23 febbraio 2007

Rassegna stampa del 23 febbraio 2007

Gioca coi fanti ma i santi...
di DREYFUS

Ancora ieri: nemmeno una parola. I cardinali tacciono sull'Italia allo sbando. Sia Camillo Ruini, presidente della conferenza episcopale, sia Tarcisio Bertone, segretario di Stato, non esalano verbo sulla crisi di governo. Si occupano di fede e di morale, e dei riverberi che la politica e le leggi hanno su di esse. Dunque, che c'entrano con gli inciampi di Prodi? C'entrano. Non perché abbiano dato disposizioni per togliere il voto al professore di Bologna che si è definito una volta per tutte «cattolico adulto». Ma perché certi malumori sono nell'aria. E chiunque li frequenti, direttamente o per vie traverse, ha capito che con Prodi avevano chiuso. Ruini e Bertone, in disaccordo sulle questioni di governo (lo vedremo), poi però hanno fatto proprio un motto del cardinal Siri: «La Chiesa ha bisogno di santi, ma non di santi cretini». Prodi pensava di essersi messo il Papa nel sacco, approfittando delle tensioni tra i due. Ma poi ha sbagliato di grosso. Risultato: zac. Prodi ha chiuso. Basti leggere questa dichiarazione rilasciata da Clemente Mastella, ministro della Giustizia e capo dell'Udeur, l'unico leader di partito con la famiglia in regola con la Chiesa: «I Dico vanno tolti dall'agenda politica. Questo deve essere chiaro e mi sembra che sia stato capito. Vedrete cosa dichiarerò domani, dopo le consultazioni al Quirinale». Il voto al Senato non ha affossato la politica estera del governo: la base americana a Vicenza si farà, in Afghanistan ci si è e ci si sarà, qualunque governo crepi o arrivi. La bocciatura ha riguardato D'Alema perché era lui a tiro, ma il punto delicato è la famiglia. O - come minimo - il rispetto per le posizioni della Chiesa sulla famiglia. È accaduto questo: lunedì scorso si è festeggiato il Concordato alla Nunziatura apostolica in Italia. C'è stato prima l'incontro Prodi-Bertone. Poi si è aggiunto in un secondo momento Ruini. Risultati? «Bene, benissimo», ha detto Prodi. «Un ottimo incontro», ha confermato Rutelli. Al termine della cerimonia una nota di Palazzo Chigi ha usato parole forti: «Sintonia e cordialità» tra Prodi e Bertone. Ancora: sulla famiglia «si sono precisate e chiarite in modo costruttivo le rispettive posizioni». In realtà, Prodi ha fatto finta di interpretare la disponibilità al dialogo di Bertone come un'offerta di compromesso. Impossibile. Bertone ha provato a spiegarlo con una battuta: «Posso rispondere "non dico"", eh eh», che era un modo per esprimere il contrario di un "no comment". Ma Prodi non ha capito la battuta. Anzi, ha fatto il finto tonto per non pagare dazio. Lì Prodi è morto. Da quel momento il primo obiettivo della Chiesa in Italia non è stato di vincere la partita sui Dico ma di impedire che i cristiani si lacerassero su questioni che per il Papa non sono negoziabili. La Chiesa non ritiene di essere un potere forte, anzi. Benedetto XVI pensa esattamente il contrario. È convinto di essere in un tempo dove essa rappresenta il "potere dei senza potere", sotto il suo ombrello la Chiesa cerca di riparare chi crede e chi non crede dalla "dittatura del relativismo". Contro questa dittatura è consentito un tirannicidio non-violento. Non sangue ma tutti gli strumenti plausibili in una democrazia. Così Ruini, traducendo gli inviti del papa su un altro "principio non negoziabile", e cioè il diritto alla vita, ha spinto verso l'astensione dal referendum sulla procreazione assistita (giugno 2005). Papa Ratzinger ha un'idea forte sul peso che deve avere Dio nella costruzione della città terrena. Non ritiene sia un'esclusiva del cristianesimo. Cita Platone: «È più facile costruire una città sopra le nuvole che uno Stato senza gli dèi». Benedetto XVI ha trovato man forte nel suo Vicario cardinal Ruini. Nello stesso tempo però il Papa non ritiene che una pressione in tal senso debba essere esercitata dalle Conferenze episcopali. Le considera poco giustificate teologicamente, quasi un'intercapedine tra vescovi e Papa. Per questo, pur stimando tanto l'acutissimo «don Camillo», ha preferito portarsi a Roma come segretario di Stato un impolitico come il salesiano Tarcisio Bertone. Ha più confidenza, preferisce il suo braccio un po' naïf. Quanto ai 320 vescovi italici gli va bene che a presiederne la conferenza tocchi a una figura poco ingombrante e persino debole. Ho usato l'indicativo presente. Forse è più giusto usare il tempo imperfetto. Fino a qualche giorno fa, Ratzinger aveva dato corso a questa linea tenue e aveva pensato di dare riposo alla mente acuminata di Ruini, la cui testa sembra una lampadina, come nei fumetti di Topolino. Per questo stesso motivo aveva scartato Angelo Scola, patriarca di Venezia, per la successione alla presidenza episcopale (Ruini ha 76 anni). Bertone pare soffra la prestanza spirituale e politica di entrambi, e per questo avrebbe scatenato contro i progetti di Ruini il fido piemontese cardinal Poletto per il tramite di una lettera al Santo Padre scritta dal monaco Enzo Bianchi, idolo dei cattolici di sinistra. Ora però sia Ratzinger sia Bertone (del resto ubbidientissimo al suo superiore) stanno riconsiderando le cose. Forse a Roma c'è bisogno di santi. Meglio che siano il meno cretini possibile. P.S. Quali siano le richieste di Papa Ratzinger ai politici, non è un fatto misterioso. Le ha pronunciate giusto prima delle elezioni italiane ricevendo il Partito popolare europeo il 30 marzo del 2006. Citiamo il Corriere della Sera: «Non un'investitura politica diretta, ma una chiara indicazione ai fedeli su chi votare. La "protezione della vita in ogni suo stadio, dal concepimento fino alla morte naturale", la difesa "della naturale struttura della famiglia quale unione tra un uomo e una donna basata sul matrimonio" e la "protezione del diritto dei genitori a educare i figli" sono i tre "principi non negoziabili" che il Papa indica al convegno promosso dal Partito popolare europeo. In particolare in merito alla famiglia il Papa ha sottolineato che questa va difesa da costruzioni giuridiche che tendono a equipararla a "forme di unione radicalmente differenti" che contribuiscono "ad oscurare il suo particolare carattere e il suo insostituibile ruolo sociale"». Più chiaro di così. Non esiste solo il programma dell'Unione, ma anche quello della Chiesa cattolica. Piaccia o no. Ratzinger e Ruini hanno provato a farlo vincere. E ci proveranno ancora. Potere dei senza potere o potere-forte che siano.

Libero, 23 febbraio 2007


Putin e il Papa: faccia a faccia in Vaticano

Ratzinger solleverà la spinosa questione della visita a Mosca, finora mai concessa

MARCO TOSATTI
CITTÀ DEL VATICANO
Vladimir Putin renderà visita in Vaticano a Benedetto XVI il 13 marzo prossimo: sarà la prima volta che lo «zar» russo, e il Pontefice si incontreranno, e probabilmente ancora una volta non si parlerà della prospettiva, ancora lontana, di una visita del capo cattolico a Mosca; ma forse, con maggiori probabilità di realizzazione, a breve termine, si toccherà l’argomento di un incontro in «campo neutro» (Austria, o Ungheria) di Benedetto XVI con il Patriarca ortodosso di tutte le Russie, Alessio II. La notizia del viaggio in Vaticano è stata anticipata ieri pomeriggio da «Asia News», l’agenzia del Pontificio Istituto delle Missioni Estere, e e poco più tardi è stata confermata dal Vice direttore della Sala Stampa della Santa Sede, legandola però a un’incognita politica.

«L’incontro è in calendario - ha dichiarato padre Ciro Benedettini - ma non è chiaro se, data la crisi di governo, il programma resterà immutato». La visita di Putin in Italia infatti aveva come obiettivo principale un «vertice bilaterale», a Bari, con il Presidente del Consiglio uscente, Romano Prodi. Sarà necessario adesso vedere se e come lo sviluppo della crisi potrà influire sul programma; per il momento non ci sono segnali di disdetta, ma bisognerà attendere i prossimi giorni per una conferma definitiva.

Vladimir Putin vedrà dunque Benedetto XVI per la prima volta, ma non sarà la sua prima volta in Vaticano. Ha già varcato il Portone di Bronzo in altre due occasioni, nel 2000 e nel 2003, quando ancora era regnante Giovanni Paolo II. E in entrambe le occasioni si è ben guardato dal reiterare al papa polacco l’invito a visitare la «terza Roma» che gli era stato porto sia da Gorbaciov che dal suo successore, Eltsin.

Anche in questa occasione non ci sarà un invito formale da parte di Putin. Ma secondo «AsiaNews» ci potrebbe essere un elemento di novità importante, in questo «summit»; non è escluso, al momento, che della delegazione faccia parte anche un esponente del Patriarcato di Mosca. Come è noto, Putin è un fervente ortodosso, e per ragioni di fede oltreché politiche si guarderebbe bene dal fare alcunché che potesse dispiacere al Patriarca. In Vaticano comunque l’incontro, se ci sarà, viene accolto con favore: «la visita - dicono - è un segnale del cambiamento positivo dei rapporti tra Roma e Mosca, anche se non è previsto l’invito al Papa». In ottobre l’ipotesi di una visita di Benedetto XVI a Mosca aveva provocato reazioni infastidite da parte degli esponenti del Patriarcato, reiterate a distanza di qualche settimana. «Non è in agenda» era in buona sostanza il commento. E il cardinale Walter Kasper, responsabile dei rapporti con le altre confessioni cristiane, aveva confermato che in effetti nei colloqui con gli ortodossi il tema di un viaggio pontificio a Mosca non era sul tavolo; ma ipotizzava come possibile - anche in tempi e modi tutti da definire - un incontro in occasione di un qualche avvenimento particolare, in una città diversa da Roma e da Mosca.

Nel regno di Benedetto XVI, i rapporti hanno mostrato segni di rasserenamento, anche se continuano le accuse di proselitismo da parte degli ortodossi russi contro i cattolici. Effetto della tensione con il Patriarcato fu ritenuta, in Vaticano, anche la legislazione in tema di libertà religiosa: una legge emanata da Gorbaciov nel 1990 aveva concretamente dato libertà di azione a tutti i gruppi religiosi. Quella successiva, emanata nel 1997, con la distinzione tra religioni «tradizionali» e «non tradizionali» ha di fatto tentato di bloccare lo sviluppo di nuove spiritualità, fra le quali è stata inclusa la Chiesa cattolica che pur esisteva, con diocesi e strutture, già al tempo dello zar. Ad aggravare la situazione sono poi intervenuti le autorità locali, spesso particolarmente sensibili alle pressioni degli ortodossi del luogo. Una serie di visti non rinnovati a sacerdoti cattolici da molti anni operanti in Russia segnò, nel 2002, il massimo della tensione. Putin, uno dei pochi capi di Stato non presenti ai funerali di Giovanni Paolo II, nel messaggio augurale a Benedetto XVI per l’inizio del pontificato esprimeva la volontà di «portare avanti un dialogo politico costruttivo» con il Vaticano.

La Stampa, 23 febbraio 2007


Stato-Chiesa cambio di strategia
La discesa in campo del cardinal Bertone attenua la tensione sulle coppie di fatto. Tuttavia resta il rischio che parte del mondo cattolico voglia scendere in piazza

FRANCO GARELLI

Vi è stato un deficit di commento politico nell’interpretazione data dai mass media nazionali dell’incontro Italia-Vaticano nell’anniversario del Concordato. Anche se lo scenario è bruscamente cambiato per le dimissioni del governo Prodi, può essere utile ritornare sull’evento per rilevare cambi di strategia in atto sia nella sfera ecclesiastica che nella politica italiana. Mai come quest’anno le due sponde del Tevere si sono sentite così lontane, per la ferma opposizione della Chiesa al disegno di legge sui Dico, col quale il governo ha dato via libera alle coppie di fatto. Nei commenti del rendez-vous, i più hanno notato un clima più disteso, anche se è parso a molti che tutto sia rimasto come prima. I più possibilisti hanno parlato di «rispetto reciproco» nei rapporti tra Stato e Chiesa, come effetto di una tregua; mentre i meno ottimisti hanno letto l’evento come un «nulla di fatto», se non come «un dialogo tra sordi». Tuttavia, ad un’analisi più approfondita, l’incontro di lunedì ha fatto emergere il cambiamento di alcuni scenari nel rapporto chiesa-politica italiana.

Un interlocutore privilegiato
Anzitutto non è di poco conto il fatto che il centro della scena ecclesiastica sia stata occupata dal segretario di Stato Vaticano, che ha colto l’occasione per porsi - sulla questione dei Dico e della famiglia - come l’interlocutore privilegiato del governo italiano. I cardinali Bertone e Ruini non hanno una posizione diversa sul problema. Tra i due vi può essere però una strategia differente in rapporto ai ruoli che ricoprono per raggiungere gli stessi obiettivi: più morbida e diplomatica, quella del segretario di Stato, più «politica» e cultural-identitaria quella del presidente della Cei. Prodi ha molto puntato sul maggior protagonismo del segretario di Stato sulla scena ecclesiale nazionale, nell’ipotesi che il suo coinvolgimento possa attenuare o ritardare la dichiarazione con cui la presidenza della Cei intende vincolare i cattolici italiani (anche i politici) in tema di famiglia. Ma di per sé, già l’abbassamento dei toni del confronto (di cui il card. Bertone si è fatto interprete) sembrava rappresentare per Prodi un buon risultato per un governo che camminava sui carboni ardenti e che è subito inciampato in uno stop parlamentare sulla politica estera.

Prova di muscoli sulla famiglia
La riduzione della tensione poteva disinnescare un’altra mina vagante che Prodi e il suo governo temevano di aver di fronte. I due mesi di conflitti sul tema della famiglia hanno surriscaldato gli animi di molti cattolici (sia «anagrafici» che di convinzione) e gruppi ecclesiali. Non tutti i cattolici sono convinti che occorra operare - come al tempo del referendum sul divorzio - scelte pubbliche a difesa di chi la pensa diversamente, ma che questo sia il tempo di affermare con forza le proprie convinzioni se esse servono a rafforzare i legami sociali e a difendere i valori disattesi. Qualcuno vorrebbe organizzare per fine marzo una grande manifestazione pubblica in Piazza San Giovanni a Roma, con almeno centomila persone, per una «prova di muscoli» a sostegno della «vera famiglia» e di rigetto dei Dico; con evidenti prese di distanza dalle scelte del governo in carica. Si creerebbe un immediato link tra le manifestazioni di Vicenza e di Roma, innescando in pochi mesi sia un movimento antiamericano, sia una mobilitazione pro-famiglia.
A ben guardare, dunque, la tregua che si è delineata nel recente incontro tra Stato e Chiesa non può essere considerata un nulla di fatto, non è priva di importanti implicazioni «politiche», sia negli equilibri dentro la Chiesa che nella società italiana.

La Stampa, 23 febbraio 2007


IL RETROSCENA

"No comment" ufficiale delle alte gerarchie, il ruolo chiave di Andreotti

Vaticano soddisfatto sui Dico ora si spera nel Grande Centro
Il Papa: "La vera fede è radicata tra gli italiani ma anche minacciata"

MARCO POLITI

CITTA´ DEL VATICANO - «In Italia la fede è minacciata». Così Benedetto XVI al clero romano. E´ stato il filo conduttore dell´atteggiamento del Vaticano e della dirigenza Cei nei confronti del governo Prodi e vale ancor più in queste ore. Si tratti del caso Welby o della proposta di riconoscere le convivenze omosessuali, le massime gerarchie ecclesiastiche sono convinte che l´Italia sia la linea del Piave su cui il cattolicesimo deve resistere e imporsi. Ecco perché le leggi «sensibili» - nell´ottica vaticana - devono portare il timbro della Chiesa.
L´Unione lancia un segnale preciso circa la direzione in cui si potrebbe spostare il secondo governo Prodi: dai 12 punti approvati ieri il termine Dico scompare. La regolamentazione delle coppie di fatto, annunciava ieri il ministro della Giustizia e leader dell´Udeur Clemente Mastella, «diventa materia parlamentare» e non più iniziativa di legge del governo, dunque i Dico «non mettono in discussione il governo in quanto tale».
«Non desidero commentare»: il cardinale Bertone si infila nella macchina dopo aver presentato all´Istituto Sturzo un volume sulla diplomazia pontificia. E´ un segno della discrezione della Santa Sede. Ma dietro le quinte emerge con chiarezza che il cattolico Prodi non piace perché «poco osservante». L´alta gerarchia non lo vuole. «Prima o poi il governo doveva cadere: o sulla politica estera o sui Dico», commenta un cardinale di Curia. L´ideale, prosegue il porporato, sarebbe il «frantumarsi della maggioranza e la nascita di un raggruppamento che comprenda l´Udc e il centrosinistra senza l´ala radicale». Giudizi rigorosamente anonimi. Lo stato d´animo prevalente, spiega un monsignore, è imperniato su tre "no". No a Prodi, no a Berlusconi, no a elezioni anticipate per evitare terremoti. Per il resto le correnti sono variegate. C´è chi preferisce l´opzione centro-Ulivo e chi è fautore delle larghe intese: «Perché non fare come in Germania?», sostiene un altro cardinale di lungo corso.
Nel frattempo il cardinale Ruini torna al centro del gioco più forte che mai. Nessun altro può tessere i rapporti politici nella fase, in cui la Chiesa si prepara a porre le sue condizioni al nuovo governo: qualunque esso sia. Ruini - secondo voci insistenti - dovrebbe ora rimanere in carica fino all´assemblea dei vescovi a maggio. La manifestazione di massa «in difesa della famiglia» si farà. Domani si riunisce il Forum delle famiglie per decidere la piattaforma della dimostrazione. Quanto alla Nota in preparazione sui Dico, i primi appunti contenevano pari pari la citazione di un documento del cardinale Ratzinger del 2003: «Nel caso in cui si proponga per la prima volta all´assemblea (parlamentare) un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro». Votare a favore «è un atto gravemente immorale». Ratzinger dixit.
La rinuncia ai Dico, sancita dalle trattative sulla nuova coalizione, era la condizione posta dalla gerarchia ecclesiastica sul tavolo del prossimo candidato premier. L´enigmatico voto contrario di Andreotti al Senato acquista il valore della paletta di un agente della Polstrada. «La vera fede è ancora profondamente radicata in Italia, ma è anche minacciata», ha detto ieri papa Ratzinger, mentre Ruini ribadiva il suo impegno «per la famiglia e per i giovani». L´Avvenire parla chiaro. «I Dico sono da ripensare», sottolineava ieri il giornale dei vescovi, spiegando che la Chiesa si rivolge «alla ragione dei legislatori quanto alla loro coscienza». Mentre il cardinale Caffarra ribadisce che la Chiesa si batte per la «promozione della dignità del matrimonio, la sua protezione e la sua difesa».

La Repubblica, 23 febbraio 2007

3 commenti:

gemma ha detto...

Mi pare onestamente eccessiva e riduttiva, per l’idea che Papa Ratzinger ha del suo magistero, questa continua dietrologia che vuole attribuire alla Chiesa la colpa di tutti gli eventi nefasti della politica italiana. Altrettanto puerile mi pare attribuire colpe eccessive ad Andreotti e Cossiga (nel mirino in quanto cattolici), senatori a vita, dal momento che un governo dovrebbe essere autosufficiente e contare sulle proprie forze emerse dal risultato elettorale e non da aiuti insperati e incostanti, svincolati da complotti solo quando vanno nella propria direzione. Non a caso, il Papa ha ricordato ieri, rispondendo ai parroci romani , che “la Chiesa non è un’organizzazione sopranazionale, non è un corpo amministrativo, un corpo di potere e non è un’agenzia sociale, benché faccia un lavoro sociale e sopranazionale ma è una realtà spirituale”. Il messaggio, in questo momento, mi pare chiaro ma, allo stesso tempo, non riesco onestamente a vedervi sintonia col modo di agire del cardinale Ruini.

Anonimo ha detto...

Ciao Emma :-)
Oggi il Presidente della Repubblica ha rinviato il governo Prodi (cosi' com'e') alle Camere per ottenere la fiducia dei due rami del Parlamento. Puo' darsi che il "calcio mercato" ottenga i risultati sperati, tuttavia appare chiaro che un esecutivo non puo' sperare nella benevolenza dei senatori a vita. Essi sono ex Presidenti della Repubblica ovvero personalita' che hanno onorato la patria in vari campi. Di conseguenza votano come vogliono e secondo le circostanze. Mi pare assurdo accusarli di avere complottato solo perche' sono cattolici.
Il Papa non rinuncia e non rinuncera' mai a proporre in modo fermo e deciso i principi non negoziabili. In questo senso mi sembra condivida la sostanza degli interventi di Ruini ma la forma e' molto diversa. Lo stesso Alberto Melloni (rappresentante dei cosiddetti cattolici democratici) ammette che il Papa ha un atteggiamento completamente diverso da quello di Ruini.
Ciao

Anonimo ha detto...

La prova del diverso atteggiamento si trova nell'intervento di questa mattina (che postero' al piu' presto): il Papa si appella alla coscienza dei cristiani e non al legislatore.