23 febbraio 2007

La grandezza di un Papa anticonformista

L’anticonformismo di un Papa che osa riportarci all’eros della creazione

Qualunque sia la formulazione definitiva che avrà la nota ufficiale della Cei, la bozza pubblicata ieri dal Foglio anticipa senza possibilità di errore la pietra angolare sulla quale essa poggerà: il magistero del Papa.
Il quale ci rinnova la sorpresa di un avvenimento sempre costretto ad attualizzarsi e, pensando alla persona che ricopre il posto che fu di un pescatore mediorientale, la meraviglia per un uomo che viene trascinato dai muscoli di Cristo nella battaglia campale del “non conformatevi” paolino. Nell’esercizio di un anticonformismo che pone la chiesa cattolica alla testa delle forze storiche dell’antagonismo – il più radicale – allo schiavistico “spirito dei tempi” (e di conseguenza all’ovvio rischio di suscitare contro di sé ira e odio).
Ciò avviene nel contesto di un papato che nemmeno gli estimatori di Joseph Ratzinger potevano immaginare si lanciasse in una controffensiva così tenace, sistematica e, ciò che più conta, razionale e affettiva all’omologazione planetaria del duplice nichilismo rilevato dallo stesso Benedetto XVI dal primo giorno del suo incardinamento: il nichilismo orientale imbottito di madrasse e di esplosivo, il nichilismo occidentale imbottito di gaia scienza e di preservativo.
Questo Papa dice che “l’eros è nel cuore di Dio” ed entra di schianto nell’esperienza umana dell’amore, giudicando “funesta” la condiscendenza politica a teorie e legittimazioni anche giuridiche del relativismo erotico, della fluidità e del rinsecchimento dei legami affettivi. Ed eccolo qui, in prima linea, nella battaglia apparentemente disperata di… di cosa? Della difesa del catechismo? Dell’avvocatura di un Dio separato dalla terra? Dello spirito che soffia dove vogliono i professionisti dell’ecumenismo? Del moralismo dalla cintola in su o in giù? Di una istituzione di grande tradizione bimillenaria? Del valore pacificante e pacifico della chiesa romana? Niente di tutto questo. Poiché, per affermare tutto questo, il Papa potrebbe semplicemente tacere. E i vescovi, con il Papa, tacere e starsene rintanati nelle chiese ove già lo spirito di questo mondo concede loro, e volentieri, di officiare le loro messe, di starsene rintanati a pregare, di compulsare il loro papiro evangelico all’insegna del famoso “primato spirituale della Parola”. E invece, ecco cosa c’è – o almeno così a me pare che sia – al cuore di questa nota: l’affermazione esplicita che la peculiarità del primato papale è di essere trascinato a dire anzitutto la verità sull’uomo, la realtà, cioè a dare il nome alle cose.
E’ una sorta di riandare al principio della creazione – per parafrasare una definizione che il Papa dà di Maria nella sua lettera quaresimale – il gioco petrino del “Bell’amore” che conserva e custodisce la vita nel mondo. Nelle prime pagine del Genesi Dio dà all’uomo la facoltà di nominare cose. Cioè il potere di conoscerle e, dunque, possederle nella maniera giusta. Poiché non si può godere di una cosa se non si usa una cosa secondo l’adeguamento dell’intelletto alla cosa stessa. Tutto è vostro, dirà Dio ad Adamo ed Eva. Ma voi, come tutto ciò che è vostro, appartenete all’essere. “Tutto è nostro” riecheggerà l’incendiario Paolo, “ma noi siamo di Cristo” poiché l’essere, “la realtà, è Cristo”. Dunque ecco nella nota cattolica il ripetersi dell’evidenza della creazione. Non il “parlare di Dio”, ma il parlare del reale che Dio pone in forma di evidenze elementari e originali dentro la ragione e l’eros di ogni uomo, e di ogni tempo e di ogni luogo, ragione ed eros che la Bibbia riassume nell’unico termine di “cuore”. Ecco dunque Pietro ergersi in difesa del “cuore”, dunque della realtà, laicamente, iperlaicamente, nominando le cose, dicendo pane al pane, vino al vino. Vi sono connotazioni di buon senso evidente, implicite in questa nota. Quale padre non si toglierebbe il pane di bocca se, in qualunque condizione di miserabilità versasse, vedesse suo figlio strisciare ai suoi piedi stremato e affamato? Quale madre vedendo una figlia perdersi nel disastro del prendersi e lasciarsi, non lotterebbe fino a dare la vita piuttosto che vederla rinsecchire? Va bene.
Non siamo più capaci di amare. Per questo la compassione e la frenesia del correre ai diritti. E’ diventato così difficile dire “tu”, volersi bene nella buona e cattiva sorte, prendersi anche quando la falce dello Sla ti inchioda il pisello e tutto il resto alla pietra.
Va bene. La ragione non ci sostiene più. Siamo perennemente ebbri e quando ci svegliamo la mattina, nel letto, accanto a noi, vorremmo essere sicuri di avere almeno una pensione di reversibilità. Non siamo più neanche madri, né padri. Perciò è giusto, che almeno l’uomo e la donna che adesso sentono la disperazione di vivere e di morire così, e di mandare a morire i propri figli così, piangano sul cuore di questa nota petrina e sul cuore di questo Papa crocifisso dall’ira cattolico-democratica. Dio mio, dove senti in giro qualcuno che ti dica ancora “Non è piuttosto il loro – il nostro – doverealzare la voce per difendere l’uomo?”
Luigi Amicone

Il Foglio, 23 febbraio 2007


DOMANI RUINI A CONVEGNO SU FEDE E RAGIONE DOPO RATISBONA

Roma, 23 feb. (APCom) - Il cardinale Camillo Ruini, presidente dei vescovi italiani e vicario del Papa per la diocesi di Roma, aprirà domani un convegno su "Fede e ragione dopo Ratisbona" che si svolgerà alla Pontificia università lateranense.

"In preparazione all'incontro europeo dei docenti universitari in programma dal 21 al 24 giugno 2007 sul tema 'Per un nuovo umanesimo in Europa. Il ruolo delle Università'", si legge in un comunicato, "l'Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma ha promosso un Seminario di Studio sul tema: 'Genealogia, ontologia, morfologia della razionalità. Fede e Ragione dopo Ratisbona'", la città bavarese dove il Papa ha tenuto, a settembre, una 'lectio magistralis' sul tema della ragionevolezza della fede.

Il seminario dopo l'intervento di presentazione del professor Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, sarà introdotto da due relazioni: del Cardinale Camillo Ruini, e, in video conferenza da Parigi, del professor Philippe Nemo dell'Università ESCP-EAP European School of Managment. Al convegno interverranno, in seguito, il professor Flavio Keller, il professor Francesco D'Agostino, il professor Alberto Gambino, il professor Giovanni Jacovitti. Il dibattito sarà moderato dal professor Alessandro Finazzi Agrò, Rettore dell'Università di Roma Tor Vergata. Al termine del dibattito, mons. Lorenzo Leuzzi, Direttore dell'Ufficio per la pastorale universitaria, presenterà il cammino si preparazione verso l'incontro europeo dei docenti universitari.

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