, di una competizione diversa da quelle che hanno caratterizzato la vigilia delle ultime consultazioni elettorali.
La novità principale è un'effettiva semplificazione del quadro politico, con la decisione del Partito democratico (Pd) di presentarsi da solo - apparentato all'Italia dei valori (guidata da Antonio Di Pietro) ma senza i tradizionali alleati della sinistra radicale e ambientalista e senza i partiti minori del centro - e la scelta simmetrica, nel centrodestra, di dare vita al Popolo della libertà (Pdl), frutto dell'unione di Alleanza Nazionale e di Forza Italia. Quest'ultima formazione si presenta alle urne rinunciando all'alleanza con l'Unione di Centro (Udc) ma confermando quella con la Lega Nord e, in Sicilia, correndo a fianco del Movimento per l'autonomia (Mpa).
Pd e Pdl sono stati quindi i principali partiti antagonisti, guidati dai rispettivi candidati premier Walter Veltroni e Silvio Berlusconi. Sinistra arcobaleno, Udc, la Destra corrono autonomamente, con i loro propri candidati per la poltrona di Palazzo Chigi, rispettivamente Fausto Bertinotti, Pierferdinando Casini e Daniela Santanchè.
La campagna elettorale è stata inevitabilmente caratterizzata dalle conseguenze di queste scelte strategiche: il confronto politico si è sostanzialmente polarizzato attorno a Pd e Pdl, che hanno chiesto a più riprese di non disperdere il voto a favore di partiti che non hanno, secondo il loro parere, alcuna possibilità di governare il Paese. Ulteriore conseguenza della polarizzazione è stata la stesura di programmi sostanzialmente incentrati su obiettivi concreti piuttosto che sui valori o sulle questioni di principio. Aspetti, questi, privilegiati invece nelle campagne elettorali di partiti come Udc e Sa e delle cosiddette "liste di scopo" come quella di Giuliano Ferrara, "Aborto, no grazie". A occupare più tempo nei discorsi dei due principali candidati sono stati invece il tema dell'eccessiva imposizione fiscale, nel caso del leader del Pdl, e del lavoro precario e dei bassi salari nel caso del Pd. Ma entrambi i temi sono presenti comunque nei programmi illustrati da Veltroni e da Berlusconi.
Del resto, nei comizi dei due principali contendenti, e anche nelle parole degli altri candidati, è apparso chiaro lo scenario che attende il Paese nei prossimi cinque anni. Gli indicatori economici non sono per nulla positivi. Gli organismi internazionali, economici e finanziari - ultimo in ordine di tempo il Fondo monetario - indicano per il prossimo futuro una crescita in Italia che sfiora lo zero. Sebbene sia ben presente la necessità di una redistribuzione della ricchezza a favore degli strati più deboli della popolazione, i principali candidati alla guida dell'esecutivo hanno lasciato trasparire la preoccupazione per un'azione di governo che dovrà essere necessariamente austera. Per questo da più parti si è intravista la possibilità di una collaborazione fattiva fra i principali avversari politici, sia pure nel rispetto dei ruoli di maggioranza e opposizione. Se non nell'azione di governo, a ogni modo, quella che viene considerata vitale è la cooperazione per le riforme istituzionali. Su questo punto tutti i candidati sembrano essere d'accordo, almeno in linea di principio, nonostante i toni aspri dell'ultimo scorcio di campagna elettorale possano far pensare diversamente.
La prima parte del confronto politico, all'indomani della caduta del Governo Prodi, si è svolta invece con toni inusualmente pacati. Gli accenti più polemici, che hanno coinvolto loro malgrado anche alte autorità istituzionali, e i toni propri di una campagna più ideologica hanno fatto tuttavia la loro comparsa negli ultimi giorni. Secondo alcuni osservatori, la personalizzazione della campagna elettorale si è resa necessaria per far guadagnare ai principali candidati le simpatie del gran numero di indecisi che, secondo i sondaggi, ancora permangono fra gli elettori.
La legge elettorale in vigore in Italia, infatti, attraverso il complesso sistema del premio di maggioranza, che è su base regionale per quanto riguarda il Senato, non consente di fare previsioni sufficientemente affidabili sull'attribuzione dei seggi. Anche perché molto dipenderà dal risultato che avranno i partiti minori, se questi riusciranno a superare in particolare la soglia di sbarramento dell'8% a Palazzo Madama, risultato senza il quale non si possono ottenere seggi. La conseguenza è che in queste ore sono in molti a provare a disegnare gli sviluppi possibili in presenza di scenari diversi. Un margine non sufficiente in Senato per la maggioranza che uscirà dalle urne potrebbe infatti spingere a una coalizione estesa, ipotesi negata durante la campagna elettorale sia da Veltroni sia da Berlusconi.
Gli altri scenari ipotizzabili sono quelli legati alla possibile nascita di un Governo di nuovo debole, con la minaccia di una crisi sempre incombente, e quello di un Governo delle riforme, che ponga mano alle modifiche necessarie alla legge elettorale, ed eventualmente alla Costituzione, prima di un nuovo scioglimento delle camere. Rimane l'ultima ipotesi: che dalle urne cioè esca una maggioranza con un margine tale sia alla Camera che al Senato da poter consentire l'espressione di un esecutivo sufficientemente forte. Su questo punto tuttavia, come si è visto, rimangono forti incertezze. Per Veltroni un solo voto in più, anche in Senato, è sufficiente a consentire a chi vince di dare vita a un Governo. Berlusconi, alleato con Lega nord e Mpa, ha invece ribadito più volte che per poter governare efficacemente servono almeno una ventina di senatori in più, anche perché i senatori a vita vengono considerati ascrivibili all'area di centrosinistra.

(©L'Osservatore Romano - 13 aprile 2008)

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