25 febbraio 2007
Rassegna stampa del 25 febbraio 2007, I domenica di Quaresima
Il Papa: «Difendiamoci da chi attacca la vita»
di Andrea Tornielli
«Il Concilio esorta i laici credenti ad accogliere quanto i pastori decidono come maestri e capi della Chiesa». È forse il passaggio più significativo e attuale, per la situazione italiana, del discorso che ieri mattina Benedetto XVI ha tenuto ai partecipanti all’assemblea generale della Pontificia accademia per la vita, appellandosi all’aiuto di filosofi, teologi, scienziati e medici per «risvegliare in molti cuori la voce eloquente e chiara della coscienza» contro l’aborto, la manipolazione degli embrioni, l’eugenismo, gli attacchi al matrimonio.
I «Dico» sembrano uscire dall’agenda del governo ma in attesa del non facile confronto parlamentare, e della nota della Conferenza episcopale italiana sull’argomento, Papa Ratzinger torna a parlare dei «valori non negoziabili» e soprattutto esorta i laici all’obbedienza. Un accenno, quello che invita ad accogliere l’insegnamento dei pastori attraverso una puntuale citazione del Vaticano II, che sembra fatta apposta per i «cattolici adulti» del centrosinistra, i quali nelle ultime settimane avevano rispedito al mittente gli appelli della Chiesa.
Benedetto XVI ha iniziato il suo discorso ricordando che quello alla vita «è un diritto che esige di essere sostenuto da tutti, perché è il diritto fondamentale in ordine agli altri diritti umani», sul cui riconoscimento «si fondano l’umana convivenza e la stessa comunità politica».
La situazione appare drammatica: «Bisogna ammettere – dice Ratzinger – che gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme». Cita «le pressioni per la legalizzazione dell’aborto nei Paesi dell’America Latina e nei Paesi in via di sviluppo», anche con il ricorso «alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva» e l’incremento di «politiche del controllo demografico, nonostante siano ormai riconosciute come perniciose anche sul piano economico e sociale».
Nello stesso tempo, fa notare ancora il Papa, nei Paesi più sviluppati «cresce l’interesse per la ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del “figlio perfetto”, con la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione. Una nuova ondata di eugenetica discriminatoria – aggiunge – trova consensi in nome del presunto benessere degli individui e, specie nel mondo economicamente progredito, si promuovono leggi per legalizzare l’eutanasia».
Tutto questo avviene mentre, su un altro versante, «si moltiplicano le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale. In queste situazioni la coscienza, talora sopraffatta dai mezzi di pressione collettiva, non dimostra sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco, e il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà».
Per questo, Benedetto XVI ribadisce come «ancor più necessario l’appello alla coscienza e, in particolare, alla coscienza cristiana», che «deve anzitutto basarsi sul solido fondamento della verità», cioè «essere illuminata per riconoscere il vero valore delle azioni e la consistenza dei criteri di valutazione, così da sapere distinguere il bene dal male, anche laddove l’ambiente sociale, il pluralismo culturale e gli interessi sovrapposti non aiutino a ciò». Nell’attuale contesto secolarizzato, «non solo cresce il rifiuto della tradizione cristiana, ma si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità». Occorre, spiega ancora Ratzinger, «rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza». Benedetto XVI chiama dunque a raccolta per questo compito professionisti, medici, giuristi e politici.
Infine, la citazione del Concilio, che «esorta i laici credenti ad accogliere quanto i pastori decidono come maestri e capi della Chiesa» oltre a raccomandare «che i pastori riconoscano e promuovano la dignità e responsabilità dei laici nella Chiesa» e «si servano volentieri del loro prudente consiglio».
Il Giornale, 25 febbraio 2007
Dalla Gran Bretagna primo sì alla manipolazione genetica
di Erica Orsini
Embrioni umani geneticamente manipolati con la benedizione del legislatore. La Gran Bretagna potrebbe essere il primo Paese al mondo a consentire la modificazione genetica degli embrioni umani per scopi di ricerca. Secondo quanto rivelato dal quotidiano Daily Telegraph il governo inglese sta lavorando a un nuovo disegno di legge in materia, che dovrebbe sostituire l’ormai datato Human Fertilisation and Embryology Act del 1990. In base alle affermazioni del direttore della Human Genetics Alert, David King, raccolte ieri dal giornale, l’apertura dei ministri di Tony Blair nei confronti di un simile progetto, potrebbe ben presto spianare la via ai bambini «su misura», vale a dire alla manipolazione a scopi riproduttivi. A dieci anni dalla clonazione della pecora Dolly, avvenuta proprio in Gran Bretagna, il dibattito etico su questo delicatissimo argomento non si è mai spento, ma ora più che mai l’associazione guidata da King auspica che la discussione coinvolga direttamente l’opinione pubblica, uscendo dai confini troppo ristretti delle discussioni tra esperti scientifici e politici di mestiere. «Il governo ci sta dicendo che consentirà agli scienziati di iniziare a lavorare sulle tecniche di alterazione genetica degli embrioni umani, sebbene soltanto per motivi sperimentali – ha dichiarato ieri al Telegraph il direttore – noi riteniamo che la gente inorridirà di fronte a questa ipotesi». «Su questo argomento è estremamente necessario un confronto pubblico – ha aggiunto la Human Genetics Alert – perché alla fine quella che doveva essere manipolazione per scopi di ricerca potrebbe portare a traguardi ben diversi». Secondo King infatti, se passasse il disegno di legge governativo, alla fine il divieto di modifiche genetiche a fini riproduttivi verrebbe spazzato via nella pratica e si potrebbe arrivare alla creazione di bambini geneticamente selezionati per essere sempre più perfetti, più intelligenti o semplicemente più belli. «È vero infatti che nella bozza di riforma della legge del 1990 si dice che le alterazioni genetiche di ovuli, sperma ed embrioni «non saranno consentite a fini riproduttivi» – ha sottolineato ancora King – ma è altrettanto
vero che il divieto riguarda soltanto «l’immediato futuro».
Il grido d’allarme lanciato dall’associazione ha subito ottenuto l’appoggio di altri esperti scientifici come il dottor Michael Antoniou, terapista genetico al Guy’s Hospital di Londra e di una parte della stampa specializzata. «Tutti i Paesi che hanno già una legislazione in materia – ha ricordato ieri il dottor Richard Nicholson, direttore del Bullettin of Medical Ethics – hanno bandito la manipolazione genetica di embrioni umani. Proseguendo in una direzione diversa, il governo britannico esce dai ranghi delimitati dalla stessa comunità internazionale. E in futuro qualcuno potrebbe pensare alla Gran Bretagna come a un porto sicuro per scienziati irresponsabili, guidati soltanto dall’allettante prospettiva di facili guadagni». Immediata e di segno opposto la risposta del ministero della Salute inglese.
«La legge di riforma non andrà affatto in questa direzione – ha precisato ieri un portavoce ministeriale chiarendo che le alterazioni genetiche saranno legittime soltanto a fini scientifici –, la proposta attuale continua a vietare ogni modifica a scopo riproduttivo».
Il Giornale, 25 febbraio 2007
«Un caso Welby non dovrà ripetersi»
di Redazione
Ogni giorno in prima linea nelle 450 Rianimazioni e Terapie intensive italiane e nelle oltre 5.000 sale operatorie, e sempre con lo steso obiettivo: sostenere le funzioni vitali del paziente anche in quella stretta linea di confine che separa la vita dalla morte. È il ruolo degli anestesisti rianimatori che in un documento ufficiale hanno voluto chiarire la loro posizione rispetto ai tanti, potenziali «casi Welby» in Italia: «No a staccare la spina» e «no alla eutanasia come atto medico», è la posizione dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani. Una presa di posizione ufficiale, dopo la vicenda Welby e alla luce del nuovo caso Nuvoli, che suona come un forte invito a tutti gli iscritti, ben 8.500 su 10.000 professionisti italiani. Il consiglio nazionale dell’Aaroi, ha sottolineato il presidente Vincenzo Carpino, «ha espresso un forte richiamo ad attenersi a queste indicazioni».
Il Giornale, 25 febbraio 2007
A mio avviso, un caso nuovo caso Welby non si avra' solo se ci sara' la volonta' da parte di una certa parte politica di non strumentalizzare la sofferenza altrui per fare pressioni su una eventuale legislazione sull'eutanasia...
Raffaella
Appello di Benedetto XVI affinché si fermi la deriva che rischia di travolgere il «diritto alla vita»
Il Papa condanna la ricerca ossessiva del "figlio perfetto"
Giorgio Acquaviva
Un forte appello alla coscienza e alla formazione delle coscienze per fermare la deriva che rischia di travolgere il «diritto alla vita», con le pratiche abortive, la selezione genetica, l'eutanasia, le forme di convivenza omosessuale. Ne ha parlato ieri papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti all'assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita. L'appello è rivolto a professionisti, filosofi, teologi, scienziati e medici, ma anche agli educatori (in famiglia e nella scuola), perché «in una società talora chiassosa e violenta, con la vostra qualificazione culturale, con l'insegnamento e con l'esempio, potete contribuire a risvegliare in molti cuori la voce eloquente e chiara della coscienza». Occorre «elaborare un competente giudizio di coscienza e, nel caso, anche una coraggiosa obiezione di coscienza», nel «difendere e promuovere lo "splendore della verità" a sostegno del dono e del mistero della vita». Il discorso di papa Ratzinger parte dalla dichiarazione del diritto alla vita come «diritto fondamentale in ordine agli altri diritti umani» e per questo esso «esige di essere sostenuto da tutti». Non è una invenzione cristiana, ma una verità della «legge naturale scritta nel cuore», come «diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo bene primario». A ogni cristiano è richiesta una mobilitazione speciale, al servizio della verità, soprattutto oggi quando «gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati». Quando è in gioco il valore della vita, l'armonia fra magistero e impegno dei laici «diventa singolarmente importante». Il pontefice cita «le pressioni per la legalizzazione dell'aborto nel Paesi dell'America Latina e nei Paesi in via di sviluppo, anche con il ricorso alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva». Cita anche la ricerca biotecnologica, che spinge verso «sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del "figlio perfetto"» e le varie forme di «diagnosi tendenti ad assicurare la selezione». Si giustifica tutto ciò con «un presunto benessere degli individui». Ma l'allarme viene lanciato pure nei confronti delle «le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale». La coscienza davanti a tutto ciò è «talora sopraffatta dai mezzi di pressione collettiva» e non presta «sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco» così che «il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà». Per tutto questo è necessario l'appello alla coscienza vera, perché fondata sulla verità, e retta, perché determinata a seguirne i dettami senza contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi. E, prima ancora, un lungo lavoro di formazione delle coscienze, lavoro difficile e delicato, perché la secolarizazione postmoderna, «segnata da discutibili forme di tolleranza», rifiuta l'annuncio cristiano e diffida anche della ragione e predica una coscienza individuale che si crede «libera» perché svincolata da qualsiasi riferimento.
La Gazzetta del sud, 25 febbraio 2007
Il Papa: no ai “figli perfetti”
MARCO TOSATTI
CITTÀ DEL VATICANO
Benedetto XVI chiama alla mobilitazione i cristiani contro le leggi che minacciano la vita e la famiglia. Il Papa ha rivolto un appassionato discorso ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita; parlava a tutto il mondo ma è inevitabile che le sue parole assumano un significato particolare per l’Italia, dove sono ancora calde le polemiche sui «Dico» e il governo Prodi prova a ricominciare il suo cammino. Le preoccupazioni di papa Ratzinger danno origine a una raffica di «no»: no all’«eugenismo» e alla ricerca del «figlio perfetto», grazie alle «diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione». No alle leggi per «legalizzare l’eutanasia» e all’aborto chimico (la pillola Ru486) che,a suo dire, viene fatto passare «sotto il pretesto della salute riproduttiva». Ovvia, ma nuovamente ripetuta, la condanna di ogni legalilizzazione di convivenze alternative al matrimonio.
Benedetto XVI ha sottolineato la necessità che i cristiani si mobilitino contro «i molteplici attacchi cui è esposto il diritto alla vita» e ha fatto appello anche agli uomini di buona volontà, e agli scienziati, affinché anch’essi scendano in campo per difendere, in base alla ragione, la «verità» di tale diritto. È, secondo il Pontefice, il diritto alla vita la questione centrale su cui si basa «il futuro dell’umanità».
La coscienza cristiana di questo inizio millennio - ha detto - si trova davanti a un ventaglio di sfide lanciate dalla «secolarizzazione postmoderna e segnata da discutibili forme di tolleranza», dalla necessità di educare le coscienze di giovani e adulti e di cercare un dialogo sui «criteri morali» con professionisti, medici e quant’altri, valutando l’ipotesi di una «coraggiosa obiezione di coscienza».
Benedetto XVI ha ricordato che da quando fu pubblicata l’enciclica «Evangelium vitae», nel marzo 1995, «gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme»: «legalizzazione dell’aborto» in America Latina e nei paesi in via di sviluppo; e «ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo, fino alla ricerca ossessiva del “figlio perfetto”» nei paesi più ricchi, con «la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione». Ha poi condannato la «nuova ondata di eugenetica discriminatoria» che, ha detto, «trova consensi in nome del presunto benessere degli individui», fino a promuovere «leggi per legalizzare l’eutanasia». La famiglia è sotto attacco, inoltre, perché «si moltiplicano le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale».
La coscienza appare talora sopraffatta «di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda» e «dai mezzi di pressione collettiva» e «non dimostra sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco, e il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà». Il ruolo dei laici è fondamentale: in una «società talora chiassosa e violenta» devono lavorare con la Chiesa: «quando è in gioco il valore della vita umana l’armonia tra funzione magisteriale e impegno laicale diventa singolarmente importante».
La Stampa, 25 febbraio 2007
“Il buon Dio non piange per i Dico”
Ministro Barbara Pollastrini, tra i dodici punti del patto di governabilità non c’è traccia dei Dico...
«Per quanto mi riguarda non giocherò la carta del rinvio. Il disegno di legge ha superato il vaglio del governo e ora è al Senato, dove la sintesi sarà trasparente, pubblica e ognuno si assumerà palesemente le sue responsabilità. Con la collega Rosy Bindi seguiremo i lavori della commissione Giustizia, il cui presidente Cesare Salvi non penso abbia intenzione di cedere a temporeggiamenti. La proposta non è blindata e può essere migliorata valutando gli altri ddl depositati sulle convivenze».
Cosa replica alla capofila dei «Teodem» Paola Binetti che ringrazia il Padreterno per la fine dei Dico?
«Proprio adesso che c’è una schiarita sul fronte del governo le sue parole stridono ancora di più. Ho un grande rispetto per la fede e la religione, quindi resto allibita nel sentire chiamato in causa il Padreterno, la cui mano inattesa avrebbe addirittura favorito la crisi di governo. Ognuno ha il suo stile. Io e la Binetti abbiamo due modi diversi di interpretare la responsabilità della politica. Ai toni minacciosi preferisco il rispetto e l’amorevolezza verso le persone. E di un uomo che ha sofferto come Welby non direi mai che è ingrato verso la scienza che lo ha fatto vivere fino a sessant’anni. Anzi penso che il Parlamento abbia il dovere di approvare al più presto il testamento biologico».
Il Papa esorta ad una mobilitazione dei fedeli a difesa della famiglia. Teme che due milioni di cattolici scendano in piazza come è accaduto a Zapatero?
«Scommetto sulla capacità di distinguere e sulla maturità delle persone. Sta diventando persino stucchevole dover ripetere che i Dico non tolgono nulla alla famiglia. Senza contare che sono un patto affettivo anche tra parenti, quindi non un intervento di nicchia ma un faro verso la modernizzazione. Sono sicura che non accadrà come in Spagna, siamo sereni nella nostra coerenza alla Costituzione e alla laicità dello Stato. Servono autonomia della politica e crescita dello spirito civico. Perseguiamo l’uguaglianza di diritti e doveri dei cittadini a prescindere dall’orientamento sessuale e tuteliamo insieme la famiglia».
Nessuno strappo laicista?
«No. Anzi, siamo in ritardo rispetto al resto d’Europa. Abbiamo avanzato una normativa in grado di corrispondere alla società per quello che è: il 25 per cento dei matrimoni prima era coppia di fatto, molte convivenze sono dovute ai tempi troppo lunghi dei divorzi o alla necessità di conoscersi meglio per fare una scelta più consapevole. Una politica che perde autonomia non può rispondere alle aspirazioni dei cittadini. E non è questione né di note vincolanti della Cei né di manifestazioni di piazza cattoliche».
Resta il fatto che il governo dei Dico va avanti col voto del cattolico Follini...
«Il senatore Follini guarda avanti, dimostrando di avere coraggio e lungimiranza senza rinunciare alle sue convinzioni e idee. Io non alzo steccati. Il nostro presidente del gruppo dell’Ulivo Franceschini ha appena esortato ad andare avanti. Ha pure ricordato alla senatrice Binetti l’appello dei popolari per laicità e che il 95 per cento della Margherita si è espressa a favore dei Dico. Insieme ai cattolici coltiviamo l’ambizione di costruire il partito democratico che avrà al centro il tema del progresso. Perciò sono davvero fuori tono i richiami apocalittici e dal sapore integralistico. Io penso alla politica come dialogo, condivisione e tensione unitaria. E i Dico nascono da una visione improntata alla saggezza».
Regge ancora l’asse con la cattolica Bindi?
«Sì. Nel creare i Dico io e la Bindi ci siamo trovate unite nel rispetto delle persone, della Costituzione (la Bibbia laica) e del programma dell’Unione. L’etica della responsabilità può incontrare quella dei principi solo se mette al centro la persona e la sua potenziale responsabilità. Non esiste l’etica da una parte sola, non c’è chi ha più etica. La logica da crociata della Binetti è l’opposto del mio modo di far politica per le persone e non per le ideologie».
E le pressioni vaticane?
«Non voglio prestarmi alle dietrologie di chi vede sollecitazioni d’Oltretevere anche nel voto di Andreotti. Al Senato si discuteva di politica estera non di Dico. Se adesso il governo avrà la fiducia dalle Camere dovrà usare questa crisi come scatto in avanti per dare impulso alla trasformazione del paese. Sul tavolo ci sono le liberalizzazioni, i diritti civili, l’allargamento dell’occupazione femminile, lo sviluppo del Mezzogiorno e l’approvazione di una legge elettorale che garantisca governabilità e potere di scelta dei cittadini».
La Stampa, 25 febbraio 2007
Caro Ministro, non credo che debba essere Lei a stabilire di che cosa si preoccupi il buon Dio...grazie!
Raffaella
UNIONI DI FATTO
Mons. Bagnasco «Basta intervenire sul diritto privato»
No ai Dico. Semmai «alcuni aggiustamenti possibili del diritto privato»: lo ha detto il vescovo di Genova, Angelo Bagnasco. «Se l’esigenza è di assicurare determinati bisogni o desideri all’interno di una coppia di fatto - ha detto Bagnasco -, sappiamo bene che la via del diritto privato già consente queste garanzie, quindi, pur con alcuni aggiustamenti possibili del diritto privato, non si vede oggettivamente la necessità di costituire una nuova figura giuridica che veramente è una ferita grave all’istituto familiare». Il vescovo ha quindi sottolineato che «nella famiglia fondata sul matrimonio vi è la cellula portante, non solo la culla della vita, ma la culla dell’educazione».
La Stampa, 25 febbraio 2007
Ratzinger boccia il santo di Romano
Il Papa «rimanda» il teorico del cattolicesimo sociale. La Santa Sede ha inviato al superiore generale dei dehoniani, il portoghese José Ornelas Carvalho, una comunicazione ufficiale nella quale si informa che Benedetto XVI ha deciso di differire «sine die» la beatificazione di padre Léon Dehon, fondatore dei Sacerdoti del Sacro Cuore. I religiosi dehoniani, attraverso la loro rivista «Il Regno» (spesso interprete degli umori di Romano Prodi e della classe dirigente ulivista), sono gli organizzatori, a partire dall’estate 1998, dei convegni a porte chiuse degli intellettuali cattolici progressisti da cui sono uscite le linee-guida dell’Ulivo. Se Karol Wojtyla fosse vissuto solo tre settimane in più, padre Dehon sarebbe già sugli altari perché la beatificazione era stata fissata per il 24 aprile 2005. Giovanni Paolo II è morto il 2 dello stesso mese, e il 19 è stato eletto papa Ratzinger. Benedetto XVI, in carica da soli cinque giorni, non avrebbe ovviamente potuto mantenere la data fissata dal predecessore, ma si pensava che avrebbe differito di pochi mesi la cerimonia già preannunciata. Non è andata così.
Alla Congregazione delle Cause dei Santi spiegano che il «processo di beatificazione è ancora allo studio». La Chiesa, precisa il cardinale José Saraiva Martins, ha il compito di vagliare scrupolosamente la storia della persona, il contesto in cui ha vissuto: «Solo quando è tutto chiarito, allora si procede alla beatificazione». E aggiunge: «Va studiato il caso meticolosamente e poi vedremo». Eppure, nel lungo e minuzioso cammino per giungere alla beatificazione, la vita di padre Dehon (caratterizzata da un grande impegno per diffondere la dottrina sociale della Chiesa, sulla scia dell’enciclica «Rerum novarum» di Leone XIII del 1891) è stata esaminata in lungo e in largo e sono stati attentamente esaminati tutti i suoi scritti. Nato nel 1843 a la Chapelle, in Francia e morto a Bruxelles nel 1925, dopo essere stato consacrato prete padre Dehon si impegnò a sostenere l’azione missionaria della Chiesa nella società. Nella biografia ufficiale del Vaticano viene descritto come un religioso dotato di «un mirabile equilibrio di virtù umane, nella semplicità e nel contesto della vita ordinaria», un «esempio di sacerdote dei tempi moderni». Morì a Bruxelles nel 1925.
I dehoniani sono diventati negli anni i «patroni» del cattolicesimo progressista. Romano Prodi, alla parrocchia reggiana di San Prospero, leggeva sul «Regno» gli stralci dei lavori conciliari e la casa bolognese dei Padri è stata la culla di leader della sinistra cattolica come Beniamino Andreatta. Significativamente nel pieno della battaglia vaticana contro i Dico, l’unica personalità ecclesiastica a difendere il governo sul riconoscimento giuridico delle coppie di fatto è stato, insieme al vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi, padre Luigi Lorenzetti, teologo moralista dei Dehoniani. E negli editoriali politici del «Regno» trovano spesso espressione gli umori di Prodi, come quando due anni Francesco Rutelli venne avvisato che in una Margherita non ulivista i prodiani «si vedrebbero negata la loro ragione politica di vita». Ma a caratterizzare soprattutto il ruolo pubblico dei Dehoniani sono i seminari nell’antico monastero benedettino di Camaldoli, riservati a cattolici democratici e uomini di Chiesa. E’ in questo circuito intellettuale, frequentato anche dal banchiere Giovanni Bazoli, che si è rafforzata la presenza pubblica dei Padri, ben collegati anche con la scuola dossettiana di studiosi progressisti del Concilio Vaticano II. Ed è su «Settimana», periodico dei Dehoniani, che Bettazzi tuonò contro il governo Berlusconi il cui programma «è modellato su quello della loggia massonica P2».
La Stampa, 25 febbraio 2007
IL VATICANO
Il Papa attacca: basta eugenismo e diagnosi selettive prima della nascita
La condanna di Ratzinger "Non cercate figli perfetti"
ORAZIO LA ROCCA
CITTÀ DEL VATICANO - Sulle manipolazioni genetiche papa Ratzinger torna ancora una volta a ricordare che la condanna della Chiesa è netta e senz´appello. L´occasione è l´udienza concessa ai membri della Pontificia Accademia per la vita - guidati dal presidente, l´arcivescovo Elio Sgreccia - riuniti in Vaticano per discutere sul tema «La coscienza cristiana e la difesa del diritto alla vita». Udienza nel corso della quale il Papa rinnova, in sostanza, tutti i precedenti altolá della dottrina cattolica in materia di morale, a partire «dall´eugenismo con la ricerca del figlio perfetto» e le relative «diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione». Senza dimenticare, avverte il Papa, tutte quelle leggi che puntano a «legalizzare l´eutanasia e l´aborto», compreso «l´aborto chimico spacciato come pretesto della salute riproduttiva».
Per far fronte a questi «mali», Ratzinger, oltre a ribadire al popolo cattolico la necessità di seguire «con coerenza» gli insegnamenti morali ecclesiali, invita «professionisti, medici e giuristi» ad appellarsi, se necessario, anche «a una coraggiosa obiezione di coscienza». Nella stessa prolusione, Ratzinger tocca anche il dolente tasto della difesa della famiglia, sempre più «minacciata» da «spinte che puntano alla legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale».
Fosco il quadro tracciato da Ratzinger in materia di difesa della vita, «minacciata», ormai, a livello planetario non solo da «guerre, fame e carestie», ma anche da «pratiche più sottili e, per questo, più pericolose». Il pontefice ha anche indicato un data, il 1995, dalla quale queste «minacce» a suo parere sono diventate più allarmanti. Cioè, l´anno della pubblicazione della Evangelium vitae, l´enciclica sulla morale cattolica scritta da Giovanni Paolo II. «Dopo quella enciclica - per Benedetto XVI - gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme». Ricordando, in particolare, «la legalizzazione dell´aborto» avviata recentemente in America Latina e in tanti paesi in via di sviluppo; e nei paesi più ricchi la «ricerca biotecnologica più raffinata per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo approntate per la ricerca ossessiva del ‘figlio perfetto´». Pratiche «pericolose e immorali» - ribadisce il Papa - che la Chiesa condanna con la stessa severità con cui vieta «la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurare la selezione» umana e delle specie. Da qui il forte allarme papale sulla «nuova ondata di eugenetica discriminatoria» che, ha detto Ratzinger, «trova consensi in nome del presunto benessere degli individui», fino a promuovere «leggi per legalizzare l´eutanasia».
La Repubblica, 25 febbraio 2007
Embrioni, legge choc di Blair "Sì alle modifiche genetiche"
I giornali: allo studio il via libera alla sperimentazione
Sarebbe la prima autorizzazione esplicita alla manipolazione
Le tecniche non saranno usate per la riproduzione, ma è già polemica accesa
ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA - La Gran Bretagna si appresta a diventare il primo paese al mondo che autorizza esplicitamente per legge la manipolazione genetica degli embrioni umani. L´autorizzazione verrà data soltanto per il lavoro scientifico e sperimentale sugli embrioni, che dovranno essere comunque distrutti al massimo dopo quattordici giorni di vita, e dunque non riguarderà l´utilizzazione di tecniche di ingegneria genetica a scopo riproduttivo: ma i gruppi di pressione che si oppongono a questo tipo di ricerche per ragioni etiche e religiose temono che l´iniziativa aprirà comunque le porte all´alterazione della struttura genetica dell´embrione, compiendo un altro passo verso un futuro in cui la meta finale sarà la creazione dei cosiddetti designer baby, bambini progettati in provetta, grazie a interventi sul Dna degli embrioni, o addirittura su sperma e ovuli, per renderli non solo più sani ma anche più belli, più intelligenti, più a misura dei desideri dei genitori.
Secondo quanto anticipato ieri da indiscrezioni raccolte da due quotidiani, il Daily Telegraph e il Daily Mail, la svolta è contenuta in un disegno di legge che il governo di Tony Blair sta mettendo a punto in questi giorni. Fino ad ora, se gli scienziati di qualche paese volevano compiere esperimenti genetici sugli embrioni umani, dovevano ottenere un permesso da enti specifici intitolati a controllare e regolamentare questo campo di ricerche.
Tali attività verranno ora codificate una volta per tutte da una legge, che sostituirà l´ormai datato Human Fertilization and Embryology Act del 1990. Il testo della nuova legislazione riconferma il divieto di procedere ad alterazioni genetiche degli embrioni a scopo riproduttivo, ma soltanto per il «prevedibile futuro», ovvero fino a quando non esisteranno procedure più «sicure ed efficaci».
Lo scopo del provvedimento, affermano gli esperti, è palesemente quello di garantire alla Gran Bretagna, il paese in cui dieci anni fa fu annunciata la nascita del primo mammifero clonato, la pecora Dolly, un ruolo di leadership nello sfruttamento del promettente campo della genetica. Un business che per il governo Blair rappresenta una delle strade più importanti da percorrere nell´economia globalizzata del ventunesimo secolo.
La legge tuttavia, non avrà vita facile, perché gli oppositori si preparano a dare battaglia. «L´opinione pubblica rimarrà orripilata quando scoprirà che il governo britannico è il primo al mondo a voler sviluppare la tecnologia per la modificazione genetica degli esseri umani», è stata l´immediata reazione di David King, direttore di Human Genetics Alert, un gruppo di pressione anti-sperimentazioni di questo tipo. «C´è già abbastanza preoccupazione per il cibo geneticamente modificato e adesso vogliono permettere gli esseri umani geneticamente modificati», gli fa eco Josephine Quintavalle del gruppo Comment on Reproductive Ethics.
La Repubblica, 25 febbraio 2007.
Gli organizzatori della manifestazione del 10 marzo: lo scenario politico è cambiato, finora hanno detto sì solo Verdi, Prc e Radicali
In piazza per i Dico, ma si teme il flop di adesioni
ALBERTO CUSTODERO
ROMA - Il movimento gay italiano organizza per il prossimo 10 marzo una manifestazione nazionale contro la retromarcia del governo Prodi sui Dico. La manifestazione, ha fatto sapere il comitato promotore, ovvero il movimento lesbico-gay-bissessuale-transgender d´Italia, è aperta a tutti. Ma l´invito al mondo della politica è bipartisan, perché - ha spiegato Aurelio Mancuso, segretario di Arcigay, «è il Parlamento ora che si occuperà dell´argomento. E ciò consentirà di esprimersi liberamente anche a tutti i laici del centro destra che fino a oggi hanno detto "no" ai Dico perché proposti dal governo Prodi». Il timore degli organizzatori, però, è che dopo lo scivolone al Senato - e la scomparsa dei Dico dai 12 punti del nuovo governo - molti politici del centrosinistra abbiano paura ad esporsi.
«È vero - ha ammesso Sergio Lo Giudice, presidente di Arcigay - lo scenario politico è cambiato. Ma questa nuova fase non può in alcun modo deresponsabilizzare i parlamentari dell´Unione dall´impegno morale e politico assunto l´anno scorso con il programma elettorale». «La morte dei Dico - ha aggiunto Mancuso - potrebbe coincidere con l´individuazione di una nuova strada per la legge sulle unioni civili, quella parlamentare». La politica sarà invitata, ma senza diritto di parola. Dopo la derubricazione dei Dico dall´agenda Prodi, tuttavia, si temono molte defezioni. Al momento, hanno aderito Verdi (con Pecoraro Scanio), Radicali e Rifondazione. Manca ancora l´adesione ufficiale dei Ds (è però già confermato l´europarlamentare diessino Nicola Zingaretti). Mentre ci sarà Morena Piccinini, responsabile dell´ufficio «nuovi diritti» della Cgil. E sono invitati personaggi dello spettacolo, come Luciana Littizzetto, e dell´editoria, come Formenton. Chi si recherà a piazza Farnese, dovrà portarsi una sveglia. «Le faremo suonare tutti insieme - ha spiegato ancora Mancuso - per tentare di svegliare simbolicamente il nostro Paese sprofondato in un sonno nel quale lo vogliono mantenere non la Chiesa, ma le gerarchie ecclesiastiche». Testimonial della manifestazione sarà Paolo Hutter, precursore della legge sulle coppie di fatto: il 27 giugno del 1992, infatti (era consigliere comunale a Milano per l´allora Pds), unì dieci coppie gay e lesbiche in piazza della Scala. Per lui, «dire no ai Dico è come dire no all´euro».
La Repubblica, 25 febbraio 2007.
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