30 aprile 2007
Il Papa al Presidente della CEI: "Chi crede non è mai solo!"
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La solidarieta' del Papa e del Presidente Napolitano a Mons. Bagnasco
Europa...ne vale la pena?
Rassegna stampa del 30 aprile 2007
Aggiornamento della rassegna stampa del 30 aprile 2007 (1)
Aggiornamento della rassegna stampa del 30 aprile 2007 (2)
Aggiornamento della rassegna stampa del 30 aprile 2007 (3)
IL PAPA INCORAGGIA BAGNASCO: NON ABBIA PAURA, VADA AVANTI
Clima su determinati argomenti in Italia ancora delicato
Benedetto XVI: "Al prossimo Concistoro sarà Cardinale"
Città del Vaticano, 30 apr. (Apcom) - "Non abbia paura, vada pure avanti per la sua strada, senza sacrifici è difficile ottenere qualcosa di positivo; vedrà che Cristo la aiuterà". E' quanto ha detto Papa Ratzinger nel colloquio telefonico di questa mattina a monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, esprimendo la propria solidarietà in seguito alle minacce ricevute dall'arcivescovo di Genova.
"La Chiesa di Cristo non si lasci intimidire nell'annunciare la verità", ha detto il Pontefice nel colloquio riferito dal sito Petrus. "Purtroppo - ha aggiunto il Papa - il clima su determinati argomenti della morale in Italia è ancora delicato, ma la Chiesa di Cristo, come Cristo stesso le ha insegnato, non si lascia intimidire ne condizionare nell'annunciare la verità".
"Nulla turberà la mia missione", aveva detto l'arcivescovo Bagnasco e, rivolgendosi al Pontefice, il numero uno dei vescovi ha detto di essere "sereno" perché ha "riposto la missione nelle mani del Signore".
Il presidente della Cei, che ha sempre voluto minimizzare gli episodi di scritte e di attacchi a lui rivolti, si è detto commosso per le parole del Papa che inoltre gli avrebbe confermato la nomina a cardinale nel prossimo Concistoro. Significativo anche l'invito di Papa Ratzinger a pregare per gli autori di questi "deprecabili gesti".
Benedetto XVI ha concluso la conversazione con il motto del suo viaggio in Baviera: "Chi crede non è mai solo".
Bagnasco e il Papa si sono sentiti due volte al telefono, ieri e oggi. L'arcivescovo di Genova è inoltre costantemente in contatto con il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano, e con monsignor Giuseppe Betori, segretario della Cei.
TELEGRAMMA BERTONE:IL PAPA E LA CHIESA GLI SONO VICINI
Telegramma del Segretario di Stato al presidente della Cei
Roma, 30 apr. (Apcom) - Il Papa e la Chiesa Cattolica tutta sono vicini al presidente della Cei Angelo Bagnasco, "in questi giorni" che lo hanno visto vittima di "ripetuti gesti di minaccia". Lo scrive il Segretario di Stato Vaticano Angelo Bertone in un telegramma allo stesso Bagnasco
"Profondamente colpito e addolorato per tali gravi e deprecabili episodi che turbano serena convivenza comunità ecclesiale e civile - si legge - il Santo Padre desidera anzitutto rinnovarle sua spirituale vicinanza a nome anche della Chiesa universale e assicurarle particolare ricordo nella preghiera, affinchè trovando vera pace e sicurezza in Cristo possa proseguire fruttuosamente il Suo alto servizio alla Chiesa italiana".
"Pertanto - scrive ancora Bertone a Bagnasco - con aiuto divino e fraterno sostegno dell'intero popolo cristiano, continui a operare per il bene comune, difendendo e promuovendo valori umani e religiosi senza i quali non è possibile costruire vere libere e stabili democrazie".
La solidarieta' del Papa e del Presidente Napolitano a Mons. Bagnasco
Telefonata del Papa
Dopo le minacce ricevute dal presidente dei vescovi italiani
«L'Italia non lascerà solo Bagnasco»
Messaggio del presidente della Repubblica Napolitano al cardinale Bertone, segretario di Stato vaticano.
ROMA - «L'Italia non lascerà solo monsignor Angelo Bagnasco di fronte alle inammissibili, vili minacce di oscura provenienza di cui è stato fatto oggetto». Lo afferma il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano.
«Raccolgo le parole da lei pronunciate in relazione a recenti, gravi episodi di intolleranza nei confronti della Chiesa cattolica. Desidero assicurarle che l'Italia non lascerà solo monsignor Bagnasco di fronte alle minacce di cui è stato fatto oggetto», scrive il capo dello Stato.
«Occorre garantire il più sereno esercizio della missione pastorale del presidente della Conferenza episcopale italiana e il più pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa cattolica, la politica e la società civile, in linea con gli ottimi rapporti che intercorrono tra la Santa Sede e lo Stato italiano».
TELEFONATA DEL PAPA - Lunedì mattina il Papa ha telefonato a mons. Bagnasco, dopo le minacce da questi ricevute nei giorni scorsi. Lo ha riferito il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, precisando che si è trattato di una «telefonata personale, di solidarietà».
Corriere.it
Bagnasco: Papa gli telefona
(ANSA) - ROMA, 30 APR - Questa mattina il Papa ha telefonato a mons . Angelo Bagnasco, dopo le minacce da questi ricevute nei giorni scorsi. Lo ha riferito il direttore della sala stampa vaticana precisando che si e' trattato di una "telefonata personale, di solidarieta'".
BAGNASCO/ SIR: SOLIDARIETA', MIRATA DISINFORMAZIONE
Minacce si alimentano anche da ambienti politici ostili a Chiesa
Roma, 30 apr. (Apcom) - Solidarietà a monsignor Angelo Bagnasco per le "pesanti minacce" ricevute (da ultimo una busta contenente un proiettile indirizzato al numero uno dei vescovi) arriva dalla Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), che - con l'agenzia dei vescovi Sir - esprime "vicinanza affettuosa al presidente dei vescovi italiani". Lo afferma don Giorgio Zucchelli, presidente nazionale della federazione che riunisce oltre 160 settimanali cattolici locali con una tiratura complessiva di un milione di copie, al Sir.
"Si è orchestrato in questi mesi - afferma Zucchelli - un falso 'teorema' nei confronti suoi e della Cei mediante una mirata disinformazione condita di abbondante vetero-anticlericalismo. Le minacce vengono da gruppi ai margini della società, i quali tuttavia si alimentano in certi ambienti, anche politici, che fomentano nella base sociale sentimenti ostili alla Chiesa. Il loro tentativo - prosegue - è quello di metterla a tacere sui temi chiave della società di oggi: vita, famiglia, libertà d'educazione. Sanno che il popolo italiano l'ascolta e la riconosce come una voce sicura, di cui ci si può fidare, perché interessata solo al bene dell'uomo e non a vantaggi propri o di parte".
Quella italiana, ha affermato il presidente nazionale della Fisc, "é una Chiesa che si mette a fianco del popolo e non di gruppi minoritari che, grazie al forte potere mediatico di cui dispongono, vorrebbero imporre il proprio pensiero. Ma è anche una Chiesa che non si pone contro nessuno e si apre al dialogo con tutti, con la forza della ragione e della fede. Dialogo dal quale coloro che lanciano minacce si autoescludono".
Don Giorgio Zucchelli ha quindi rivolto un ringraziamento a monsignor Bagnasco "per la sua testimonianza e il suo insegnamento, che si inserisce nel solco del coraggio profetico di cui sono oggi capaci Benedetto XVIe la Chiesa italiana e che riscuote il grande apprezzamento dell'opinione pubblica e di tutti noi".
BAGNASCO/ CARD. CAFFARRA: SEGNI INEQUIVOCABILI PERCORSO DI MALE
Solidarietà, preghiera e sostegno da tutta Chiesa Bologna
Roma, 30 apr. (Apcom) - Solidarietà a monsignor Angelo Bagnasco per le "gravi intimidazioni e minacce" subite dal presidente della Cei, arriva dall'arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra. "Nella violenza minacciata alla Sua persona - scrive il porporato - si leggono i segni inequivocabili di quel percorso di male che già aveva cercato la sua vittoria nel 'crocifiggilo!' gridato a Pilato".
"E' un percorso che il Risorto ha inesorabilmente sconfitto. E' questa - prosegue il card. Caffarra - la sicura speranza che sappiamo La sorregge anche in questi momenti, così amari per Lei a motivo soltanto del Suo servizio alla verità sull'uomo". L'arcivescovo del capoluogo emiliano ha poi assicurato al presidente dei vescovi "preghiera, sostegno e piena condivisione" da parte della Chiesa di Bologna.
BAGNASCO: NAPOLITANO, ITALIA NON LASCERA' SOLO PRESIDENTE CEI
(ASCA) - Roma, 30 apr - ''Desidero assicurarle che l'Italia non lascera' solo Monsignor Angelo Bagnasco di fronte alle inammissibili, vili minacce di oscura provenienza di cui e' stato fatto oggetto''. Con queste parole il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si rivolge al Segretario di Stato Vaticano, card. Tarcisio Bertone, in un messaggio inviato oggi. ''Raccolgo le parole da lei pronunciate in relazione a recenti, gravi espisodi di intolleranza nei confronti della Chiesa Cattolica'', scrive Napolitano che aggiunge: ''Desidero assicurarle che l'Italia non lascera' solo Monsignor Angelo Bagnasco di fronte alle inammissibili, vili minacce di oscura provenienza di cui e' stato fatto oggetto. Occorre garantire il piu' sereno esercizio della missione pastorale del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e il piu' pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa Cattolica, la politica e la societa' civile, in linea con gli ottimi rapporti che intercorrono tra la Santa Sede e lo Stato italiano''.
BAGNASCO/ BUTTIGLIONE: CAMPAGNA D'ODIO CONTRO CHIESA CATTOLICA
I mandanti morali siedono nel Parlamento europeo
Rimini, 30 apr. (Apcom) - In Italia c'è un clima di "violenza contro la Chiesa" e i "mandanti morali della campagna di odio" sono da ricercare "all'interno del Parlamento europeo". Rocco Buttiglione, parlamentare dell'Udc, a Rimini per un talk-show sul tema della famiglia organizzato dal Rinnovamento dello Spirito Santo, condanna le offese e le intimidazioni fatte al presidente della Cei, Angelo Bagnasco: "In un paese libero - spiega - ognuno dice ciò che gli pare. Ma in Italia c'è una campagna che vuole impedire ai vescovi di parlare. Questo è un atto di violenza ed espressione di un nuovo totalitarismo". "In Italia - continua l'esponente dell'Udc - sta montando contro la Chiesa un clima di violenza. Hanno tentato di fare al Parlamento europeo una mozione per condannare Bagnasco. Se gli succedesse qualcosa, noi sapremo dove andare a cercare i mandanti morali". Questi "mandanti morali", secondo l'ex ministro del Governo Berlusconi "siedono nel Parlamento europeo e in quelle forze politiche e giornalistiche che hanno lanciato una campagna i odio contro Bagnasco e contro la Chiesa cattolica".
BAGNASCO/ BONDI: BERTINOTTI CAMPIONE DI IPOCRISIA
Esprime affettuosa solidarietà, ma non condanna eurodeputati Prc
Roma, 30 apr. (APCom) - Il presidente della Camera Fausto Bertinotti "si è segnalato ancora una volta come un campione di ipocrisia, esprimendo la sua 'affettuosa solidarietà' a Bagnasco, ma non pronunciando una sola parola di condanna verso quei due parlamentari di Rifondazione Comunista che hanno presentato al Parlamento Europeo un documento che accusa di omofobia il presidente dei vescovi italiani". Lo rileva in una nota il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi.
"E' in atto - sottolinea - un attacco senza precedenti ai vescovi e alla stessa libertà di parola della Chiesa. I ripetuti atti intimidatori contro il presidente della Cei, monsignor Bagnasco, sono solo la punta dell'iceberg di un clima di odio e di intolleranza alimentati da una deriva anticlericale che ha ormai superato ogni limite. Questi sono i frutti avvelenati del relativismo che sta cercando di cacciare i cattolici dalla storia d'Europa calpestando valori inviolabili e aprendo le porte alla dittatura dell'estremismo laicista".
"All'interno di un simile angosciante contesto, in cui un segretario di partito della maggioranza si permette di criticare 'una parte delle gerarchie ecclesiastiche' perché si oppone al programma del governo Prodi, e in cui i cosiddetti cattolici adulti mettono in discussione il magistero della Chiesa come se non fosse suo sacrosanto dovere difendere i fondamenti del Cattolicesimo, non sorprende che poi si manifestino i professionisti dell'odio e dell'eversione. Il presidente Bertinotti - dice Bondi - che indossa la sua veste istituzionale come una camicia di forza, in questa vicenda si è segnalato ancora una volta come un campione di ipocrisia, esprimendo la sua 'affettuosa solidarietà' a Bagnasco, ma non pronunciando una sola parola di condanna verso quei due parlamentari di Rifondazione Comunista che hanno presentato al Parlamento Europeo un documento che accusa di omofobia il presidente dei vescovi italiani".
"Ai tempi di Togliatti, pur in un clima da Guerra Fredda - conclude - esisteva un rispetto reciproco fra Chiesa e Pci, un rispetto che riuscì a far uscire il Paese da una strisciante guerra civile. Ma a questi sbiaditi epigoni della falce e martello sono rimaste solo la doppiezza e l'ambiguità".
BAGNASCO/ BINDI: ITALIA NON LO LASCERA' SOLO, MINACCE IGNOBILI
Clima esasperato, garantire libertà Chiesa di esprimersi
Roma, 30 apr. (Apcom) - "Sono certa che sia le istituzioni che il popolo italiano non lasceranno da solo il cardinale Angelo Bagnasco, al quale va tutta la mia solidarietà per l'ignobile gesto di cui è stato vittima". Lo afferma in una nota il ministro per le Politiche familiari, Rosy Bindi.
"Le nuove minacce rivolte al presidente della Cei - afferma la Bindi - sono il segno di un inaccettabile tentativo di intimidire la Chiesa e di inquinare il dibattito politico e culturale. Dobbiamo tutti sentire la responsabilità di garantire la libertà della Chiesa e il diritto dei vescovi di far sentire la propria voce - prosegue il ministro - tutti dobbiamo impegnarci a superare un clima esasperato di strumentalizzazione e di scontro ideologico che nega alla radice i valori della laicità e della democrazia".
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Il numero 40 del mensile "Liberal" e' quasi completamente dedicato a Papa Benedetto.
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Il Papa ci sfida...
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Rassegna stampa del 30 aprile 2007
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La sfida del Papa e la nostra responsabilità
Un noto direttore di quotidiano italiano, qualche tempo fa, avvertiva una folta platea che qualcosa da un po’ di tempo è cambiato in quel che loro, i giornalisti (e con essi intellettuali e opinionisti), chiamano “cattolicesimo”.
E come segno acuto di questo cambiamento che veniva da una stagione recente della Chiesa, notava che per la prima volta un Papa aveva usato la parola “avvenimento” in una enciclica per descrivere la natura e l’originalità del fatto cristiano. Una parola-spia, secondo quel direttore. Il concetto del cristianesimo come avvenimento storico non è una novità, appartiene a tutta la storia della Chiesa. Ma l’uso di questa parola, precisamente, incuriosiva il direttore.
A dire il vero, l’uso di certe parole da parte di Benedetto XVI sta stupendo tanti - basta leggere le firme autorevoli che ospitiamo in questo numero di Tracce: da Riotta ad Allam, da Reale a Borgna, da Albacete a Lenoci -, e “preoccupando” altri che lo ascoltano. Il Papa parla di cuore, di amore, di ragione, di educazione, di dialogo. Insomma, si occupa di cose da “laici”. Pensi alla fede e alla religione, quello è il recinto assegnatogli. E invece ha osato impiegare proprio le parole che correnti di pensiero e ideologie ostili al cristianesimo hanno preteso di considerare “cosa loro”, e sulle quali i cristiani - figuriamoci il Papa - si possono scordare di mettere il becco. Le parole della modernità, che interessano all’uomo moderno.
Escludendo la Chiesa dall’uso e dal confronto su queste parole e sulle questioni connesse, la si presenta come un’anticaglia che non può dire più niente di utile alla vita presente. Si sbagliano. Perché la Chiesa si è sempre rivolta a quel che interessa l’uomo di tutti i secoli, a quello che il Papa ha chiamato “cuore”.
Raccogliendo e, per così dire, rilanciando la sfida della modernità, Benedetto XVI ha usato quelle parole proibite, ma soprattutto le ha indagate e riproposte nel loro significato originale. E ha lanciato la sfida più alta e più amorosa, i cui primi destinatari siamo proprio noi cristiani: verificare con l’esperienza se il senso di quelle parole è più aperto e profondo alla luce di una familiarità della vita con Cristo. La sfida di amare fino in fondo la libertà dell’uomo e, come fece Cristo, affidarsi a essa per verificare se è vera la più importante notizia che possa raggiungerci: c’è qualcosa che resiste in mezzo a tutta la confusione, la vita non è vana, un Padre ti ha voluto e ti attende, quello che ami non si perde.
Che responsabilità - e che cambiamento - per i cristiani, immersi come tutti in un mondo che ha cancellato dal proprio vocabolario certe parole, dichiarandole impossibili da vivere. Raccogliere la sfida del Papa non significa solo “ripetere” i suoi discorsi, ma soprattutto documentarne la verità, ciò in cui consiste il cristianesimo - «Cristo dà carne e sangue ai concetti - un realismo inaudito» (Deus caritas est) -. Significa mostrare che si può vivere così, perché se gli uomini non vedono, non ci credono. E possono essere attratti solo per il cambiamento che vedono nella vita di uomini come loro. Perciò la nostra responsabilità di fronte al mondo si chiama “testimonianza”.
Tracce
Benedetto XVI/Dentro la realtà
Il dialogo/1
Magdi Allam
Solo rispettando la persona umana è possibile promuovere la pace, e solo costruendo la pace si pongono le basi per un autentico umanesimo integrale. Qui si trova la risposta alla preoccupazione di tanti nostri contemporanei sul futuro. Sì, l’avvenire potrà essere sereno se lavoriamo insieme per l’uomo. L’uomo, creato a immagine di Dio, possiede una dignità incomparabile; l’uomo è così degno d’amore agli occhi del Suo Creatore, che Dio non ha esitato a donare per lui il suo proprio Figlio. È questo il grande mistero del Natale, che abbiamo appena celebrato e la cui atmosfera gioiosa si estende anche al nostro incontro odierno. Nel suo impegno al servizio dell’uomo e alla costruzione della pace, la Chiesa si pone al fianco di tutte le persone di buona volontà offrendo una collaborazione disinteressata.
(Al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 8 gennaio 2007)
Sono pertanto lieto di essere oggi ospite della Turchia, giunto qui come amico e come apostolo del dialogo e della pace (…). La vera pace ha bisogno della giustizia, per correggere le disuguaglianze economiche e i disordini politici che sono sempre fattori di tensioni e minacce in tutta la società. Lo sviluppo recente del terrorismo e l’evoluzione di certi conflitti regionali, d’altra parte, hanno posto in evidenza la necessità di rispettare le decisioni delle Istituzioni internazionali e anzi di sostenerle, dotandole in particolare di mezzi efficaci per prevenire i conflitti e per mantenere, grazie a forze di interposizione, zone di neutralità fra i belligeranti. Questo rimane, tuttavia, insufficiente se non si giunge al vero dialogo, cioè alla concertazione tra le esigenze delle parti coinvolte, al fine di giungere a soluzioni politiche accettabili e durature, rispettose delle persone e dei popoli (…). Faccio appello ancora una volta (…) alla vigilanza della comunità internazionale perché non si sottragga alle sue responsabilità e dispieghi tutti gli sforzi necessari per promuovere, tra tutte le parti in causa, il dialogo, che solo permette di assicurare il rispetto verso gli altri, pur salvaguardando gli interessi legittimi e rifiutando il ricorso alla violenza. Come avevo scritto nel mio primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace: «La verità della pace chiama tutti a coltivare relazioni feconde e sincere, stimola a ricercare e a percorrere le strade del perdono e della riconciliazione, ad essere trasparenti nelle trattazioni e fedeli alla parola data» (1° gennaio 2006).
(Incontro con il Corpo diplomatico presso la Repubblica di Turchia, Ankara, 28 novembre 2006)
Tutte le persone di buona volontà sono grate a Benedetto XVI per l’ispirazione religiosa, la lucidità intellettuale e il coraggio umano con cui ha definito, nello storico discorso all’Università di Ratisbona il 12 settembre 2006, le basi del corretto e costruttivo rapporto tra dialogo e pace, all’insegna del legame indissolubile tra fede e ragione. Papa Ratzinger ha chiarito, dall’alto del suo magistero spirituale e della autorevolezza accademica, che il presupposto scientifico del dialogo è la considerazione della realtà per quella che è, fotografandola obiettivamente e descrivendola senza alcuna suscettibilità sia per ciò che è la sua specificità sia per ciò che è la sua diversità. E che soltanto basandoci sulla consapevolezza della realtà nostra e altrui, senza alcuna mistificazione dettata dall’ignoranza o dal pregiudizio, affrancata da ogni remora imposta dalla paura o dalla viltà, diventerà possibile erigere dei ponti tra le persone che si riconoscono in religioni o fedi diverse. A condizione che questi ponti, che esprimono l’esperienza concreta che porta le persone di buona volontà a incontrarsi e interagire, trovino una sponda solida in un comune punto di approdo, incarnato dalla condivisione dei valori assoluti e universali fondanti della nostra umanità e che hanno in sé l’essenza della trascendenza religiosa e divina. In primis, il valore della sacralità della vita e il valore della dignità della persona. Ebbene il Papa ha chiaramente individuato nel nichilismo dell’estremismo islamico, che ha portato all’elevazione dell’ideologia della morte quale livello supremo di spiritualità, e nel relativismo valoriale e culturale dell’Occidente laicista, che ha finito per mettere sullo stesso piano il vero e il falso e il bene e il male, le due maggiori sfide etiche e umane che tutti noi siamo chiamati a fronteggiare per forgiare insieme una comune civiltà della verità, della vita, della libertà e della pace.
Tracce
Benedetto XVI/Dentro la realtà
Il dialogo/2
Gianni Riotta
Un esperto di comunicazione vaticana osserva: «Giovanni Paolo II era un Papa di gesti, appariva alla folla dei fedeli, apriva le braccia e bastava una telecamera a diffonderne il messaggio. Benedetto XVI comunica per concetti, è teologo, studioso: e i media globali sono in difficoltà a interpretarlo».
La chiave della comunicazione di papa Ratzinger è nel faticoso uscire dalla dialettica del post illuminismo. Adorno diceva che la ragione illuminista, dopo Auschwitz, schiariva un deserto, dove neppure la poesia aveva più luogo. E il suo collega Horkheimer parlava di critica della tolleranza, concetto troppo meccanico per governare il mondo d’oggi, dove le identità si moltiplicano e confliggono e non possono, a giudizio della vecchia Scuola di Francoforte, essere lubrificate solo dalla tolleranza.
L’agire di papa Ratzinger rispetto a papa Wojtyla è scandito dal tempo nuovo. Giovanni Paolo II operò nel contesto della guerra fredda, prima subita e poi risolta. Benedetto XVI agisce nella confusa transizione dalle promesse seguite alla fine del XX secolo alla realtà dura dell’insorgenza fondamentalista islamica e della guerra di identità. Dove lo scontro di civiltà ipotizzato dal professor Huntington rischia di diventare una profezia che si attua nel momento in cui viene posta. Perché è palese come lo scontro non sia tra due “civiltà”, ma tra chi assume il dialogo come strumento di risoluzione degli attriti e chi invece ha il dialogo come obiettivo.
Il richiamo assoluto del Papa alla pace, anche laddove la diplomazia non può farsene carico perché pressata dalla logica delle armi, vedi il Waziristan, funziona quindi come argine morale: non c’è guerra, pur necessaria, che non dissangui anche chi la impugna in vista del bene e della legittimità internazionale. Finiamo alla partenza, cioè nel luogo dei media: se Benedetto XVI invita la comunicazione a dare non solo le notizie ma anche il contesto delle notizie, evoca la critica ai media del neoilluminista e coevo tedesco Habermas. Habermas, in un saggio recentissimo, si dichiara d’accordo. Perché il dialogo è la via della pace, ma i media globali ne sono il percorso.
Tracce
DRINNNNNNNNNNNNNNN!!! I media si devono svegliare ed iniziare a comprendere che i discorsi del Papa non sono riducibili ad una frasetta ad effetto. Forza e coraggio...basta applicarsi un po' di piu' :-))
Raffaella
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(nella foto il Papa ordina il figlio del fotografo Arturo Mari)
La famiglia culla di vocazioni
di FRANCESCA MARIANI
«CON l’aiuto di Gesù, ognuno di voi diventerà un Buon Pastore», ecco il monito rivolto da Benedetto XVI ai ventidue nuovi sacerdoti, ordinati ieri mattina nella Basilica di San Pietro e ai quali ha ricordato che, la prospettiva del martirio, era una realtà molto concreta «all’inizio del Cristianesimo mentre, il Vangelo, andava diffondendosi tra consolazioni e difficoltà. Cari Ordinandi - ha continuato il Pontefice - la certezza che Cristo non ci abbandona, sia per voi motivo di costante consolazione. Il Sacramento dell’Ordine che state per ricevere - ha ricordato Papa Ratzinger ai neosacerdoti - vi farà partecipi della stessa missione di Cristo. Sarete chiamati a spargere il seme della sua Parola e dispensare la divina misericordia. Quindi - per essere suoi degni ministri - dovrete alimentarvi dell’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana: siate pronti a dare la vita per Cristo». Ventidue nuovi sacerdoti per la diocesi capitolina. Vengono dall’Italia ma anche da Filippine, Perù, Ecuador, Repubblica Dominicana, Slovacchia e, soprattutto, sono stati ordinati da Benedetto XVI in una suggestiva celebrazione nella Basilica di San Pietro, concelebrata dal cardinal Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi capitolina e dai diversi vescovi ausiliari. «Per tutti i sacerdoti, domandiamo il dono della perseveranza: che si mantengano fedeli alla preghiera e vivano in ascolto della Parola di Dio, assimilando giorno dopo giorno gli stessi sentimenti di Gesù», ha commentato il Papa, nel discorso che ha preceduto la preghiera del Regina Coeli, celebrata davanti a oltre cinquantamila fedeli. C’è l’ex ragioniere e l’ex barista, il ragazzo che ha conosciuto la povertà delle Filippine, l’uomo che arriva a un passo importante all’età di 51 anni. Alcuni dei neo-ordinati inoltre, fanno parte di seminari e collegi romani. Altri sono studenti dei seminari, portati avanti dal movimento dei neocatecumenali (Redemptoris Mater) o dai Legionari di Cristo. Il loro passaggio al presbiterato avviene proprio nel giorno in cui la Chiesa celebra la «domenica del Buon Pastore» (IV domenica di Pasqua) e la 44ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Suggestivo il momento dell’ordinazione con i nuovi preti, davanti all’altare maggiore: sono Meletito Abella Baniga, Giulio Barbieri, Oscar Asencio Cabrera Bautista, Giampiero Casolaro, Roberto Cassano, Matteo Castellina, Nicola Cavallaro, Marco Ceccarelli, Diego Conforzi, John Jairo Cortez Villareal, Joseph Michael De La Cruz, Alessandro Di Medio, Jose Joaquin Dominguez Ureña, Juan Carlos Mari Rugel, Slavomir Ordo, Alessandro Pagliari, Juan Jesus Prats Arolas, Vincenzo Sarracino, Mauro Storaci, Hugo Cesar Torales Olmedo, Francesco Zanoni, e Mirsolaw Ziomek. Tra i nuovi arrivati anche Rugel Juan Carlos Mari dei Legionari di Cristo, figlio di Arturo Mari, fotografo ufficiale dei papi da oltre trent’anni. È la prima volta che, il padre, non segue la cerimonia con l’immancabile macchina fotografica a tracolla ma ha assistito al rito da invitato e in prima fila, insieme al resto della sua famiglia. Tra l’altro è stato anche il primo a ricevere la comunione dal papa.
Il Tempo, 30 aprile 2007
La celebrazione
Tra i nuovi religiosi il figlio del fotografo ufficiale dei pontefici La Chiesa senza addetti tra i temi del viaggio in Brasile il 9 maggio
ALCESTE SANTINI
Città del Vaticano. È stata una scena davvero suggestiva vedere, ieri mattina nella Basilica di San Pietro, ventidue giovani in ginocchio, la testa fra le mani del Papa, le palme unte dall’olio del Crisma, pronti a diventare sacerdoti in un’epoca in cui, secondo le statistiche, la popolazione mondiale è in crescita e le vocazioni sono in calo, soprattutto in Europa. Benedetto XVI era sorridente mentre li abbracciava, uno per uno, constatando, nel celebrare la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, attorniato dal cardinal vicario Camillo Ruini e da altri vescovi, che ventidue diaconi della sola diocesi di Roma diventavano sacerdoti (tra questi anche Juan Carlos Mari, figlio di Arturo Mari, fotografo ufficiale dei pontefici da oltre trent’anni). Ha, perciò, insistito sull’aspetto della «gioia» che deve accompagnare questi nuovi presbiteri ai quali ha detto, per incoraggiarli, che «la certezza che Cristo non ci abbandona e che nessun ostacolo potrà impedire la realizzazione del suo universale segno di salvezza». La cura delle vocazioni «esige una costante educazione», ha proseguito il Papa affacciandosi poi alla finestra davanti a circa 50 mila persone raccolte in Piazza San Pietro e sottolineando che «quanti sono stati scelti a così alta missione siano accompagnai dall’orante comunione di tutti i fedeli». Va rilevato che un miliardo e 115 milioni di cattolici presenti nel mondo sono oggi assistiti da 406 mila preti, dei quali 150 mila sono religiosi, mentre le suore sono 882 mila. Ma, di fronte agli accresciuti impegni, occorrerebbe un maggiore numero di sacerdoti di fronte alle esigenze della carità, della solidarietà, della scuola e dei centri di assistenza sanitaria, soprattutto nelle aree più povere. Perciò, il Papa ha affermato ieri che «ogni vocazione è chiamata d’amore da parte di Dio per poter corrispondere una risposta d’amore». Le 210mila ordinazioni sacerdotali registratesi tra il 1978 al 2004 riguardano il 40% l'Europa, il 30% le Americhe, il 17,2 l'Asia, il 12,5% l'Africa. Epuure questi dati vanno commisurati con il numero dei decessi che è elevato per cui l’età media si aggira a più di 60 anni. E la crisi sta aumentando anche in America Latina, baricentro del cattolicesimo mondiale. Un problema su cui Benedetto XVI è chiamato a a dare delle risposte rivolgendosi ai vescovi del continente latino ameriocano nel prossimo viaggio in Brasile dal 9 al 14 maggio.
Il Mattino, 30 aprile 2007
Il Patriarca ai giovani: «Grazie di questo regalo»
Milletrecento ieri i pellegrini veneziani a Roma per il Regina Coeli con il Papa. Poi l’incontro con il cardinale Scola
Sventolando la bandiera di S. Marco e vari striscioni con i nomi delle loro parrocchie, i milletrecento pellegrini veneziani si sono ritrovati ieri in Piazza San Pietro a Roma con il Patriarca Angelo Scola e i vicari episcopali per il Regina Cieli con il Papa Benedetto XVI.Il viaggio è stato organizzato a conclusione della "Visita ad limina" che ha visto impegnati per una settimana tutti i vescovi del Triveneto negli incontri con le varie congregazioni vaticane e con il Santo Padre Benedetto XVI. L'appuntamento si ripete di tradizione ogni cinque anni.
Un grande esercito, composto dalle centinaia di ragazzi delle scuole medie provenienti dalle varie parrocchie e realtà del Patriarcato, accompagnati da parecchi adulti (genitori, catechisti, animatori, educatori, sacerdoti, religiosi e religiose) con indosso una maglietta verde chiaro fosforescente, e dal gruppo di una cinquantina di adulti del pellegrinaggio diocesano. Tutti hanno ascoltato silenziosi il saluto del Papa, per poi animarsi in un caloroso applauso finale.
Il momento culminante del pellegrinaggio è stato sicuramente l'incontro per la celebrazione eucaristica con il Patriarca Scola, avvenuto nel pomeriggio nella Basilica dei dodici apostoli.
«Sono felice di vedervi qui, nella chiesa di cui sono il titolare, a pregare insieme a me a conclusione di questa settimana faticosa di incontri - ha esordito il Patriarca Angelo - mi avete fatto un grandissimo regalo, non sapete la mia gioia».
«Siamo venuti a Roma - ha proseguito Scola - per dire al Papa "Tu sei Pietro" e siamo stati ricompensati da un saluto particolare di Benedetto XVI».
Il Patriarca ha quindi esortato i giovani a percorrere la strada della felicità, il cui segreto è il rapporto personale con Gesù. «Il cammino verso la gioia piena - ha continuato Scola - può proseguire dopo questo pellegrinaggio attraverso la strada la Comunità. Dobbiamo vivere in comunione tra di noi, approfondire la conoscenza del pensiero di Gesù (Che ha a che fare Gesù con la mia scuola? Che ha a che fare Gesù con il mio amore?) e trovare l'ambito su cui impegnarsi per un servizio gratuito ad anziani, ammalati e alle persone sole. Ma soprattutto non si può fare a meno di dare testimonianza della nostra amicizia con Gesù».
Daniela Ghio
Gazzettino del nord est, 30 aprile 2007
Sul sito di Marcello Pera (www.marcellopera.it) un commento "al pepe" sull'ipocrisia dilagante :-)
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Europa...ne vale la pena?
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Per l’Europa il vero nemico è la Chiesa
MARCELLO PERA
La questione dell’omofobia è come quella del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto. Si mira da una parte per colpire dall’altra. Sulle coppie di fatto non esiste un vero problema. Non lo hanno le stesse coppie di fatto, le quali, avendo liberamente scelto di essere di fatto, non chiedono di diventare di diritto. Né lo ha la società, perché nessun movimento è mai nato per protestare contro presunte discriminazioni in materia di unioni. In realtà, con la scusa della protezione delle coppie uomo-donna, si vuole arrivare al matrimonio uomo-uomo e donna-donna.
Lo stesso vale per la condanna dell’omofobia. Non esiste un problema sociale degli omosessuali, salvo che nei Paesi islamici (che però, al momento, non fanno parte dell’Unione europea), perché né di fatto né di diritto essi sono discriminati in Europa e in Occidente. Vale addirittura il contrario: da quando si sono liberati dal condizionamento sociale e dalla propria autorepressione psicologica e hanno cominciato a fare outing, non solo gli omosessuali sono stati accettati come tali (salvo i normali pettegolezzi che si riservano a tutti), ma addirittura sono diventati i nuovi eroi portatori di nuovi diritti, nuova cultura e nuova civiltà. Al punto che, se c’è, la discriminazione è a loro favore: ad esempio, mentre è possibile oggi bloccare strade e città per una manifestazione di gay pride, non è più possibile intralciare il traffico per una processione del Corpus Domini.
E allora contro chi ce l’ha il Parlamento europeo? Ce l’ha con la Chiesa cattolica, la quale, come tanti, i più, ritiene che l’omosessualità sia un disordine morale e una a-normalità, per ragioni culturali, genetiche, fisiologiche o che altro. Oltre a ciò, il Parlamento europeo ce l’ha con quei credenti e con quei non credenti (che solo in italiano e francese si chiamano «laici»), i quali, benché non abbiano problemi riguardo ai diritti degli omosessuali, ne hanno di irriducibili contro la loro richiesta di congiungersi in matrimonio, o comunque si chiami l’istituto giuridico a seconda delle fantasie dei vocabolari europei.
E perché il Parlamento europeo ce l’ha tanto con la Chiesa cattolica e coloro che, sul punto, ne condividono la posizione? Perché il Parlamento europeo è la punta avanzata del laicismo europeo, il quale è una delle due valvole mitraliche del cuore dell’ideologia europeista (l’altra, come è noto, è il pacifismo, ma solo se antiamericano e preferibilmente filoislamico).
Morti il fascismo, il nazismo e, alla fine e per grazia di Dio, anche il comunismo, l’europeismo è l’ultimo (nel senso di più recente) rifugio ideologico dell’Europa, soprattutto quella di sinistra e soprattutto quella che, da sinistra, l’aveva sempre osteggiata quando era atlantica e voleva essere cristiana.
A questa ideologia il laicismo fa così tanto da cemento che attorno a esso si edifica quel poco di identità europea che ancora è ammessa (l’Europa laica contro l’America bigotta) o su di esso si costruiscono partiti politici postcomunisti o postcattolici (in Europa, quella Margherita che si chiama partito liberale, in Italia il partito democratico, che non a caso si è definito «partito laico» e, al primo punto programmatico, ha posto il riconoscimento dei matrimoni omosessuali).
L’odio contro la Chiesa e le sue gerarchie (pericolosissimo perché finirà con l’armare ideologicamente la mano di qualche criminale) e l’apostasia del cristianesimo è ciò su cui oggi si basa l’Europa. Non sapendo più che cosa è, né avendo chiara idea di che cosa vuole essere (se non zona di pace e di ferie), l’Europa fugge da se stessa. Ma poiché senza un interlocutore o un avversario, anche immaginario, che consenta di distinguere «noi» da «loro» non si può esistere, l’Europa, per mostrare che invece esiste, ha fatto la sua scelta: ha puntato al fantasma degli omofobi per combattere il cristianesimo.
Trovato il nemico, fascismo, nazismo, comunismo si inventarono confini, campi e gulag per rinchiudercelo. Ma l’ideologia europeista, come ha scritto un Tale, è «una forza gentile»: al momento si limita alle minacce culturali e alle censure parlamentari.
La Stampa, 30 aprile 2007
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IL COLLOQUIO
Bertinotti: "Questo degrado nuoce alla difesa della laicità"
MASSIMO GIANNINI
«Solidarietà», piena e affettuosa. E poi anche «condanna», netta e inequivocabile. Ma ora basta: serve anche «uno scatto etico e politico», per fermare «questo clima pericoloso». È una domenica serena, quella di Fausto Bertinotti. In Umbria, a giocare con i nipotini, per i quali «stravede» come ogni nonno che si rispetti. Una domenica importante, perché esattamente un anno fa, il 29 aprile, un leader non «ex» né «post», ma ancora «orgogliosamente comunista» come lui veniva eletto alla presidenza della Camera. Una ricorrenza significativa, che Fausto il Rosso trascorre in famiglia. Ma la nuova minaccia a Bagnasco è per lui motivo di un´inquietudine profonda.
Il presidente della Camera non nasconde la sua preoccupazione: «La mia solidarietà e la mia condanna sono scontate, ci mancherebbe. Il fatto è che e a questo punto non bastano più», osserva. Proprio lui, che da quando ha assunto la terza carica dello Stato, ha voluto manifestare il massimo rispetto nei confronti della Chiesa, ma ha puntigliosamente rivendicato il principio di indipendenza e sovranità dello Stato sancito dall´articolo 7 della Costituzione, oggi è convinto che episodi gravi di offesa, e ancora di più di violenza (per fortuna solo minacciata e non anche praticata) nei confronti delle più alte gerarchie ecclesiastiche nuocciono proprio a chi, come lui, è impegnato nella difesa della laicità dello Stato.
E il frutto di questo clima da «scontro di civiltà», che Bertinotti considera avvelenato e pericoloso. «Ogni violenza o minaccia di violenza va condannata», dice. «E soprattutto va contrastato il degrado di cultura pubblica di cui queste violenze e minacce sono espressione». È la frontiera della «non violenza», che il leader di Rifondazione ha valicato ormai da tempo, e che ormai professa con convinzione, e a tutto campo. In politica internazionale come in politica interna. Soprattutto nei confronti di certi suoi «compagni di strada». Quei settori della sinistra più estrema e radicale, che dal proscenio dei cortei in cui si bruciano bandiere «nemiche» o dall´anonimato dei muri su cui si scrivono slogan terroristici, vorrebbero riprecipitare l´Italia sotto una cappa di piombo da fine anni ‘70.
Sotto quella cappa, ormai, è finito anche il Vaticano. E da un mese a questa parte, il «bersaglio» prescelto sembra essere proprio il presidente della Cei. Un esito esecrabile della controffensiva ecclesiastica sui temi eticamente sensibili, dai Dico all´aborto all´eutanasia? Una reazione inaccettabile alla crociata ratzingeriana contro il «debole relativismo» dell´Occidente e la «deriva laicista» della politica italiana? Il nesso è evidente. Ma proprio qui, per Bertinotti, sta il rischio maggiore di questo «degrado di cultura pubblica». «Proprio la particolare delicatezza dell´attuale rapporto tra la Chiesa cattolica e lo Stato, e proprio l´esigenza di difendere e arricchire l´idea di laicità - riflette il presidente della Camera - richiedono a noi tutti di essere particolarmente vigili e attenti nei confronti di atteggiamenti che, oltre ad offendere chi ne è oggetto, determinano o possono determinare un clima generale».
Per questo, ormai, la solidarietà e la condanna non bastano più. Quello che si richiede è proprio un soprassalto etico e politico. Per fare argine al degrado, che impoverisce e imbarbarisce il discorso pubblico sul quale finiscono per lasciare un segno le «schegge impazzite» di qualunque colore.
Per porre fine al conflitto ideologico falsamente «huntingtoniano», che finisce per essere il vero brodo di coltura della violenza vecchia e nuova. «In questo momento - aggiunge Bertinotti - proprio non si sente il bisogno di un «clima generale così degradato». Servono ascolto e rispetto. Proprio perché le relazioni tra Stato e Chiesa vivono una fase complessa, in cui su certi temi, a partire dalla famiglia e dai diritti civili, è difficile trovare quella «sintesi» auspicata qualche mese fa dal presidente della Repubblica.
Più crescono le tensioni, più prolifera l´intolleranza, più diventa ardua la battaglia di chi, come lo stesso Bertinotti, è impegnato a difendere lo Stato laico. Il presidente della Camera l´ha detto chiaro, esattamente un mese fa, il 28 aprile, quando si è recato in visita al segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, proprio nel giorno in cui la Conferenza episcopale di Bagnasco aveva diffuso la sua «Nota pastorale» sulla famiglia e sulle unioni di fatto: «La laicità dello Stato è elemento fondativo delle istituzioni. Bisogna avere il massimo rispetto per i fenomeni religiosi, in particolare per la presenza significativa della religione cattolica. Ma proprio per questo bisogna avere l´ambizione di realizzare ogni giorno la laicità dello Stato». Questa «ambizione» - è il ragionamento del presidente della Camera - rischia di venire frustrata proprio da episodi come quello appena accaduto a Genova. Ecco perché è necessario alzare il livello di attenzione e di vigilanza.
Si avvicinano scadenze delicate, da tutti i punti di vista. Mancano solo due settimane al «Family day». Bertinotti ne è giustamente preoccupato. In questo «clima di degrado», bisogna fare di tutto per evitare che, suo malgrado, questo evento sia caricato di significati non voluti e di implicazioni non previste. «Davvero, proprio non se ne sente il bisogno...» , ripete per l´ultima volta Bertinotti, prima di tornare a dedicarsi ai suoi nipotini. Oggi sarà in Sicilia, per commemorare Pio La Torre a Palermo e per ricordare la strage dei lavoratori a Portella delle Ginestre. Domani sarà a Torino, per la Festa del Primo maggio. Fausto il Rosso non ha dubbi: questo resta il modo migliore, per onorare il suo primo anno da presidente della Camera.
Repubblica, 30 aprile 2007
Un domanda sorge spontanea dalla mia mente e dal mio cuore: siamo veramente dispiaciuti per la grave minaccia che incombe sulla Chiesa o ci preoccupiamo che la gente cominci a distinguere fra laicita' (sana) e laicismo? Va bene l'articolo, va bene il colloquio, ma l'intervistatore si e' tradito quando ha parlato di crociata ratzingeriana. E basta! La vogliamo capire o no che sono editoriali come questi che finoscono con il giustificare l'atteggiamento di certe frange? Il Papa fa solo il suo dovere. E' vero...forse la Chiesa ha perso tempo ed ora deve recuperare ma trasformare Ratzinger in un crociato e' quantomeno ridicolo e denota una grossolana malafede.
Raffaella
"Ondata anticlericale fuori dal tempo. Molti laici frastornati da certi slogan"
di Cristiano Gatti
Professoressa Roccella, il conto alla rovescia è cominciato: dodici giorni al Family-day. Certo si sta preparando un simpatico clima da 1948: altro che ideali e contenuti, sembra di essere nuovamente al vecchio scontro mangiapreti-baciapile...
«Purtroppo è così. Ma non è quello che vogliamo noi. Non ci interessa. L’abbiamo detto subito: sfiliamo per una coraggiosa politica a favore della famiglia, non contro qualcosa o qualcuno. Non contro il governo, non contro gli omosessuali. Purtroppo, sta emergendo la grande diversità di spessore culturale che divide la Chiesa e un certo mondo laico».
Dica lei, anima laica da sempre, dove stanno i meriti della Chiesa.
«Stavolta ha stupito tutti per la grande apertura. Già la scelta dei portavoce è un chiaro segnale: oltre a me, c’è Pezzotta, un uomo comunque della sinistra. E poi questa insistenza sul valore supremo della famiglia. Non c’è alcuna traccia degli storici arroccamenti e dei discutibili integralismi di altre epoche. Hanno cercato di chiuderci nell’angolo sui Dico, ma la cosa non ci tocca: hanno capito tutti, ormai, che siamo certamente contro i Dico, così com’erano concepiti, ma che contemporaneamente siamo molto sensibili ai diritti di tutti».
Dall’altra parte, invece?
«È incredibile, stanno rispondendo con modi e con schemi vecchissimi. Spiazzati dall’atteggiamento del mondo cattolico, stanno frettolosamente cercando di ributtarla sullo scontro ideologico, decisamente molto più comodo. Si muovono i cattolici, bisogna zittirli. Da Pannella a Boselli alla sinistra radicale, stesso atteggiamento sterile e ideologico. Non si accorgono che uno scisma sommerso si sta registrando proprio nelle loro file».
Vogliamo spiegare meglio?
«Tanti laici non si riconoscono più negli slogan e nelle parole d’ordine. Su questioni fondamentali che investono l’etica, la morale, la coscienza, vogliono mettersi in discussione. Non accettano un sì o un no di appartenenza. Purtroppo, questi laici non sanno più a chi riferirsi. Soltanto la Chiesa ha dimostrato di avere la statura culturale per cercare risposte profonde».
Intanto, sempre il 12 maggio, ci sarà una contromanifestazione a piazza Navona.
«Se le piazze si riempiono in nome di un’idea, io sono solo felice. Però in questo caso mi chiedo per che cosa, o contro chi sfileranno. Persino sui Dico, lo stesso Pannella mi sembrava tiepido. Credo ci sia dietro soltanto la solita strumentalizzazione politica: ritrovarsi ancora una volta sotto la bandiera anticattolica. Attori, registi, comici, gente di cultura: tutti mobilitati. Ma domando: non è un film già visto?».
Quando, per esempio?
«Referendum sulla procreazione assistita. Abbiamo scordato la Ferilli che porgeva la penna dai manifesti? La penna è rimasta in mano a lei. Tanta gente della sinistra, storicamente compatta nel presentarsi al richiamo della propria parte, ha rifiutato l’invito. Eppure, vedo che la lezione non è servita a molto».
Nel frattempo, l’aria che si respira è sempre più tossica: abbiamo persino il proiettile a monsignor Bagnasco.
«Questi gesti sono solo la reazione di chi si sente culturalmente spiazzato, rinchiuso in una netta minoranza. È un mondo che nessuno più ascolta, e che quindi si rifugia nell’estremizzazione. Con le debite proporzioni, è un rischio che corre la Rosa nel pugno: questa ondata anticlericale è vecchia, fuori dal tempo».
Comunque, è un modo vantaggioso di semplificare il confronto.
«Certo: l’importante è avere il nemico, poi si va alla guerra. Ma è un modo superato. Tanti laici, adesso, sono d’accordo con la Chiesa. Perché su eutanasia, bioetica, famiglia e tutte le altre questioni in gioco, non si può liquidare il dubbio con uno slogan preconfezionato. Per fortuna, molti l’hanno capito».
Per esempio?
«Fassino. L’ho trovato molto corretto. Credo abbia compreso l’altezza del messaggio, e lo rispetti sinceramente».
Ce ne saranno altri?
«Ci contiamo. Il 12, noi spalanchiamo le braccia a questi laici illuminati. Credo saranno in tanti. Perché hanno intuito una cosa fondamentale: la Chiesa non si muove per basso calcolo politico, ma per ideali forti. Da questa parte c’è buonafede. Letteralmente».
Il Giornale, 30 aprile 2007
Il vescovo anticamorra: la Chiesa non può tacere
di Andrea Tornielli
Roma - «Sono gesti ignobili, che si commentano da soli. Ma credo davvero che la volontà di alimentare un clima di scontro non rappresenti in alcun modo il sentimento della gente nel nostro Paese». Monsignor Carlo Liberati, vescovo di Pompei dal gennaio 2004, nei primi mesi trascorsi alla guida della prelatura di uno dei santuari mariani più importanti del mondo ha ricevuto centinaia di lettere anonime, alcune delle quali lo minacciavano di morte. «Non ci ho dato molto peso – racconta al Giornale – e quando sono diventate troppe, ho detto pubblicamente che uccidere un vescovo significa accelerare l’incontro con il suo Signore, ma significa anche, per gli assassini, ottenere l’effetto contrario di attirare l’attenzione sulla sua figura e sulla realtà in cui operava facendone un martire».
Come ha reagito alla notizia della busta con il proiettile recapitata a Bagnasco?
«Desidero innanzitutto esprimere la mia comunione e la mia solidarietà al presidente della Cei, che viene minacciato in quanto simbolo dell’episcopato italiano, ben sapendo che chi ha fede in Dio e vive per testimoniare Gesù Cristo non si lascia turbare dalle minacce, perché sa che ha ricevuto una missione da compiere».
Come deve reagire la Chiesa?
«Penso sia importante non enfatizzare questi episodi e non alimentare in alcun modo un clima di scontro e di contrapposizione. La Chiesa non cerca lo scontro e non alimenta tensioni sociali. Non credo che la nostra gente condivida il tentativo di creare tensioni. In ogni caso gesti ignobili come questo si commentano da soli. Noi dobbiamo continuare a promuovere il confronto, il dialogo, la pace e costruire il bene comune di cui oggi pochi si ricordano, promuovendo quei valori evangelici oggi spesso calpestati nella nostra società».
Ammetterà che il clima è surriscaldato. Che cosa pensa delle parole di Bagnasco su pedofilia e incesto?
«Chi ha avuto la pazienza di leggere prima di reagire, si sarà accorto che l’arcivescovo di Genova non ha mai paragonato i Dico alla pedofilia o all’incesto. Ha spiegato, invece, che se non esiste un criterio oggettivo per giudicare ciò che è buono e vero, se il parere dell’opinione pubblica diventa l’unico criterio di giudizio morale, è difficile valutare i comportamenti. Se il criterio unico e assoluto del bene e del male è la libertà di ciascuno, come scelta, allora diventa possibile tutto. E ha fatto, a questo riguardo, due esempi concreti avvenuti in Europa».
La Chiesa ha esagerato, secondo lei, nell’esporsi sui Dico?
«Non credo proprio che si possa venir meno al suo compito educativo. Mi sembra, invece, che il dibattito su questi temi sia eccessivamente semplificato. La Cei non ha condannato le convivenze e anzi ha suggerito di intervenire nel diritto privato per rispondere a eventuali nuove esigenze che non siano già garantite. Ciò che è inaccettabile, invece, è creare un nuovo soggetto di diritto pubblico che si veda assegnati diritti e tutele simili a quelle della famiglia fondata sul matrimonio e garantita dalla nostra Costituzione».
Il Giornale, 30 aprile 2007
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Aggiornamento della rassegna stampa del 30 aprile 2007 (1)
In questo post non viene narrato il reato in se', ma le reazioni della CEI e del Vaticano e quelle del mondo politico (queste ultime assolutamente inadeguate anche perche' non unanimi).
Mi consola il fatto che FINALMENTE i Cattolici si stanno svegliando e, forse, la persecuzione contro la Chiesa e il Papa fa parte del misterioso disegno di Cristo per strapparci dal torpore in cui eravamo precipitati negli ultimi decenni.
Raffaella
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Rassegna stampa del 30 aprile 2007
E il cardinale Ruini: risponderemo forte e chiaro
Luigi Accattoli
CITTÀ DEL VATICANO —« Solidarietà totale» all'arcivescovo Angelo Bagnasco, accompagnata dall'avvertimento che se c'è «volontà di intimidire» gli uomini di Chiesa, loro parleranno «in modo ancora più forte e più chiaro» .
Il cardinale Camillo Ruini commenta così, con il Corriere della Sera, l'ultima minaccia anonima all'arcivescovo che dal 7 marzo è il suo successore alla presidenza della Cei. «Ovviamente è un gesto inqualificabile che probabilmente nasconde una volontà di intimidire» afferma il cardinale Vicario del papa per la città di Roma. «Di fronte a questo gesto — dice ancora — è evidente una solidarietà totale, che va al di là del gesto stesso e che non viene soltanto dai vescovi o dal solo mondo cattolico, ma che è molto più vasta». Conclusione dell'uomo che ha guidato per 16 anni la Conferenza episcopale italiana: «Di fronte a ogni tentativo di intimidire, è bene che tutti sappiano che parleremo, se necessario, in modo ancora più forte e più chiaro».
Ritroviamo in queste parole il tono dell'omelia per i morti di Nassiriya (novembre 2003), quando Ruini disse con riferimento ai terroristi: «Non fuggiremo davanti a loro». Parole che sono poi riecheggiate in quest'altre: «La Chiesa non si lascia intimidire», pronunciate dal segretario della Cei Giuseppe Betori nel settembre del 2005, dopo che lo stesso Ruini era stato contestato a Siena da un gruppo sinistrorso, durante la cerimonia di consegna di un premio della «Fondazione Liberal».
Anche le parole «parleremo chiaro e forte» e «parleremo ancora più chiaro» le abbiamo ascoltate più volte dal cardinale Ruini e quelle di ieri ci dicono che egli è l'uomo combattivo e tenace di sempre, benché oggi non parli più a nome della Cei. Il primo segnale che viene da questa sua dichiarazione è che egli non minimizza l'ennesima minaccia all'arcivescovo Bagnasco, come erano sembrati fare — nel primo pomeriggio di ieri — la curia di Genova e «ambienti vicini alla Cei». In questa sua lettura forte dell'episodio, Ruini concorda con quanto sempre ieri ha dichiarato il segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, che invitava l'Italia a «sostenere» Bagnasco e a «non lasciarlo solo».
I due uomini di Chiesa che hanno più voce sulla scena italiana e vaticana danno dunque la stessa interpretazione reattiva e polemica di un episodio che invece altri — nella stessa Chiesa — tendono a minimizzare, forse più per prudenza che per convinzione. Probabilmente la concordanza dei cardinali Ruini e Bertone è da ritenere spontanea, più che frutto di una consultazione. Ma è altrettanto probabile che ambedue — diretti collaboratori del papa — risentano della preoccupazione di Benedetto XVI per il clima che si sta creando in Italia in materia di pronunciamenti della Chiesa che toccano materie politiche. Né va dimenticato che una delle scritte apparse sui muri di Genova diceva «***** al papa».
C'è infine da rilevare un'altra assonanza significativa tra le parole dei due cardinali che più di frequente parlano con il papa: ambedue tendono a promuovere — intorno all'arcivescovo Bagnasco — un'ampia solidarietà: Bertone sollecitando il «sostegno» dell'Italia, Ruini segnalando come già in atto un appoggio «molto più vasto» di quello cattolico.
Corriere della sera, 30 aprile 2007
Prodi: atti che non vanno tollerati Rutelli: si vuole limitare la Chiesa
Il presidente del Consiglio ha telefonato al capo della Cei Casini: i vescovi non si faranno intimidire. Fi: minaccia ignobile
ROMA — Arriva la solidarietà da tutti i partiti. Dall'Unione come dal centrodestra. Ma riesplode anche la polemica su laicismo e anticlericalismo. È in questo modo che è stata accolta dai politici di maggioranza e di opposizione la notizia della lettera con il bossolo indirizzata al presidente della Conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco.
Per il presidente del Consiglio, Romano Prodi, si tratta di «atti di stupidità e di intimidazione che non devono essere tollerati». Solidarietà che il premier esprime direttamente al capo dei vescovi italiani, raggiungendolo per telefono in serata. Il presidente della Margherita, Francesco Rutelli, esprime il suo «disgusto per il tentativo da parte di frazioni estremiste e violente di limitare la libertà della Chiesa cattolica». E mette in guardia dal minimizzare certi avvertimenti: «Guai a dare spazio a certi gesti, guai — ripete — a sottovalutarli».
I diessini, con una nota, parlano di «gesto grave e inaccettabile, da respingere senza esitazioni, che colpisce, oltre al destinatario, al quale va espressa piena solidarietà, le ragioni del dialogo, la vera leva attraverso la quale è cresciuta la coscienza civile del nostro Paese». Comunica tutta la sua «solidarietà» a Bagnasco, «per il vile gesto di cui è stato vittima», anche il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. E il radicale Daniele Capezzone parla di «episodio da condannare e indice di un clima davvero brutto».
Ma, sempre all'interno del centrosinistra, ad evidenziare il clima di scontro che si è venuto a creare è il ministro della Giustizia, Clemente Mastella: «Siamo di fronte ad un elemento quasi di un ideologismo e ad un laicismo fortemente esasperato». I senatori teodem Luigi Bobba e Paola Binetti invitano «a bloccare questo proliferare di manifestazioni che rivelano un anticlericalismo ideologizzato di cui temiamo i possibili rigurgiti». Il socialista Roberto Villetti difende però manifestazioni come quella promossa dalla Rosa nel Pugno «il 12 maggio a piazza Navona per ricordare la vittoria del referendum sul divorzio».
Anche dalla Casa delle Libertà ci si mobilita per commentare le nuove minacce all'arcivescovo di Genova. Interviene subito Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi: «Siamo vicini a monsignor Bagnasco, fatto oggetto ancora una volta di un'ignobile minaccia e gli esprimiamo tutta la nostra solidarietà». Pier Ferdinando Casini si dichiara comunque «certo» che «la Chiesa italiana non si farà intimidire da queste provocazioni». Il leghista Roberto Calderoli se la prende duramente con il governo. Claudio Scajola, Fi, presidente del Copaco: «Tutti devono fare la loro parte per evitare che questo clima di odio e di intolleranza degeneri in azioni ancora più eclatanti. Un Paese costretto a mettere sotto scorta un rappresentante della Chiesa non è un paese civile».
Corriere della sera, 30 aprile 2007
Non e' vero che tutti i partiti hanno espresso solidarieta' a Mons.Bagnasco. Ecco qui:
"E´ un intollerabile atto di stupidità"
Prodi telefona a Bagnasco durante la messa. Berlusconi: ignobile minaccia
Il rabbino capo Di Segni: siamo vicini al presidente della Conferenza episcopale
ALBERTO CUSTODERO
ROMA - «È un atto di stupidità e di intimidazione che non deve essere tollerato». Il presidente del Consiglio Romano Prodi dà voce all´indignazione del mondo politico all´ultimo atto - il proiettile di pistola spedito via posta - della campagna di intimidazione cominciata un mese fa contro il presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, all´indomani della sua dura presa di posizione contro le unioni di fatto. Dopo Prodi (che ieri sera al telefono ha espresso la sua solidarietà a Bagnasco, dopo avere provato a chiamarlo nel pomeriggio, quando però l´arcivescovo stava celebrando una messa), è stato il vicepremier Francesco Rutelli a manifestare «disgusto per il tentativo, da parte di frazioni estremiste e violente, di limitare la libertà della Chiesa cattolica». Dura anche la posizione del ministro dell´Ambiente, il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio: «Sono gesti che avvelenano la democrazia».
Ma se la solidarietà del mondo politico è stata quasi unanime (va registrato il silenzio di Pdci e Prc), il nuovo episodio di minaccia ha provocato un inevitabile scontro tra laici e cattolici delle due coalizioni. Per i senatori teodem della Margherita Luigi Bobba e Paola Binetti «sono fatti sempre più frequenti e aggressivi che non possono essere attribuiti ad una mano isolata o ad un burlone in cerca di visibilità». Non manca, del resto, chi, tra i cattolici a destra come a sinistra, se la prende con il clima di «esasperato laicismo» che fa da contorno a questi episodi». Su questa posizione si sono schierati nel centrosinistra il ministro della Giustizia, Clemente Mastella («siamo di fronte ad un elemento quasi di un ideologismo e un laicismo fortemente esasperato»), e il socialista Roberto Villetti, capogruppo della Rosa nel Pugno («i laico-terroristi cercano d´inquinare il confronto che è il sale della democrazia»). E nel centrodestra Maurizio Ronconi, vicepresidente dei deputati dell´Udc, secondo il quale «nel Paese sta prevalendo un laicismo livoroso assai preoccupante perché un governo altrettanto laicista non riesce ad arginarlo e, anzi, con alcune componenti, lo incoraggia». Se dall´opposizione il presidente dei senatori di Fi Renato Schifani invita al dialogo («la classe politica deve evitare contrapposizioni di piazza che rischierebbero di favorire chi conosce solo l´arma della violenza»), e il presidente del Copaco, Claudio Scajola, chiede di «evitare che il clima di odio degeneri», Roberto Calderoli, della Lega, vicepresidente del Senato, getta invece benzina sul fuoco. «Purtroppo - ha dichiarato il senatore leghista - solo in un Paese in cui si inneggia alle Brigate Rosse, e chi è al Governo, forse perché eletto anche con quei voti, tace e si ostina a tacere, possono accadere cose del genere». Berlusconi, attraverso il suo portavoce Paolo Bonaiuti, ha fatto sapere di «essere vicino a Bagnasco, oggetto di una ignobile minaccia», mentre Andrea Ronchi, portavoce di An, «ha denunciato al ministro dell´Interno Amato questo clima di intimidazione». In serata, infine, è arrivata, per voce del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, «la solidarietà umana, civile e religiosa degli ebrei romani per l´atto vergognoso e vigliacco di cui è stato vittima monsignor Bagnasco».
Repubblica, 30 aprile 2007
IL POLITOLOGO
Baget Bozzo: è il segno dell'anticlericalismo dilagante
Roberto Zuccolini
ROMA — Don Baget Bozzo, lei che è di Genova e che conosce a fondo la città, ci può dire che cosa sta succedendo?
«Non credo verosimile che le minacce a monsignor Bagnasco possano portare ad un reale pericolo per la sua persona. Detto questo, però, hanno fatto bene a rafforzare la sua scorta. Perché Genova è una città particolare».
In che senso?
«È sempre stata una città rossa. Dal dopoguerra in poi è stata teatro a più riprese di manifestazioni anche violente. Ed è il luogo in cui le Brigate Rosse cominciarono ad uccidere negli anni Settanta. Ma a preoccuparmi, e tanto, è soprattutto un'altra cosa».
Quale?
«Sul fronte dell'anticlericalismo e dell'avversione alla Chiesa stiamo assistendo ad una vera e propria deriva di carattere generale, parallela a certe battaglie politiche».
Vuole dire la battaglia sui Dico?
«Sì, ma non solo. È molto significativo che ad esprimere accenti anticlericali non siano più soltanto i radicali e l'estrema sinistra. È in atto una saldatura di questi gruppi con i ceti più alti della società. Mi ha molto colpito il fatto che a Strasburgo i socialisti europei hanno chiesto la censura per Bagnasco, poi evitata grazie all'intervento del presidente del Parlamento Pöttering».
E in Italia?
«Da qui al Family Day tutto è possibile. Anche per la radicalizzazione di una parte importante della sinistra, tra cui i socialisti di Boselli».
Anche lei è stato socialista.
«Ma allora era diverso. Guardi, lo stesso Boselli non era certamente lo stesso. Me lo ricordo, a quei tempi non aveva questi accenti laicisti. Il Psi di Craxi era un'altra cosa. E non era così anticlericale neanche Pannella. La verità è che c'è una marea anticristiana che monta in Europa, un sentimento anticattolico che tocca gli strati più alti come quelli più estremi della società».
E a che cosa porterà?
«Non lo so: è difficile prevedere con esattezza che cosa accadrà, ma siamo di fronte ad un fenomeno da non sottovalutare. Ormai la violenza non tocca più solo la politica, bensì la parte che si può definire simbolica della società. Quindi anche la Chiesa».
Corriere della sera, 30 aprile 2007
Unico obiettivo: distruggere
di Paolo Del Debbio
La pallottola recapitata a monsignor Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, non è assolutamente da prendere sotto gamba. Né questa né le minacce di morte precedenti. Lo sarebbero, forse, se non si respirasse, in Italia, almeno da due anni, dal tempo del referendum sulla procreazione assistita, un clima pesante con episodi di vera e propria intolleranza nei confronti della gerarchia cattolica, Papa compreso. Ma non è così. Purtroppo.
Il Giornale ha difeso spesso il diritto di parola dei vescovi italiani anche durante la presidenza del cardinale Camillo Ruini. Spesso ci si è trovati davanti a delle critiche che non erano indirizzate al contenuto di quello che dicevano i vescovi ma al fatto stesso che i vescovi parlassero. Su questioni etiche avrebbero dovuto tacere perché così avrebbero rispettato la laicità dello Stato.
In questo clima creato da affermazioni sbagliate, da concezioni sbagliate, certamente questi fatti che hanno riguardato il presidente della Cei, non c'è da stare allegri. Altrimenti, vi sembra possibile che discutendo sui Dico si possa arrivare alle minacce di morte? Evidentemente questi presunti terroristi vogliono colpire la sua vita, la sua esistenza, più che i contenuti che esprime. È l'esistenza di Bagnasco che deve essere eliminata, più che la sua parola.
Ma perché tutto questo? La storia è vecchia. Almeno dal '68 in poi. L'obiettivo è l'annientamento di tutto ciò che è considerato un ostacolo alla instaurazione sulla terra di un’utopia mai precisata nei suoi contenuti positivi, ma molto precisa e feroce negli obiettivi da distruggere. La estrema banalità della categoria di tutto ciò che è borghese unitamente a tutto ciò che è capitalistico (e globalizzato), alla fine, è il pugno di mosche che rimane in mano a chi voglia approfondire il pensiero di questi signori. Niente di più. Ma questo deve costituire un motivo in più di preoccupazione. Perché tanto meno le proprie idee possono reggere al confronto con gli altri e alla razionalità, tanto più chi le pota avanti diviene violento.
L'ingresso a pieno titolo della Chiesa cattolica e dei suoi pastori negli obiettivi terroristici rivela la voglia distruzione e di annichilimento totale che arriva fino alle radici di un popolo. Combattere contro la Chiesa significa combattere contro le radici del popolo italiano. Distruggere tutto, fin dalle origini. D'altra parte, due anni fa, nelle scelte referendarie per la procreazione assistita, il popolo italiano si trovò - diciamo così - più d'accordo con la Chiesa che non con gli altri. Ma questo non conta. Per chi deve portare avanti un’idea (cialtrona) dotata solo della forza della violenza quello che conta non è cosa pensa il popolo, ma distruggere chi la pensa diversamente da loro. Per questo occorre massima vigilanza. Per rispetto alla persona di monsignor Bagnasco. E anche per rispetto al patrimonio che egli rappresenta per il nostro Paese.
Il Giornale, 30 aprile 2007
Intervista
Il cardinale Herranz
“Mandanti morali? I partiti che creano odio verso la Chiesa”
GIACOMO GALEAZZI
CITTÀ DEL VATICANO
«Teniamo gli occhi aperti e forniamo alla polizia le informazioni utili per la sicurezza di monsignor Bagnasco, ma i fondamentalisti anticlericali e laicisti non credano, con le loro intimidazioni, di far indietreggiare o tacere la Chiesa». La Digos ha appena consegnato il pacco minatorio agli esperti della scientifica e, nei Sacri Palazzi, ad analizzare l’«emergenza-Genova» è il cardinale Julián Herranz, fino al mese scorso ministro vaticano della Giustizia, ora presidente della Commissione Disciplinare della Curia Romana.
Il capo della Chiesa italiana è finito nel mirino dell’estremismo politico. Come si sta muovendo la Santa Sede?
«Ciò che sta accadendo a Genova non viene sottovalutato. Non drammatizziamo i segnali pur inquietanti: suscitare clamore è il primo obiettivo di settori ultraminoritari e non rappresentativi della società italiana. Però si tiene conto anche degli ambienti e degli orientamenti che stanno dietro l’emergenza e i fenomeni violenti. E’ indubbio che stiamo registrando un clima di intolleranza e fanatismo antiecclesiale, quindi per rafforzare la sorveglianza viene garantita la massima collaborazione alle forze dell’ordine da parte del clero e del laici».
Con quali effetti?
«I violenti non riusciranno ad impedire al presidente della Cei di far sentire la sua voce nella sfera pubblica. La fede non è solo un fatto privato e la disponibilità al martirio è insita nella nostra missione di pastori. Io sono vicinissimo a Bagnasco e mi sento profondamente unito a lui. Gli ricordo che abbiamo un dogma stupendo: la comunione dei santi. L’intera Chiesa, tutto il popolo di Dio lo accompagna. Esiste un fondamentalismo islamico con il braccio del terrorismo. E un fondamentalismo laicista ugualmente antirazionale e antidemocratico. E’ senza un barlume di civiltà attaccare gli interventi pubblici della Chiesa, come accade da mesi sui Dico».
Vede «mandanti morali» delle minacce?
«Alcuni partiti, a furia di gridare all’ingerenza ecclesiastica, creano odio verso la Chiesa e istigano le frange estremiste. Questi sono i risultati. Addolora e preoccupa vedere come i politici che sono l’espressione in Parlamento del laicismo non condannino apertamente questi gesti di vergognoso squadrismo. Solo oggi si è mosso qualcosa. Chi semina odio, arma la mano del fondamentalismo ideologico più violento. Si vuole tenere la Chiesa sotto tiro, ma si ottiene l’effetto opposto. Non temiamo il martirio. L’ultimo secolo è stato quelli con il maggior numero di martiri».
Che effetto fa in Curia vedere il presidente della Cei super-scortato?
«Crea motivata preoccupazione. La sorveglianza è competenza della polizia ed è stato giusto raddoppiare la scorta. Il pericolo è reale e va contrastato in maniera efficace. Siamo di fronte a un’ondata di totalitarismo che ricorre a minacce di ogni tipo per spegnere la nostra voce. La Chiesa, però, non tace e non fa marcia indietro. Né ora né mai. Bagnasco e gli altri pastori continueranno a illuminare le coscienze e ad indicare le esigenze della fede cristiana. La Chiesa non verrà ridotta al silenzio per timore. Vogliono far scomparire, oltre all’idea di Dio, la dimensione religiosa della persona. Puntano ad una fede confinata nella coscienza, senza riflessi nella vita personale, familiare e sociale».
E’ una strategia?
«Cercano di intimidire la Chiesa con modalità che rievocano tristi esperienze che speravamo superato per sempre. Dà fastidio una Chiesa che manifesta, scende in piazza e difende la propria fede».
La Stampa, 30 aprile 2007
Io aggiungere ai partiti che fomentano l'odio anche alcuni mass media che tentano la stessa operazione. La mia speranza e' che gli uni e gli altri abbiano presto un sonoro smacco morale :-)
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Rassegna stampa del 30 aprile 2007
Cari Amici, come era prevedibile, oggi i giornali dedicano le prime pagine al tentativo di intimidazione nei confronti di Mons. Bagnasco, della Chiesa e del Papa. Tentativo, ovviamente, destinato a fallire anzi, semmai, a rafforzare la missione della Chiesa stessa.
Ieri abbiamo tanto criticato i media che sono responsabili di avere riportato male (probabilmente in malafede) alcune affermazioni del Presidente della CEI, di avere enfatizzato le prime scritte sui muri e di avere scatenato il processo di emulazione!
Bene! Stamattina, per non cadere nel circolo vizioso della profezia che si autoalimenta, ho deciso di inserire un paio di articoli su questo argomento, pubblicati da due quotidiani agli antipodi per ideologia. Verranno ignorati gli articoli con la descrizione di cio' che avvenuto. Non mi soffermo sul reato in se' per non fare pubblicita' a questi terroristi o pseudo tali.
Mi interessano molto di piu' i commenti e gli editoriali sull'argomento e, sicuramente, le reazioni di Vescovi e del Vaticano. Ci sara' da "ridere" perche' qualcuno ha trovato il modo di attribuire comunque la colpa di cio' che e' successo al Papa ed alla CEI...complimenti!
A questo post seguiranno altri.
Raffaella
Proiettile per posta a Bagnasco Bertone: l´Italia lo sostenga
La Cei: gesto irresponsabile, noi non alimentiamo scontri
MARCO POLITI
CITTA´ DEL VATICANO - Una pallottola recapitata in busta al presidente della Cei Angelo Bagnasco, un fremito d´orrore in Vaticano e nell´intero episcopato italiano. «Bisogna che l´Italia sostenga monsignor Bagnasco e non lo lasci solo», esclama scosso il Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone. «Un fatto assurdo e brutale», gli fa eco l´ex ministro degli esteri papale cardinale Silvestrini.
Una minaccia così non si era mai vista nell´intera storia repubblicana, neanche nelle stagioni più aspre e conflittuali tra Chiesa e società al tempo dei referendum sul divorzio e sull´aborto, neanche - tornando più indietro con la memoria - all´epoca delle scomuniche contro i seguaci del comunismo staliniano.
Monsignor Bagnasco non avrebbe nemmeno voluto che la notizia fosse pubblicizzata, ma alla fine è trapelata. Venerdì la busta è arrivata in arcivescovado a Genova: dentro, un vecchio proiettile (anzi, per la precisione, un bossolo) assieme a una foto di Bagnasco ritagliata da un giornale e deturpata da una svastica tracciata a mano. In gran riserbo, secondo una linea che si è imposto da settimane, il presidente della Cei ha incontrato il questore di Genova.
Poi, ieri, la notizia è esplosa. Ed è stata un´ondata di solidarietà. Telefonate da tutta Italia all´arcivescovo. Ma neanche ieri, nel vivo delle attestazioni di solidarietà e delle polemiche sulle responsabilità del gesto teppistico, il presidente della Cei ha voluto cambiare atteggiamento. Da parte sua non è venuto nessun annuncio e nessuna protesta. «Contro monsignor Bagnasco ci sono solo piccole frange di esaltati», si è limitato a dire il portavoce dell´arcivescovado di Genova.
In una lunga telefonata tra Bagnasco e Betori, segretario generale della Cei, è stato concordato che va mantenuta la linea di profilo basso, anzi bassissimo. La Conferenza episcopale non vuole esasperare gli animi, il vertice della Chiesa invita ad una condotta pacata e ribadisce la sua volontà di dialogo con chiunque.
«L´Italia non lasci solo monsignor Bagnasco» è il commento spontaneo del cardinale Bertone, nel tardo pomeriggio, di ieri, all´uscita dalla messa celebrata in una chiesa di Roma. E´ una reazione istintiva, che affida alla sensibilità popolare la difesa della Chiesa e dei suoi esponenti. «Di più non posso dire. Io sono amico di monsignor Bagnasco e anche tra noi due ci sosteniamo vicendevolmente», conclude il cardinale. Dal suo letto d´ospedale, dov´è ricoverato a Milano, il vicepresidente della Cei, monsignor Luigi Benigno Papa, trasmette a Bagnasco una «preghiera di sostegno e vicinanza».
Ma la parola d´ordine è: non enfatizzare. «Non vogliamo sollevare polveroni - confidano a Repubblica dal quartiere generale della Cei - soprattutto se si trattasse di un mitomane». Betori decide nel primo pomeriggio che non va fatto nemmeno un comunicato. Solo una dichiarazione targata diplomaticamente "fonti autorevoli vicine alla Cei".
L´orientamento è chiaro: «Il fatto di Genova - viene affermato - è un gesto intimidatorio che si commenta da sé». Fa parte di un clima di «incomprensibile eccitazione». E non è intenzione della Cei «enfatizzare oltre misura questo ennesimo gesto irresponsabile». Lapidario il commento finale: «Non è intenzione della Chiesa alimentare alcuna forma di scontro, che non è mai stato cercato». Il vertice della Cei auspica che prevalgano il buon senso e le ragioni del dialogo.
Da Genova, il direttore del settimanale diocesano don Grilli ribadisce che Bagnasco è uomo mitissimo, pronto a dialogare con chiunque: «Basta che lo chiamino e lui va».
Eppure, nonostante l´autocontrollo esercitato ad ogni livello dell´istituzione ecclesiastica, lo choc è forte negli ambienti ecclesiali. Il cardinale Silvestrini, che nei suoi ottant´anni e più ha visto tanti passaggi della storia d´Italia, confessa che «neanche in quei mesi del 1945 quando in Emilia prelevavano e uccidevano dei sacerdoti, c´era un simile atteggiamento di minaccia diffusa contro i vescovi e la Chiesa». Il porporato sente sorpresa per questo scoppio di «violenza irrazionale che rompe ogni argine» e invoca anche lui come Bertone solidarietà per Bagnasco e ciò che rappresenta. «E´ un fatto tremendamente grave», afferma Silvestrini. «Condanna del gesto e vicinanza al presidente della Cei - aggiunge - ma è anche necessario che Chiesa e società convergano per superare un clima in cui si manifestano minacce così assurde». Guai se si lascia incancrenire la situazione, sottolinea.
A Milano il cardinale Tettamanzi sta seguendo con particolare apprensione gli attacchi al suo successore nella diocesi genovese. «Speriamo fortemente - dicono i suoi collaboratori - che si tratti di un matto».
Repubblica, 30 aprile 2007
Caro Politi, come mai e' cosi' stupito? Come mai oggi ostenta quasi solidarieta' nei confronti di Bagnasco? Non mi e' sfuggita la citazione di Tettamanzi (colui che Lei, Politi, avrebbe voluto al posto dell'attuale Presidente della CEI), ma io mi chiedo: perche' fingere di stupirsi per il clima che si e' venuto a creare?
Quando i media alimentano gli equivoci e riportano informazioni gonfiate e/o false, e' chiaro che le conseguenze non si fanno attendere.
Io non mi stupisco per quanto e' accaduto. Cio' che mi stupisce e' il finto stupore dei media e dei politici, che, oggi, corrono a solidarizzare con Bagnasco non ammettendo le proprie responsabilita'.
E' un vero peccato che cio' che e' accaduto dopo Ratisbona non abbia insegnato nulla. Anche allora i media enfatizzarono una frase della lectio del Papa, facendo credere che fosse contro l'islam. Che cosa successe? Manifestazioni di piazza, manichini bruciati, bandiere tedesche date alle fiamme e una suora innocente uccisa.
Non stupiamoci...impariamo!
Raffaella
Minacce a Bagnasco, ora arriva un proiettile e nell'Unione si litiga
di Ferruccio Repetti
Genova - Dopo le scritte intimidatorie sui muri della cattedrale, ecco la busta con un bossolo di proiettile e foto segnata dalla svastica: le minacce a monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova, saranno pure «frutto di esaltati» o - come dichiara il portavoce della Curia genovese, Carlo Arcolao - «di frange molto piccole e psicologicamente labili», ma intanto si moltiplicano. E la questura del capoluogo ligure dimostra di non sottovalutarle, decidendo anzi di rinforzare la scorta già assegnata al presule nei giorni scorsi.
Tanto più a poche ore dall’episodio di intolleranza avvenuto venerdì, ma reso noto ieri: nel palazzo arcivescovile annesso alla cattedrale di San Lorenzo - dove alcune settimane fa erano apparsi messaggi ingiuriosi all’indirizzo di Bagnasco, in relazione alle sue dichiarazioni contro i Dico e in difesa della famiglia - è stata recapitata una busta anonima diretta al capo dell’arcidiocesi. L’ha aperta un suo segretario che si è trovato fra le mani un bossolo e una foto di Bagnasco ritagliata da un giornale su cui era tracciata col pennarello una svastica. «Il fatto è stato tenuto riservato anche ai più stretti collaboratori dell’arcivescovo - spiegheranno poi dalla Curia - per non alimentare il clima di allarme». Lo stesso Bagnasco, che in serata ha ricevuto la telefonata del premier Romano Prodi) si è incontrato con il questore Salvatore Presenti, e subito sono scattate le indagini che hanno portato ad accertare la natura del bossolo (la parte metallica del proiettile espulsa dopo lo sparo): calibro 9 per pistola, modello 34, di fabbricazione precedente alla Seconda guerra mondiale. Questo particolare rafforza negli investigatori la convinzione che il mittente sia un mitomane. Lo ribadisce il questore Presenti. Il quale, comunque, ha stabilito contromisure adeguate di protezione.
Ieri, in occasione delle cerimonie religiose che si sono svolte alla presenza di Bagnasco, due agenti non si sono mai allontanati da lui, anche al momento della Comunione. In particolare nella cattedrale, dove nel pomeriggio ha ordinato tre nuovi diaconi, il prelato ha fatto solo un accenno alle minacce, durante l’omelia: «Oggi - ha scandito il presidente della Cei, con voce ferma - la diocesi vive una grande gioia che non può essere turbata da nulla». Dal Vaticano arriva la solidarietà del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, suo predecessore a Genova: «Bisogna che l’Italia sostenga Bagnasco e non lo lasci solo. Di più non posso dire. Io sono suo amico e anche tra noi due ci sosteniamo vicendevolmente». Ma la tensione in città resta alta: pur nel tentativo di ridimensionare la portata degli episodi «per non alimentare alcuna forma di scontro», le autorità religiose e i vertici delle forze dell’ordine mantengono il livello di vigilanza, sulla base del progressivo inasprimento della tensione che si è verificato d 2 aprile scorso, quando Bagnasco ha criticato la normativa sui Dico. Quel giorno, sulla porta di San Lorenzo, appare la prima scritta: «Bagnasco vergogna». Dopo un vertice tra il questore e il prefetto Giuseppe Romano, si decide di affidare al vescovo un agente di scorta.
Nei giorni successivi, nonostante Bagnasco eviti di tornare sull’argomento-Dico, spuntano nuove scritte a Genova e in altre città italiane. Alcuni slogan sono «firmati» con la stella a cinque punte delle Br. La mattina del 25, sempre a Genova, a ridosso di uno dei muri del duomo, mentre a poca distanza è in corso la cerimonia per l’anniversario della Liberazione, viene abbandonata una valigetta. Scatta l’allarme bomba: i carabinieri, per sicurezza, la faranno saltare in aria. Sembra l’ultimo sussulto dell’anticlericalismo più radicale. Un migliaio di cattolici genovesi scendono in piazza «armati» di fiaccole, per testimoniare solidarietà al loro vescovo. Proprio in quel momento, quando viene lanciato l’ennesimo appello alla ragione, a qualcuno viene in mente di spedire, via posta ordinaria, una busta con un bossolo. E un altro messaggio inquietante.
Il Giornale, 30 aprile 2007
I cattolici dell’Unione: anticlericalismo fomentato a sinistra
di Francesca Angeli
Roma - Laicismo esasperato e anticlericalismo. Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, associa le minacce a monsignor Angelo Bagnasco ad un crescente clima di contrapposizione e di intolleranza che mette a rischio la coesione sociale. Con il proiettile inviato al presidente della Cei, dice il Guardasigilli: «siamo di fronte ad un elemento quasi di un ideologismo e un laicismo fortemente esasperato» che «non giova al Paese». Secondo Mastella si è arrivati «a una soglia di intolleranza incredibile, frutto di un elemento culturale che tenta di anteporre le proprie questioni non tollerando, non rispettando i problemi e i principi che altri pongono, che vengono contestati con atteggiamenti e gesti che sono incomprensibili e da consegnare alla più bieca idea anticlericale che esiste da anni nel nostro Paese».
Anche il premier Romano Prodi condanna quelli che definisce «atti di stupidità e di intimidazione che non devono essere tollerati» e spiega di aver espresso personalmente a Bagnasco la sua solidarietà. Il leader della Margherita, Francesco Rutelli esprime: «disgusto per il tentativo da parte di frazioni estremiste e violente di limitare la libertà della Chiesa cattolica» e invita pure a «non sottovalutare certi gesti». Un altro Dl, Pierluigi Castagnetti si spinge più in là parlando di «una vera e propria intimidazione contro la funzione magisteriale della Chiesa che fa pensare a forme di violenza paraterroristica».
Il commento di Mastella infastidisce Silvio Viale, della Rosa nel Pugno. «Il proiettile inviato a Bagnasco è una provocazione di chi vuole strumentalizzare il confronto sulla laicità. -dice Viale- Come evidente è la pronta strumentalizzazione, senza pudori, messa in atto da vari esponenti politici». Ovvero Mastella, dice Viale, medico noto per il suo impegno a favore della pillola abortiva, che definisce l’intervento del ministro «stupidario di occasione». Ma anche dentro la Margherita c’è chi la pensa come Mastella: le minacce a Bagnasco non arrivano dal nulla ma sono frutto di una campagna oltraggiosa nei confronti della Chiesa. In una nota congiunta i senatori teodem, Luigi Bobba e Paola Binetti, sottolineano come gli avvertimenti «sempre più frequenti e aggressivi» non possano «essere attribuiti ad una mano isolata o a un burlone». Bobba e Binetti puntano chiaramente il dito contro chi ha soffiato sul fuoco. «L’aggressione alla Chiesa italiana nella persona del suo presidente non è assolutamente giustificabile. Eppure alcuni leader politici lo hanno fatto, ignorando la molteplicità di iniziative di servizio al Paese», dicono i senatori, che chiedono un intervento urgente «per non lasciare spazio a quanti seminando odio e violenza esercitano una vera e propria azione di destabilizzazione nella convivenza civile». Basta, concludono «al proliferare di manifestazioni che rivelano un anticlericalismo ideologizzato di cui di cui temiamo i possibili rigurgiti».
Il socialista Roberto Villetti, capogruppo della Rosa nel Pugno a Montecitorio si sente chiamato in causa. «È assurdo che esponenti politici confondano il dibattito tra idee diverse con le gesta dei gruppi armati - dice Villetti -. Si arriva a mettere sotto accusa la Rosa nel Pugno e la decisione di socialisti e radicali di ricordare l’anniversario della vittoria del referendum sul divorzio con una manifestazione a piazza Navona il 12 maggio (giorno del family day ndr) perché così si creerebbe il clima favorevole a simili allucinanti gesta». Denunciano un clima di violenza e di intolleranza nei loro confronti pure i rappresentanti delle associazioni gay che chiedono l’intervento del capo dello Stato. Giorgio Napolitano. Aurelio Mancuso, Arcigay, chiede di condannare «nello stesso modo» le intimidazioni alla Chiesa e gli insulti omofobici. Ma l’Arcigay da Ancona commenta così: «Chi semina vento raccoglie tempesta».
Il Giornale, 30 aprile 2007
E certo!!!! Colpa della Chiesa...ovvio!
Ma certi politici pensano che gli italiani siano tutti nati ieri?
IL PERSONAGGIO
Bagnasco voleva tenere riservata la notizia. Per lui ieri in duomo un lungo applauso e tanti incoraggiamenti
"Nulla turberà la mia missione"
L´arcivescovo a cresime e ordinazioni con la scorta rafforzata
MASSIMO CALANDRI
NADIA CAMPINI
GENOVA - Monsignor Angelo Bagnasco venerdì mattina era a Roma per i suoi impegni di presidente della Cei, quando negli uffici della Curia genovese, alle spalle del centro storico, è arrivata una busta bianca anonima. Al tatto i due addetti della segreteria sentono qualcosa di sospetto e la trasmettono agli uffici del commissariato di polizia che sorge proprio di fronte al palazzo della Curia. Dentro c´è un bossolo piuttosto ossidato di una pistola calibro 34, una vecchia arma usata dall´esercito nella seconda guerra mondiale, e una fotografia di Bagnasco ritagliata di un giornale con sopra disegnata una svastica. In quelle ore l´arcivescovo sta rientrando a Genova e la notizia gli arriva tramite il suo segretario. Monsignor Bagnasco sceglie di non parlarne con nessuno, nemmeno con i suoi collaboratori più stretti, telefona solo in Vaticano, al segretario di Stato Tarcisio Bertone, per consultarsi con lui. Poi decide di mantenere il riserbo più assoluto, d´intesa anche col questore, che incontra venerdì sera in Curia.
L´intenzione era quella di evitare il rischio di possibili emulazioni, ma ieri mattina la notizia è trapelata tramite un giornale locale, il Corriere Mercantile. A quel punto la risposta arriva direttamente dall´altare, in cattedrale, durante la messa solenne per l´ordinazione di tre diaconi. «Oggi - dice l´arcivescovo nell´omelia - la nostra diocesi vive una grande gioia che non può essere turbata da nulla».
Nonostante tutto Bagnasco resta «sereno» e anche ieri, come sempre, ha voluto mantenere inalterati i suoi impegni. Al mattino è stato in una parrocchia genovese, San Marcellino, ad impartire le cresime, al pomeriggio in cattedrale per le ordinazioni diaconali. Qui per la prima volta ha risposto in modo breve, ma significativo, alle nuove minacce.
In chiesa il servizio di sorveglianza messo in campo è stato rafforzato. Due agenti hanno seguito l´arcivescovo in tutta la processione lungo la navata della cattedrale, i vestiti scuri che spiccavano in mezzo alle tonache bianche dei sacerdoti, lo sguardo nervoso e attento per sorvegliare tutti i presenti. Si sono anche messi ai lati, a pochi metri di distanza dall´arcivescovo, quando monsignor Bagnasco è sceso dall´altare per distribuisce la comunione. Nel frattempo altri agenti in borghese perlustravano discretamente la cattedrale, mescolandosi ai fedeli. Dal canto suo l´arcivescovo ha parlato nell´omelia di una «grande festa di famiglia», sottolineando che «non siamo soli, siamo dentro la comunità cristiana, che è il soggetto primario di ogni iniziativa di evangelizzazione e carità».
Il volto sereno, sorridente, il presule al termine della funzione ha ripercorso in processione tutta la navata della cattedrale fermandosi a lungo a stringere le mani e salutare i fedeli, tanti suoi vecchi parrocchiani. «Auguri» e tante parole di incoraggiamento gli sono arrivate, mentre risuonava in chiesa un lungo e caloroso applauso.
Già dalle prime scritte di minaccia contro di lui monsignor Bagnasco ha sempre cercato di ignorare tutto, nella speranza che piano piano si ridimensionasse il clima di tensione. «Ha già chiarito che tutto questo putiferio è nato da una cattiva interpretazione - spiega don Silvio Grilli, direttore del settimanale della diocesi genovese Il Cittadino -. Cosa deve dire ancora? Sceglie di stare zitto. E´ l´uomo più mite che ci sia, è sereno, ma ovviamente è anche dispiaciuto». La "cattiva interpretazione" è quella che, secondo don Grilli, fu data a un discorso nel quale Bagnasco aveva evocato pedofilia e incesto per sottolineare i rischi legati a un riconoscimento delle coppie di fatto.
L´agenda dell´arcivescovo non cambia, ma ormai il presidente della Cei vive sotto scorta. Quando gli uffici della Curia sono aperti e l´arcivescovo è in sede, al primo piano del palazzo che dà le spalle alla cattedrale, un agente della Digos staziona in portineria e quando ci sono udienze private si sposta al primo piano, dove vengono ricevuti sacerdoti e autorità. Nelle uscite pubbliche l´arcivescovo è seguito da un´auto e da alcuni agenti, che variano di numero a seconda del tipo di situazione. «Noi abbiamo l´attenzione massima e compiamo tutti gli accertamenti possibili - dice il questore di Genova, Salvatore Presenti -. Tuttavia quest´ultimo episodio non desta particolare preoccupazione, non è un gesto organizzato, non ha nulla a che vedere con gli autori delle scritte, è probabilmente l´atto di un mitomane».
Repubblica, 30 aprile 2007
E' incredibile che un uomo di Chiesa debba vivere sotto scorta. Tutta la mia solidarieta' al Presidente della CEI.
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