28 febbraio 2007

Il Monastero del Papa

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Voci sempre piu' insistenti su un incontro fra Benedetto XVI e Alessio II


ILARION:CON BENEDETTO XVI ACCELERAZIONE RAPPORTI
13 marzo Putin da Papa con invito?"Serve anche placet Alessio II"

Città del Vaticano, 28 feb. (Apcom) - I rapporti tra Vaticano e Russia "stanno subendo un'accelerazione con Benedetto XVI" e "c'è un miglioramento nelle relazioni" tra Chiesa ortodossa russa e Santa Sede. Ne è convinto Ilarion Alffev, vescovo di Vienna e dell'Austria e rappresentante della Chiesa russo-ortodossa di Mosca presso la Comunità Europea, a Roma da ieri per partecipare alla Commissione Mista per il dialogo cattolico- ortodosso. Se le divergenze non mancano - in primo luogo sul ruolo del Papa e sulle accuse di proselitismo che gli ortodossi rivolgono ai cattolici - c'è anche la "missione comune" di "predicare il Vangelo e la difesa dei valori tradizionali" nel mondo secolarizzato che cementa i rapporti tra Roma e Mosca.

"Penso di poter dire che in questo momento c'è un miglioramento nei rapporti - sottolinea Ilarion ad Apcom - ci sono visite più frequenti, contatti culturali, ed è diventato più intenso il dialogo su quei problemi che ancora dividono Mosca e Vaticano. Stiamo percorrendo la via giusta". E proprio su questa scia, la visita del presidente russo Vladimir Putin, il 13 marzo, potrà contribuire a rafforzare il legame. Ancora incerto, tuttavia, se il presidente porterà o meno l'invito per Ratzinger in Russia. "Non ho informazioni che mi possano far dire che ci sarà un invito da parte di Putin - risponde il vescovo ortodosso - se ci sarà un invito del genere senz'altro sarà stato fatto col consenso dello Stato e della Chiesa russa", e dunque anche con il placet di Alessio. "Il Papa, infatti, è capo di uno Stato oltre che della Chiesa. Per cui tutte le sue visite - prosegue - hanno sia un valore politico che religioso e c'è bisogno di un invito doppio: dalle autorità laiche e di quelle religiose".

Sul lavoro della Commissione, Ilarion spiega che "all'interno c'è un comitato di redazione rappresentato da tre cattolici e tre ortodossi.Si riunisce in questa settimana - aggiunge il vescovo - per lavorare sui testi che verranno dati da discutere alla commissione piena. La questione più importante in ballo è quella del primato del Papa. Su questo aspetto ci sono opinioni diverse tra cattolici e ortodossi, e anche tra gli ortodossi stessi. E questo crea ancora maggiori difficoltà nell'affrontare questo nodo".

Un secondo problema, altrettanto importante, da superare nelle relazioni tra Vaticano e Mosca è quello degli uniati. "Riguarda soprattutto l'Ucraina occidentale - afferma Ilarion - ma c'è anche il problema legato al proselitismo e all'attività missionaria dei cattolici sul territorio ortodosso e viceversa. Dovremmo arrivare alla comprensione del fatto che non siamo rivali ma dei compagni di squadra. E che la nostra missione non deve essere andare a danno l'uno dell'altro ma deve essere collaborare, con una missione comune: predicare il Vangelo e la difesa dei valori tradizionali di fronte a quello che è il mondo secolare. Penso che a livelli più alti già questa convinzione è matura. Serve però che anche sul piano pratico il concetto si sviluppi".

Quali, infine, i prossimi passi per proseguire sulla strada del ravvicinamento? "Ci sono in agenda molti incontri - risponde il vescovo ortodosso - il dialogo teologico continua sempre forte e anche numerose attività culturale". E l'incontro di Ravenna ad ottobre per la Commissione mista potrebbe rappresentare un ulteriore passo in avanti? "Sì, ci dovrebbe essere il Papa, il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e io come rappresentante ufficiale della Chiesa ortodossa russa".



VESCOVO ILARION: ANNULLATO UN PRIMO INCONTRO CON ALESSIO II
Rappresentante patriarca russo: si lavora per Austria entro 2007

Città del Vaticano, 28 feb. (Apcom) - Benedetto XVI e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, potrebbero incontrarsi presto in campo neutro, quasi sicuramente in Austria ("né a Mosca né in Italia") ed entro la fine del 2007. Ma prima occorre superare "le divergenze". Anche perché "un incontro del genere era stato fissato, in Austria, con tanto di protocollo già pronto. Poi però l'incontro è stato annullato". A svelarlo è Ilarion Alffev, vescovo di Vienna e dell'Austria e rappresentante della chiesa russo-ortodossa di Mosca presso la Comunità Europea.

In una intervista ad Apcom, Ilarion fa il punto della situazione sui rapporti tra Mosca e Vaticano, su un possibile incontro del Papa con Alessio II e non esclude una visita di Benedetto XVI in Russia. Anche se "prima ci sarà comunque l'incontro in campo neutro", che "non avverrà in occasione del viaggio del Papa in Austria" (a settembre, ndr), ma "come un episodio a parte e ad hoc".

Ma come mai l'incontro fissato in Austria è saltato? "Non era stato preparato bene - risponde Ilarion - non c'erano posizioni comuni sulle domande fondamentali, altrimenti l'incontro si sarebbe senz'altro verificato. Ma la cosa più importante non è quando e dove si farà l'incontro, ma prepararlo nel miglior modo possibile e quali cambiamenti fondamentali potrà portare nella vita delle due chiese".

L'auspicio è che i nodi si risolvano presto e che l'incontro si possa svolgere in tempi brevi, entro l'anno. "Dipende dal Papa e dal Patriarca e dai loro collaboratori che hanno il compito di preparare questo incontro - afferma il vescovo ortodosso - personalmente mi è difficile dire in che tempi si potrà realizzare un incontro del genere. Penso che potrà avvenire in tempi brevi se ci sarà il reciproco desiderio di venirsi incontro e se c'è una visione unitaria dei problemi". Tra le questioni pendenti spicca, in particolar modo, la situazione dei cosiddetti 'uniati' in Ucraina (i cristiani spregiativamente chiamati così dagli ortodossi perché 'uniti' a Roma) e l'accusa, contestato dal Vaticano, dell'attività di proselitismo che i cattolici svolgerebbero nelle terre dell'ex Unione sovietica.

E il Papa a Mosca? Si potrà realizzare il sogno infranto di Giovanni Paolo II di fare tappa nella terza Roma? "Più volte Alessio II ha detto che è possibile la visita del Papa in Russia - osserva Ilarion - e anche che è possibile un incontro del Papa e di Alessio II in campo neutro. È importante però che questa visita sia ben preparata, affinchè non diventi solo una visita di protocollo, ma segni un cambiamento, un'evoluzione nei rapporti tra Chiesa cattolica di Roma e Chiesa ortodossa". Si può parlare di tempi non lunghi? "Mi è difficile parlare a nome di Benedetto XVI. Sono però testimone - risponde - del fatto che i rapporti stanno migliorando, la cosa è evidente e per questo aumenta la speranza per il fatto che si compiono quei movimenti necessari tra Chiesa russa e Vaticano. Movimenti che renderanno possibile l'incontro tra Alessio II e il Papa e quindi uno scambio di visite ufficiali". Sarà più facile dunque vedere Benedetto XVI a Mosca o Alessio II in Vaticano? "Questa è una domanda difficile", sorride Ilarion.


Preghiamo affinche' questo storico incontro si realizzi presto!!!

Rassegna stampa del 28 febbraio 2007


Accusato anche "Inchiesta su Gesù"
Il Vaticano processa Dan Brown

"Sciocchezze, errori e falsità" così la Chiesa processa i best seller

Stasera a Roma la conferenza storico-religiosa voluta da Ruini
La "difesa" di Augias: "Ma Gesù è patrimonio dell´umanità"


ORAZIO LA ROCCA


CITTÀ DEL VATICANO - "Processo", questa sera, nelle sacre mura pontificie, ai due libri che negli ultimi tempi hanno «osato» mettere in dubbio la veridicità dei Vangeli e persino la divinità di Cristo: Il Codice da Vinci, best seller di Dan Brown, e Inchiesta su Gesù, di Corrado Augias e Mauro Pesce, da mesi ai primi posti delle classifiche dei testi più venduti. L´appuntamento è nell´aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense, a Roma, alle 19,30, dove dei due libri si discuterà in una conferenza del Progetto Culturale, programma ideato dal cardinale vicario Camillo Ruini per rilanciare la cultura cristiana. «Daremo una risposta pacata, ma ferma, alle storture in materia di fede cristiana contenute nel Codice da Vinci e nell´Inchiesta su Gesù, due libri di grande successo commerciale ma pieni di errori storici», spiega monsignor Sergio Lanza, responsabile del Progetto Culturale della diocesi romana. Le tesi dei due volumi saranno controbattute da monsignor Romano Penna, biblista insigne, docente alla Pontificia Università lateranense, tra i massimi esperti del Cristianesimo Antico. «La conferenza non intende polemizzare - assicura il monsignore - ma vuole essere solo un momento di analisi che, partendo dai due libri, punta a rimettere al centro dell´attenzione culturale l´autenticità e la veridicità di Gesù, mettendo l´accento sulle posizioni tra ricerca storiografica da una parte e figura storica del Cristo, dall´altra. Facendo comunque notare anche le inesattezze scritte Dan Brown e dal duo Augias-Pesce». Tuttavia, sui due testi il giudizio del monsignore sarà severo. Specialmente sul Codice da Vinci, «un libro - si lascia andare il biblista, anticipando in parte la relazione - pieno di errori storici, di sciocchezze millantate come verità, pseudo rivelazioni ‘vendute´ come buone». «Ma come si fa - si chiede Penna -a confondere l´apostolo Giovanni nell´affresco dell´Ultima Cena di Leonardo con la Maddalena? Come si fa a sostenere la tesi del complotto dei discepoli ai danni della Maddalena, supposta moglie di Gesù, che scappò in Inghilterra? E poi: possibile che l´autore non si sia accorto che nell´Opus Dei, la Prelatura descritta come una cupola malavitosa, non ci sono monaci? Tutte sciocchezze che non meriterebbero nemmeno una risposta. Persino un personaggio come Vittorio Sgarbi lo ha stroncato». Più ragionato il giudizio sull´Inchiesta su Gesù: «C´è un tentativo di ricerca storica, ma - puntualizza Penna - fatta con intenti minimalisti e con argomenti capziosi che falsano le verità evangeliche». Ad esempio, spiega il biblista, «non si può capire Gesù a prescindere dalle fonti cristiane, come fanno Augias e Pesce. Il Gesù della storia non è separabile dalla fede di chi ci ha trasmesso la sua memoria. Chi lo fa ne falsa l´immagine e l´autenticità», ragiona Penna che critica «specialmente Corrado Augias, nelle cui pagine ci sono molti strafalcioni, come ad esempio quando fa dire a Gesù una frase che lui non ha mai detto nella parabola dei Talenti, o parla della resurrezione di Cristo come di una semplice suggestione degli apostoli. Disarmante, inoltre, quando avanza ipotesi di omosessualità tra i discepoli. Differenti e più ragionati - ammette Penna - sono gli interventi di Pesce, le cui analisi storiche sono però tutte minimaliste e, per questo, più pericolose». «Sono ovviamente convinto che tutti, compresa la Chiesa, hanno la libertà di criticare e di discutere su un argomento così delicato. Quello che non accetterei - risponde Corrado Augias - è che su Cristo ci fosse una sorta di monopolio, perché la figura storica di Gesù è patrimonio dell´umanità».

La Repubblica, 28 febbraio 2007


Credo che sia un bene che finalmente si discuta seriamente su argomenti cosi' importanti.
Non basta criticare un libro, occorrono valide argomentazioni contrarie in modo che nasca un contraddittorio. Sono convinta che il lavoro intrapreso smascherera' una volta per tutte le tesi fantasiose del "Codice" e le argomentazioni, spesso faziose, di Augias e Pesce.



ECCO GESÙ UOMO EBREO

Il cardinale Martini ne fa uso come traccia per le sue meditazioni e lo definisce un «ottimo aiuto» per gli esercizi spirituali, che tiene ogni estate al monte Tabor in Terrasanta. E´ il libro Questo Gesù (Edizioni Dehoniane, pagg. 272, euro 22) del padre gesuita Paolo Gamberini, che il porporato ha voluto espressamente tenere a battesimo all´università Lateranense - presente il rettore Fisichella - benchè per sua stessa ammissione non accetti mai di andare alla presentazione di libri.
Che cosa c´è allora di così stimolante in questo libro, che non vuole inserirsi nel trend (un po´ alla moda) della riscoperta di Cristo, ma intende mettersi seriamente a indagare sull´identità di Gesù per capire meglio e credere meglio? Il cardinal Martini mette l´accento sul punto cruciale di quella corrente di studi, che da qualche decennio ha dato vita alla «nuova ricerca» sul cristianesimo: il rapporto profondo, essenziale di Gesù con l´ebraismo. Gesù è veramente un uomo ebreo. Già papa Wojtyla definiva elemento centrale la consapevolezza che l´incarnazione sia avvenuta nel contesto del popolo ebraico. Chi pensasse trattarsi di un accidente (filosoficamente parlando), sarebbe fuori dal cristianesimo.
Pensare Cristo all´interno dell´ebraismo vuol dire prendere sul serio fino in fondo l´incarnazione. Entrare nel vivo del Gesù storico, che agiva nell´ambiente ebraico (e solo ebraico), il che permette di evitare, come sostiene Romano Penna ordinario di Sacra Scrittura alla Lateranense, che la figura di Cristo «evapori nel mito», abbandonata ad un devozionalismo disincarnato o imprigionata in teorizzazioni sempre più astratte. «Gesù - spiega Penna - ha vissuto proprio in quel lembo di terra lì, in Palestina, non è stato né ad Atene né a Roma né ad Alessandria o Antiochia, i grandi centri di potere e della cultura della sua epoca». Per capirlo bisogna vederlo in «quel paesaggio» della terra d´Israele.
Ha detto il cardinale Martini che un teologo non è certo fonte di Rivelazione, ma non deve essere d´altra parte un «pappagallo che ripete cose già note». Lo stesso cardinale Ratzinger, cui Gamberini si rivolse mentre lavorava sul libro, ha ricordato al gesuita che «un teologo deve sapere rischiare». E Gamberini certo si incammina su un terreno affascinante e non facile, quando esplora dimensioni cardinali dell´uomo-Gesù. Il suo modo di credere, la sua «fede», e al tempo stesso il maturare dell´autocoscienza della sua missione. L´essere tentato, il non sapere, l´esperienza dell´abbandono sono dunque vissuti reali e non begli esempi da fissare su pagine edificanti. In altre parole c´è un «divenire» nell´umanità di Gesù. Un´impostazione del genere suonerà provocazione per chi ha di Cristo una visione tradizionalmente beatifica, cioè di un essere praticamente iperuranio, e sarà invece uno stimolo per chi - seguendo le tracce della storia - vuole comprendere perché questo profeta e non un altro ha potuto essere percepito dai suoi seguaci come figlio di Dio. L´approccio del gesuita è d´altronde trasparente: c´è un piano della ricerca che è quello storico-critico ed un´altra dimensione che attiene al dogma. E ognuno di questi livelli ha le sue leggi.
Un altro spunto emerge dall´approfondimento della relazione fra Cristo e il Padre (e la Trinità al suo interno) e della sua relazione con gli uomini che lo circondano. Spiega Piero Coda (anch´egli presente alla tavola rotonda) che da questo punto di vista Cristo non va considerato come una Verità astratta, ma che la sua verità sta nel relazionarsi con l´Altro attraverso il perdono, unica premessa per far rinascere ogni volta una relazione autentica. Ne consegue che il rapporto del cristianesimo con il pluralismo contemporaneo non va «subito come una condanna», ma colto come una chance.
Per il cardinale Martini resta, in ultima analisi, importantissimo il tema dell´intercessione di Cristo. E´ quello che, d´altronde, lega tanto il porporato a Gerusalemme, dove si è ritirato.
«Pregare là dove Cristo ha sofferto per tutti e si presenta al Padre come riscatto di tutti - confessa Martini - dà veramente alla preghiera una dimensione universale».
Gli abbiamo chiesto cosa pensasse sulle rivelazioni a proposito della scoperta della «tomba « di Gesù. Poggiandosi sul suo bastone, ritto nel suo clergyman grigio, il cardinale ha riposto ironico: «Adesso torno a Gerusalemme e verifico...».

La Repubblica, 28 febbraio 2007


QUANDO RATZINGER SPIEGO':PER FAR TEOLOGIA BISOGNA RISCHIARE
Lo ha raccontato gesuita Gamberini a presentazione suo libro

Roma, 27 feb. (APCom) - Lo hanno rappresentato spesso come l'arcigno difensore dell'ortodossia cattolica, eppure, quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger spiegò ad un giovane teologo in odore di eterodossia che "la ricerca teologica deve saper rischiare". Lo ha raccontato il diretto interessato, il gesuita Paolo Gamberini, in occasione della presentazione del suo libro, "Questo Gesù", presso la Pontificia università lateranense.

Ospite d'eccezione alla presentazione, il cardinale Carlo Maria Martini, oltre a monsignor Piero Coda, presidente dell'Associazione teologica italiana, e al biblista Romano Penna. "Mi sono rivolto al cardinal Ratzinger perché era meglio parlare subito con il giudice", ha raccontato il teologo facendo riferimento al Vangelo di Luca. "Sono stato solo mezz'ora, ma mi sono sentito incoraggiato", ha raccontato dell'incontro. Si deve avere "l'umiltà di stare nella Chiesa", ha concluso padre Gamberini, "accettando anche le difficoltà, che ci sono e si subiscono, ma con il dono della perseveranza si va avanti", che ha anche sottolineato: "Ho dovuto misurare ogni singola parola del libro".


LE IDEE

La spiritualità degli atei

ENZO BIANCHI*

Ormai in Italia il confronto tra credenti cattolici e non cristiani, agnostici o atei è sempre più segnato da conflittualità e polemiche che a volte diventano derisione e disprezzo reciproco. Va detto con franchezza: siamo lontani dallo spirito espresso da Paolo VI con parole ormai dimenticate: "Noi dedichiamo uno sforzo pastorale di riflessione per cercare di cogliere negli atei nell´intimo del loro pensiero i motivi del loro dubbio e della loro negazione di Dio".
E´ vero che oggi l´ateismo militante non è più attestato come negli anni sessanta, ma l´orizzonte agnostico, oggi ancor più esteso di allora, richiede in realtà lo stesso sforzo da parte dei cristiani per tessere un dialogo che si nutra di ricerca comune, di ascolto, di dibattito tra vie diverse. Invece da una parte, quella dei credenti, le posizioni sono sovente difensive perché nutrite di paura e di vittimismo, mentre da parte di alcuni non cristiani si arriva a deridere la fede, ad affermare che proprio i cristiani sono incapaci di avere un´etica, che la fede è fomentatrice di integralismo, intolleranza e violenza. Veementi attacchi anticristiani da una parte, dall´altra mancanza di ascolto e persino demonizzazione del "non credente", giudicato "incapace di moralità".
E così, qua e là echeggia una parola di Dostoevskij: "Se Dio non esiste, tutto è permesso!", considerando chi non crede come persona priva di spiritualità e di morale. Ma allora, è praticabile un dialogo convinto, rispettoso, capace di essere anche fecondo? E´ possibile che i non credenti si confrontino con i cristiani sulle domande attorno al senso della vita? E´ possibile che il cammino di "umanizzazione", essenziale all´umanità per non cadere nella barbarie, sia percorso insieme? Ma affinché questo cammino si apra occorrono alcune urgenze che cerco di delineare.
Agnostici e atei non credono in Dio, non si sentono coinvolti da questa presenza perché non la sentono reale, ma sono consapevoli che invece le religioni che professano Dio fanno parte della storia umana, della società, del mondo. Come essi non trovano ragioni per credere, altri invece le trovano e sono felici: gli uni pensano che questo mondo basti loro, gli altri sono soddisfatti di avere la fede. Ma proprio questo fa dire che l´umanità è una, che di essa fanno parte religione e irreligione e che, comunque, in essa è possibile, per credenti e non credenti, la via della spiritualità. Spiritualità non intesa in stretto senso religioso, ma come vita interiore profonda, come fedeltà-impegno nelle vicende umane, come ricerca di un vero servizio agli altri, attenta alla dimensione estetica e alla creazione di bellezza nei rapporti umani. Spiritualità, soprattutto, come antidoto al nichilismo che è lo scivolo verso la barbarie: nichilismo che credenti e non credenti dovrebbero temere maggiormente nella sua forza di negazione di ogni progetto, di ogni principio etico, di ogni ideologia. Purtroppo questo nichilismo viene sovente definito relativismo, finendo per confondere il linguaggio del dialogo e del confronto e portando all´incomprensione reciproca. Ed è lo stesso nichilismo che, paradossalmente, può assumere la forma del fanatismo in cui ci sono certezze assolute, dogmatismi, intolleranza che accecano fino a rendere una persona disposta a morire e a far morire.
No al nichilismo, dunque, ma allora emerge l´urgenza di riconoscere la presenza di una spiritualità anche negli atei e negli agnostici, capaci di mostrare che, se anche Dio non esiste, non per questo ci si può permettere tutto: persone che sanno scegliere cosa fare in base a principi etici di cui l´uomo in quanto tale è capace. E la grande tradizione cattolica chiede ai cristiani di riconoscere che l´uomo, qualsiasi essere umano, proprio perché, secondo la nostra fede, è creato a immagine e somiglianza di Dio, è "capax boni", capace di discernere tra bene e male in virtù di un indistruttibile sigillo posto nel suo cuore e della ragione di cui è dotato. I non credenti sono capaci di combattere l´orrore, la violenza, l´ingiustizia; sono capaci di riconoscere "principi" e "valori", di formulare diritti umani, di perseguire un progresso sociale e politico attraverso un´autentica umanizzazione.
Si tratta, per tutti, di essere fedeli alla terra, fedeli all´uomo, vivendo e agendo umanamente, credendo all´amore, parola sì abusata oggi e sovente svuotata di significato, ma parola unica che resta nella grammatica umana universale per esprimere il "luogo" cui l´essere umano si sente chiamato. Credenti e non credenti non possono essere insensibili ad affermazioni che percorrono come un adagio i testi biblici e che sono stati ripresi dalla tradizione: "Solo l´amore è più forte della morte... Solo l´amore resterà per l´eternità...". Del resto la fede – questa adesione a Dio sentito come una presenza soprattutto a causa del coinvolgimento che il cristiano vive con Gesù Cristo – non sta nell´ordine del "sapere" e neppure in quello dell´acquisizione: si crede nella libertà, accogliendo un dono che non ci si può dare da sé. Analogamente gli atei, nell´ordine del sapere non possono dire "Dio non c´è": è, infatti, un´affermazione che possono fare solo nell´ambito della convinzione.
Vorrei che noi cristiani potessimo ascoltare atei e agnostici, potessimo confrontarci con loro, senza inimicizie, soprattutto attraverso un confronto delle nostre spiritualità, di ciò che in profondità ci muove nel nostro agire. Lo spirito dell´uomo è troppo importante perché lo si lasci nelle mani di fanatici e di intolleranti oppure di spiritualisti alla moda. Certo, ogni religione si nutre di spiritualità, ma c´è posto anche per una spiritualità senza religione, senza Dio.
Ma nella specifica situazione italiana dovremmo prestare attenzione anche ad un altro elemento, facendo tesoro di un aneddoto storico. Mussolini confidò un giorno al suo ministro degli Esteri: "Io sono cattolico e anticristiano!". Eredi di questa posizione se ne possono trovare tuttora in Italia: persone non credenti né in Cristo né nel suo vangelo, ma pronti a difendere valori culturali "cattolici". Non è questo che intendo quando parlo di spiritualità degli atei: penso invece a un sentire che rende possibile un confronto proprio sui valori del Vangelo, sul suo messaggio umanizzante a servizio dell´uomo.
Credo ci sia posto per una spiritualità degli agnostici e dei non credenti, di coloro che sono in cerca della verità perché non soddisfatti di risposte prefabbricate, di verità definite una volta per tutte. E´ una spiritualità che si nutre dell´esperienza dell´interiorità, della ricerca del senso e del senso dei sensi, del confronto con la realtà della morte come parola originaria e con l´esperienza del limite; una spiritualità che conosce l´importanza anche della solitudine, del silenzio, del pensare, del meditare. E´ una spiritualità che si alimenta dell´alterità: va incontro agli altri, all´altro e resta aperta all´Altro se mai si rivelasse. Ne La Peste, Camus scriveva: "Poter essere santi senza Dio è il solo problema concreto che io oggi conosco". Oggi potremmo parafrasare questa affermazione dicendo che il solo autentico problema è essere impegnati in una ricerca spirituale al fine di fare della vita umana un´opera d´arte, un cammino di piena umanizzazione. Sì, in Francia pensatori come Luc Ferry o André Comte-Sponville, non cristiani e non credenti, propongono nella lotta contro la barbarie incipiente una spiritualità anche per gli atei. Da noi in Italia, invece, alcuni paiono esercitarsi a offendere la fede dei credenti e a negarsi reciprocamente la capacità di etica universale, di umanesimo... Io resto testardamente convinto che, in quanto esseri umani, non siamo estranei gli uni agli altri e che siamo pertanto chiamati ad ascoltarci e a cercare insieme.
*L´autore è fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose

La Repubblica, 28 febbraio 2007

Francamente non capisco questo articolo di Enzo Bianchi. A me sembra che Papa Ratzinger sia il primo a riconoscere la necessita' di un dialogo continuo e costruttivo fra credenti e non credenti, agnostici e atei.
Benedetto XVI provoca i non credenti a vivere etsi deus daretur (come se Dio esistesse). Il Papa e' impegnato a dimostrare ed a spiegare la ragionevolezza della fede.
Mi pare, dunque, che l'articolo di Bianchi non tenga conto di tutti gli interventi del Papa in questo senso. Per citarne solo uno, proporrei il discorso di Verona.
In esso, come in altri testi, il Pontefice incita ad aprire il dialogo con i cosiddetti atei devoti per "non trascurare alcuna delle energie che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell'Italia".

27 febbraio 2007

Grazie a Gemma...

possiamo leggere la prima parte della biografia del Papa.
Correte qui

Mentre Politi (Repubblica) dà al Papa del profeta di sventura, Ferrara (Il Foglio)...


la battaglia della vita

Così il pastore filosofo Ratzinger resiste sulla trincea della difesa dell’umano

Roma. Incurante di sarcasmi e anatemi di chi lo vorrebbe, se non proprio silenzioso, quanto meno concentrato innocuamente su asettiche questioni dogmatiche, Papa Benedetto XVI continua a dimostrare che volgere gli occhi al cielo non significa rifiutarsi di vedere ciò che avviene sulla terra. E sulla terra – lo conferma la cronaca quotidiana, proprio in queste ore, tra lo sdoganamento inglese della vendita di ovociti e il “miglioramento” genetico di embrioni – è in atto un tentativo senza precedenti di ridisegnare il senso stesso del termine “umano”.
Se quel tentativo passa nell’indifferenza o nell’inconsapevolezza generale, rubricato sotto il confortante titolo di “progresso scientifico che si autogiustifica in nome della felicità e della salute per tutti”, questo Papa ritiene invece sia suo preciso compito smascherarlo per quello che è. Lo va facendo da tempo, in ogni possibile occasione pubblica. Dei suoi appelli c’è chi si lamenta, come se quel battere reiterato su certi tasti (famiglia, origine, fine e manipolazione della vita, eugenetica) significasse scarsità di altri argomenti. Ma i punti richiamati dal Papa appaiono, a chi ha occhi per vedere, decisivi per il presente e il futuro degli esseri umani. Anche sabato, rivolgendosi ai congressisti chiamati da ogni parte del mondo e dalla Pontificia Accademia Pro Vita a discutere di obiezione di coscienza, il Papa ha ricordato che il diritto alla vita, “fondamentale in ordine agli altri diritti umani”, va difeso contando “su motivazioni che hanno profonde radici nella legge naturale e che possono quindi essere condivise da ogni persona di retta coscienza”.
Non ha paura, il Pontefice, di chiamare a raccolta credenti e non credenti. I suoi argomenti volano alto e non lasciano spazio a piccine dietrologie politicanti. La trincea della difesa dell’umano, al centro della sua azione pastorale, non riguarda solo chi ha fede ma anche, come dice con espressione faticosa ma efficace il filosofo tedesco Jürgen Habermas, tutti coloro che sanno cos’è l’“adeguata autocomprensione etica” del genere umano. Tutti coloro che, cioè, sanno riconoscere l’umano dove si manifesta. Operazione sempre più difficile, perché, dice Ratzinger, “nell’attuale fase della secolarizzazione chiamata post moderna e segnata da discutibili forme di tolleranza, non solo cresce il rifiuto della tradizione cristiana, ma si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità, ci si allontana dal gusto della riflessione. Addirittura, secondo alcuni, la coscienza individuale, per essere libera, dovrebbe disfarsi sia dei riferimenti alle tradizioni, sia di quelli basati sulla ragione”. Il Papa dice che “gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme”. Non ci sono solo l’aborto (anche nella variante del “ricorso alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva”), le “politiche del controllo demografico”, la promozione di “leggi per legalizzare l’eutanasia” e le “spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale”. L’attacco all’umano oggi assume anche la forma della “ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del ‘figlio perfetto’, con la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione. Una nuova ondata di eugenetica discriminatoria trova consensi in nome del presunto benessere degli individui”.
Riecheggia, nell’allarme del Pontefice, la stessa preoccupazione del laico Didier Sicard, presidente del Comitato bioetico francese, e di Jacques Testart, altro laicissimo esponente della scienza d’oltralpe. Entrambi hanno di recente denunciato il “rischio eugenetico” che corre la Francia, a causa dell’uso generalizzato della diagnosi prenatale, concepita come sistema per eliminare gli individui che non rispondono a standard di accettabile “conformità”, se non di perfezione.
A essere in gioco, ha detto Sicard in un’intervista al Monde, non è semplicemente il destino del singolo embrione o il valore che gli si voglia attribuire, ma “il sapere che cosa vogliamo costruire per noi stessi come società umana che ci consenta di rispettarci”. Un altro laico, l’europarlamentare diessino Giovanni Berlinguer, intervistato dal Foglio aveva unito la propria voce a quell’allarme, e aveva segnalato la fondatezza di un pericolo eugenetico veicolato da tecniche apparentemente neutre come la diagnosi prenatale, e richiamato con tanta chiarezza lo scorso sabato da Benedetto XVI. Eclissi della fede ed eclissi della ragione vanno di pari passo, dice da sempre il Papa, fin da quando era il cardinale Joseph Ratzinger, e ne risulta l’eclissi dell’umanità, per come è stata pensata e si è pensata fino a oggi. Per scongiurare quell’eclissi, per far fronte agli attacchi di cui è oggetto il diritto alla vita, ha detto sabato, “il cristiano è chiamato a mobilitarsi”. E prima di tutto, “occorre rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza”. Solo così “sarà possibile avviare i giovani a comprendere i valori della vita, dell’amore, del matrimonio, della famiglia. Solo così si potrà portarli ad apprezzare la bellezza e la santità dell’amore, la gioia e la responsabilità di essere genitori e collaboratori di Dio nel dare la vita. In mancanza di una formazione continua e qualificata, diventa ancor più problematica la capacità di giudizio nei problemi posti dalla biomedicina in materia di sessualità, di vita nascente, di procreazione, come anche nel modo di
trattare e curare i pazienti e le fasce deboli della società”.
Le parole del Papa sono accolte con favore dallo storico della matematica Giorgio Israel, che nel suo ultimo libro (“Liberarsi dei demoni. Odio di sé, scientismo e relativismo”, Marietti) analizza lo stretto legame tra i miti della palingenesi sociale e della gestione scientifica dei processi sociali, piaghe del Novecento, con quello, oggi trionfante, della scienza come unico e ultimo arbitro di ciò che è bene e di ciò che è male, oltre che (ed è il tema implicito dell’intervento papale) della ridefinizione dell’umano. Dice Israel al Foglio che “con i suoi coraggiosi interventi Benedetto XVI, Papa filosofo, sta mettendo in discussione quella che, con linguaggio husserliano, si può chiamare ‘ragione ridotta’. Il tema dominante delle sue riflessioni è il fondamento oggettivo della conoscenza, contromogni visione radicalmente relativistica, e la possibilità di una concezione della ragione che includa la dimensione della fede e della religiosità, e non consista nella ragione mutilata e ‘ridotta’, appunto, proposta dal positivismo. Quella che oggi imperversa
e detta legge non è scienza ma una sua triste parodia, la tecnoscienza, che non fa mistero dei propri intenti manipolativi.
Essa è fatalmente portatrice di un atteggiamento antiumano, perché l’essere umano viene da essa considerato come oggetto tra i tanti, al pari di qualsiasi altro oggetto naturale”. Oggi, dice ancora Israel, bisogna prendere atto che “è il Papa ad alzare con determinazione la bandiera dell’umanesimo, mentre vasti settori della scienza contemporanea sembrano voler dare ragione alle fosche previsioni del filosofo francese Merleau-Ponty. Il quale diceva che la scienza, quando tradisce il progetto iniziale di conoscenza dal quale aveva preso le mosse, tradisce anche l’uomo.
Diventa cioè un progetto ideologico che non vede più, nell’uomo stesso, l’essere fatto di soggettività, tempo, coscienza, finalità.
Qualcosa di misterioso e destinato a rimanere tale, lontanissimo dalla ‘macchina umana’, che viene proposta oggi dalla volontà manipolatrice e selezionatrice della tecnoscienza, e che ha come esito l’eugenetica denunciata dal Papa e, con lui, dalle
coscienze più vigili del mondo laico”.

Il Foglio, 27 febbraio 2007

Grazie a "Il Foglio" per la completezza e la ricchezza dei suoi articoli.
Spiace, dopo questo bellissimo editoriale, dover riportarne un altro, antitetico, che ha la firma di Marco Politi, vaticanista di "La Repubblica". Non è la prima volta che questo giornalista attacca veementemente il Papa (ricordiamo tutti gli articoli di critica alla lectio di Ratisbona con tutte le conseguenze che conosciamo...), ma, questa volta, merita una risposta.


LA GERARCHIA ECCLESIASTICA E I CAMBIAMENTI DELLA SOCIETA'

MARCO POLITI

Se l´Italia è la trincea di Dio, allora ogni pressione, invadenza e ricatto della gerarchia ecclesiastica su Parlamento e governo diventano leciti. Se la famiglia rischia la rovina, allora è urgente negare il riconoscimento alle coppie di fatto. Se il rapporto naturale tra uomo e donna sta franando, allora è missione divina cancellare la pubblica accettazione del patto d´amore tra due partner gay.

Bisogna andare alle radici culturali dell´atteggiamento di Benedetto XVI per capire la durezza dello scontro in atto, che ha per posta la laicità dello Stato. O, per essere più semplici, il diritto dei cittadini tutti di farsi democraticamente le leggi senza attendere il timbro di un´autorità confessionale. Perché la sfida culturale è questa: evitare di ripiombare nel XXI secolo in guerre di partiti religiosi, ognuno dei quali brandisce il nome di Dio per richieste «non negoziabili». Laddove la politica è negoziato, confronto, anche compromesso tra diverse visioni del mondo.

Dice Ratzinger al clero romano che la «fede in Italia è minacciata». Parole pesanti. Chiunque viaggi per l´Italia, assistendo ad una vitalità religiosa – gioiosa, attivissima, che si esprime in mille rivoli nelle pieghe della società – fatica a riconoscersi in questa profezia. E qualsiasi osservatore straniero, che guardi al cattolicesimo italiano florido di associazioni, movimenti, gruppi, giornali, televisioni, scuole, università, ospedali, centri caritativi, e con un´istituzione ecclesiastica ben sostenuta dal bilancio statale, sbarrerebbe gli occhi dinanzi all´irreale allarme per una Chiesa minacciata.

Ma papa Ratzinger è ancora più pessimista. «Siamo di fronte ad una multiforme azione, tesa a scardinare le radici cristiane della civiltà occidentale», ha proclamato nel novembre scorso al congresso dei settimanali cattolici italiani. Sembra di risentire i «profeti di sventura» che Giovanni XXIII, aprendo il concilio Vaticano II, invitava sorridendo a lasciare da parte.

Corrisponde questo atteggiamento allo stato d´animo dei milioni di «cattolici quotidiani», che vanno a messa, si impegnano in parrocchia, pregano, riflettono su Dio e la propria esistenza e comunque, con minore o maggiore pratica, si sentono parte della comunità dei cristiani? No. Va detto con assoluta franchezza. Quando da alti pulpiti si sente risuonare minacciosamente «Non possumus», andrebbe subito domandato: non possumus chi?

Il cattolico quotidiano del Duemila vive tranquillamente accanto ai diversamente credenti, senza complessi da stato d´assedio, senza l´ossessione di imporre la propria visione. E tutta la questione delle convivenze di fatto e delle stesse coppie gay è vissuta da anni molto serenamente, pragmaticamente, con umana sensibilità dalla maggioranza degli italiani a qualunque credenza si richiamino. Perché una cosa è chiarissima: la vicenda delle unioni civili non è uno scontro tra cattolici e laici. Non è oggetto di una guerra tra fedi. Ciò che emerge è il gap tra la gerarchia ecclesiastica e la società italiana come è nella realtà.

Per i cattolici quotidiani, e gli altri, le coppie di fatto non sono un astratta drago rovina-famiglie. Sono i nostri figli, i nostri amici, spesso noi stessi. Uomini e donne in carne e ossa, senza ideologie, con la fatica dell´esistenza e il desiderio di essere un po´ felici. E le aborrite unioni gay le incontriamo a cena, sui posti di lavoro, nei luoghi dove passiamo le nostre vacanze. E sono normali cittadini e normali conviventi.

C´è un passo straordinario nella relazione che il presidente della Cei, cardinale Ruini, ha letto al consiglio permanente dei vescovi nel gennaio scorso: «Esaminando in concreto la realtà delle unioni di fatto, quelle tra persone di sesso diverso sono certamente in aumento». Si tratta di un milione di uomini e donne, giovani e adulti, di cui i cattolici sono la grande maggioranza. Stupefacente è il tono en passant con cui il porporato dà per scontata una rivoluzione profonda avvenuta negli ultimi trent´anni. Arrivare a questa cifra significa che centinaia di migliaia di figli della Chiesa non considerano una puttana la ragazza che ha rapporti prematrimoniali, non considerano vergognosi concubini due partner che vivono assieme, non considerano peccato gli anticoncezionali, il divorzio, le interruzioni di gravidanza (esattamente come milioni di altri credenti sposati in chiesa o in municipio). In altre parole hanno impostato la propria vita secondo regole diametralmente opposte a quelle ossessivamente indicate per decenni dalla gerarchia ecclesiastica. E ciò nondimeno continuano il loro dialogo con Dio, vanno a messa, e spesso si impegnano in iniziative ecclesiali.

Il problema, allora, non è la Chiesa, la comunità dei fedeli. Il problema è di una gerarchia ecclesiastica incapace di guardare con umanità ai problemi di una società in trasformazione, in cui la «famiglia» è radicalmente diversa da quella di cinquant´anni fa. Una gerarchia che pretende di rappresentare in politica i cittadini cattolici, che né esistenzialmente né politicamente hanno dato all´istituzione ecclesiastica un mandato del genere. Il paradosso, semmai, è che non tutti i vescovi condividono l´immagine di una società contemporanea «nemica» della Chiesa, mentre una serie di politici – per pura convenienza – scelgono la Cei invece dei cittadini.

Forse è l´ora di rivalutare la libertà delle coscienze, nel Parlamento e fuori. In Europa democristiani e socialisti, liberali e conservatori hanno da tempo risolto civilmente questi problemi.

La Repubblica, 27 febbraio 2007

Mi pare che questo articolo sia duro nella forma ma assai debole nel contenuto.
Prima di tutto la Chiesa non deve, anzi non puo', correre dietro alle trasformazioni della societa' quasi fosse obbligata a prendere atto dei mutamenti del costume, non solo italiano.
La Chiesa ha una tradizione bimillenaria che, sicuramente, caro Politi, resisterà ai DICO, alle leggi sull'eutanasia, sulla eugenetica e ai concordati vari.
Il problema, caro Politi, non sono certo i DICO. Dal punto di vista giuridico essi creeranno solo confusione e tanta gioia per gli avvocati ammesso, e non concesso, che passino l'esame del Senato.
No, caro Politi, il problema è un altro: il Pontefice ha o no il diritto di illuminare le coscienze?
Ratzinger non enuncia i principi non negoziabili solo per il nostro piccolo Paese, ma per il mondo, tanto è vero che si è voluto a tutti i costi fare polemica quando il Pontefice ha parlato all'ambasciatore della Colombia o all'Accademia di Francia, ben sapendo che l'Italia non era nemmeno citata in quei discorsi.
Il Papa fa il suo dovere: egli non parla al Legislatore in quanto tale ma alle COSCIENZE. C'e' una bella differenza!!! Se una persona si professa cattolica, deve sapere che è obbligato ad una duplice obbedienza: alla legge, in quanto cittadino, al Papa, in quanto credente.
Non ci può essere una scissione di personalità nel cattolico ed egli non può invocare la libertà di coscienza per fare sostanzialmente ciò che vuole.
Sia chiaro: nessuna guardia svizzera imporra' a chicchessia un certo comportamento, ma coerenza vorrebbe che non si accettassero voti, in campagna elettorale, proclamandosi cattolici, per poi dimenticarsene una volta eletti.
Ciascuno e' libero di agire come crede, ma il Papa ha il diritto di enunciare i principi e la dottrina. Da' fastidio? E' chiaro!!! Ma non lo si puo' mettere a tacere.
Il sogno di un Papa silenzioso ed accomodante si è infranto sulla spiaggia della personalita' di Ratzinger, caro Politi.
E comunque invocare la libertà di coscienza, ossia di ignorare il Papa, non e' cattolicesimo. A voi non sembra protestantesimo?
Noto con una certa ilarita' che, mentre in Italia il Papa viene accusato di pensare molto ai nostri affari interni, in Spagna e Portogallo i Vescovi stanno assumendo come pietra miliare il discorso del Papa a Verona, come splendidamente scritto da Sandro Magister in questo articolo.
La Chiesa italiana non e' piu' isolata, caro Politi.


Per concludere, non e' corretto dare al Papa del "profeta di sventura" o, come spesso si dice, della "cassandra".
Sappia, caro Politi, che spesso le verita' scomode sono molto piu' importanti e ben accette di discorsi vaghi che addolciscono la verita' per ottenere applausi...
Raffaella

Rassegna stampa del 27 febbraio 2007


AVVISO: Questo pomeriggio verranno inseriti due editoriali: uno de "Il Foglio", l'altro di "Repubblica".

Invito al Papa
Il card. Biffi: «Pensare agli angeli e all'aldilà»

CITTA' DEL VATICANO Torniamo a pensare agli angeli, che è un modo per saper pensare all'aldilà. È l'invito che il Papa si è sentito rivolgere nella prima meditazione del suo ritiro spirituale, condotta dal cardinale Giacomo Biffi. A Benedetto XVI, ai cardinali, vescovi e prelati riuniti nella Redemptoris Mater per gli esercizi spirituali che durante questa settimana bloccano le attività vaticane il card. Biffi ha raccontato di come nel '76, «sfogliando un meraviglioso dizionario teologico» si è accorto che non si parlava mai di angeli, e che «neppure nell'indice analitico c'era questa voce». Eppure, ha osservato, nella Bibbia ci sono tantissimi passi in cui parla degli angeli, dal racconto della creazione alla cacciata dal paradiso terrestre, dall'annunciazione alla vita di Gesù, nella quale «la presenza degli angeli è costante». Perchè allora, si è chiesto il porporato, agli angeli non pensano più nè i fedeli nè i teologi? È che si è perso il senso dell'aldilà, e non si considera più l"'esistenza di un mondo invisibile che rimanda alla percezione delle creature divine ignorate dalla cultura del positivismo scientista». Per sua natura, ha osservato Biffi, l'uomo fatica a concepire l'esistenza di un mondo invisibile, ma l'ipotesi di un altrove esterno alla percezione dei suoi sensi non è da escludere a priori: farlo sarebbe assumere un «atteggiamento irrazionale, perchè l'uomo non è onnisciente» e non si può affermare che ciò che non si vede non ci sia.

La Gazzetta del sud, 27 febbraio 2007

...e prosegue la tiritera sui DICO:


I NUOVI DIRITTI

E da Rutelli monito ai teodem. Binetti: ok, sto zitta
Dico, Prodi frena le ministre "Fase delicata, no a forzature"

La Bindi a Palazzo Chigi. Telefonata alla Pollastrini che aveva detto: il ddl sarà in Senato tra 15 giorni
GIOVANNA CASADIO

ROMA - Le ministre dei Dico sono state un´altra volta chiamate a rapporto. Prodi ha convocato a Palazzo Chigi Rosy Bindi, responsabile della Famiglia, e ha telefonato a Barbara Pollastrini, ministra delle Pari opportunità, che era a Milano a un convegno. Determinato il premier, e un po´ seccato: «Basta con le forzature sui Dico, con le accelerazioni e le polemiche. Così si vanifica lo sforzo che stiamo facendo per la famiglia». Stop al tormentone tra i favorevoli e i contrari, tra la sinistra e i teodem, i laici e cattolici. E soprattutto, bisogna «raffreddare» le tensioni con il Vaticano. «Se uno riapre sulla politica estera, l´altro sulle pensioni, e poi di nuovo sui Dico... non la finiamo più. Il momento è particolarmente delicato». Il Professore ha ricordato l´undicesimo punto del "dodecalogo", e cioè che c´è un portavoce unico del governo.
Alla vigilia della fiducia, il premier insomma mette in riga i suoi. La Pollastrini ieri aveva dichiarato: «Tra 15 giorni la legge sui diritti dei conviventi sarà all´esame del Senato, non è stata accantonata, si va avanti». Ma i Dico si sono intrecciati con la crisi di governo al punto che il senatore a vita Giulio Andreotti ha dichiarato che è disposto a votare la fiducia al governo proprio perché il tema delle coppie di fatto è stato tolto di mezzo. Prodi punta a una tregua con il Vaticano, dopo l´offensiva di Oltretevere in difesa della famiglia tradizionale. E perciò nel discorso di oggi in Senato in vista della fiducia non parlerà di Dico. Pronto tuttavia, se gli chiederanno spiegazioni, a rispondere: «Adesso è il Parlamento nella piena sovranità a fare la sua parte».
La bacchettata del Professore è anche per i teodem. Ma la affida al vice premier, Francesco Rutelli, il quale durante l´esecutivo della Margherita ha dato una strigliata a Paola Binetti, Luigi Bobba, Emanuela Baio, Enzo Carra, Marco Calgaro, Luigi Lusi, Renzo Lusetti e Dante Mosella. La pattuglia degli ultrà cattolici è stata richiamata all´ordine: «Serve prudenza e cautela, lavoriamo per fare passare la nottata». Criticata la Binetti in particolare, per una battuta in un´intervista: «Merito di Dio la fine dei Dico». «Ma io sono disposta a fare anche una novena per l´obiettivo in cui credo» si difende lei. E nella battaglia contro una legge sulle unioni civili, ci crede. Tuttavia è disposta a non aggiungere legna al fuoco e ai cronisti replica: «Volete sapere se Rutelli mi ha chiesto di stare zitta? Sì, e perciò non parlo». Bobba precisa: «Mai parlato di un family-day contro i Dico ma solo di una mobilitazione a sostegno delle politiche familiari».
Delle risorse per la famiglia hanno discusso la Bindi e Prodi per quasi un´ora. Già con il cardinale Tarcisio Bertone, alla cerimonia per i Patti Lateranensi, il premier aveva rivendicato al suo governo un´attenzione che mai Berlusconi aveva avuto per la famiglia. «Evitiamo perciò di prestare il fianco agli attacchi del centrodestra sui Dico», ha esortato. La Casa delle libertà denuncia: «L´Unione sta distruggendo la famiglia». Bindi e Pollastrini si sono consultate, in serata. La capogruppo dell´Ulivo al Senato, Anna Finocchiaro, chiosa: «Il tema ora è nella signoria del Parlamento». I Dico possono essere anche stravolti alle Camere. «Non metteremo certo la fiducia, non ci sono blindature» ricorda il presidente del Consiglio.

La Repubblica, 27 febbraio 2007



L´INTERVISTA

Il cardinale Barragan, titolare del dicastero vaticano della Sanità: ora speriamo bene per il futuro

"Al centro è tornata la famiglia scelta sana che la Chiesa apprezza"

Diritti individuali Occorre pensare a un codice civile che dia diritti agli individui senza prefigurare matrimoni di serie B
costituzione Il riferimento alle politiche familiari è una buona base di partenza Così si rispetta la Costituzione.

ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - «E´ una scelta sana, degna di fede e meritevole di grande attenzione, l´aver messo la famiglia al centro dell´attenzione programmatica del governo senza nessuna menzione su coppie di fatto, pacs o unioni omosessuali. Ora speriamo, fiduciosi, che alle parole seguano i fatti, a partire dalle dichiarazioni che il premier farà domani davanti ai senatori per il voto di fiducia».
"Benedizione" vaticana per Romano Prodi alla vigilia dell´avvio del dibattito al Senato. Dopo le critiche ed i "fulmini" dei giorni scorsi lanciati da Oltretevere e da quasi tutta la gerarchia ecclesiastica contro i fautori dei Dico, il disegno di legge sulle coppie di fatto approvato dal governo, dal Vaticano segnali di distensione per il centrosinistra. Piacciono, ad esempio, al cardinale Javier Lozano Barragan, ministro della Salute della Santa Sede, i 12 punti redatti da Prodi per la soluzione della crisi. Piace, in particolare, il riferimento alle "politiche familiari", sottolinea con soddisfazione il porporato Barragan, messicano, presidente del Pontificio consiglio degli Operatori sanitari e della Pastorale per la Salute, comunemente indicato come "ministro" della Sanità del Papa.

Cardinale Lozano Barragan, allora sui 12 punti indicati dal presidente del Consiglio nessuna obiezione da parte della Chiesa?

«Una piattaforma programmatica che mette al centro della sua attenzione la famiglia, con un esplicito riferimento al suo potenziamento, è sicuramente una impostazione sana. Oserei dire, è una proposta più che soddisfacente che merita di essere seguita con grande attenzione».

Sembra comunque che le autorità ecclesiastiche siano pronte a guardare con occhi più benevoli al nuovo corso del centrosinistra. E´ così?

«Le autorità ecclesiastiche e, a maggior ragione, quelle vaticane, come è noto non danno pagelle politiche a nessuno. E´ un fatto positivo, però, aver notato che la famiglia è tornata al centro dell´attenzione dell´attuale governo. E questa cosa non può che fare piacere. Certamente, ora bisogna vedere cosa succederà e se alle parole seguiranno i fatti. Con il riferimento alle politiche familiari la base di partenza è certamente buona perché, come abbiamo sempre detto come Chiesa, ma come dice anche la stessa Costituzione italiana, la famiglia basata sul matrimonio è un valore per tutta la società che merita di essere seguito, promosso e valorizzato. E´ un bene necessario per tutti. Ha fatto bene, perciò, Prodi a inserirlo nel suo nuovo programma governativo. E´ una scelta degna di lode».

Cosa pensa degli altri punti programmatici voluti dal premier?

«Non sta a me, uomo di Chiesa e, per di più messicano, giudicare punto per punto le tematiche indicate dal presidente del Consiglio italiano. Noto solo con soddisfazione che la famiglia basata sul matrimonio tra un uomo ed una donna è tornata al centro dell´attenzione del governo e che, col voto di fiducia, il Parlamento italiano si impegnerà a rispettare e a promuovere. Non è poco».

Soddisfatto anche per il mancato inserimento nei 12 punti programmatici dei Dico, cioè il disegno di legge sulle coppie di fatto?

«Non amo parlare di soddisfazione. Non avrebbe senso. E´ noto a tutti che da sempre per la Chiesa la famiglia è uno dei punti centrali del suo insegnamento pastorale. Vedere ora che il governo ne ha fatto uno dei temi cardini del suo programma non può che fare piacere e fa sperare bene per il futuro».

Capitolo chiuso, quindi, la contesa sui diritti delle coppie di fatto?

«No, è un capitolo che resta aperto, ma sul piano dei diritti individuali per i quali occorre certamente studiare strade nuove, nuove vie di diritto, pensando magari ad un codice civile più rinnovato proprio rispetto ai diritti di ciascun singolo cittadino, senza discriminazioni per nessuno. Ma senza paventare in futuro matrimoni di serie B e, tantomeno, matrimoni tra omosessuali che, oltretutto, sarebbero anche una contraddizione in termini perché il matrimonio, fino a prova contraria, si deve contrarre tra persone di sesso diverso con lo scopo primario di procreare».

La Repubblica, 27 febbraio 2007



«Coppie di fatto, insistere è solo masochismo politico»

di Francesca Angeli

L’insistenza della sinistra e di una parte del governo nella difesa dei Dico è «masochismo politico». Il capogruppo dell’Udeur alla Camera, Mauro Fabris, vorrebbe non sentir più parlare del ddl sulle coppie di fatto. Una questione che il Campanile e il suo leader, il Guardasigilli, Clemente Mastella, considerano archiviata, parcheggiata per sempre su un binario morto del Parlamento. Opinione condivisa nell’Unione anche dai cattolici della Margherita. Ma a sinistra la speranza di portare a casa il riconoscimento della convivenze non si è spenta. A difendere i Dico prima di tutto le due ministre autrici del ddl, Barbara Pollastrini e Rosy Bindi, e poi il leader della Quercia, Piero Fassino. In Senato a tenerli in vita ci penserà il presidente della Commissione Giustizia, Cesare Salvi, sostenuto dalla capogruppo dell’Ulivo, Anna Finocchiaro.

Onorevole Fabris non vi preoccupa la determinazione dei vostri alleati a portare avanti i Dico?

«Quello che ci preoccupa è il danno che questa proposta porta alla coalizione. Alcuni membri del governo insistono su una tematica che non ha portato fortuna al centrosinistra. Mi preoccupa la manifesta incapacità di leggere gli eventi e la mancanza di lungimiranza. Il governo ha fatto il suo sforzo da noi non condiviso. Ora la parola spetta al Parlamento e dunque il governo taccia».

La Pollastrini accusa di cinismo chi dovesse condizionare il proprio voto di fiducia al governo Prodi alla scomparsa dei Dico.

«Ma che ringrazino il cielo che questi cinici voteranno la fiducia dopo una crisi in cui non è stato toccato l’assetto del governo e non è stato dato un nuovo incarico dal capo dello Stato».

Si parla di avviare la discussione sui Dico in Senato entro due settimane.

«Mi sembra che siamo ai confini della realtà politica. Invito i ministri a smetterla di parlare soltanto di coppie di fatto e convivenze e soprattutto invito la maggioranza a smetterla di attaccare la Chiesa. E ringrazino che gli votiamo la fiducia perché c’è un limite al masochismo politico. I Dico non sono mai stati una priorità. Sono certo che non verranno approvati ma questa insistenza mette in discussione la stima e la considerazione reciproca. La Pollastrini si occupi delle Pari opportunità e la Bindi di famiglia perché è di questo che si sente il bisogno».

Prodi promette più impegno per la famiglia.

«Ci aspettiamo molto su questo fronte perché la vera emergenza è qui. Chiediamo immediati correttivi alla finanziaria. Ci sono meccanismi inaccettabili sugli assegni familiari che penalizzano ad esempio i nuclei con tanti figli e ancora i genitori che devono crescere i figli da soli».

L’ingresso di Marco Follini sposterà gli equilibri verso il centro?

«Oggettivamente è già accaduto. Basta guardare i 12 punti elencati da Prodi: niente Dico e invece ci sono Tav e famiglia. Abbiamo assistito all’assurdità di una maggioranza che ha subito le pressioni della sinistra radicale, sbilanciandosi su quel versante senza avere la garanzia della coesione dei partiti radicali. Ovvio che ora la linea si sposti al centro, soprattutto tenendo conto che dove lo scarto è minimo ogni punto vale oro. A Palazzo Madama avevamo perso il senatore Sergio De Gregorio ora ci siamo riequilibrati con Follini».

Contate su altri nuovi arrivi? L’Udc esclude di saltare il fosso e chiama Follini traditore.

«Se domani incassiamo la fiducia al Senato riusciremo a garantire un periodo di stabilità. Con i Dico lasciati al loro destino non dovremmo avere altri contraccolpi e a quel punto sarà possibile recuperare voti al centro. Prima su singoli provvedimenti poi anche su qualcosa altro. L'Udc ora non può scoprirsi ma noi che siamo al confine sentiamo che aria tira e quando accusano Follini di tradimento non sono credibili».

Il Giornale, 27 febbraio 2007


Sui Dico Rutelli zittisce la Binetti «Il governo non è ancora salvo»

di Anna Maria Greco

Nei 12 punti del programma che oggi Romano Prodi illustrerà in Senato i Dico non ci sono. Ma mentre lima il suo discorso il premier chiama a Palazzo Chigi il ministro della Famiglia, Rosy Bindi, per parlare proprio del nodo delle coppie di fatto, che divide il centrosinistra e fa dire ai teodem, come Paola Binetti aveva spiegato al Giornale nell’intervista pubblicata ieri, che i cattolici dell’Ulivo affosseranno il ddl a Palazzo Madama. Il Professore parla al telefono anche con il ministro per le Pari opportunità, Barbara Pollastrini, che è a Milano per un convegno.

La sua parte la fa anche il vicepremier Francesco Rutelli. Il leader della Margherita zittisce senza tanti complimenti la Binetti e gli altri teodem. Non cita nessuno, ma il riferimento è chiaro quando raccomanda all’esecutivo dielle di «non tirare la giacca da una parte o dall'altra, perché la crisi è ancora in atto» e raccomanda «prudenza». Tanto che lasciando la riunione, la stessa Binetti scherza: «Volete sapere se Rutelli mi ha detto di stare zitta? Sì, tanto è vero che ora non parlo». Una bacchettata anche per il sottosegretario ulivista Luigi Bobba, che prepara la manifestazione del Family-day. «È normale - minimizza lui - l'invito alla prudenza, visto che la fiducia deve essere ancora votata».

Fa eco a Rutelli il leader verde Alfonso Pecoraro Scanio: «Sarebbe opportuno che tutti parlassero meno».

La Pollastrini assicura che il governo non intende «assolutamente giocare la carta del rinvio»: entro 15 giorni la legge sui Dico sarà discussa in commissione Giustizia al Senato. Se nel dodecalogo i Dico non figurano è solo perché il governo ha finito il suo lavoro e ora la palla passa al Parlamento. Per il ministro «è una posizione tutto sommato cinica della politica» quella dei senatori che eventualmente condizionassero il proprio voto di fiducia al governo Prodi all'assenza dei Dico. Su un tema che riguarda i diritti civili non si possono «misurare le maggioranze di governo», avverte la capogruppo dei senatori dell'Ulivo, Anna Finocchiaro. Mentre l’Udeur ribadisce il suo no ai Dico, nell’Unione molti sospettano che si giochi sull’equivoco, per far naufragare senza clamore il ddl. È preoccupato per un governo spostato al centro il Ds Gavino Angius, colpito dal fatto che un tema «rilevante» come i Dico non sia tra i 12 punti di Prodi. Nella Rosa nel pugno, il socialista Enrico Boselli ricorda al premier le sue assicurazioni da «uomo d’onore». E il segretario di Prc Franco Giordano, avverte: «I Dico sono iscritti al dibattito parlamentare e noi ci impegneremo con tutti coloro che hanno proposto diritti civili a determinare per questa via la piena laicità dello Stato».

Dal centrodestra continuano gli inviti ai senatori cattolici dell’Unione a essere coerenti con il diktat della Chiesa e si promette battaglia per non far passare il ddl. Anche se la Bindi sostiene che la crisi di governo «non è stata scatenata dalla legge sui Dico, ma dai dissensi sulla base di Vicenza e sull'Afghanistan», la questione rimane una delle più pericolose per l’esecutivo. È vero che i Dico non ci sono nei 12 punti, fa notare il vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, ma il ministro Pollastrini e il leader Ds Fassino hanno rassicurato la sinistra che il ddl procederà a ritmo spedito. Prodi in Senato, avverte l’azzurro Renato Schifani, dovrà fare chiarezza sui Dico, oltre che su Tav e pensioni. Al suo governo si potrebbe affibbiare un motto: «Qui lo Dico e qui lo nego», scherza l’azzurro Osvaldo Napoli.

Il leader Udc Pier Ferdinando Casini è sicuro: «Il ddl sui Dico verrà bocciato al Senato, perché non hanno la maggioranza. Del resto, non potranno non provarci a farli approvare perché, come dice Pollastrini smentendo i 12 punti di Prodi, sono una priorità del governo».

Il Giornale, 27 febbraio 2007


Andreotti, un sì a Prodi se non parlerà dei gay

di Gianni Pennacchi

Piccata per le molteplici ma univoche esternazioni di Giulio Andreotti, il ministro Barbara Pollastrini s’è affrettata ieri a precisare che il progetto di legge sulle unioni di fatto, Pacs o Dico fate voi, porta comunque la firma del premier Romano Prodi, e poi chi l’ha detto che è affossato? Se non sta nel dodecalogo del riossigenato governo è solo perché lì «ci sono le materie del futuro», s’affanna a spiegare la titolare delle Pari opportunità, assicurando che «entro 15 giorni» il testo sarà al banco della competente commissione senatoriale. Ma basta la reazione di una delle due madri del progetto, per un ripensamento della vecchia volpe? Il senatore a vita che mercoledì scorso con la sua astensione ha contribuito a terremotare il governo dell’Unione, dichiara infatti ai quattro venti che stavolta voterà anch’egli la fiducia, proprio perché dal novello e stringato programma di Prodi, «sono scomparse assurdità come la discontinuità in politica estera rispetto al governo Berlusconi, e i matrimoni omosessuali».

No, certamente non basterà a mutar la rotta del più navigato e immarcescibile politico italiano. A meno che Prodi non sia così scriteriato da venire oggi a Palazzo Madama giurando che i Pacs sono una colonna portante, li difenderà con unghie e denti, porrà anche la fiducia per vederli in porto, e figurati la discontinuità in politica estera, anzi ce ne andiamo dall’Afghanistan domani stesso. La verità è che Andreotti, la Cei e la Segreteria di Stato d’Oltretevere, ma anche Mastella e gli integralisti della Margherita (Binetti, Carra e compagnia) hanno già avuto la vittoria di principio: Prodi ha tolto il cappello da quel disegno di legge, l’ha abbandonato nella «ruota degli esposti», s’è pentito ed oggi non ne farà parola. Per questo è stato perdonato, i suoi soci han compreso che è meglio pure dimenticar Vicenza, dunque il divo Giulio assolve a nome e per conto dell’interà cristianità cattolica impegnata in politica, voterà la fiducia perché «il diritto alla vita vale anche per i governi», dice e par di verderlo sorridere sornione, a labbra strette.

Come tutti, anche Andreotti sa che Cesare Salvi ha calendarizzato il testo sulle unioni di fatto in Commissione giustizia. Ma come tutti compreso Salvi, sa che è una inutile operazione di vetrina, perché come dice Franco Grillini (voce autorevole e davvero esperta) «al Senato sui Dico non passa nemmeno un foglio di carta in bianco». Persino il campione parlamentare del mondo gay, sa che bisogna sacrificar qualcosa sull’altare della ragion di Stato e della sopravvivenza governativa, ma lamenta: «L’avessero almeno presentata alla Camera ’sta legge, potevi traccheggiare un poco e dimostrare che ti stavi sforzando. Invece no, al Senato dove te la bocceranno ancor più in fretta, ora che è sparita dal programma di governo».

Volete che non ghigni Andreotti? Che una volpe tema una Pollastrini? Ieri ha rilasciato interviste a raffica, su quasi tutti i quotidiani nazionali, ammettendo che sì, il suo non possumus di mercoledì era dettato prevalentemente dai Pacs. Ma per amor del cielo, guai a sospettare che lo abbiano spronato dal Vaticano, «sono abbastanza maggiorenne per valutare e decidere in autonomia come orientare il mio voto» risponde. E sempre sorridendo: «Non c’era bisogno che me lo ricordasse il Sant’Uffizio come dovevo comportarmi».

Però la ministra non demorde. E anche a rischio di far mancare domani un voto prezioso, rivendica: «Entro 15 giorni la legge sui Dico, di cui il primo firmatario è il presidente Prodi, dovrebbe essere discussa in Commissione al Senato e lì verificheremo la responsabilità di tutti»; non è vero che è stata rinnegata, «nei dodici punti indicati da Prodi ci sono le materie del futuro».

Il Giornale, 27 febbraio 2007

26 febbraio 2007

Sarà vero?

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Gli esercizi spirituali del Papa e della Curia


Papa, tornare a pensare agli angeli
E' l'invito rivolto dal cardinale Biffi a Benedetto XVI


(ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 26 FEB - Torniamo a pensare agli angeli, che e' un modo per saper pensare all'aldila'. E' l'invito rivolto dal cardinale Biffi al Papa. A Benedetto XVI, ai cardinali, vescovi e prelati riuniti nella Redemptoris Mater per gli esercizi spirituali che durante questa settimana bloccano le attivita' vaticane, il cardinale di Bologna ha deplorato il fatto che mentre nella Bibbia si parla degli angeli in tantissimi passi, ne' i fedeli ne' i teologi se ne ricordano, creando una 'vita di non senso'.



CARD. BIFFI: MORTI DA DISCOTECA EMBLEMA DI VITE SENZA SENSO

Città del Vaticano, 26 feb. (Apcom) - Il senso cristiano della morte, la conversione, il mondo invisibile: sono stati questi i temi centrali delle tre meditazioni elaborate dal cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, nella prima giornata degli esercizi spirituali di Papa Benedetto XVI e della Curia. "Il moltiplicarsi dei suicidi o le stesse morti di molti giovani che tornano dalla discoteca - ha detto il cardinale Biffi riferendosi anche ai fatti di cronaca italiana delle ultime ore - sono l'emblema tragico di vite consumate senza senso. Ma questo vuoto è assurdo per la mente umana".

"Bisogna portare l'uomo - ha scandito Biffi nelle meditazioni riportate in sintesi dalla Radio Vaticana - non tanto a scegliere tra una vita futura, della quale non sa niente, e una godibile vita presente, quanto a scegliere tra una vita svuotata di senso che finisce nel nulla e la speranza di un evento che verrà a darci un senso e un traguardo, cioè la Risurrezione".

Sul tema del 'mondo invisibile' (argomento centrale della riflessione di ieri pomeriggio), il porporato bolognese ha sottolineato come "escludere pregiudizialmente l'esistenza di un aldilà è anzitutto un atteggiamento irrazionale, perché l'uomo, che non è onnisciente, non può pretendere di affermare con sicurezza ciò che non si vede e tocca - ha spiegato - ed è in sostanza una condanna a una vita di non senso. Aprirsi invece alla possibilità di un mondo invisibile vuol dire al contrario affacciarsi a un mondo in cui ogni sorpresa è possibile, a un mondo che non esclude, ad esempio, la presenza degli angeli".

Con le due meditazioni di stamattina, poi, il predicatore degli esercizi spirituali è entrato nel merito di due aspetti sui quali la Quaresima riflette con particolare attenzione: la conversione, e quindi il senso del peccato e del pentimento che salva, e la morte in chiave redentiva. "Oggi - ha notato il porporato - si dice che non vi sia pentimento perché si è smarrito il senso del peccato. Tuttavia - ha soggiunto non senza ironia - questo non è del tutto vero perché la nostra epoca è segnata dalle continue denunce di malefatte, sui media e nei tribunali. Ciò vuol dire allora che il senso del peccato esiste, ma il senso del peccato altrui. Viceversa - ha concluso Biffi - il pentimento che salva sta nel riconoscere i propri errori".


Mondo invisibile, conversione e senso cristiano della morte nelle prime meditazioni del cardinale Giacomo Biffi agli esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano alla presenza del Papa

L’esistenza di un mondo invisibile, che rimanda alla percezione delle creature divine ignorate dalla cultura del positivismo scientista, e il bisogno della conversione del cuore per scegliere consapevolmente Dio piuttosto che il male. E, in quest’ottica, il valore del pentimento in rapporto al senso del peccato e il valore della vita vissuta con la speranza che vi sia un aldilà piuttosto che il nulla: sono alcuni dei temi sui quali il cardinale arcivescovo emerito di Bologna, Giacomo Biffi, ha articolato – tra ieri pomeriggio e stamattina - le prime tre meditazioni degli esercizi spirituali della Quaresima, tenuti al cospetto del Papa e della Curia Romana. Per una sintesi del loro contenuto, ascoltiamo il servizio di Alessandro De Carolis.

Per sua natura, l’uomo fatica a concepire l’esistenza del “mondo invisibile”, l’ipotesi di un “altrove” esterno alla percezione dei suoi sensi. Ma escludere pregiudizialmente l’esistenza di un aldilà è anzitutto un atteggiamento irrazionale – perché l’uomo, che non è onnisciente, non può pretendere di affermare con sicurezza ciò che non si vede e tocca – ed è in sostanza una condanna a una vita di non senso. Aprirsi invece alla possibilità di un mondo invisibile vuol dire al contrario affacciarsi a un mondo in cui ogni sorpresa è possibile, a un mondo che non esclude, ad esempio, la presenza degli angeli. E’ stata questa, in estrema sintesi, la premessa dalla quale il cardinale Biffi ha fatto partire la sua prima meditazione quaresimale, ieri pomeriggio, per arrivare ad affermare che anche per il credente c’è il rischio di ridurre a misura della propria miseria l’ampiezza delle cose divine. Il segno che si prende sul serio il mondo invisibile è che si prende sul serio il mondo degli angeli, ha detto il porporato, stigmatizzando la mentalità odierna per la quale la realtà nascosta degli angeli è invece tra le più derise perché si è poco inclini a considerare “le cose di lassù”. Se si hanno questi occhi, svanisce anche la paura di una Chiesa piccolo gregge rispetto alle forze che la insidiano poiché, ha osservato il cardinale Biffi, il credente la vede per ciò che è: parte di una comunità affollatissima che vive fra terra e cielo.


Con le due meditazioni di stamattina, poi, il predicatore degli esercizi spirituali al Papa e alla Curia Romana è entrato nel merito di due aspetti sui quali la Quaresima riflette con particolare attenzione: la conversione – e quindi il senso del peccato e del pentimento che salva – e la morte in chiave redentiva. La liturgia della Quaresima, ha affermato il cardinale Biffi nella prima riflessione di stamani, è segnata da una frase che rappresenta l’esordio dell’annuncio pubblico di Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo”. Questo periodo, dunque, non è – ha sottolineato il predicatore - il tempo dato al credente per verificare "se" vi sia qualcosa da cambiare in sé stesso, quanto piuttosto "cosa" debba essere cambiato, cioè convertito da uno stato di errore a uno di grazia. E la conversione - cioè cambio di direzione lungo il cammino della vita - inizia dal cuore, dal pentimento interiore e se il discepolo di Cristo deplora con fermezza la colpa, non toglie a nessuno la certezza della divina misericordia, anche perché – ha proseguito il cardinale Biffi – il frutto di un pentimento autentico ha come esito immancabile la gioia. Oggi, ha notato il porporato, si dice che non vi sia pentimento perché si è smarrito il senso del peccato. Tuttavia, ha soggiunto non senza ironia, questo non è del tutto vero perché la nostra epoca è segnata dalle continue denunce di malefatte, sui media e nei tribunali. Ciò vuol dire allora che il senso del peccato esiste, ma il senso del peccato altrui. Viceversa, il pentimento che salva sta nel riconoscere i propri errori, perché dissociarsi dalla colpa avvicina per ciò stesso a Dio, che è l’antitesi del male, e rende meglio percepibile l’imminenza del suo Regno.


Dall’imposizione delle Ceneri all’inizio della Quaresima - e dalla frase che accompagna il rito (“Ricordati che sei polvere e polvere ritornerai”) - il cardinale Biffi ha tratto lo spunto per la terza meditazione. Nel mondo che non riconosce il mondo invisibile, la morte è una disfatta. Una vita che, per certa mentalità, è destinata a finire in nulla, rende vuoto anche quello che si fa mentre si è in vita, per cui l’esistenza più perversa e quella più generosa, secondo questa visione, finiscono, all’apparenza, per essere ripagate alla stessa maniera. Tra l’altro, ha asserito l’arcivescovo emerito di Bologna, la stessa mentalità nega quasi la morte evitando di parlarne: il moltiplicarsi dei suicidi o le stesse morti di molti giovani che tornano dalla discoteca – e il cardinale Biffi ha fatto riferimento anche ai fatti di cronaca italiana delle ultime ore – sono l’emblema tragico di vite consumate senza senso. Ma questo vuoto è assurdo per la mente umana. Ecco la profonda differenza del messaggio evangelico. Il cristiano, ha detto il cardinale Biffi, non censura il pensiero della morte, non ha vergogna di provarne sgomento, perché è lo stesso sperimentato dal suo Signore. E qui, il porporato ha sollecitato gli stessi pastori della Chiesa a sottrarsi a un certo condizionamento che impedisce una seria riflessione sulla morte. Bisogna portare l’uomo non tanto a scegliere tra una vita futura, della quale non sa niente, e una godibile vita presente, quanto a scegliere tra una vita svuotata di senso che finisce nel nulla e la speranza di un evento che verrà a darci un senso e un traguardo, cioè la Risurrezione. La Risurrezione di Cristo è un fatto reale che si può opporre all’altro fatto ineluttabile e sperimentabile della morte. Dunque, ha concluso il cardinale, ecco perché le Ceneri non sono mai disgiunte dalla Pasqua. Esse simboleggiano non tanto ciò che diventeremo, quanto ciò che potremmo diventare se non aprissimo il cuore al mondo invisibile che racchiude l’evento della Salvezza. La nostra vita senza Dio sarebbe, per l’appunto, una fiammata che finisce in un pugno di cenere spenta.

Radio Vaticana

Rassegna stampa del 26 febbraio 2007


Ecco le solite speculazioni sui "DICO" e sulla presunta soddisfazione del Vaticano:

“Governo più equilibrato
Hanno fatto penitenza”



Via libera dei vescovi dopo la frenata sui Dico e il maggior peso dei centristi

GIACOMO GALEAZZI
CITTA’DEL VATICANO
Con un governo Prodi «riequilibrato al centro», e che ha tolto dalla propria agenda di priorità la regolarizzazione delle coppie di fatto, «si può discutere». In Vaticano vengono considerati «segni incoraggianti» l’assenza dei Dico dai dodici punti del patto di governabilità e l’allargamento della maggioranza all’ex Udc Marco Follini. «Mi sembra che la predicazione di Benedetto XVI stia scuotendo e orientando le coscienze. Le preoccupazioni della Chiesa per la famiglia iniziano ad esser prese nelle dovuta considerazione - osserva il ministro vaticano della Salute Javier Lozano Barragan -. Il rischio del relativismo rimane, ma sono ottimista che si possa raccogliere quanto è stato seminato».
Vede segnali che le cose stiano «maturando verso il bene» anche l’arcivescovo Edoardo Menichelli della commissione Cei per la Famiglia: «Con impegno e pazienza si può dialogare tenendo conto di valori che per noi sono precisi e centrali». Una prudente apertura di credito, quindi, «in attesa di conoscere nel dettaglio la nuova linea di azione del governo sul tema della famiglia». Ma le speranze, puntualizza Menichelli, «sembrano fondate». Saluta positivamente una «necessaria correzione centrista» dell’esecutivo anche il portavoce francescano, padre Enzo Fortunato: «Mai come questa volta il leader dell’Udeur Clemente Mastella è stato così prezioso e credo che i cattolici debbano molto al suo operato nella battaglia contro i Dico». E il fatto che si rafforzi la componente cattolica del centrosinistra, secondo il direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi, «non può che farci piacere ed è un importante elemento di moderazione».
Il barometro d’Oltretevere, dopo il gelo delle ultime settimane, volge al bello. Merito di una «costruttiva attenzione ai valori difesi dalla Chiesa e al Magistero», evidenzia l’arcivescovo di Curia Francesco Gioia: «C’è di che rallegrarsi per il fatto che i Dico non figurino tra i dodici punti di Prodi perché in questo modo è stato rimosso una gravissima causa di divisione». Un «apprezzabile passo in avanti», a giudizio del presule cappuccino, «sia che si tratti di una decisione presa per convinzione sia che sia accaduto per prudenza».
In Curia, comunque, si è persuasi che la linea dura contro i Dico indicata dal presidente della Cei Camillo Ruini e sottoscritta appieno dal Pontefice «abbia pagato», tanto che ora si possono gradualmente riallacciare i fili del dialogo con un governo «ridotto a più miti consigli» e meno sbilanciato sull’ala laicista. «Dopo i governi balneari, arriva un governo quaresimale, speriamo faccia penitenza per i Dico», sdrammatizza un dirigente di una congregazione vaticana. «Si è aperto un nuovo promettente spiraglio. Adesso si può tornare a confrontarci con serenità, senza che una parte pretenda di imporsi all’altra, come stava accadendo sulla regolamentazione delle unioni di fatto - afferma monsignor Vittorino Grossi, segretario del Pontificio comitato di Scienze storiche -. Le istanze poste dalla Chiesa paiono essere state recepite dall’esecutivo».
Guarda con favore alla «maggiore sensibilità verso i valori cattolici» anche il vescovo Luciano Pacomio, della commissione episcopale per la Dottrina della fede. «Certo, è tutta da valutare la sincerità delle motivazioni di questa riequilibratura al centro - sottolinea il presule -. Potrebbe essere una soluzione per salvare il governo, ma se davvero si è fermata l’ondata laicista alla Zapatero è un fatto salutare e contiamo di vederne presto gli effetti positivi».
Il presidente dei giuristi cattolici Francesco D’Agostino, membro della Pontificia Accademia per la Vita, sottolinea il fatto che il disegno di legge sui Dico sia stato rimesso all’attività del Parlamento. E si intravedono le condizioni per un ritorno alla normalità nei rapporti Stato-Chiesa. «Diciamo la nostra, se serve bene, altrimenti andiamo avanti. Non si può fare l’argine sulla famiglia e trascurare tutto il resto, non è scoppiata la Terza guerra mondiale - riflette il vescovo Claudio Stagni della commissione Cei per l’Educazione cattolica -. Siamo entrati in Quaresima, faremo una catechesi sul matrimonio e sensibilizzeremo i fedeli sui valori finiti sott’attacco, però poi si passa oltre».
La parola d’ordine nelle gerarchie ecclesiastiche, infatti, è «globalità». Fermare i Dico era indispensabile, però adesso è l’intero operato del governo a richiedere uno scatto. «Noi vescovi seguiamo con vivo interesse e partecipazione gli sviluppi della situazione e ci auguriamo che si attivi un canale complessivo di comunicazione con il governo - sostiene il vescovo Giancarlo Maria Bregantini della commissione episcopale per il Clero -. Ci attendiamo risposte sui temi della precarietà economica dei nuclei numerosi, degli assegni familiari, della lotta alla disoccupazione. Sulle emergenze che toccano la vita della gente offriamo collaborazione».
La strategia, dunque, è quella di cogliere le «incoraggianti» novità della veste «cattolically correct» dell’esecutivo, senza però deporre del tutto le armi. Come dimostrano l’appello alla mobilitazione dei fedeli lanciato sabato da Benedetto XVI, l’annunciata nota del cardinale Ruini che dovrebbe impegnare i politici cattolici al rispetto del magistero della Chiesa e la marcia «in preparazione» delle associazioni ecclesiali. Come a dire che fidarsi è bene, ma certe volte non fidarsi è meglio...

La Stampa, 26 febbraio 2007


“Voto sì perché hanno tolto i Dico”

Senatore Giulio Andreotti, come voterà giovedì?

«Voterò sì. Il diritto alla vita vale anche per i governi. Dal programma sono scomparse assurdità come la discontinuità in politica estera rispetto al governo Berlusconi e i matrimoni omosessuali. Erano due cose che mi avevano molto turbato. Le nozze gay sono inaccettabili non solo per chi ha il dono della fede ma per chiunque rispetti la Costituzione e le regole più normali. Sono state tolte e non credo che verranno rimesse perché, uscendo da una situazione così difficile, staranno tutti un po’ più attenti. E, oltreché con il censimento pro o contro Berlusconi, credo la smetteranno pure con gli attacchi al Papa».

Turbato come cattolico?

«Il compito del Papa è difendere la vita di tutti, mica solo dei cattolici. Non capisco perché imputano a Benedetto XVI di ribadire una concezione naturale delle creature e del creato che è sempre stata un punto essenziale del Magistero. E’ una costante della dottrina della Chiesa, poi ogni Papa può accentuarla più o meno, è normale. Questi attacchi al Pontefice mi sembrano incomprensibili. Ho appena terminato al Club di Monaco un convegno su Iran, Iraq e Libano e per fortuna ho dedicato tre giorni a cose di un livello maggiore di quelle interne a volte così meschine».

Come vede l’ingresso di Follini nella maggioranza?

«I conti vanno fatti bene. Noi con la Democrazia cristiana avevamo periodi di maggioranze enormi, forse pure eccessive, e altri in cui disponevamo di quanto basta, come nelle ricette per i prodotti farmaceutici. I numeri sono importanti ma poi servono le idee chiare, il saper camminare su direttrici precise rispettando le scadenze. Per esempio, c’è da rimettere mano alla legge elettorale. Per quarant’anni il sistema proporzionale ha fatto sviluppare bene l’Italia e ha superato prove difficili. Questo bipolarismo presuppone che ci siano solo due orientamenti, tutto il contrario del carattere del popolo italiano. Andrebbe favorito il dibattito nelle università e nell’opinione pubblica prima di arrivare alle sedi decisive».

Non è strano che lei abbia bocciato D’Alema che sulla politica estera sembra ispirarsi alla sua linea filo-araba e autonoma dagli Usa?

«Il mio voto non era una bocciatura di D’Alema ma del dibattito come si è svolto. Lui ha sostenuto che c’è continuità nella politica estera citando anche il mio periodo alla Farnesina, poi però ha escluso la continuità con il governo Berlusconi e a me sembra una cosa abbastanza ridicola. Il voto non era un sondaggio su Berlusconi. Se c’è continuità c’è continuità. Poi certo ognuno vive secondo il suo temperamento e preparazione, ma la mania di voler vedere tutto in chiave pro o contro Berlusconi non la condivido. D’Alema sta conducendo bene la politica estera. Andiamo incontro a momenti difficili per il timore che gli Stati Uniti vogliano attaccare l’Iran. Dobbiamo prendere le nostre precauzioni. E spero che se ne parli giovedì. Ero già contrario alla nostra partecipazione alla missione in Iraq e ancora non ho capito come nacque l’operazione. Dobbiamo stare molto attenti».

Insomma, cosa non la convince in questo centrosinistra?

«Io penso che il compito della compagine governativa debba essere quello di stimolare riforme sociali. Cosa c’entrano i Dico? E’ troppo facile fare riforme in questo modo. Le riforme devono costare qualcosa a qualcuno, anche in termini economici. Nella mia esperienza la stagione più costruttiva che ricordo è il 1950. Furono realizzate la riforma agraria e la Cassa del Mezzogiorno. Queste sono riforme. Una sinistra dovrebbe spingere il governo in questa direzione sennò che sinistra è? Io comunque sono intenzionato a votare la fiducia giovedì. A meno che nei prossimi giorni non abbiano l’idea di mettere in gioco qualcosa che mi renda impossibile dare il consenso all’esecutivo».

La Stampa, 26 febbraio 2007


L´INTERVISTA

Il senatore a vita: il nuovo programma mi convince, opportuno che ci sia continuità di governo

Andreotti voterà la fiducia "Bene il dietrofront sui Dico"

Io e il vaticano Sono abbastanza adulto per decidere in autonomia ma c´è stata coincidenza tra la mia posizione e quella della Chiesa
il quirinale Come ha sottolineato giustamente il Colle non ci sono alternative a questo esecutivo, almeno per il momento

CARMELO LOPAPA

ROMA - Confessa di essere orientato a votare la fiducia al governo Prodi. Sarà pure una sorpresa, ma per lui, per il sette volte presidente del Consiglio che con la sua astensione mercoledì ha fatto scivolare verso la crisi il governo Prodi, non lo è affatto, assicura ora. La linea telefonica va e viene, dall´auto con la quale si sta allontanando da Montecarlo. Si è intrattenuto nel Principato per l´intero fine settimana. «Un convegno internazionale di politica estera programmato da tempo», non una vacanza, sia chiaro. Comunque un´ottima occasione per tenersi lontano dallo stress romano al quale in queste ore sono inevitabilmente sottoposti i (quasi) determinanti senatori a vita.

Presidente Andreotti, Prodi torna alle Camere. Voterà la fiducia? Cosa ha deciso dopo questi giorni di riflessione?

«Per la verità, a Montecarlo siamo stati impegnati in questo convegno sull´Iran e sulla politica internazionale. Momento propizio per prendere atto che la situazione, proprio sotto il profilo internazionale, è assai preoccupante».

E dunque, presidente?

«E dunque occorre stabilità di governo in momenti come questi».

Vuol dire che voterà la fiducia?

«Sono stato lontano ma ho seguito l´andamento dei fatti. Ho letto soprattutto il nuovo programma al quale ha lavorato la maggioranza».

E qual è il suo giudizio?

«Positivo. Ho notato con piacere che certi punti non fanno più parte degli obiettivi dell´esecutivo».

Si riferisce ai Dico, al riconoscimento delle unioni civili che lei non aveva fatto mistero di non condividere affatto?

«Sì, ho visto che i matrimoni omosessuali, diciamo così, saranno accantonati. E questo è condivisibile. Dunque penso che non dovrebbero esserci difficoltà per il governo ad andare avanti».

Presidente Andreotti, intende dire che potrebbe andare avanti anche con il suo voto o no?

«Penso che non dovrebbero esserci difficoltà per il raggiungimento del quorum necessario ad ottenere la fiducia. Mi ha convinto molto quel che ha detto il presidente Napolitano».

A cosa si riferisce?

«Anche io penso, come ha giustamente sottolineato il Quirinale, che non ci siano alternative a questo esecutivo. Che la situazione è tale che risulta difficile trovare una soluzione diversa, almeno per adesso».

Insomma, obtorto collo, anche lei potrebbe decidere di sostenere l´esecutivo.

«È opportuno che ci sia una continuità di governo, questo è certo. La fase internazionale, ripeto, è assai delicata. E in situazioni come queste, lo dico anche per esperienza personale, sono necessari dei governi in carica che siano nel pieno dei loro poteri. E poi, ribadisco anche qui, sono soddisfatto dell´accantonamento di quei matrimoni....».

Avrà saputo anche lei a Montecarlo dell´interpretazione maliziosa circolata con insistenza a Roma a proposito della sua astensione di mercoledì.

«No, quale?».

Nella sinistra radicale, ma non solo, il suo mancato voto in favore della politica estera del governo al Senato è stato ricondotto proprio al dissenso sui Dico. "Il Diario" ci ha costruito anche la copertina, la sua foto e sullo sfondo la sagoma di Benedetto XVI: insomma, l´astensione in aula come riflesso delle perplessità - chiamiamole così - vaticane.

«No, guardi. Sono abbastanza maggiorenne per poter fare delle valutazioni personali e decidere in autonomia come orientare il mio voto. Certo, c´è stata una coincidenza obiettiva tra la mia posizione e quella delle gerarchie ecclesiastiche in merito a quel provvedimento così contestato. Una coincidenza dettata dalla non condivisione degli obiettivi fatti propri dal governo col ddl sui Dico. Detto questo, ecco, non c´era bisogno che me lo ricordasse il Sant´Uffizio come dovevo comportarmi».

La Repubblica, 26 febbraio 2007


IL CASO

Anche Fassino ribadisce che il ddl non finirà su un binario morto. Pollastrini: sarebbe un atto di cinismo

Dico, sfida della sinistra in Senato
Salvi: voto prima possibile, vediamo se qualcuno ci maledirà

La Binetti telefona al presidente della commissione: semmai ti auguro buon lavoro

GIOVANNA CASADIO

ROMA - Pur di ottenere una tregua con il Vaticano, la legge sui Diritti dei conviventi, anche gay, è ormai fuori dall´agenda dell´Unione? Piero Fassino, segretario Ds, nega che le cose stiano così. Se non ci sono i Dico nei dodici punti del Patto programmatico di Prodi, sostiene, è solo perché «quelle sono le priorità che il governo intende assumersi da ora in poi, mentre il disegno di legge sulle unioni civili è stato già fatto. Adesso è in commissione Giustizia al Senato e poiché è stato costruito per corrispondere a un punto del programma dell´Unione, ci batteremo per farlo approvare in Parlamento». I Dico non finiranno insomma su un binario morto, non c´è «nessuna battuta d´arresto». Se ne fa garante Cesare Salvi, presidente della commissione, dove il dibattito sulle unioni civili è già in calendario: «Dopo la fiducia, si riparte con le coppie di fatto».
E se Fassino dal canto suo, rivendica l´autonomia della politica dal pressing dei vescovi e di Benedetto XVI contro le unioni civili («Ho il massimo rispetto per la Chiesa e per le sue esternazioni ma lo Stato deve garantire in modo equo e imparziale il rispetto dei diritti e in modo laico le scelte di tutti»), Salvi s´impegna ad andare avanti. Con buona pace dei teodem, gli ultrà cattolici della Margherita, che nel centrosinistra si allineano tra i contrari insieme con l´Udeur di Mastella. Ironizza Salvi, esponente della sinistra Ds: «Spero che la collega Paola Binetti non invochi su di me la maledizione divina se comunico che, qualora il governo Prodi avrà la fiducia, nella prima seduta successiva della commissione Giustizia da me presieduta, riprenderà l´esame dei disegni di legge parlamentari nonché di quello governativo sulle unioni civili». Anche perché, ragiona, non risulta che «il governo abbia pronunciato il ritiro della sua proposta, quindi avanti». La teodem Binetti aveva nei giorni scorso parlato di una benedizione di Dio, a proposito dell´accantonamento dei Dico. A sera Binetti telefona a Salvi: «Nessuna maledizione, casomai benedizioni su di te per un buon lavoro». Un augurio ma anche un avvertimento: daranno battaglia, sono convinti che la legge «vada rivoltata come un calzino».
Già previsto del resto che alle Camere sarebbe ricominciato il braccio di ferro laici-cattolici. Le due ministre che hanno preparato il testo dei Dico, la cattolica Rosy Bindi e la ds Barbara Pollastrini non si sono mai nascoste che l´iter parlamentare sarebbe stato difficile, assai più di quanto non sia stato l´ok del Consiglio dei ministri, l´otto febbraio scorso. Ieri la Pollastrini ha ribadito: «Sarebbe un atto di cinismo e di indifferenza se il Parlamento sbattesse la porta in faccia al disegno di legge. Certo, tutto è migliorabile». E la responsabile della Famiglia, Bindi: «La discussione sui Dico e la crisi è surreale, torniamo alla realtà. I Dico sono già stati proposti dal governo e sono affidati al Parlamento né più né meno di un attimo prima della crisi, né più né meno di un attimo dopo la conclusione della crisi».
Il centrodestra attacca. Agita i Dico come spauracchio per i cattolici e Riccardo Pedrizzi, di An, lancia un appello: se i Dico non vengono tolti di mezzo, i cattolici dell´Unione non votino la fiducia.

La Repubblica, 26 febbraio 2007


IL TEODEM

Bobba, senatore dei Dl: in Parlamento bloccheremo la legge
"E noi daremo battaglia anche col family day"

Il tema è escluso dai 12 punti del nuovo Patto voluto da Prodi. E ora organizzeremo un family-day


ROMA - «Follini ci aiuterà nella battaglia contro i Dico». Luigi Bobba, l´ex presidente Acli, ora senatore teodem della Margherita, è «ottimista» sull´archiviazione di una legge che non gli piace. «Non è che la Provvidenza si scomodi per i "Dico sì, Dico no"... ha ben altro a cui pensare». Quindi, ora che la questione delle unioni civili è fuori dal patto delle priorità di Prodi, ma al Senato la sinistra garantisce che il disegno di legge del governo ripartirà, il braccio di ferro «si sposta in Parlamento».

Senatore Bobba vuole che la legge sui Diritti dei conviventi, sia bocciata?

«Intanto un tema che riguarda i diritti personali merita una discussione più approfondita. Le soluzioni individuate dal governo non sono sufficienti. Non voglio imbucare la discussione nel binomio laici-cattolici però le unioni civili non possono essere ritenute un´urgenza».

Non un´archiviazione dei Dico, ma un rinvio?

«Non ci stiamo, noi teodem, a un confronto come camicia di forza: non c´è nessuna fregola. Il fatto stesso che il governo nei 12 punti del nuovo Patto non abbia messo i Dico, ma la famiglia è un colpo di barra nella direzione che abbiamo sempre sostenuto e cioè che il legislatore dovrebbe avere un´attenzione prioritaria per gli oltre 11 milioni di famiglie con bambini. Io sto lavorando a un disegno di legge per la promozione del welfare familiare e generazionale; su tariffe e accesso ai servizi con costi agevolati. Occorrono più asili nido; una forte incentivazione del part time del coniuge che si dedica ai figli piccoli con un congedo pagato».

Intanto il presidente della commissione Giustizia, Cesare Salvi pensa di rimetterli in pista al più presto al Senato.

«Salvi fa il suo mestiere, però con tutte le leggi che ci sono in Parlamento non vedo l´urgenza di cominciare con i Dico. Un sondaggio Acli di qualche giorno fa, rilevava che su sette priorità indicate, le coppie di fatto erano per gli intervistati al settimo posto. Salvi farebbe bene a guardarle, queste cose».

Riassumendo. I teodem della Margherita non voteranno i Dico?

«Non mi piace lo strumento di una legge apposta per riconoscere i diritti individuali nelle unioni civili. Ci sono strade più efficaci, ad esempio cambiare il codice civile o intervenire sulla legislazione esistente».

I cattolici scenderanno in piazza contro i Dico?

«Nessuna manifestazione contro, ma forse un family-day».

I Dico hanno contribuito alla crisi del governo Prodi?

«È una ipotesi quanto meno controversa, non so l´astensione di Andreotti da cosa sia dipesa ma Emilio Colombo si è detto contrario ai Dico e poi sulla politica estera ha votato a favore. Il problema è un altro: se il governo insegue un laicismo di bandiera o un radicalismo di sinistra o uno statalismo conservatore non è in sintonia con il sentire del paese. Che Follini sia in maggioranza mi conforta per la qualità della persona e perché dà forza all´idea di un governo riformatore che non insegua radicalismi».
(g.c.)


Gli esercizi spirituali del papa

Si ferma fino a sabato l'attività del papa e della curia romana. Spazio alla riflessione e al silenzio degli esercizi spirituali, guidati dal cardinale Giacomo Biffi

Gli esercizi spirituali di Quaresima in Vaticano per il papa. La seconda volta di Biffi
di Alessandro Renzo

La Quaresima inizierà il 21 febbraio, Mercoledì delle Ceneri. La domenica successiva, la Prima Domenica di Quaresima, 25 febbraio, alle ore 18 il papa e i suoi collaboratori della Curia Romana inizieranno gli Esercizi spirituali nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico. Gli esercizi dureranno fino alla mattina di sabato 3 marzo. Durante questa settimana, il papa si dedicherà alla preghiera. Saranno sospese le Udienze pontificie e l'attività ordinaria del Santo Padre e della Curia Romana, compresa l'Udienza generale di mercoledì 28 febbraio.

Le meditazioni saranno proposte su invito del papa dal card. Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna sul tema Le cose di lassù, che sarà sviluppato in una riflessione introduttiva, 10 meditazioni e 5 testimonianze. Il tema è presa dall’inizio del terzo capitolo della lettera ai Colossesi: "Cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio: pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra" (Col 3, 1-2).

«Chi incontra Gesù risuscitato viene interiormente trasformato; non si può "vedere" il Risorto senza "credere" in lui. Preghiamolo affinché chiami ognuno di noi per nome e così ci converta, aprendoci alla "visione" della fede. La fede nasce dall’incontro personale con Cristo risorto, e diventa slancio di coraggio e di libertà che fa gridare al mondo: Gesù è risorto e vive per sempre. È questa la missione dei discepoli del Signore di ogni epoca e anche di questo nostro tempo: "Se siete risorti con Cristo - esorta san Paolo - cercate le cose di lassù… pensate alle cose di lassù, e non a quelle della terra" (Col 3,1-2). Questo non vuol dire estraniarsi dagli impegni quotidiani, disinteressarsi delle realtà terrene; significa piuttosto ravvivare ogni umana attività come un respiro soprannaturale, significa farsi gioiosi annunciatori e testimoni della risurrezione di Cristo, vivente in eterno» (Benedetto XVI, Udienza generale, 19 aprile 2006. In IV del cartoncino d’invito per gli Esercizi spirituali in Vaticano, 25 febbraio - 3 marzo 2007).

Gli orari degli esercizi spirituali in Vaticano per la Quaresima 2007

Domenica 25 febbraio
Alle ore 18: Esposizione Eucaristica, Celebrazione dei Vespri, Meditazione introduttiva, Adorazione, Benedizione Eucaristica

Da lunedì 26 febbraio a venerdì 2 marzo
Alle ore 9: Celebrazione delle Lodi, Meditazione.
Alle ore 10.15: Celebrazione dell’Ora Terza, Meditazione.
Alle ore 17: Meditazione.
Alle ore 17.45: Celebrazione dei Vespri, Adorazione, Benedizione Eucaristica.

Sabato 3 marzo
Alle ore 9: Celebrazione delle Lodi, Meditazione conclusiva.

I temi delle meditazioni e delle testimonianze

Domenica 25 febbraio
Riflessione e introduzione

Lunedì 26 febbraio
Prima meditazione: "Convertitevi e credete al Vangelo"
Seconda meditazione: "Ricòrdati che sei polvere e in polvere ritornerai"
Testimonianza: "La morte del Beato Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster"

Martedì 27 febbraio
Prima meditazione: "La ‘scoperta’ del Signore dell’universo, della storia, dei cuori"
Seconda meditazione: "Noi, gli accadimenti, il creato e l’universale primato di Cristo"
Testimonianza: "L’ammonimento profetico di Vladimir S. Solovev"

Mercoledì 28 febbraio
Prima meditazione: "Ripensando al Giovedì Santo"
Seconda meditazione: "Ripensando al Venerdì Santo"
Testimonianza: "Il cristocentrismo del Cardinale Giovanni Colombo"

Giovedì 1° marzo
Prima meditazione: "Necessità di un’ecclesiologia anagogica"
Seconda meditazione: "La grande anagogia ecclesiologica di San Paolo"
Testimonianza: "L’ecclesiologia di un poeta"

Venerdì 2 marzo
Prima meditazione: "Eucaristia, Chiesa, Mondo I"
Seconda meditazione: "Eucaristia, Chiesa, Mondo II"
Testimonianza: "Sia in ciascuno l’anima di Maria"

Sabato 3 marzo
Riflessione conclusiva

Korazym