22 maggio 2007

Rassegna stampa del 22 maggio 2007


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SERVIZIO DI SKYTG24

No, non è la BBC ma una rete faziosa

Cari amici, iniziamo la nostra rassegna stampa con l'importante prolusione di Mons. Bagnasco all'assemblea generale della CEI.
Ci sara' da ridere nel leggere certi commenti ma noi siamo sempre pronti a fare una grassa risata, non e' cosi'? :-)
Successivamente ci occuperemo ancora del video della BBC. Devo confessarvi che piu' passano i giorni e piu' i denigratori si scavano la fossa da soli.
Mi vengono in mente tante domande da porre...

Raffaella

Ecco la prima "ondata" di articoli:

Il capo dei vescovi ai politici «Non ignorate il Family Day» Allarme per l'Italia povera

«Tornano i pacchi viveri. Calunnie le accuse di omofobia»

Luigi Accattoli

ROMA — L'arcivescovo Angelo Bagnasco ha aperto ieri l'assemblea della Cei chiedendo al Parlamento di dare una risposta al Family Day: «La società civile si è espressa in maniera inequivocabile e ora attende un'interlocuzione istituzionale commisurata alla gravità dei problemi segnalati». Non ha detto in quale direzione dovrebbe andare la risposta, ma è nota la richiesta Cei di una «politica familiare organica» che abbia «priorità» sui diritti dei conviventi.
Con la sua prolusione il presidente della Cei ha pure lanciato un allarme per gli incidenti sul lavoro e per la «povertà» in cui vivono le «famiglie monoreddito con più figli a carico». Ha respinto come «calunniose» le accuse di «omofobia» rivolte alla Chiesa e la denuncia di suoi interventi «intrusivi» nella «vita pubblica».

MINACCE — Con signorilità Bagnasco ha fatto solo un'allusione leggera ai «noti episodi di cronaca che mi hanno direttamente coinvolto», cioè alle minacce che gli sono venute da scritte sui muri e da una lettera con proiettile. Giusto per dire che muovevano da «interpretazioni distorte» e «attribuzioni di pensieri mai pensati». L'intenzione di continuità con il cardinale Ruini l'ha espressa con un «grazie sincero, grande e commosso» al predecessore. La prolusione ha confermato lo stile sobrio dell'arcivescovo di Genova, che non gli impedisce di essere chiaro su ciò che conta.
Ha definito la manifestazione di San Giovanni «un fatto molto importante e per noi vescovi consolante», da vedere come «commento attendibile» ed «eco adeguata» alla «nota» della Cei sui Dico. Ha lodato «la convergenza riscontrata con settori qualificati dell'area laica» e ha concluso che quell'evento «rimarrà come un segno forte nell'opinione pubblica e come un appello decisamente non trascurabile per la politica». Per Bagnasco l'accusa di «omofobia alla Chiesa e ai suoi esponenti» — che l'ha coinvolto personalmente e che è tornata a risuonare in una risoluzione votata a fine aprile dal Parlamento europeo — è «semplicemente ideologica e calunniosa, e contrasta con lo spirito e la prassi di totale e cordiale accoglienza verso tutte le persone».

ETICA — Il richiamo della Chiesa ai «fondamenti etici» non viene fatto «per essere intrusivi» o «perché vogliamo attentare alla laicità della vita pubblica, sfigurandola, ma per innervare questa con le inquietudini che possono garantire il futuro». «Noi vescovi — ha assicurato — non parliamo dall'alto, né vogliamo fare in alcunché da padroni». «Spesso con difficoltà si arriva alla fine del mese», ha detto l'arcivescovo a proposito della crescente povertà di singoli e famiglie. Ha segnalato che dalle famiglie «monoreddito» le strutture caritative ricevono «crescenti» richieste d'aiuto «anche con "pacchi viveri" che parevano definitivamente superati». Per gli incidenti sul lavoro ha indicato una griglia di interventi: «Si rimuovano per quanto è possibile le cause, emerga il lavoro nero ed irregolare, si rendano trasparenti gli appalti».
Massimo Polledri della Lega, Antonio Tajani di Forza Italia e Riccardo Pedrizzi di An lodano Bagnasco per la richiesta rivolta ai politici di dare «risposta» al Family Day. Pierluigi Castagnetti della Margherita invita il «fronte laicista» a «cogliere» gli argomenti proposti dall'arcivescovo «sul tema della laicità». A proposito dell'omofobia il presidente dell'Arcigay Aurelio Mancuso ricorda che la sua associazione ha espresso solidarietà a Bagnasco quando è stato «minacciato», ma l'arcivescovo ha «taciuto» quando «nostri esponenti hanno subito violenze».

Corriere della sera, 22 maggio 2007


LIVIA TURCO
«Sì al dialogo con questa Chiesa È vicina ai bisogni della società»

ROMA — Un «bel testo». Una «novità». Un «intervento alto, che va approfondito». In altre parole «una svolta», un «linguaggio diverso» rispetto all'era di Camillo Ruini. Le parole di monsignor Bagnasco conquistano Livia Turco. Tanto che per il ministro della Salute con questa Chiesa «che torna ad essere pastorale e popolare» è possibile «tornare a dialogare».

Corriere della sera, 22 maggio 2007


BOSELLI

«Vogliono un partito del Papa»

ROMA — «Chi sperava in un discorso meno politico è rimasto deluso».
Anche lei è tra i delusi? «No, io non mi aspettavo cambiamenti. Da Ruini a Bagnasco la linea è sempre la stessa: costruire il partito del Papa». È vero, Enrico Boselli dice che è solo una battuta. Ma poi il segretario dello Sdi continua il ragionamento. Chi farebbe parte di questo partito? «C'è l'imbarazzo della scelta. Mastella, l'Udc, la Margherita che ha deciso con Rutelli di aderire a questa campagna integralista. Ma sono molto preoccupato anche dalle ultime scelte di Fassino, che prima aderisce al gay pride e il giorno dopo invita Pezzotta a discutere di una legge diversa dai Dico. Ecco, il partito del Papa è parente stretto del partito del pentimento sui Dico».
Boselli non condivide il pensiero di monsignor Bagnasco che aveva parlato di «accuse calunniose di omofobia» e di «critiche ideologiche» alla Chiesa: «Io non penso che la Cei non possa entrare nel dibattito politico. Ma se lo fa, e lo fa a gamba tesa tutti i giorni, deve accettare anche le critiche senza scambiarle per calunnie, senza gridare alla bestemmia». E l'allarme povertà?
«Interessante ma non era il nocciolo del discorso».

Corriere della sera, 22 maggio 2007

Bah!


Conferenza di Firenze, lite Bindi-Prc E il ministro adesso frena sui Dico

La titolare della Famiglia apre alla individuazione di «strumenti diversi»

ROMA — «La modifica al codice civile per regolare i diritti individuali dei conviventi è rischiosa». Ma ormai anche Rosy Bindi, ministro della Famiglia, si dice disponibile a «seguire altre strade», accantonando i Dico. A Firenze per inaugurare una mostra fotografica dei Fratelli Alinari sulla famiglia, mette in guardia dalla soluzione che sembra raccogliere la preferenza della maggioranza delle forze politiche.
Una via che dopo le aperture del leader ds Piero Fassino (ringraziato per questo ieri da Cossiga) ha trovato attenzione anche dal portavoce del Family Day, Savino Pezzotta. La Bindi ha parlato alcune ore prima della prolusione in cui monsignor Bagnasco ha chiesto ai politici di non trascurare il messaggio che è venuto dalla piazza del 12 maggio (contraria ai Dico), ma la sua non è stata più una difesa ad oltranza del provvedimento.
Secondo la Bindi, «fin dal primo momento il governo è stato disponibile all'individuazione di strumenti nuovi: l'unico punto fermo è che non accetteremo mai forme surrettizie di matrimonio di serie B». Bindi insomma ha preso atto che in Senato i Dico non sono passati, «e se questa stagione è finita, bene», ma ha sottolineato che il progetto del governo era un punto di «equilibrio tra i diritti delle persone e la Costituzione che riconosce la famiglia fondata sul matrimonio». Il ricorso al codice civile invece, secondo il ministro, è una via «che va esplorata con attenzione, perché non è cosa da poco cambiare il codice civile, che da un certo punto di vista può essere ancora più rischioso perché nel codice civile c'è il diritto di famiglia». Anche Franco Monaco, deputato dell'Ulivo, punta su «strumenti diversi» per ottenere gli stessi risultati. Mentre per Mimmo Lucà, presidente della Commissione Affari sociali della Camera (Ds), sulla «necessità di un compromesso politico e giuridico sostenibile» ha ragione Fassino.
Il vicepresidente della Camera, Pierluigi Castagnetti, della Margherita, pur sostenendo che «Fassino mostra lo spirito giusto, senza rigidità e ideologismi» accusa il centrodestra di non avere «uno spirito costruttivo », a suo giudizio «conviene rinviare ogni discussione».
Il probabile accantonamento dei Dico spinge la teodem Paola Binetti a dire «che il riconoscimento dei diritti individuali di chi convive è ormai una priorità». Intanto i promotori del Family Day si sono dati l'«obiettivo della difesa e della promozione, nello spazio pubblico, della piattaforma sociale e civile dei cattolici: vita, famiglia e libertà d'educazione». Il primo appuntamento, giovedì alla Conferenza nazionale per la famiglia organizzata dal governo a Firenze. Dove Rifondazione ha annunciato che non andrà: per la «grave e ingiustificabile» esclusione delle associazioni omosessuali.

Corriere della sera, 22 maggio 2007


LA NOTA

La ricerca di una tregua dopo aver vinto in piazza

di MASSIMO FRANCO

È una visione cruda, quella che i vescovi hanno e trasmettono dell'Italia. Fotografa una realtà di miseria crescente, perché nasce da un impoverimento progressivo del ceto medio. Famiglie monoreddito con figli, gente sola, anziani, accomunati dalla fatica di arrivare a fine mese; costretti, in certi casi, a ricorrere «ai pacchi viveri» come nel passato più nero. Se il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, voleva offrire la propria versione delle cause del distacco dalla politica, ci è riuscito. Senza volerlo, ha finito per contrapporre la «società civile» rivelata dal Family Day del 12 maggio a piazza San Giovanni, ad una classe dirigente disattenta.
Rispetto a partiti che attribuiscono il malessere alla legge elettorale, alle tasse, al bipolarismo, la Chiesa italiana punta il dito su un concetto palpabile, concreto: la povertà. Ma lo fa con toni né polemici, né recriminatori. Anzi, verrebbe da dire che quello di Bagnasco è un atto d'accusa con parole difensive: come se la Cei avesse una gran voglia di lasciarsi alle spalle la contrapposizione e le polemiche di questi ultimi mesi; e il suo presidente, tornare a camminare senza scorta dopo le minacce sui muri. Giura che i vescovi non vogliono agire «da padroni»; che non intendono «parlare dall'alto»; e che non hanno intenzione di «attentare alla laicità».
Sembra un tentativo di spegnere i focolai di tensione; di abbassare gli steccati; di tendere la mano. È rivelatrice la preoccupazione che si crei «una contrapposizione strumentale tra laici e cattolici. Questa contrapposizione», spiega Bagnasco, «in realtà non trova riscontro nel sentire della stragrande maggioranza del nostro popolo». Si tratta della presa d'atto di una situazione che esiste da anni.Ma non è irrilevante che il presidente della Cei la faccia propria dopo mesi in cui sono state usate come clave le categorie della «laicità» e della «cattolicità». Significa che l'episcopato vuole uscire dalla trappola di uno scontro culturale artificioso.
D'altronde, la prova di forza del Family Day è stata vinta. La piazza è stata dominata con la mobilitazione dell'associazionismo e delle parrocchie. Bagnasco si può permettere di diffondere la parola d'ordine della distensione e della tregua. Ora che «la società civile si è espressa in modo inequivocabile», toccherebbe alla politica rispondere a quell'«appello decisamente non trascurabile». Non solo. Anche sulle unioni di fatto la Cei sembra riuscita a rovesciare i rapporti di forza parlamentari, premendo sui partiti in modo che la legge imboccasse un binario morto. Resta il fronte più esposto: l'accusa, definita «ideologica e calunniosa», di discriminare gli omosessuali. Ma sarà difficile coprirlo.
Pur rivendicando «il gesto dell'amicizia» con tutti, l'impostazione concede poco agli avversari. La critica ai «media laici» che avrebbero sottovalutato il Family Day conferma la durezza di fondo di Bagnasco. L'unica istituzione riconosciuta come interlocutrice è il Quirinale di Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato è il testimone del «più pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa cattolica, la politica e la società civile, in linea con gli ottimi rapporti che intercorrono tra la Santa Sede e lo Stato Italiano». Ma Bagnasco sa che servono altri alleati: anche perché, accusa, il Parlamento europeo sarebbe dominato dall'«intolleranza» anticattolica.

Corriere della sera, 22 maggio 2007

«Voi pensate ai Dico, a noi chiedono cibo»

di CATERINA MANIACI

Il Family Day è stato un successo e non dovrà essere trascurato, o peggio tradito, dai politici. È la voce delle famiglie, trascurate e in grave difficoltà, che deve essere ascoltata. Soprattutto da quelli al potere, soprattutto al governo, che pensa ai Dico, mentre l'Italia si impoverisce sempre di più, al punto che in molti arrivano nelle parrocchie, nei centri diocesani e chiedono i pacchi viveri, come ai tempi del dopoguerra. E la Chiesa ha il diritto, anzi il dovere, di levare la sua voce per difendere chi è più debole. Altro che accuse di omofobia, di attentato alla laicità della società civile: sono solo calunnie. Parla in maniera chiara, pacata, forte, senza sconti per nessuno, monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, aprendo i lavori dell'Assemblea generale della Cei in Vaticano, che proseguiranno fino a venerdì prossimo, 25 maggio. È la sua "prima volta" da presidente davanti all'Assemblea; è anche il primo, importante intervento di Bagnasco dopo le minacce e le scritte ingiuriose contro di lui e contro papa Ratzinger. Siamo anche in pieno post-Family Day e proprio constatando il successo della manifestazione del 12 maggio a piazza San Giovanni a Roma, che l'arcivescovo di Genova rileva: «È la società civile che si è espressa in maniera inequivocabile e che ora attende un'interlocuzione istituzionale commisurata alla gravità dei problemi segnalati». La manifestazione di San Giovanni, aggiunge il presule, è «stato un fatto molto importante», anzi «consolante per noi vescovi», e con «un'ottima riuscita». È anche il momento di respingere al mittente tutte le accuse di ingerenza della Chiesa, di attacco alla laicità, di omofobia. e chi più ne ha più ne metta. I vescovi italiani, sottolinea il presidente della Cei, non vogliono fare «da padroni», «parlare dall'alto», nè attentare alla laicità della vita pubblica, perché «ci preme Cristo e il suo Vangelo, null'altro». «Se come vescovi rileviamo, magari più spesso», ammette, «di quanto sarebbe gradito, i fondamenti etici e spirituali radicati nella grande tradizione del nostro Paese, non è perch' vogliamo attentare alla laicità della vita pubblica, sfigurandola, ma per innervare questa delle inquietudini che possono garantire il futuro». Il capo dei vescovi ricorda le minacce contro di lui e la Chiesa e si dice molto preoccupato riguardo «il rischio di una contrapposizione strumentale tra laici e cattolici». Questa contrapposizione in realtà «non trova riscontro nel sentire della stragrande maggioranza del nostro popolo». E poi, c'è la questione gay: «Spiace rilevare che si levano a volte accuse di omofobia alla Chiesa e ai suoi esponenti. Diciamo serenamente che la critica è semplicemente ideologica e calunniosa, e contrasta con lo spirito e la prassi di totale e cordiale accoglienza verso tutte le persone». Quanto alle questioni sociali il presidente della Cei è altrettanto netto. «La nostra esperienza diretta», dichiara, «registra una progressiva crescita del disagio economico sia di una larga fascia di persone sole e pensionate, sia delle famiglie che fino a ieri si sarebbero catalogate nel ceto medio». «E proporzionalmente», aggiunge, «c'è un ulteriore schiacciamento delle famiglie che avremmo definite povere». Dalle segnalazioni ricevute, secondo il presidente della Cei «la situazione attualmente più esposta sembra essere quella della famiglia monoreddito con più figli a carico. Spesso con difficoltà si arriva alla fine del mese». A questo punto descrive il Paese reale con alcune "pennellate" efficaci e, nello stesso tempo inquietanti: «È da questa tipologia di famiglie che viene oggi alle nostre strutture una richiesta larga e crescente di aiutoanche con i "pacchi viveri" che parevano definitivamente superati - per lo più mascherata e nascosta per dignità». Famiglie più povere, dunque, quelle che pagano il prezzo più alto della crisi che sta attraversando. E pensare che, proprio il Family Day, manifestazione «concepita come un'autentica festa di popolo» e che ha colpito «per freschezza e serenità, e per quel senso civico di rispetto degli altri, di proposta e di inclusione che l'ha interamente attraversata», voleva essere, e poi in effetti è stata, «una testimonianza forte e corale a favore del matrimonio quale nucleo fondante e ineguagliabile per la società». Famiglia stabile significa società civile stabile: «I fallimenti scolastici, la dipendenza dalle droghe e le violenze diminuiscono nella misura in cui si sviluppano politiche di sostegno economico e sociale della famiglia». Per garantire «la più ampia protezione della famiglia da ogni forma di discriminazione», secondo la Cei bisogna non curarsi delle pressioni ideologiche e dunque «parlare di stabilità della famiglia, quale risorsa preziosa, anzi 'insostituibile', in ordine allo sviluppo educativo, alla coesione sociale e alla stessa crescita economica». Se in generale i politici non hanno saputo cogliere il disagio profondo che colpisce il ceto medio, le condizioni della famiglia e il "grido" che si è levato da piazza San Giovanni, «significative e apprezzabili» sono state invece «le recenti affermazioni del Presidente della Repubblica, volte a riaffermare il più pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa cattolica, la politica e la società civile, in linea con gli ottimi rapporti che intercorrono tra la Santa Sede e lo Stato Italiano». E nel suo intervento monsignor Bagnasco parla poi del dramma della disoccupazione, delle "morti bianche" sul lavoro, sulle «devastazioni e intimidazioni» nel Sud Italia prodotte da una cultura dell'illegalità. Ringrazia il suo predecessore, il cardinale Camillo Ruini, e il Pontefice, anche «per le sue affettuose espressioni di vicinanza e di incoraggiamento a seguito dei noti episodi di cronaca che mi hanno direttamente coinvolto», ossia le minacce ricevute, che sono arrivate dopo «attribuzioni di pensieri mai pensati». Il mondo politico, chiamato in causa, reagisce. Molte voci della Cdl definiscono «serio, approfondito, forte» il discorso del presidente della Cei. Che viene approvato anche da alcuni esponenti della Margherita. Come fa Enzo Carra, portavoce dei teodem, il quale però rileva che «sarebbe stato bene che quanti oggi plaudono alle parole del cardinal Bagnasco sul Family Day, avessero partecipato insieme agli altri a quella grande manifestazione».

Libero, 22 maggio 2007


“La politica non può ignorare il Family Day”

Il presidente Cei: Italia più povera, a fine mese molti vengono da noi per avere i pacchi alimentari

Cita il Papa: «Come soggetto politico non faremmo di più per i poveri, ma meno»

CITTÀ DEL VATICANO
Monsignor Bagnasco apre la sua prima assemblea generale, e traccia, con toni pacati, il paesaggio dei rapporti Chiesa e Stato nel paese, dopo il «Family Day» e il ribollire di polemiche sui Dico. Ma non si limita a ciò, e introduce nel suo discorso profondi elementi di preoccupazione sociale, per l’impoverimento progressivo di grandi fasce della popolazione. Un lungo capoverso è dedicato alla situazione sociale delle famiglie. «Spesso con difficoltà si arriva alla fine del mese. È da questa tipologia di famiglie che viene oggi alle nostre strutture una richiesta larga e crescente di aiuto - anche con i "pacchi viveri" che parevano definitivamente superati - per lo più mascherata e nascosta per dignità».
«La prima prolusione all’assemblea dei vescovi di monsignor Bagnasco è molto seria, rigorosa e decisamente schierata dalla parte dei diritti delle famiglie e dei cittadini italiani più bisognosi di attenzione dalla politica» dice Pierluigi Castagnetti, vicepresidente della Camera dei deputati. «La politica si vede così riconosciuta tutta intera la propria responsabilità di rispondere concretamente ai problemi veri senza rifugiarsi in assurdi e pregiudiziali ideologismi».
L’arcivescovo di Genova afferma subito all’inizio, e lo ripete in altri punti, che la Chiesa non ha ambizioni politiche. Cita Benedetto XVI («se la Chiesa cominciasse a trasformarsi in soggetto politico non farebbe di più per i poveri, semmai farebbe di meno»); e poi, quasi scusandosi dell'insistenza ci certi appelli, dice: «Se come Vescovi rileviamo, magari più spesso di quanto sarebbe gradito, i fondamenti etici e spirituali radicati nella grande tradizione del nostro Paese, non è perché vogliamo attentare alla laicità della vita pubblica, sfigurandola, ma per innervare questa delle inquietudini che possono garantire il futuro. La nostra parola non ha mai doppiezze».
La Chiesa rispetta «la sana laicità» ma suggerisce «i grandi criteri e i valori inderogabili, orientando le coscienze e offrendo un'opzione di vita», e vuole contrastare «quello che - sia a livello mediatico che legislativo - irride e minaccia quei valori fondamentali». Con garbo il presidente della Cei propone l’agenda delle controversie: «anche quando la persona non ha ancora sviluppato e attuato le sue capacità o perde coscienza di sé, resta persona degna di rispetto e di diritto. La sua dignità è dunque intrinseca e incancellabile qualunque siano le circostanze di vita. L'uomo... è sempre "qualcuno", non è e non diventa mai "qualcosa", un "mezzo" per raggiungere altro». Denuncia «i travisamenti che il concetto di famiglia sta subendo. Spiace rilevare anche che si levano a volte accuse di omofobia alla Chiesa e ai suoi esponenti. Diciamo serenamente che la critica è semplicemente ideologica e calunniosa, e contrasta con lo spirito e la prassi di totale e cordiale accoglienza verso tutte le persone».
Bagnasco lancia anche un messaggio chiaro alla politica. «Un fatto molto importante e, per noi Vescovi consolante, è stata l'ottima riuscita della manifestazione nota col nome Family Day», e di cui sottolinea «tanto è stato elevato - oltre certamente il milione - il numero dei partecipanti» e il clima di «festa di popolo». Erano laici, dice Bagnasco, «maturi»; e il Family Day «rimarrà come un segno forte nell'opinione pubblica e come un appello decisamente non trascurabile per la politica. È la società civile infatti che si è espressa in maniera inequivocabile e che ora attende un'interlocuzione istituzionale commisurata alla gravità dei problemi segnalati». Senza confusioni di ruoli: «La distinzione "tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio", come struttura fondamentale non solo del cristianesimo ma anche delle moderne democrazie, ci trova decisamente persuasi che dobbiamo insieme, ciascuno a proprio modo, cercare il progresso delle nostre comunità»

La Stampa, 22 maggio 2007

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