23 agosto 2008

Lambeth incoraggia a perseverare nei rapporti tra anglicani e cattolici (Osservatore Romano)


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Dopo la Conferenza la Comunione anglicana chiamata
a trovare la propria unità


Lambeth incoraggia a perseverare nei rapporti tra anglicani e cattolici

di Donald Bolen
Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani

Nei suoi discorsi di apertura e di chiusura ai vescovi anglicani riuniti per la Conferenza di Lambeth dal 20 luglio al 3 agosto scorsi l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams ha posto o accennato una serie di domande. Quale risultato si può auspicare da questa conferenza? Che genere di unità interna viene ricercata dagli anglicani e quali sono le sue fondamenta teologiche? Quale sarà il messaggio della Conferenza di Lambeth e come (e per conto di chi) quel messaggio verrà trasmesso?
La Conferenza di Lambeth del 2008 si è distinta da quelle precedenti per il genere d'incontro, per l'apertura ecumenica e per l'esito. Nel cercare di valutare i risultati della conferenza e le implicazioni ecumeniche, questo articolo rifletterà sugli interrogativi ecclesiologici conseguenti e sul processo organizzato dall'arcivescovo di Canterbury al fine di affrontarli nella maniera migliore; esaminerà il ruolo svolto dai rappresentanti cattolici che hanno partecipato alla conferenza; e infine riassumerà ciò che è stato realizzato e le sfide future che si prospettano alla Comunione nglicana, considerando anche l'impatto che questo avrà sui rapporti tra anglicani e cattolici.
Il grande storico anglicano Henry Chadwick, scrivendo della Chiesa antica, una volta osservò che "fu la sfortuna della Chiesa del iv secolo l'essere coinvolta in una controversia teologica proprio mentre stava elaborando la sua organizzazione istituzionale". Lo stesso è stato detto della Comunione anglicana negli ultimi anni.
Come è ben documentato, sono sorte tra le province anglicane e all'interno delle stesse tensioni dalle radici profonde riguardo alla sessualità umana, in particolare ai riti di benedizione per le coppie composte da persone dello stesso sesso e all'ordinazione sacerdotale o episcopale di chi vive in unione con una persona dello stesso sesso, tensioni che hanno prodotto una situazione in cui i vescovi non sono in comunione tra di loro e, in alcuni casi, le province anglicane non sono in comunione le une con le altre. Questi conflitti sono stati difficili da risolvere, a causa non soltanto dei forti disaccordi sulla moralità sessuale, ma anche delle domande implicite relative al ruolo degli strumenti anglicani per mantenere l'unità e alla natura della comunione tra le province.
È utile sentire come gli anglicani stessi parlano di queste preoccupazioni ecclesiologiche fondamentali. Il Windsor Report del 2004, che resta il documento principale che traccia un cammino per procedere tra le attuali tensioni, descriveva le strutture autorevoli dell'anglicanesimo come complesse e ancora in evoluzione. Evidenziava non soltanto i punti di forza ma anche una "inerente debolezza" di tali strutture, illustrata dalle questioni attuali con cui si confronta la Comunione (Windsor Report, n. 97; cfr. n. 42). L'arcivescovo di York, John Sentamu, ha parlato, a questo riguardo, di un "deficit ecclesiologico che deve essere affrontato con urgenza". E in un discorso pronunciato a Roma nel 2003, l'ecumenista anglicana Mary Tanner aveva parlato della Comunione anglicana come di "una comunione in via, che cerca di capire come vanno prese le decisioni, come va mantenuta la comunione quando vengono poste domande di verità e di unità, e come sviluppare strutture di appartenenza".
In sintesi, la Comunione anglicana è impegnata in un processo di discernimento per comprendere che genere di comunione è chiamata a essere; e questo discernimento viene svolto in modo trasparente. Nel suo discorso presidenziale di apertura della Conferenza di Lambeth, l'arcivescovo Williams ha affermato: "Tutti noi sappiamo che ci troviamo dentro a una delle sfide più gravi della storia della famiglia anglicana". Ha poi evidenziato la dimensione ecclesiologica di tali sfide e del cammino per andare avanti: "Abbiamo bisogno di rinnovamento, e questo è il momento. Se volete, potete tutti aiutare a dare forma a modi nuovi, più onesti e più costruttivi di essere una Conferenza e di essere una Comunione".
La Conferenza di Lambeth, uno dei quattro "strumenti di comunione" dell'anglicanesimo, non ha di per sé un'autorità legislativa indipendente dalla province. Le passate Conferenze di Lambeth hanno prodotto molte risoluzioni, che sono state il risultato più tangibile degli incontri; ma tali risoluzioni avevano un carattere autorevole vincolante soltanto nella misura in cui venivano avallate dalle province autonome. In effetti, la controversa risoluzione 1.10 del 1998 - che proponeva una nuova formulazione dell'insegnamento tradizionale sul matrimonio e sulla sessualità mentre auspicava un processo di ascolto attento alle preoccupazioni delle persone omosessuali - non è stata universalmente approvata a livello provinciale.
Prima della Conferenza di Lambeth del 2008, l'arcivescovo Williams ha dovuto tener conto anche del fatto che circa un quarto dei vescovi anglicani nel mondo aveva fatto sapere che non avrebbe partecipato a causa della presenza di quei vescovi che non avevano tenuto conto della risoluzione 1.10. Cercando di strutturare la Conferenza di quest'anno in modo che potesse affrontare in maniera feconda la crisi attuale, compresa la crescente polarizzazione in seno alla Comunione, e aiutare la Comunione a muoversi in una direzione che portasse verso fondamenta ecclesiologiche più solide, l'arcivescovo Williams e gli organizzatori della conferenza hanno rivisto in modo significativo la forma tradizionale dell'incontro.
In primo luogo, benché le Conferenze passate abbiano sempre avuto una dimensione spirituale, questo incontro è iniziato con un ritiro di tre giorni e durante la conferenza ogni giorno erano previsti la preghiera del mattino, le preghiere della sera e per la notte e l'eucaristia anglicana, nonché 75 minuti di studio sul vangelo di san Giovanni.
In secondo luogo, la Conferenza ha volutamente cercato di ricostruire vincoli di fiducia tra i vescovi anglicani, e lo ha fatto in modo molto esplicito, attingendo al "processo indaba", un mezzo africano per costruire il consenso, in base al quale i vescovi e i partecipanti ecumenici hanno trascorso parte di ogni giorno in gruppi di 40 persone e hanno affrontato alcune questioni centrali nella vita e nella missione della Comunione anglicana. Con il duplice scopo di aiutare i vescovi nella missione e nel rafforzamento dell'identità anglicana.
In terzo luogo, i risultati della Conferenza non sono stati espressi con una serie di risoluzioni. Invece, i testi chiave usciti dalla Conferenza sono stati i discorsi del presidente e un documento intitolato Lambeth Indaba Reflections, che riassume i diversi fili del dibattito della Conferenza.
Un altro cambiamento rispetto alle precedenti Conferenze di Lambeth ha riguardato il ruolo svolto dai rappresentanti ecumenici. Mentre alle precedenti Conferenze di Lambeth sono stati invitati degli osservatori, in quella del 2008 è stato detto ai 75 rappresentanti ecumenici che dovevano essere partecipanti attivi della Conferenza. Poiché il processo non prevedeva votazioni, non vi è stato nessun aspetto della Conferenza in cui i delegati ecumenici si siano dovuti assentare; piuttosto, sono stati invitati a portare la saggezza delle loro rispettive tradizioni e i frutti del loro dialogo nel processo di discernimento della Comunione anglicana.
Alla Chiesa cattolica è stato chiesto di inviare alla Conferenza sei rappresentanti vescovi e due consulenti. La delegazione era guidata dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e comprendeva il cardinale Cormac Murphy-O'Connor, arcivescovo di Westminster. Oltre alla delegazione ufficiale, l'arcivescovo di Canterbury aveva invitato a intervenire alla Conferenza anche il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Altri cattolici erano tra gli ospiti personali dell'arcivescovo di Canterbury. Alla fine, 15 cattolici sono stati presenti almeno a parte della Conferenza.
Oltre a partecipare ad altri aspetti della Conferenza, i diversi discorsi pronunciati dai rappresentanti cattolici possono essere raggruppati in tre categorie. In primo luogo, alcuni discorsi hanno trattato un aspetto particolare della missione e della testimonianza della Chiesa. In questo contesto, il cardinale Dias è stato invitato a tenere un discorso chiave sul tema dell'evangelizzazione e della missione. Egli ha sottolineato l'importanza di impegnarsi nella testimonianza e nella missione comuni ovunque ciò sia opportuno e possibile, e l'importanza di consentire alle Scritture e alle nostre tradizioni e al nostro insegnamento apostolici di modellare il nostro discernimento etico nell'attuale contesto. All'arcivescovo maronita Paul Sayah di Haifa e della Terra Santa è stato ugualmente chiesto di partecipare a un seminario sulla situazione attuale dei cristiani in Medio Oriente.
La seconda categoria ha trattato in modo specifico i rapporti tra la Comunione anglicana e la Chiesa cattolica. La maggior parte degli interventi cattolici sono stati presentati nel contesto dei seminari pomeridiani, dove i vescovi potevano scegliere tra una serie di temi che venivano affrontati, e due di questi seminari erano incentrati sui risultati del dialogo tra anglicani e cattolici. Il cardinale Murphy-O'Connor, che ha copresieduto la Commissione di dialogo tra anglicani e cattolici (Arcic) dal 1982 al 1999, ha presentato una rassegna del suo lavoro. Identificando gli ostacoli che hanno complicato i rapporti negli anni recenti, egli ha ribadito con forza che il dialogo è utile e che le relazioni dei dialoghi possono dare un contributo nel presente contesto, mentre gli anglicani sono alle prese con domande difficili riguardanti la natura e la forma della Comunione anglicana.
Della delegazione cattolica hanno fatto parte anche quattro membri della Commissione internazionale anglicano-cattolica per l'unità e la missione (Iarccum), e ognuno di loro è stato invitato a presentare alcune riflessioni sul testo della Iarccum del 2007, Crescere insieme nell'unità e nella missione, e a parlare dei rapporti tra anglicani e cattolici nelle loro rispettive regioni.
Infine - ed è un fatto molto importante - gli esponenti cattolici sono stati invitati a parlare della situazione attuale all'interno della Comunione anglicana dal punto di vista della Chiesa cattolica. Il cardinale Kasper ha presentato un intervento in cui ha offerto un'analisi concisa dei rapporti attuali tra anglicani e cattolici, che è stato tradotto in italiano e pubblicato integralmente nell'edizione quotidiana de "L'Osservatore Romano" (31 luglio, pp. 4-5) e di cui l'edizione in lingua inglese del giornale ha pubblicato alcuni stralci (6 agosto, pp. 6-7).
Dopo un panorama sugli importanti risultati ottenuti nei rapporti tra anglicani e cattolici negli ultimi 40 anni, il cardinale Kasper ha parlato della dimensione ecclesiologica delle difficoltà attuali in seno alla Comunione anglicana e delle ripercussioni ecumeniche di queste tensioni interne. Dopo avere presentato la comprensione del ministero episcopale come ministero di unità, attingendo a fonti patristiche e ai risultati delle relazioni dei dialoghi dell'Arcic, il cardinale Kasper ha deplorato la disunione attualmente mostrata in vari modi dalla Comunione anglicana. Egli ha quindi identificato le questioni ecumeniche difficili, originate dalla situazione attuale, che sorgerebbero se si dovesse verificare un'ulteriore frammentazione in seno all'anglicanesimo. Il cardinale ha fatto eco all'auspicio e alla preghiera espressi da Papa Benedetto XVI, sia pubblicamente, sia nel contesto di una lettera inviata alla Conferenza di Lambeth dal segretario di Stato il cardinale Bertone, che non vi sia un'ulteriore frammentazione e "che la Comunione anglicana trovi, nella comunione del Vangelo di Cristo e nella Parola del Signore, le risposte alle sfide attuali".
Il cardinale Kasper ha anche parlato del fatto che un numero crescente di province anglicane hanno proceduto a ordinare delle donne al sacerdozio e all'episcopato, il che ha bloccato la possibilità, da parte della Chiesa cattolica, di riconoscere la validità degli ordini anglicani. Egli ha osservato che ciò, inevitabilmente, avrà un effetto sull'obiettivo del dialogo tra anglicani e cattolici.
In merito alle controversie attuali nell'ambito della morale e dell'etica sessuale, egli ha espresso l'auspicio che la Comunione anglicana riesca a proporre una riformulazione chiara dell'insegnamento cristiano tradizionale sul matrimonio e sulla sessualità. Il cardinale Kasper ha concluso osservando che nei momenti importanti del passato la Chiesa d'Inghilterra, e quindi la Comunione anglicana, hanno ricevuto nuova vita quando sono riuscite a fare ricorso in modo nuovo alla tradizione apostolica. Un nuovo Movimento di Oxford - "un recupero delle ricchezze che si trovano nella vostra casa" - potrebbe fornire alla Comunione anglicana le risorse per trovare un modo per andare avanti tra le attuali difficoltà.
Il modo diretto di parlare delle sfide nei rapporti tra anglicani e cattolici - sia nell'intervento del cardinale Kasper, sia in quello del vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, in un seminario diverso sulle questioni ecclesiologiche - potrebbe apparire brusco ad ascoltatori meno abituati ai rigori del dialogo ecumenico.
Tuttavia, rivolgendosi ai rappresentanti ecumenici, l'arcivescovo Williams ha specificamente chiesto che essi "siano onesti con noi e ci aiutino a essere sinceri con noi stessi". Rivolgendosi al cardinale Kasper, l'arcivescovo ha osservato: "Sono certo che al mio caro amico il cardinale Kasper non dispiacerà se dico che una delle cose che abbiamo sempre voluto che facesse per noi è porre delle domande molto imbarazzanti nel modo in cui solo un amico può farlo, efficace e pungente. Negli ultimi anni il cardinale Kasper ha chiesto a noi della Chiesa d'Inghilterra e della Comunione anglicana alcune questioni molto difficili e l'aspetto fondamentale di ciò è che a noi importa - come Chiesa e come Comunione - essere teologicamente onesti".
Con questo stesso spirito è stato accolto l'intervento del cardinale Kasper. Gli ascoltatori anglicani hanno espresso gratitudine per la sincerità del cardinale e per la sua "amicizia critica" e hanno individuato una serie di punti che potrebbero essere affrontati nel dialogo continuo.
Il modo in cui i rappresentanti cattolici sono stati invitati a partecipare alla Conferenza di Lambeth ha testimoniato l'impegno della Comunione anglicana a considerare seriamente le preoccupazioni dei suoi interlocutori ecumenici. I partecipanti cattolici continuano a ritenere che le dichiarazioni concordate dell'Arcic potrebbero fornire alla Chiesa anglicana una risorsa per far fronte alle difficoltà attuali.
Poiché la Comunione anglicana non ha un magistero o una singola figura o ente autorevole che eserciti il primato a livello universale, ciò che è emerso dalla Conferenza di Lambeth non è tanto una decisione di autorità quanto un indirizzo, con elementi sia a breve sia a lungo termine che puntano verso il rafforzamento della Comunione.
La componente centrale di questo cammino per andare avanti è la proposta che le province della Comunione nglicana stabiliscano un accordo che intensifichi i rapporti già esistenti. Secondo l'arcivescovo Williams, un accordo "ha il potenziale di renderci più Chiesa; più Chiesa "cattolica", nel significato proprio del termine, una Chiesa che comprende il proprio ministero e il proprio servizio e i sacramenti come uniti e interdipendenti in tutto il mondo".
Mentre una bozza di un simile accordo è stata discussa, si sta ancora preparando la versione finale. La misura in cui esso limiterebbe le province nel prendere decisioni indipendenti su questioni fondamentali di fede e di morale rimane ancora da vedere.
Si ammette che non tutte le province o diocesi che attualmente fanno parte della Comunione anglicana sarebbero disposte ad accettare un simile accordo, ma esso viene visto sempre più come un modo necessario per approfondire la comunione che unisce gli anglicani tra loro. Quando sarà pronta una bozza finale, probabilmente entro il prossimo anno, ogni provincia (e possibilmente ogni diocesi) dovrà prendere una decisione definitiva riguardo all'accordo. Potrebbero essere necessari quattro o cinque anni perché un simile rapporto basato sull'accordo abbia effetto.
Riguardo alle questioni concrete che sono al centro delle tensioni attuali, l'arcivescovo di Canterbury ha sostenuto con forza che, mentre si continua a studiare e a riflettere sulla sessualità umana alla luce della Scrittura e della tradizione e ad affrontare le domande che sorgono dall'esperienza umana, è necessario un periodo di tempo in cui non venga apportato alcun cambiamento all'insegnamento e alla pratica correnti.
Facendo seguito alle raccomandazioni del Windsor Report, la Conferenza di Lambeth ha espresso il suo forte sostegno a tre moratorie collegate tra loro: "Ordinazione episcopale di persone che vivono in unione con persone dello stesso sesso; benedizione delle unioni tra persone dello stesso sesso; incursioni oltre confine da parte dei vescovi" (Lambeth Indaba Reflections). Altre iniziative volte ad affrontare le sfide attuali e a rafforzare la stabilità della comunione anglicana sono: un forum pastorale per discutere dei conflitti nelle province o nelle diocesi e una commissione per la fede e per l'ordine al fine di affrontare le questioni dottrinali che sorgono nella Comunione.
In sintesi, la Comunione anglicana non si trova allo stesso punto in cui si trovava prima della Conferenza di Lambeth. Sta emergendo un indirizzo che chiarirà meglio la posizione della Comunione anglicana. L'arcivescovo Williams nel suo discorso conclusivo ha osservato: "Forse non abbiamo messo fine a tutti i nostri problemi, ma tutti gli elementi sono sul tavolo".
Ciò detto, rimane da vedere in quale misura questi elementi verranno assunti e sarà consentito loro di modellare il futuro, non ultimo da parte di quei vescovi che hanno scelto di non partecipare a Lambeth. I primati anglicani saranno invitati a incontrarsi all'inizio del 2009, e questo incontro, insieme a quello del Consiglio consultivo anglicano, che si terrà nella primavera del 2009, fornirà un'indicazione circa la disponibilità delle province anglicane a muoversi nella direzione proposta dall'arcivescovo di Canterbury e dalla Conferenza di Lambeth.
Dal punto di vista della Chiesa cattolica, alcuni aspetti di tale orientamento appaiono promettenti mentre altri sollevano delle domande. Nella misura in cui, in seno alla Comunione anglicana, si compirà un movimento verso una maggiore stabilità ecclesiologica e una maggiore coesione interna, tale sviluppo certamente sarà gradito e sostenuto dalla Chiesa cattolica quale interlocutore.
D'altra parte, l'ordinazione episcopale delle donne in un numero crescente di province anglicane crea un grande ostacolo dal punto di vista cattolico. Riguardo alle questioni della sessualità umana, mentre le moratorie sono un segno incoraggiante, sarebbero graditi una forte ridefinizione della comprensione tradizionale cristiana della sessualità umana e del matrimonio. Si auspica che queste moratorie portino con successo alla fine delle cosiddette incursioni oltre confine, che sono altamente problematiche dal punto di vista ecclesiologico.
L'arcivescovo Williams ha detto che la Comunione anglicana è chiamata a cercare di "entrare più nel profondo nel luogo dove è Cristo, per trovarvi la propria unità", e per questo vi è un sostegno inequivocabile. Intanto, l'apertura anglicana all'ascolto della voce dei suoi interlocutori incoraggia a perseverare nei rapporti tra anglicani e cattolici, mentre continuiamo ad accompagnare la Comunione anglicana nella preghiera.

(©L'Osservatore Romano - 23 agosto 2008)

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