17 settembre 2008

Il Papa in Francia: consenso largo e inatteso (nota Sir)


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PAPA IN FRANCIA: NOTA SETTIMANALE

Pubblichiamo la nota SIR di questa settimana

È stato un successo il Papa a Parigi e ovviamente a Lourdes. Abbiamo percepito un consenso largo e inaspettato, forse.
Ma fa il paio con quello raccolto qualche mese fa negli Stati Uniti, e anche allora a tutti i livelli, dal presidente della Repubblica, agli intellettuali, alla gente.
Dunque, non sembra un caso.
È piuttosto un segno.
Tre indizi (il primo era stato il discorso di Ratisbona, una volta depurato dal corto-circuito mediatico) fanno una prova.
L’Occidente insomma, nelle sue maggiori tradizioni culturali e, diremmo, di etica pubblica, sembra fare i conti in modo positivo e determinato con la Chiesa cattolica.
Dialoga con il Papa di Roma e il dialogo produce una sensazione positiva di irrobustimento. Se, quasi vent’anni fa, il Papa Giovanni Paolo II aveva ammonito che “la democrazia senza valori può convertirsi in forme di totalitarismo aperto oppure subdolo, come insegna la storia”, sembra che la lezione sia stata recepita.
La fede, credere, è plausibile e conveniente.
Più conveniente della deriva nichilista, con la sua anticamera relativistica che per decenni era stata considerata come l’apice della modernità.
Il combinato dei discorsi del Papa, all’Eliseo, alle autorità politiche e, alla sala dei Bernardini, al mondo della cultura e alla classe dirigente francese, rappresenta un denso capitolo della dottrina sociale, una piattaforma di lavoro di grande rilievo, in particolare proprio per i Paesi dell’Europa occidentale continentale, quelli in cui la rivoluzione francese ha operato con maggiore intensità.
Il punto è il consenso largamente prodotto sul fatto che l’idea di laicità come una sorta di movimento di liberazione della società e delle istituzioni dalla Chiesa non serve più a nessuno, è un residuato residuale.

Benedetto XVI riparte dal Vangelo, spiega che la laicità non è in contraddizione con la fede, anzi. Il cristianesimo è una religione universale, che non diventa politica, così come la politica non è un religione.

È, dunque, il tempo di una “laicità positiva”.

Aggettivare il concetto di laicità è un dato di grandissimo rilievo. Proprio perché prende le distanze da una concezione ideologica, assoluta, quella affermatasi appunto in opposizione alla Chiesa (e spesso alla fede). È, invece, tempo di prendere coscienza, accanto alla distinzione dei piani, “della funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società”.

Nessuna rivendicazione di privilegi, anzi. Alla Chiesa e ai cattolici il Papa chiede di esser adeguati: il suo appello è esigente. Si creano così le condizioni per un dialogo aperto, che può dare frutti straordinari proprio qui, in Occidente.

Pagine nuove che riprendono il filo del monachesimo benedettino. Di qui è partito il Papa, da questo dinamismo dell’“ora et labora”, che parte dall’essenziale e attinge il definitivo, mentre fa crescere il tessuto della società.

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