22 aprile 2008

Fidel Castro ringrazia il Papa (Giansoldati)


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Su segnalazione della nostra Carla leggiamo:

Dopo il viaggio in Usa, plauso cubano per l’azione contro l’embargo

Fidel Castro ringrazia il Papa

di FRANCA GIANSOLDATI

BENEDETTO XVI non solo ha fatto breccia nel cuore degli americani ma, al ritorno da sei giorni negli States, ha incassato pure l’elogio di Fidel Castro, nemico numero uno del presidente Bush.

Che il Lider Maximo avesse un debole per il pontefice tedesco era risaputo: esattamente tre anni fa, fece arrivare al neo eletto, un messaggio in cui diceva che un Papa dalla faccia d’angelo come la sua avrebbe sicuramente fatto del bene.

Stavolta con un articolo un po’ irrituale, Castro ha accompagnato il rientro in Vaticano del Successore di Pietro con un articolo pubblicato in grande evidenza sulla stampa cubana. «I bei canti nei templi sono cessati, adesso si ricomincerà ad ascoltare l’incessante e odioso clamore delle armi». Secondo Castro, il messaggio papale, da «leader di una Chiesa coinvolta nella guerra dell’Amministrazione Bush contro il mondo islamico», è stato «ecumenico e favorevole alla pace». Poi aggiunge. «Non è facile» tenere testa agli Usa «ricchi e sviluppati», poiché «hanno imposto una guerra sanguinosa contro la cultura e la religione di oltre un miliardo di persone, in nome della lotta al terrorismo. Una guerra nella quale impera la tortura, il saccheggio e la conquista con la forza degli idrocarburi e delle materie prime. Il messaggio del Papa è l’antitesi di tutto ciò».
A fare da sfondo al plauso cubano c’è l’azione diplomatica esercitata dietro le quinte dal segretario di Stato Bertone contro l’embargo. Secondo quanto filtra, infatti, il principale collaboratore del Papa, ne avrebbe parlato con Condoleezza Rice, durante un colloquio avvenuto alla Casa Bianca. Il portavoce della Casa Bianca, un paio di settimane fa, dava per scontato che il dossier Cuba potesse fare capolino e spiegava che l’America fa leva sull’embargo per favorire il processo democratico dell’isola, il rispetto dei diritti umani, libere elezioni e il rilascio dei prigionieri politici. Solo due mesi fa Bertone, durante un viaggio pastorale all’Avana per conto di Benedetto XVI, quasi una visita di Stato, si era scagliato contro l’embargo definendolo «eticamente inaccettabile, nonché una violazione dell’indipendenza di Cuba». Bertone fu ricevuto con tutti gli onori. Fu il primo rappresentante straniero ad essere ricevuto dal nuovo governo castrista dopo il passaggio del testimone da Fidel al fratello Raoul. Un segnale di grande attenzione per il Vaticano. La cosa non era andata giù alla comunità degli esuli cubani della Florida. In 30 mila, secondo il Miami Herald, in vista dell’arrivo del Papa a Washington, hanno scritto alla Casa Bianca per mettere in guardia Bush dell’eccessiva vicinanza di posizioni tra Bertone e Castro. Gli Usa sanno bene che la Chiesa, istituzione radicata sull’isola, dove è presente con opere assistenziali, educative e sanitarie, è destinata a giocare in futuro un ruolo di primissimo piano.
Intanto il Papa, accantonato il capitolo cubano, ha fatto ritorno a casa dove da oggi riprende la normale tabella di marcia. I giorni spesi tra Washington e New York, a sentire alcuni osservatori, lo hanno un po’ trasformato, facendolo apparire meno distaccato e timido. L’entusiasmo della gente, la spontaneità dei giovani, il clima caloroso e non ingessato che via via ha incontrato tanto nelle cerimonie religiose che negli incontri pubblici, sono riusciti a fare breccia. E così la timidezza si è sciolta. Il New York Post in un editoriale ha sintetizzato: «Il pellegrinaggio è stato un trionfo dall’inizio alla fine, ha catturato i cuori americani». Ora tocca agli Usa riflettere sull’eredità del viaggio.

© Copyright Il Messaggero, 22 aprile 2008 consultabile online anche qui.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il giornalista ha censurato una parte dell'articolo di Fidel Castro a suo modo esilarante.

"Il capo dell'impero (ovvero Bush) non oserebbe esigere dallo stato Vaticano una nuova Costituzione ed elezioni libere come a Cuba".

Effettivamente le credenziali democratiche dello Stato della Città del Vaticano non sono migliori di quelle del regime comunista cubano.

E Fidel non è l'unico a perseguitare i dissidenti e gli intellettuali non "organici".

Raffaella ha detto...

Bella barzelletta :-)
Paragonare il Vaticano ad una dittatura militare comunista e' veramente "forte".

Anonimo ha detto...

Forse perchè non avrebbe senso chidere elezioni libere in Vaticano ( per eleggere chi? non c'è un vero governo politico, il territorio è talmente piccolo!).
Comunque se anche un grande comunista come Fidel ha riconosciuto la grandezza di B16, perchè non lo fanno anche i comunisti italiani che nel 68 inneggavano prorio a Castro? Mah...