22 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 22 maggio 2007 (1)


Vedi anche:

No, non è la BBC ma una rete faziosa

SERVIZIO DI SKYTG24

Rassegna stampa del 22 maggio 2007

Ecco la seconda "ondata" di articoli (ne seguiranno altri):

Il partito del Family day

Pezzotta e Olivero: il nostro impegno finisce qui

«Non nascerà alcun partito del Family day: adesso ognuno di noi riprenderà la consueta strada dell’impegno sociale», taglia corto il presidente delle Acli, Andrea Olivero. «Il mio impegno si conclude qui», annuncia il portavoce del Family day, Savino Pezzotta. Ma intanto, a coronamento della mobilitazione anti-Dico, il Forum delle associazioni familiari, promotore del meeting di San Giovanni, porterà «la voce della piazza del 12 maggio» alla conferenza governativa sulle politiche familiari che si svolgerà a Firenze da giovedì a sabato. I leader delle associazioni cattoliche che hanno organizzato l’evento si sono riuniti ieri a Roma per fare il bilancio dell’iniziativa. «La famiglia in Italia ha bisogno non di assistenza ma di politiche familiari audaci e durature- si legge nel documento finale-.Appare inevitabile e necessaria una precisa assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni e delle forze politiche». Un «grande ringraziamento» è stato rivolto a Benedetto XVI «per la simpatia con la quale ha seguito il Family day», alla Cei «per l’incoraggiamento che non è mai venuto meno, neanche nei momenti più difficili» e «ai tanti esponenti del mondo laico e delle altre religioni che si sono spesi in favore della manifestazione».

La Stampa, 22 maggio 2007


Un esordio da pastore ma non mollerà la presa

I paragoni sono odiosi, ma inevitabili; e il giorno in cui il neo presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, apre la sua prima assemblea generale dei presuli italiani, in Vaticano, metaforicamente sotto gli occhi di Benedetto XVI, è inevitabile leggere analogie e somiglianze con il suo predecessore, il cardinale Camillo Ruini, che ha retto il timone della Cei per un ventennio. E chi legge la sua prolusione di ieri non può non rimanere colpito da alcuni elementi, che riportano alla sua origine popolare - figlio di operai - e al suo vissuto.
In primo luogo, l’approccio decisamente pastorale. Subito si fa appello alla «forza della ragione senza preconcetti», alla «luce del buon senso comune»; è un parlare piano. E poi lo spazio, veramente molto ampio, dato alla situazione del paese; esposta non in termini accademici. Dal momento che questa è la prima prolusione, cioè in realtà il vero e proprio «biglietto da visita» dell’èra Bagnasco, lo si può leggere anche come un documento programmatico.
Parla della carità, «che esige anzitutto una conoscenza reale delle condizioni di vita della gente, conoscenza che la Chiesa ha in forma capillare e concreta». E’ un approccio pastorale, descrittivo, quello che fa della nuova povertà crescente in Italia; si può immaginare che forse il cardinale Ruini l’avrebbe affrontato più in veste dottorale, accademica. «La disoccupazione di lunga durata quando colpisce i genitori di oltre 40 anni, diventa terreno fertile per l'alcolismo e dipendenze varie, portando a situazioni di degrado progressivo; le donne, gravate da tassi di disoccupazione più alti degli uomini, hanno livelli retributivi più bassi, e quando sono madri sole con figli a carico e con la difficoltà di asili nido, non ce la fanno senza un ricorso ai vecchi genitori». E poi i giovani, che non trovano casa, e le difficoltà a progettare il futuro. Situazioni «che ci interpellano per intensificare la testimonianza della carità evangelica e per far crescere la sensibilizzazione generale». Forse anche del governo e degli amministratori pubblici? L’accenno alla sensibilizzazione generale, lo fa intuire.
Ma sbaglierebbe, probabilmente, chi pensasse che il mite Bagnasco sarebbe, o sarà meno tenace del suo predecessore. Anche se è evidente il desiderio di ricondurre la discussione alla civiltà, dopo le minacce, i proiettili in busta e le intemperanze verbali. L’applausometro vescovile lo premia; una volta quando cita il presidente Napolitano che sostiene «il più pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa cattolica, la politica e la società civile», e si dice preoccupato per «il rischio di una contrapposizione forzosa e strumentale tra laici e cattolici». E poi quando ricorda Ruini, o cita il servizio dei vescovi. Un filo di emozione c’è, e Bagnasco la tradisce nel suo schiarirsi frequentemente la voce.

La Stampa, 22 maggio 2007


«I nuovi poveri? Le famiglie monoreddito»

FLAVIA AMABILE

ROMA

Ad un certo punto nella chiesa di San Carlo ai Catinari a Roma è apparso un grande cesto con una scritta a penna: «Noi diamo quello che riceviamo». Più sotto, a mo’ di precisazione: «Per favore, lasciare cibi che si possono conservare a lungo». Era all’incirca la fine di novembre, cesti simili spuntavano in quasi tutte le chiese della capitale. C’era stato un incontro informale tra alcuni parroci con il vescovo Ernesto Mandara, responsabile del centro di Roma, e si era capito che era il momento di dare il via a una campagna di raccolta di cibo più massiccia del solito.
Da qualche tempo a bussare alle porte delle chiese arriva un esercito di poveri. «Tanti stranieri, polacchi, romeni. Ma anche molti italiani, tante famiglie che fanno fatica a tirare avanti», racconta Mauro Regazzoni, viceparroco della chiesa di San Carlo, in pieno centro, tra Campo de’ Fiori e il Ghetto. «E tanti anziani che dopo aver pagato l’affitto restano con 100 euro in tasca e devono ancora pagare tutto il resto, dal cibo alle medicine». Dalla cesta don Mauro e il parroco, don Giuseppe, pescano pacchi di pasta, zucchero, olio, tonno. E lo distribuiscono a chi lo chiede. Ma non basta. «Quel che manca lo prendiamo al Banco Alimentare dove troviamo scatolette e pacchi viveri per tutti», racconta don Mauro.
Nemmeno il cibo da solo è sufficiente a soddisfare le richieste di chi bussa alle parrocchie. «Ci chiedono di pagare anche le bollette. A volte lo facciamo. Certo, si deve trattare di parrocchiani, persone che conosciamo e cifre non alte. E comunque non sempre riusciamo a dare una mano, dipende da quanto abbiamo in cassa. Nei casi più gravi chiediamo l’intervento della Elemosineria Apostolica del Vaticano».
Questo è quel che accade in una chiesa, ma di chiese a Roma ce ne sono tante, ognuna fa quel che può. Oltre alle chiese ci sono le stazioni ferroviarie dove la sera le associazioni di volontariato cattoliche e laiche arrivano con i furgoni carichi di scatole di cibo. Alla stazione Ostiense e alla Tiburtina insieme ai pelati e alle fette biscottate capita il controllo dei documenti da parte degli agenti di pattuglia, quindi a mettersi in fila sono i senzatetto e i poveri più o meno regolari. A Termini - secondo il passaparola dei clochard romani - i controlli sono meno frequenti, nelle file si mescola di tutto: dai trans ai condannati agli arresti domiciliari evasi per fame, dai clandestini ai barboni per caso. Li si può incontrare sul piazzale, il mercoledì e il giovedì sera dopo le nove quando City Angels, Caritas e Protezione Civile portano quel che hanno raccolto. I City Angels, prima ancora di porgere i pacchi, offrono tè, dolci, pizza regalati dai negozi della zona. Quanti sono? Morgan Palmas, 29 anni, a sua volta figlio di un barbone, che tra un esame all’università e un lavoro saltuario, trascorre la sera con loro, risponde con un sorriso: «Dipende: le sere in cui piove possono essere 20, quelle in cui è stato bello tutto il giorno 150». E come fa un’associazione laica come i City Angels a procurarsi cibo per un centinaio di persone? «Ci rivolgiamo al Banco Alimentare».
Andiamolo a vedere allora questo Banco Alimentare che è una vera e propria impresa della carità e la conferma all’allarme lanciato da monsignor Bagnasco sulla povertà. «Siamo nati nell’89 da un’intuizione di don Giussani, il fondatore di Cl, e Danilo Fossati, il presidente della Star», racconta don Mauro Inzoli, presidente della Fondazione del Banco. «Allora si volevano solo sfruttare le eccedenze alimentari delle aziende. Nessuno avrebbe pensato che saremmo diventati quel che siamo poi diventati». Sono stati gli anni e l’esplosione dei poveri, a trasformarli nel più grande centro di raccolta e distribuzione di cibo in Italia. Per chi è a caccia di numeri, le statistiche del Banco rendono bene l’idea. Nel 2001 il Banco raccoglie e distribuisce 43.980 tonnellate di cibo, nel 2006 arriva a 66 mila tonnellate. «In pratica una catena di Tir da Milano a Modena», aggiunge don Mauro. Nel 2001 assiste poco più di un milione di persone attraverso 6632 enti convenzionati. Nel 2006 supera un milione e trecentomila persone con 8122 enti. I nuovi poveri? Don Mauro Inzoli non ha dubbi. «Sempre più gli italiani: famiglie normali che non riescono ad arrivare alla fine del mese, famiglie monoreddito, anziani con la pensione sociale». Tutti ridotti ai pacchi viveri. Come durante la seconda guerra mondiale.

La Stampa, 22 maggio 2007


Prima assemblea del nuovo presidente Cei: "Molte famiglie non ce la fanno, tornano i pacchi viveri". La Bindi: dialogo sui Dico

Bagnasco: allarme povertà

"Non attentiamo allo Stato laico, ma ascoltate il Family day"

MARCO POLITI

CITTÀ DEL VATICANO - «Non parliamo dall´alto né vogliamo in alcunché farla da padroni. Ci preme Cristo e il suo Vangelo, null´altro». Il nuovo presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, si presenta all´assemblea dei vescovi con un approccio totalmente pastorale. Parla di una Chiesa amica, che apre le porte, che tutti accoglie, che non serba «rancore», pronta a ricominciare sempre nel segno del dialogo. I vescovi, riassume, guardano all´Italia «con amicizia». Dopo la prova di forza del Family Day, che sembra aver portato alla sepoltura dei Dico, il leader dell´episcopato sceglie la via del profilo mite. Nessun orgoglio per il milione portato in piazza, rispetto esibito per le sfere distinte di Cesare e Dio, nessuna intenzione di «attentare alla laicità dello Stato». Anzi, adesione al metodo indicato dal presidente Giorgio Napolitano, quando invita al «più pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa cattolica, la politica e la società civile».
In realtà sulle unioni civili l´istituzione ecclesiastica non dialoga. Non le vuole riconoscere come coppia. Bagnasco ammonisce con garbo. Il Family Day, festa di popolo cui hanno aderito settori laici (i teocon) ed esponenti ebraici e musulmani, è un «appello non trascurabile per la politica». C´è stata una manifestazione «inequivocabile» che ora attende una risposta istituzionale «commisurata alla gravità dei problemi segnalati».
Al presidente della Cei preme però in questo momento mostrare il volto sociale della Chiesa. E molta parte della relazione è dedicata alla preoccupazione per il crescente disagio economico delle persone sole, dei pensionati, delle famiglie appartenenti ad un ceto medio sistematicamente in difficoltà, dei poveri sempre più schiacciati. Qui Bagnasco non cita solo le indagini della Caritas e della Fondazione Zancan. Fa vibrare la voce dei Centri di ascolto parrocchiali, che trasmettono l´allarme per i disoccupati ultraquarantenni, per la depressione e l´alcolismo di chi è tagliato fuori dal mercato, per le donne a basso stipendio, «punite» per il fatto di avere figli, per i giovani immersi nel precariato e con affitti impossibili da pagare, per i lavoratori che muoiono nei cantieri.
Il presidente della Cei mostra di cogliere uno degli aspetti di fondo della manifestazione di piazza San Giovanni. Il bisogno di sicurezza e di prospettive economiche e sociali per la famiglia.
Così Bagnasco esorta alla solidarietà attiva, alla capacità di costituire reti di sostegno, anche rispondendo all´antica richiesta di pacchi dono. C´è l´appoggio alle iniziative di formazione al lavoro, lanciate da una serie di vescovi del Meridione, l´appoggio al "Progetto Policoro" imperniato sull´imprenditorialità giovanile, il sostegno a chi come "Libera" di don Ciotti è sotto attacco della malavita. Il discorso della famiglia viene collegato nell´intervento del presidente della Cei allo sviluppo educativo, alla coesione sociale, alla crescita economica del Paese intero. Il Family Day diventa difesa corale del matrimonio come «nucleo fondante e ineguagliabile per la società», elemento essenziale per la solidarietà tra le generazioni.
Sul piano politico - sentendosi vincitore - Bagnasco è attentissimo ad attutire i toni. Presenta il Family Day come promossa dalle associazioni cattoliche e supportata da «moltissime parrocchie». Ringrazia per la solidarietà arrivatagli per le minacce, che "non mi hanno mai fatto paura", deplora le frasi irriverenti rivolte al Papa, ma soprattutto respinge l´idea di una «contrapposizione forzosa e strumentale tra laici e cattolici». La stragrande maggioranza del popolo italiano, sottolinea, non vuole questo. La Chiesa offre alla riflessione il suo magistero e la legittima diversità di posizioni sui grandi temi deve potersi esprimere serenamente «in un clima di rispettoso dialogo». La Chiesa non vuole essere intrusiva, insiste Bagnasco, vuole solo aiutare la società e le persone, specie i meno fortunati.
L´unica bacchettata viene rivolta a chi lancia accuse di omofobia alla Chiesa. «Critica ideologica e calunniosa - spiega Bagnasco - che contrasta con lo spirito e la prassi di totale accoglienza verso tutte le persone». Evidentemente un tributo che il presidente della Cei paga al nuovo trend ecclesiale di non fare mai autocritica per errori e orrori del passato.

Repubblica, 22 maggio 2007

Politi...Politi...Politi...ma perche' deve sempre chiosare con la punta acida i suoi articoli? Basta con questa storia della mancanza di autocritica! Mi dispiace molto che i mea culpa di Papa Wojtyla siano, ora, usati come una clava contro la Chiesa che, a detta di alcuni, dovrebbe prostrarsi a chiedere perdono a tutti e di tutto.
Suvvia, andiamo avanti...
Una domanda, caro signor Politi: perche' non si occupa del video della BBC? Lei conosce perfettamente tutti i documenti della Chiesa sul punto e allora perche' non li spiega come ha fatto in passato? Che strano
!
Raffaella


I DATI

Al Sud una famiglia su quattro è povera, contro il 7,3% del Centro e il 4,7 del Nord

Sette milioni e mezzo in sofferenza la soglia critica è a quota 920 euro

ROMA - Quando si può considerare povera una famiglia italiana? Secondo l´ultimo rapporto pubblicato in proposito dall´Istat, quando si vive in due, sotto lo stesso tetto, con poco meno di 920 euro. Un tetto che gli statistici aggiornano ogni anno e che serve a spartire in due la popolazione italiana. Chi sta sopra non è considerato ufficialmente povero, chi sta sotto sì. Chiaramente il limite si sposta in base al numero dei componenti e tenendo conto di tutto ciò l´Istat considera poveri 7 milioni 588 mila italiani, l´11, 7 per cento delle famiglie (i dati sono riferiti al 2004).
Ma se al Nord a vivere sotto la soglia sono solo il 4,7 dei nuclei (per lo più famiglie formate da anziani), al Centro si sale al 7,3 e nel Mezzogiorno addirittura al 25 per cento. Nelle regioni meridionali, dunque, una famiglia su quattro, non ce la fa.
A far scivolare in basso la qualità della vita, spesso è il numero dei figli: su 100 famiglie con un figlio se ne possono definire povere 4,8; su 100 con tre o più figli sono tali 24,5. Ma se si prende in considerazione solo il Sud la quota - in questo caso - lievita al 41 per cento.
A pesare però è anche la qualificazione professionale della persona di riferimento: in Italia risulta povero il 9,3 per cento dei nuclei dove il capofamiglia è un lavoratore dipendente, il 7,5 di quelli guidati da un lavoratore autonomo e il 13,1 per cento di quelli che fanno riferimento ad un pensionato.
La povertà di fatto, risulta in aumento. Una recente indagine effettuata dalla commissione Affari Sociali della Camera sulla condizione di vita delle famiglie italiane (dati 2005) certifica che la metà delle famiglie vive con entrate che comunque non superano i 1800 euro al mese. Il 14,7 confessa di arrivare alla fine del mese con molte difficoltà, il 28,9 di non essere in grado di fronteggiare una spesa di 600 euro se non prevista. Ne risulta - analizza la Commissione - un costante invecchiamento e restringimento delle famiglie: dal 1994 al 2005 la quota di quelle con cinque componenti è scesa dall´8,4 al 6,5. Sono invece in ascesa le persone sole e le coppie senza figli. Ma anche fra le persone sole, in particolare se donne over 65 anni, la miseria è in agguato: in un solo anno - dal 2003 al 2004 - la percentuale di povertà è salita dal 4,2 al 10 per cento.
(l.gr.)

Repubblica, 22 maggio 2007


L´INTERVISTA
Il ministro: i problemi indicati dalla Cei li abbiamo già individuati e sono pronte risposte concrete

"Il non possumus è superato ora dialogo senza discriminare"

niente steccati Ha ragione Bagnasco, basta steccati. Superarli significa che Pezzotta deve dialogare con la Bonino

GIOVANNA CASADIO

ROMA - Legge il discorso di monsignor Bagnasco e mormora: «Abbiamo superato il "non possumus"». Rosy Bindi è tutta presa dalla Conferenza della Famiglia di Firenze. «Quello sarà il luogo delle risposte». Anche all´Sos dei vescovi sull´Italia tornata ai pacchi-viveri? «La povertà si combatte con l´occupazione delle donne perché sono le famiglie con un solo reddito le più povere. Con la lotta alla precarietà del lavoro. Paghiamo ancora il prezzo - denuncia il ministro della Famiglia - dei cinque anni di governo Berlusconi che aveva abbandonato ogni forma di contrasto alla povertà».
Ministro Bindi, le sembra che la Cei di Bagnasco sia un po´ meno arroccata?
«Se il dibattito è ormai sulla formula, sugli strumenti per riconoscere i diritti individuali dei conviventi, allora sì: il "non possumus" è superato. Vorrei però che si riconoscesse che il governo Prodi non ha mai presentato i Dico come un "prendere o lasciare". L´impressione sulla prolusione è che sia un intervento di forte impronta pastorale attento ai problemi reali delle famiglie».
Non ha l´impressione che la Chiesa voglia sempre dettare l´agenda della politica italiana?
«Per la verità la politica del governo sta già lavorando alla soluzione dei problemi elencati dal presidente dei vescovi».
Mesi di mediazione nel governo per varare i Dico, e ora sono da archiviare?
«Non mesi, tre settimane».
Il successo del Family day anti-Dico, voluto dai vescovi, impone un cambiamento di rotta sulle coppie di fatto?
«Senza forzare la volontà dei partecipanti, a me pare che il Family day abbia chiesto soprattutto provvedimenti per la famiglia. Sui Dico, vale quanto ci siamo detti nei giorni scorsi. Il governo ha ritenuto di avere fatto un buon lavoro, adesso il Parlamento è sovrano. Due sono però i paletti che non possono essere rimossi: il riconoscimento dei diritti dei conviventi, che a questo punto mi pare nessuno voglia negare; l´altro è la salvaguardia della famiglia così come la Costituzione la disegna. Quindi, dobbiamo restare rigorosamente fermi sui diritti delle persone senza fondare una nuova forma di matrimonio, una specie di matrimonio di serie B. Se c´è una condivisione delle intenzioni, gli strumenti adeguati si trovano. Io sono convinta che il nostro disegno di legge vada bene. Però avverto: la strada del codice civile si può esplorare ma non è scontata negli esiti. Al progetto di Alfredo Biondi, di Forza Italia, che prevede un "contratto di unione solidale", dico no perché è un vero e proprio matrimonio e discrimina gli omosessuali».
Lo scontro tra laici e cattolici si trascina da anni sulle questioni eticamente sensibili. Tuttavia Bagnasco lo giudica "strumentale", lei cosa pensa?
«Infatti il valore della famiglia non è un valore cattolico ma laico. Nessuno vuole alzare steccati tra laici e cattolici. Su questo monsignor Bagnasco ha ragione. A Savino Pezzotta,che mi ha chiesto qual fosse il nostro riferimento antropologico, ho risposto: la Costituzione, non ho bisogno di scomodare la mia fede. Ma mi pare evidente che c´è bisogno di ritrovare unità tra laici e cattolici. Nella realtà della vita di questo nostro paese quando si fa riferimento alla cultura laica si parla di una galassia articolata. È laica Eugenia Roccella, l´altra portavoce del Family day, ma anche la radicale Emma Bonino. E quando si citano i cattolici si fa riferimento a un mondo altrettanto articolato che va da Franco Monaco a Paola Binetti. Per trovare una sintesi vera e feconda, i cattolici non devono scegliersi i laici con cui dialogare, ugualmente i laici i "loro" cattolici, Pezzotta dovrebbe provare a dialogare con la Bonino e io magari con la Roccella. Il confronto deve avvenire non prescindendo dal bipolarismo italiano. Trovo comunque la prolusione di Bagnasco un segnale di saggezza, di rigore e di dialogo».
E l´accusa alla Chiesa di omofobia?
«Quell´accusa è l´eccesso dell´altro fronte. Alla Chiesa io pongo il problema della condizione omosessuale. Quando parliamo del riconoscimento dei diritti individuali ovviamente non vogliamo fare discriminazione in base all´orientamento sessuale. Alle associazioni omosessuali faccio però osservare che l´estremizzazione nuoce a loro stessi. Per esempio, accusare me di atteggiamento discriminatorio nei loro confronti è ingiusto e pretestuoso. Alla Conferenza di Firenze nn potevano esserci confusioni. Mi dispiace che il ministro Ferrero non venga, ma non mi dispiace di avere contribuite a fare chiarezza».
Il rapporto tra il governo e la Chiesa si sta svelenendo, almeno sulle unioni civili?
«So che ci vorranno altri chiarimenti perché che c´è stata una buona dose di strumentalizzazione, di irrazionalità, di difficoltà a dialogare».
La radicalizzazione delle posizioni cattoliche e di quelle laiche non è un intralcio alla nascita del Partito democratico?
«Paradossalmente più steccati si creano più si dimostra la necessità del Pd per aprire il confronto».
Davvero il "tesoretto" andrà alle famiglie?
«Assegni familiari, piano casa, ammortizzatori sociali cosa sono se non aiuti alle famiglie? L´aumento delle pensioni per gli anziani poveri è aiuto alla famiglia».

Repubblica, 22 maggio 2007

Occhio a non cadere nell'errore di sottovalutare il family day.


Bagnasco: «Dal Family day un appello forte ai politici»

di Andrea Tornielli

Il Family Day è stato un «appello alla politica» e la società civile «ora attende un’interlocuzione istituzionale». Ma la Chiesa non intende trasformarsi in un soggetto politico e preoccupa «il rischio di una contrapposizione forzosa e strumentale tra laici e cattolici». Il nuovo presidente della Cei Angelo Bagnasco legge la sua prima prolusione di fronte all’assemblea generale dei vescovi italiani riuniti in Vaticano. È un testo dai toni pacati, nel quale emerge l’attitudine eminentemente pastorale dell’arcivescovo di Genova e la volontà a non esacerbare in alcun modo i toni, dopo il successo della grande manifestazione del 12 maggio.

Bagnasco definisce «un fatto molto importante» e per i vescovi «consolante», la riuscita del Family Day, ricordando il milione e più di partecipanti, l’iniziativa delle associazioni e il contributo delle parrocchie. È stata «un’autentica festa di popolo» che ha colpito «per freschezza e serenità, e per quel senso civico di rispetto degli altri, di proposta e di inclusione che l’ha interamente attraversata». È stata, sottolinea ancora il presidente della Cei, «una testimonianza forte e corale a favore del matrimonio quale nucleo fondante e ineguagliabile per la società», che ha accomunato anche non credenti o credenti di altre religioni. Un evento che «rimarrà come un segno forte nell’opinione pubblica e come un appello decisamente non trascurabile per la politica. È la società civile infatti che si è espressa in maniera inequivocabile e che ora attende un’interlocuzione istituzionale commisurata alla gravità dei problemi segnalati». Bagnasco ha quindi citato la Nota della Cei sui Dico, ma senza rievocarne i contenuti.

Molto più evidente, invece, la preoccupazione per le condizioni socio-economiche delle famiglie italiane: si «registra una progressiva crescita del disagio economico sia di una larga fascia di persone sole e pensionate, sia delle famiglie che fino a ieri si sarebbero catalogate nel ceto medio». E «c’è un ulteriore schiacciamento delle famiglie che avremmo già definito povere». La situazione più esposta, spiega Bagnasco, «sembra quella della famiglia monoreddito con più figli a carico. Spesso con difficoltà si arriva alla fine del mese», e alle comunità si tornano a chiedere, in forma magari nascosta per motivi di dignità, i «pacchi viveri che parevano definitivamente superati». Il presidente della Cei ricorda le madri sole con figli a carico e le difficoltà delle coppie giovani di fronte al costo della casa; esprime vicinanza alle famiglie delle vittime sul lavoro chiedendo «appalti trasparenti».

Bagnasco sbarazza quindi il campo dalle accuse di ingerenza: «Non parliamo dall’alto - dice, con un’implicita risposta alle preoccupazioni espresse qualche settimana fa dal cardinale Martini - né vogliamo fare in alcunché da padroni. Ci preme Cristo e il suo Vangelo, null’altro. Lo annunciamo come misura piena dell’umanesimo, non per rilevare debolezze o segnare sconfitte, ma per un'obbedienza che è esigente prima di tutto verso di noi, e che è promozione di autentica libertà per tutti». I richiami ai fondamenti etici e spirituali non sono un attentato alla laicità, ma stimoli, anzi «inquietudini che possono garantire il futuro». E anche lo sguardo alla situazione della fede in Italia non è pessimista: «Nel nostro orizzonte non c’è un popolo triste, svuotato dal nichilismo e tentato dalla decadenza», ma «un popolo vivo, capace di rinnovarsi».

Il presidente della Cei definisce infine «ideologica e calunniosa» l’accusa alla Chiesa di essere omofobica (mossa in sede europea), manifesta solidarietà al Papa per gli attacchi ricevuti (il riferimento è probabilmente allo show del 1° maggio) e ringrazia per la vicinanza che gli è stata espressa dopo le recenti minacce provocate da «interpretazioni distorte» e «attribuzioni di pensieri mai pensati». Ieri mattina Bagnasco e il segretario della Cei Betori sono stati ricevuti in udienza da Benedetto XVI, che li ha poi invitati a pranzo, insieme all’ex presidente Camillo Ruini.

Il Giornale, 22 maggio 2007


Rosy e Barbara, un flop in due

di Alessandro Gnocchi

Mario Palmaro

«Così diverse, così uguali» si estasiò Repubblica quando Rosy Bindi (ministro per la Famiglia) e Barbara Pollastrini (Diritti e pari opportunità) presentarono il disegno di legge sui Dico. Praticamente gemelle: stessi tailleur, stessi occhiali, stesso cipiglio. Non fosse che, notava sempre Repubblica con civettuola precisione, una portava un sobrio girocollo di perle e l'altra un sobrio girocollo di brillanti. Per completezza d'informazione, perle alla Famiglia e brillanti ai Diritti e pari opportunità.

Senza volerlo, Repubblica aveva riassunto in poche righe l'intero operato di queste due battagliere signore del governo Prodi: una bella conferenza stampa piena di sorrisi cattoprogressisti e demosinistri e poi più nulla.

O meglio, qualche cosa le due signore l'hanno anche ottenuto: un milioncino di pernacchie raccolte tutte in un pomeriggio a Roma in piazza San Giovanni sabato 12 maggio. E pensare che Bindi (attenzione a non mettere il «la» davanti al cognome perché vi darebbe subito del cattomaschilista) alla presentazione del disegno di legge incriminato aveva detto testualmente: «Due uomini non ci sarebbero riusciti». Era convinta di aver messo in moto una gioiosa macchina da guerra che avrebbe spazzato via ogni traccia di arretratezza cattolica in questo Paese troppo attento a quanto dicono il Papa e la gerarchia. Brava Rosy. E adesso Romano Prodi chissà come sarà contento di affrontare la questione in Parlamento dopo che lei gli ha portato in piazza un milione di cattolici arrabbiati.

Certo, Bindi dirà che quella del Family Day è una piazza che non capisce, un agglomerato di cattolici infantili. Mica gente come lei, cattolica talmente adulta che, appena la gerarchia interviene come le compete sui temi etici, replica «Io amo pensare alla Chiesa che si occupa della cose di Dio». Talmente adulta da affermare che, anche nel caso dei Dico, il suo impegno «è stato quello di rimanere fedele alla Costituzione»: non certo al Vangelo, che fa troppo preconciliare. Talmente adulta che, quando i vescovi italiani hanno pubblicato una nota che dava l'altolà ai politici cattolici del suo stampo, lei ha diramato una sua nota che forniva l'interpretazione autentica della nota dei vescovi scrivendo testualmente: «Il ddl del governo si ispira alla medesima impostazione (nella relazione illustrativa addirittura ci si esprime quasi con le stesse parole)». E alla Cei non se ne erano accorti.

Fedele alla «scelta religiosa» con cui gran parte del «laicato cattolico» negli anni Settanta decise di essere «laicato» in piazza e «cattolico» in sacrestia, ora Bindi è ridotta ad andare sottobraccio ai comunisti. E non si fa mancare proprio nulla, visto che di partiti comunisti, nella sua coalizione, ce ne sono addirittura due: dal miglior Dossetti al peggior Maritain ha messo in pratica tutto sotto lo guardo compiaciuto del capo del governo. Il quale capo del governo, però, starà meditando con apprensione e qualche scongiuro su un passaggio del discorso con cui Bindi presentò il disegno di legge sui Dico, quello in cui la signora disse: «È stata una prova generale di Ulivo e di Partito democratico».

Dato che, oltre che del ministro per la Famiglia, si parla anche di quello dei Diritti e pari opportunità, bisogna fare le cose giuste: tutto al cinquanta per cento. Quindi, se del milione di dimostranti del 12 maggio cinquecentomila spettano a Bindi, gli altri cinquecentomila sono tutti di Pollastrini. Anche qui attenzione a non anteporre il «la» al cognome perché Pollastrini, da questo punto di vista, è anche peggio di Bindi. Tollera un solo «la», quello davanti a «ministra». Se volete rendervene conto andate sul sito del suo ministero, www.pariopportunita.gov.it, e scoprirete che con grande scatto d'orgoglio femminile si fa proprio chiamare così: «la ministra». Oltre al disegno di legge sui Dico, questo è l'altro significativo risultato conseguito da Pollastrini in questo anno di governo.

Eppure era partita con grandi progetti. Nel 2005, all'Assemblea per il programma dei Democratici di sinistra in vista delle elezioni aveva dichiarato di puntare a «un nuovo umanesimo, accompagnato dallo sguardo penetrante di un nuovo illuminismo». E poi aveva così sintetizzato il suo progetto: «Libertà come laicità. Laicità senza aggettivi, senza giri di parole. Laicità come metodo irrinunciabile, buona compagnia nelle acque agitate delle nuove frontiere della scienza, della bioetica. Come speranza di integrazione nell'epoca dell'allargarsi delle passioni tristi».

La recentissima proposta di legge Franceschini sul conflitto di interessi fatta per sabotare Berlusconi colpisce anche Pollastrini, che, in quanto moglie di Pietro Modiano, direttore generale di Intesa-San Paolo, non potrebbe diventare presidente del Consiglio. Vista la sua diagnosi sull'«epoca dell'allargarsi delle passioni tristi», non tutto il male vien per nuocere.

Il Giornale, 22 maggio 2007


A picchiare duro ci pensa la Chiesa

di RENATO FARINA

La Chiesa italiana con molta dolcezza, con linguaggio soave, però mena, le dà, picchia duro. Trovate voi il verbo giusto. Tanto è angelico nella forma, quasi da cherubino, tanto il nuovo presidente della Cei, Angelo Bagnasco, è capace di assestare istruttive sediate sul groppone degli avversari sleali e dell'autorità politica insensibile ai richiami evangelici. Esempio numero uno. Contro gli omosessuali, noi cattolici? Siete voi che calunniate il Papa. Esempio secondo. Voi dite che la Chiesa cattolica è capace solo di condanne e anatemi? Noi dialoghiamo, siete voi che appena ci esprimiamo ci fate condannare dal Parlamento europeo con accuse infami. Terzo esempio. La Chiesa è insensibile ai problemi concreti, bada solo all'ideologia della famiglia tradizionale? Siamo noi che diamo pacchi di viveri ai poveri, e non è vero che l'Italia si è risanata, la miseria cresce più di prima, e stateci attenti, se no capeggiamo questa armata silenziosa di famiglie monoreddito e con figli, che è andata pacificamente in piazza, ma si farà ancora sentire.

La traduzione
Naturalmente queste formule così perentorie non ci sono nella "prolusione". Ma la traduzione in lingua corrente è verace. Il don Camillo di Guareschi avrebbe pestato i pugni sul legno del pulpito e sulla panca dell'osteria, ma la sostanza è precisamente questa. La Chiesa si fa sentire direttamente, senza mediazioni politiche, chiama i cittadini che ne apprezzano le indicazioni perché si muovano dovunque e con la fantasia. Anche chi non è cattolico, ma apprezza l'ombra che il grande albero della Chiesa offre in questa canea, può aggregarsi e rappresentare la voce del Papa: non si chiede fedeltà ai sacramenti nelle questioni civili, ma solo di ragionare, difendere la libertà e i poveri. La Chiesa si propone come attore stabile della scena. Ci vorrà pure qualcuno che difenda i deboli qualsiasi governo ci sia, senza dimenticarli per le esigenze della propaganda. Bagnasco non lo nomina mai, neanche per allusioni, ma usa dati di realtà che sono ignorati oggi dal governo in carica che pure si dice di sinistra. Dà consigli su matrimonio e unioni di fatto. Parla in nome dell'«almeno un milione» (testuale) di persone del Family day, non perché cattolici, ma perché sono una forza sociale. Come tale ha anch'essa il diritto di farsi valere in democrazia, così pure i vescovi. Bagnasco dice semplicemente: «Si ascolti la società civile». Non dice di dare retta alla Chiesa. La Chiesa è semplicemente la voce del popolo, Bagnasco se ne fa eco. «È la società civile infatti che si è espressa in maniera inequivocabile e che ora attende un'interlocuzione istituzionale commisurata alla gravità dei problemi segnalati». Con questa frase, in un colpo solo Bagnasco indica i limiti della rappresentanza politica italiana. Quella di sinistra. Ma anche a destra. Essa si disperde nella ricerca della leadership. Ma la realtà è capace di rovesciarla addosso al Parlamento? Il neo-presidente della Cei di politica politicante non parla proprio. Non ci sono più le analisi dei sussulti interpartitici, descritti genialmente dal predecessore cardinal Ruini. È spettacolare la concretezza con cui Bagnasco descrive i «pacchi alimentari», da- ti a moltissime madri nel segreto della sera da persone discrete, per non umiliare la gente. Lo sa bene. Sono milioni di pacchi. Lo sa perché a darli in giro sono quelli del Banco alimentare, che è sostenuto principalmente da cattolici. Sono le parrocchie. Senza questa rete di umanità la nostra società si disferebbe: è questa l'ingerenza vaticana? Chi oggi darebbe un po' di educazione ai ragazzi, qualcosa che non siano giochi e spinelli, senza quel branco di preti, quei movimenti cattolici presenti dove capita, capaci di voler bene anche dove le famiglie mancano? Questa è stata la voce di Bagnasco ieri. Bagnasco non ha temuto di alzare il tiro verso i cieli intoccabili dell'europeismo. Se la prende con la sede massima dell'Unione Europea succube dei violenti. Dice: «...quell'intolleranza prevaricatrice che ha indotto il Parlamento europeo ad avanzare fino a oggi ben 30 richiami censorii nei confronti della Chiesa cattolica». Fa capire a chiare lettere che i mass media italiani sono in mano a travisatori professionisti. Lui cita il suo caso personale, che adesso lo costringe ad andare in giro con la scorta: gli hanno messo in bocca «pensieri mai pensati», inutilmente da lui smentiti e precisati. Servivano a creare tensioni ed «episodi di cronaca»: l'arcivescovo non dice la parola minacce, minimizza. Ma spiega che lo scopo è raggiunto senza bisogno di ulteriore sangue (si spera). Con questa esasperazione da falsari si impedisce il dialogo sereno tra laici e cattolici, dove ciascuno accetta l'altro come interlocutore, e si rinuncia a cacciare dall'arengo civile chi pensa diverso con accuse ridicole di ingerenze e razzismo.

Ordinario militare

Bell'inizio, non vi pare? Come minimo, Bagnasco è uno chiaro. Poco politico. Diretto. Cortese e ineffabile, ma tagliente. 63 anni, generale di corpo d'armata a riposo, come ex ordinario militare d'Italia. La sua nomina, prima ancora che facesse un discorso ufficiale (il primo è stato ieri) era stata accolta con un plotone di esecuzione. Lo avevano fucilato moralmente, in vista di un'esecuzione pratica a opera di brigatisti rossi, per il reato di omofobia e razzismo. Condanna senza processo, senza diritto alla difesa. Così da intimidirlo prima del tempo. Be', non c'è cascato. Poi si potrà non essere d'accordo. Ma quest'uomo parla chiaro. E non si può dire stia con la destra. Al massimo, lo si capisce dal tono, è la destra a dover stare con lui, magari dovrebbero trarne le conseguenze anche quei cattolici ora alleati a sinistra con chi vuole appendere per i piedi il Papa. Questo è stato ieri l'esordio di monsignor Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova. A Roma si erano ritrovati in assemblea i 250 vescovi italiani. Tutti insieme si trovano una sola volta l'anno, e il discorso del loro leader scelto dal Papa è un evento. Dopo sedici anni di guida non c'è più il cardinale "don" Camillo Ruini, genio della politica. Ora c'è monsignor Angelo Bagnasco, genio non si sa, pecora no, condottiero senz'altro.

COSA È LA CEI

ASSEMBLEA DEI VESCOVI La Conferenza Episcopale Italiana (Cei) raduna tutti i vescovi responsabili di diocesi. Sono circa 250. Essa è presieduta attualmente da monsignor Angelo Bagnasco, 63 anni, arcivescovo di Genova, generale di Corpo d'Armata a riposo (è stato infatti Ordinario militare). Bagnasco è succeduto da marzo al cardinale Camillo Ruini, rimasto in sella sedici anni. Segretario generale della Cei è il vescovo Giuseppe Betori. La Conferenza episcopale italiana è l'unica il cui presidente sia nominato personalmente dal Papa in qualità di primate d'Italia. Il direttivo della Cei è costituito da trenta presuli cooptati nel Consiglio permanente.

Libero, 22 maggio 2007

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