21 settembre 2008

Una donna nella Sacra Rota (Galeazzi e Schiavazzi)


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La svolta «femminista» in Vaticano

Una donna nel tribunale della Chiesa

Giudice a Torino, potrebbe entrare nella Sacra Rota

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

L’altra metà del cielo conquista la Sacra giustizia. Per la prima volta una donna siederà sullo scranno di un tribunale ecclesiastico, quello regionale del Piemonte, uno dei 19 abilitati in Italia alla trattazione delle cause matrimoniali.
Ilaria Zuanazzi, 46 anni, laureata alla Pontificia università Lateranense di Roma, docente di Diritto canonico alla facoltà di Giurisprudenza di Torino e di Diritto ecclesiastico alla sede decentrata di Cuneo, è stata nominata dalla Conferenza episcopale tra i quindici giudici che decideranno sulle centocinquanta nullità di matrimonio richieste in media ogni anno nelle otto province piemontesi. «La componente femminile - osserva il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino e moderatore del tribunale ecclesiastico - potrà garantire un supplemento di sensibilità e attenzione nella valutazione delle cause matrimoniali. Un contributo rilevante che accrescerà il senso e la portata pastorale delle decisioni».
Prossima fermata la Sacra Rota. «Da Torino arriva una novità molto positiva che potrebbe aprire la strada in Vaticano alla prima donna giudice rotale - afferma monsignor Giovanni Battista De Filippi, 66 anni, ex presidente del tribunale ecclesiastico del Piemonte e attuale giudice della Rota Romana - le donne danno un apporto originale dal loro punto di vista e avremo un arricchimento di valori che un po’ alla volta si estenderanno». Insomma, un cambio di prospettiva dai notevoli effetti. «Nei tribunali ecclesiastici la decisione è presa da collegi di almeno tre giudici - sottolinea monsignor De Filippi- la sensibilità e la psicologia femminili introdurranno nella valutazione delle cause matrimoniali una serie di aspetti poco conosciuti da noi uomini». Una «rivoluzione rosa» soprattutto, aggiunge De Filippi, «sotto il profilo delle interazioni coniugali». Un’esigenza avvertita anche alla Sacra Rota, tant’è vero che «in assenza di giudici donne ricorriamo a perizie di professioniste psicologhe che meglio di noi maschi riescano a immedesimarsi nella mentalità e nelle ragioni delle mogli».
L’esperimento-pilota in Piemonte, quindi, come primo passo verso i Sacri Palazzi della giustizia pontificia. «Oggi i giudici rotali sono tutti preti e abbiamo laici solo nelle mansioni di avvocati e difensori del vincolo - prosegue De Filippi- nessun impedimento dottrinario, però, impedisce che una donna entri nella Rota Romana. Anzi, sarebbe un segno importante di maggior coinvolgimento della donna nella Chiesa, e una risposta a esigenze di maggior comprensione psicologica della figura femminile».
Dunque, la pioniera piemontese Ilaria Zuanazzi può al contempo «aiutare a smentire l’impostazione anti-femminista che si imputa ai tribunali ecclesiastici». Nessuna preclusione, adesso, ad un ulteriore balzo verso la toga della Santa Sede. Per varcare il «sancta sanctorum» papale, «basta modificare le regole attuali, che non sono intoccabili, non sono Vangelo», dice De Filippi.
La visuale femminile non sembra inutile, a giudicare dalla complessità dei rapporti tra i sessi svelata dalle richieste di nullità. Matrimoni dichiarati nulli perché la moglie non ha rispettato la promessa di smettere di fumare o il marito si è finto laureato. Oppure perché la coppia era stata sospinta sull’altare dalla promessa dei parenti di un viaggio premio. O la moglie scopre l’«amicizia particolare» del consorte (sono in forte aumento le richieste di nullità causa omosessualità di uno dei coniugi). Caso-limite quello di un gay di Padova che davanti al tribunale apostolico ha dato una personale interpretazione del Vangelo: «Gesù Cristo non specifica che io devo amare a ogni costo una donna, importante è amare qualcuno». Intanto nei tribunali ecclesiastici 3 richieste di annullamento su 4 finiscono per essere accolte. E quasi sempre per un vizio nel consenso degli sposi.

© Copyright La Stampa, 20 settembre 2008

Una donna nella Sacra Rota

VERA SCHIAVAZZI

Se è emozionata non intende mostrarlo. Eppure la sua nomina tra i quindici giudici del Tribunale ecclesiastico piemontese è una piccola rivoluzione, che segue i primissimi segnali in questo senso già arrivati altrove: Ilaria Zuanazzi, 46 anni, docente di diritto ecclesiastico all' Università di Torino è la prima donna chiamata a giudicare sulle cause di invalidità dei matrimoni cattolici in Piemonte. «La sua presenza - ha commentato ieri l' arcivescovo Severino Poletto - offrirà alle decisioni del Tribunale un supplemento di sensibilità e di attenzione». Zuanazzi, allieva dell' ex rettore Rinaldo Bertolino, autrice di numerosi testi di diritto canonico, amministrativo e di famiglia, sottolinea l' evoluzione che anche la giurisprudenza dei tribunali cattolici ha registrato negli anni: «Le nuove norme del 1983 - spiega commentando la sua nomina - hanno aperto la strada a una valutazione più attenta del rapporto interpersonale tra i coniugi. Il matrimonio è volto al bene dei figli e tra gli sposi, che devono essere capaci di nutrirlo reciprocamente. Nelle cause di invalidità, dunque, i Tribunali ecclesiastici regionali si occupano di esaminare attentamente le testimonianze di chi conosceva bene marito e moglie anche prima delle nozze per valutare la consapevolezza e la libertà con le quali il matrimonio è stato contratto o l' eventuale non accettazione dell' indissolubilità del sacramento o la non volontà di avere figli. Ma considerano anche la volontà e la capacità delle persone di amarsi». Qual è la molla principale che spinge un singolo o una coppia a chiedere l' invalidità del matrimonio celebrato in chiesa, tra fiori e note d' organo, abito bianco e preghiere? «Non c' è dubbio: a farlo sono i credenti per i quali potersi risposare secondo il rito cattolico è fondamentale. La spinta è la fede e la volontà di far luce sugli eventuali vizi di un sacramento che, proprio perché è tale, deve essere pienamente rispettato». Sono poco più di trecento le coppie (ma un coniuge può farlo anche contro la volontà dell' altro, proprio come nelle 'normali' cause di separazione e divorzio) che ogni anno si rivolgono al Tribunale ecclesiastico del Piemonte. La mancanza di "maturità" nella scelta di sposarsi, o di libertà nel contrarre il vincolo coniugale sono le ragioni più frequenti per le quali viene concessa l' invalidità: il Tribunale cattolico ha risposto "sì" all' ottanta per cento delle richieste. Ma ci sono anche i casi drammatici, legati a gravi malattie psichiche o a fatti sanguinosi, come il tentato omicidio o l' uccisione di un figlio. E se è vero che la nomina di una donna porterà "maggiore sensibilità" alla piccola Sacra Rota piemontese, non è da Ilaria Zuanazzi che ci si può attendere un' ondata di buonismo verso chi - annullamento o no - manda in frantumi un matrimonio: «Ho rispetto per la sofferenza delle persone. Ma condivido il richiamo del Papa a non benedire coppie irregolari: negare i sacramenti ai divorziati non è una punizione, ma un necessario richiamo alla coerenza».

© Copyright Repubblica, 20 settembre 2008 consultabile online anche qui.

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