21 febbraio 2007

Rassegna stampa del 21 febbraio 2007, mercoledì delle ceneri.


Vengono riportati di seguito alcuni articoli pubblicati da illustri quotidiani italiani.
Chiaramente l'argomento riguarda la Chiesa e l'attività del Santo Padre, Benedetto XVI.


Dico, tensione nel governo la battaglia comincia al Senato

Il cardinale Bertone: "Mediare con intelligenza"

GIOVANNA CASADIO

ROMA - «Sarebbe uno spreco per le persone, per i loro diritti, doveri e speranze se il Senato facesse naufragare i Dico. Ma sono sicura che ce la faremo. Anche se sarà un confronto vero, vivo, da affrontare con intelligenza e tenacia». Barbara Pollastrini, la ministra delle Pari opportunità che - con Rosy Bindi - è autrice del disegno di legge sui Diritti dei conviventi, avrebbe preferito che l´iter parlamentare cominciasse alla Camera. Teme anche lei che la legge sulle coppie di fatto possa essere messa facilmente ko a Palazzo Madama, vista la risicata maggioranza dell´Unione e soprattutto il dissenso dell´Udeur di Mastella.Il governo ha deciso a sera, dopo una giornata di fibrillazioni, che la strada dei Dico inizia dal Senato. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti passa da una riunione con i capigruppo dell´Ulivo di Camera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro a un "caffè" con il presidente del Senato, Franco Marini e con Cesare Salvi che guida la commissione Giustizia dove i Dico raggiungeranno le altre proposte sulle unioni civili già in discussione. L´annuncio però avviene solo dopo il ritorno di Prodi dal vertice spagnolo con Zapatero. Quando il premier dà il suo benestare, il ddl sui "Diritti e doveri dei conviventi" viene formalmente «trasmesso» al Senato. Spiega Chiti: «La decisione presa dal governo tiene conto del fatto che nella commissione giustizia del Senato sono già in discussione provvedimenti sulle unioni civili che portano la firma sia di esponenti della maggioranza che di opposizione. Mi auguro che su un tema così delicato si sviluppi un confronto serio e approfondito, senza pregiudiziali».Nel vortice di incontri e colloqui, Anna Finocchiaro - che si è battuta difendendo «le prerogative del Senato» e sollecitando Chiti a incardinare qui i Dico - sente anche il segretario del suo partito, i Ds, Piero Fassino perplesso sull´avvio al Senato. La Casa delle libertà mette sotto accusa in conferenza dei capigruppo, il sottosegretario Giampaolo D´Andrea che rappresenta il governo: «L´esame della legge sulle coppie di fatto deve partire dal Senato, a meno di non volere svuotare questo ramo del Parlamento», denuncia la senatrice di Fi, Elisabetta Alberti Casellati. Marini garantisce che questo non accadrà. Chiti invita Salvi a non esasperare le tensioni con i cattolici dell´Unione, Teodem in testa. Il governo è diviso tra opportunità politica (meglio un cammino soft a Montecitorio), la prassi istituzionale (la materia è già all´esame del Senato) e la consapevolezza dei rischi a Palazzo Madama, primo fra tutti l´affossamento con una pregiudiziale di costituzionalità. Chiede alcune garanzie: di non cambiare il testo dei Dico e il voto segreto anche sulle pregiudiziali. Salvi dal canto suo avrebbe assicurato un cammino lento, la ricerca di intese trasversali e di non sovraesporre la battaglia per i Dico ad appuntamenti come i congressi di Ds e Dl ad aprile, la nota della Cei, o la Conferenza di governo sulla famiglia a Firenze, il 24, 25 e 26 maggio. Francesco Rutelli avrebbe convinto i Teodem ad allinearsi. Da Oltretevere arriva inoltre una dichiarazione distensiva del segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone:«Meglio mediare con intelligenza anche in politica». Prodi nell´incontro con Bertone lunedì, durante la celebrazione per la firma dei Patti Lateranensi, ha usato come argomento di dialogo, l´attenzione del governo alla famiglia. Un esempio? La Conferenza nazionale sulla famiglia che la ministra Rosy Bindi sta preparando. Punta la Bindi a ottenere in Italia un "piano per la famiglia" così come c´è il "piano sanitario". Riflette Marina Sereni, vice capogruppo dell´Ulivo alla Camera: «Adesso bisogna cercare ampie convergenze sui Dico». Oggi Marini decide se Dico saranno esaminati congiuntamente dalle commissioni Giustizia e Affari costituzionali.

Repubblica, 21 febbraio 2007




IL PERSONAGGIO
Le grandi manovre che coinvolgono il cardinale di Genova per la successione a Ruini

Bagnasco, il cardinale che stima Bush da nunzio militare a outsider per la Cei

Un seguace convinto del Concilio, ma anche strenuo difensore della identità cristiana
A 64 anni per il mondo della Chiesa è un giovane. È in Liguria da soli sei mesi

MARCO POLITI


CITTA´ DEL VATICANO - Sessantaquattro anni - un giovane per la gerarchia eccelsiastica - arcivescovo di Genova da neanche sei mesi, monsignor Angelo Bagnasco è l´outsider in pista per diventare presidente della Cei. In Vaticano non c´è mai stato un tale turbinio di proposte, candidature, ripensamenti, ipotesi e ripescaggi per individuare il leader dell´episcopato italiano. Il difetto sta probabilmente nel fatto che i vescovi d´Italia non sono liberi di scegliersi la propria dirigenza come in tutte le altre nazioni del mondo cattolico.Bagnasco, lombardo di origine, è genovese fino in fondo quanto a vita sacerdotale. Non a caso fu accolto con grande calore, quando il 29 agosto scorso si insediò a Genova dopo gli anni di Tettamanzi e di Bertone. Genova porta fortuna. Tettamanzi è diventato arcivescovo di Milano, la più grande diocesi europea, e Bertone è salito alla carica di Segretario di Stato. Ma Bagnasco non partirà e guiderà la Conferenza episcopale dalla sua diocesi.Già questo è un segno di novità o, meglio, di ritorno all´antico. Negli anni Settanta e Ottanta presidenti della Cei sono stati gli arcivescovi di Bologna (Poma) e Torino (Ballestrero), poi papa Wojtyla aveva preferito centralizzare tutto, portando Ruini a Roma come cardinal Vicario e timoniere dell´episcopato.Benedetto XVI, in questo senso, ridà fiato alle periferie. Ma la nomina di un arcivescovo - e non di un cardinale - rappresenta anche una vittoria del teorema Bertone, secondo il quale è meglio che il presidente della Cei abbia un profilo più pastorale (come hanno chiesto insistentemente i vescovi italiani) lasciando alla Segreteria di Stato vaticana il gioco più propriamente politico. Cioè a Bertone stesso.In termini di carriera, la traiettoria di Bagnasco è stata finora molto calma. Dal 1998 al 2003 è stato vescovo di Pesaro e successivamente vescovo castrense, costretto a occuparsi dei cappellani militari proprio nella stagione in cui i soldati italiani erano sui fronti più pericolosi: Iraq e Afghanistan.Bagnasco si è fatto ben volere e il suo calore umano è un primo dato caratterizzante. Viene dall´esperienza di assistente spirituale degli Scout e della Fuci e ha mantenuto nel suo stile pastorale una freschezza di approccio e una immediatezza che crea discontinuità con la freddezza e la rigidità di Ruini (peraltro molto simpatico a quattr´occhi).Il grande salto l´ha fatto quando papa Ratzinger lo ha scelto come arcivescovo di Genova. E lì che si è capito che era destinato all´elite cardinalizia. Ora, se le previsioni non saranno smentite, dovrà misurarsi con un´eredità pesante: la successione di Ruini, che ha retto con polso di ferro un ventennio di rapporti tra Chiesa e Stato.Come formazione l´arcivescovo di Genova è cresciuto con il Vaticano II e nel dopo-Concilio e quindi è un seguace convinto del dialogo con la società e le altre religioni. Ma al tempo stesso - e questo lo rende ben visto da Ratzinger - è un fautore molto determinato della necessità di salvaguardare l´identità cristiana.Anzi di rilanciarla. «In Europa manca l´identità - ha detto in un´intervista - Noi siamo il cuore del mondo, ma fatichiamo a definire i valori fondamentali della nostra civiltà». Negli Stati Uniti, ha soggiunto, questa identità c´è: «Basta pensare a come Bush si è imposto». In Italia è dunque necessario rivendicare la propria identità civile, religiosa, culturale «senza demagogia e senza paura».Per quella che riguarda i cattolici nella società, Bagnasco sembra a tratti sfiorato da un velo di pessimismo: «Si muovono in un contesto ostile», ha dichiarato una volta, vengono considerati «animali rari».Ma certamente questo non lo mette sulla difensiva. Come papa Ratzinger l´arcivescovo di Genova crede nell´esigenza di muoversi per riconquistare il terreno sociale. Non è vero, ama sottolineare, che ogni espressione della posizione cattolica sul piano antropologico o sociale sia «un atto confessionale o un´imposizione ai non cristiani». I valori fondamentali della Chiesa - rimarca - equivalgono ai valori universali basati sulla «retta ragione».In ogni caso, come Benedetto XVI, il futuro presidente della Cei è persuaso che l´Italia sia a un bivio: o mantiene la sua identità cristiana oppure si lascia risucchiare dal «coro» della società secolarizzata contemporanea.

Repubblica, 21 febbraio 2007




Le voci su chi guiderà la dopo Ruini Cei indicano l´arcivescovo genovese: illustri precedenti

Genova trampolino per il Vaticano Ora sta per lanciare anche Bagnasco

L´indiscrezione di una nomina al posto di Ruini è oramai insistente e conferma una tradizione per la Diocesi genovese sempre più attuale
Nessuna dichiarazione dell´arcivescovo, qualche sussurro in Curia: l´incarico non influirebbe per nulla con il suo impegno di pastore a Genova

FRANCO MANZITTI

Tutte le strade portano a Roma. Certamente il celebre detto avrà una ulteriore conferma, se l´indiscrezione esplosa in questi giorni sarà confermata dalla bolla papale. Il prossimo presidente della Cei, il successore dell´esimio e potente cardinale Camillo Ruini, sarà Angelo Bagnasco, novello arcivescovo di Genova, il genovese sulla cattedra di San Siro. In attesa dell´annuncio ufficiale, che potrebbe essere diffuso dalla Santa Sede nella giornata del 7 marzo, non sfugge che il famoso riferimento alla centralità romana trova un´altra sequenza di conferma nel percorso sacro che lega la diocesi genovese con il Vaticano e le sue decisioni. Non sfugge che la presunta nomina di Bagnasco arriverebbe dopo quella di Tarcisio Bertone, il cardinale suo predecessore niente meno che alla Segreteria di Stato Vaticana e dopo quella di Dionigi Tettamanzi, a sua volta predecessore di Bertone, nella diocesi di Milano, una delle più importanti nella geografia di Santa Romana Chiesa. E non è difficile riesumare dalla memoria della Chiesa genovese l´illustre precedente del cardinale-principe Giuseppe Siri, che fu presidente della Cei tra il 1955 e il 1964. Allora qual è il filo che lega una città, apparentemente sempre più distante per ragioni politiche generali dal centro a Roma, al cuore del Vaticano? Come si spiega il fatto che la diocesi genovese, illustrata nei decenni ma più generalmente nei secoli da arcivescovi di grande peso, diventi, in rapida sequenza, una sorta di trampolino di lancio per il Vaticano, per i ruoli chiave della Chiesa?Forse si spiega semplicemente con il fatto che Genova è la sede di una importante arcidiocesi e che i prelati che vengono nominati per condurla sono sempre di un livello talmente alto, che poi il Vaticano e il Papa fanno cadere un occhio attento su di loro nel momento delle scelte importanti. Forse si spiega con una certa causalità del tutto accidentale e con la convergenza di diverse prerogative nelle figure dei pastori genovesi, chiamati a superiori incarichi. Siri era un campione teologico negli anni in cui fu chiamato a presiedere la Cei, e si sarebbe poi visto ancor di più qual era il suo peso nella Chiesa in quella che fu la contesa sul Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII, avversato dal cardinale di Genova. Tettamanzi era un grande pastore, un dottore della Chiesa con l´umanità del vescovo tanto dispiegata da poter essere chiamato a sostituire un grande come il cardinale Martini, il monumento di Milano. E tanto "forte" da essere stato, prima di Genova, segretario e vice presidente della Cei, coautore con papa Wojtyla di alcune delle encicliche più importanti di fine millennio. Bertone era un tale vulcano di energia e un tale comunicatore dei valori fondamentali della Chiesa nell´era del relativismo, da spazzare ogni concorrenza per diventare il primo ministro, il numero due dopo il papa.E Bagnasco, il fresco arcivescovo, appena giunto a Genova, già protagonista di una guida silenziosa, ma efficace della diocesi come si lega a questa tradizione, che porta a Roma? Se sarà lui il successore di Ruini in un momento nel quale la Cei è una frontiera per i cattolici nella società laica dei Dico, del relativismo scatenato, della multireligione, vuol dire che passa la linea di Bertone, favorevole a una guida vescovile della Commissione. Sarebbe lui un fedele di Ruini a rompere la tradizione che assegna quel ruolo al vescovo della città di Roma, prima Poletti, poi Ruini, i "parroci" di San Giovanni in Laterano. Bagnasco nella scorsa settimana ha trascorso due giornate a Roma dove forse ha concordato l´incarico che lo porterà a Roma almeno un giorno alla settimana, quel martedì che nella sua agenda compare sempre senza appuntamenti previsti. Lui è silenzioso e riservato. Ieri si è dedicato ai sacerdoti del vicariato di Castelletto. «Non c´è nulla da commentare», ha osservato, sorridendo.

Repubblica, 21 febbraio 2007




Preservativi, documento del Papa Sgreccia: arriverà, ma non subito

Non è imminente, né tanto meno prevista a giorni, una dichiarazione del Vaticano sull’uso dei contraccettivi artificiali. Lo hanno precisato monsignor Elio Sgreccia presidente della Pontificia accademia per la vita e il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, durante la presentazione del convegno internazionale sulla «Coscienza cristiana a sostegno al diritto alla vita». Era circolata voce secondo cui per il ventesimo anniversario del documento «Donum vitae» il Papa avrebbe pubblicato un documento definitivo sulla materia. Sgreccia ha detto che si sta riflettendo sull’argomento, ma non gli risulta che a breve possa essere pubblicato un testo definitivo. Padre Lombardi ha spiegato che la voce potrebbe essere nata da alcune dichiarazioni di mons. Angelo Amato, segretario del dicastero per la dottrina della fede. Ma, ha detto padre Lombardi, non pare che la riflessione sul tema sia ormai conclusa.Monsignor Sgreccia ha affrontato il tema della adozione di bambini da parte di coppie gay e del carattere vincolante o meno per il cattolico - medico o politico che sia - dell’indicazione per l’obiezione di coscienza su alcune materie, fatta dal magistero. L’obiezione di coscienza contro l’adozione di figli in una coppia omosessuale è «pienamente fondata», ha detto Sgreccia a proposito di una normativa in discussione in Gran Bretagna, «è stata opposta anche in Spagna - ha ricordato -, è pienamente fondata e mi meraviglierei che in Gran Bretagna si rifiutasse di riconoscerla». Per Sgreccia il cristiano, politico o cittadino, ha come scelta obbligata l’obiezione di coscienza, oltreché su aborto ed eutanasia, anche nell’ambito della ricerca sulle staminali «dove implichi la morte degli embrioni e altre forme di violazione della vita». «Siamo convinti - ha proseguito il presule - che c’è un’utilità per tutta la società quando la coscienza cristiana può esprimersi e può offrire il suo contributo».

La stampa, 21 febbraio 2007




Dico, no di Bertone al muro contro muro

AMEDEO LA MATTINA

ROMACi sono voluti dodici giorni prima che il ddl sui Dico - approvato dal governo l’8 febbraio - approdasse in Parlamento. Finalmente ieri è stato deciso che il difficile iter cominci al Senato dove l’opposizione è agguerritissima e la maggioranza non ha i numeri (Mastella e i Teodem sono contrari) per far passare un testo che è frutto di estenuanti mediazioni. Ora il rischio è che a Palazzo Madama, sotto una gragnuola di emendamenti, il provvedimento venga rigirato come un calzino, più probabilmente in senso restrittivo, secondo gli input dei vescovi.Ma va registrato che, dopo l’incontro con Prodi, il cardinal Bertone sembra invitare alla prudenza. E’ proprio il segretario di Stato Vaticano infatti che sollecita «a mediare e a non coltivare contrapposizioni». L’occasione per questa apertura è stata la presentazione delle ultime edizioni degli scritti di San Pier Damiani. «Questa figura - ha detto il cardinale - ci esorta a mediare intelligentemente e sapientemente anche in politica».Tuttavia da oggi lo scontro al Senato va in scena. Già con le pregiudiziali di costituzionalità che il centrodestra si appresta a presentare, e che l’Udeur è disposto a votare, potrebbe andare tutto a gambe all’aria. C’è chi invece sostiene il contrario, ricordando che in commissione Giustizia, guidata dal diessino Cesare Salvi, la maggioranza dispone di un vantaggio di 14 senatori contro i 13 della Cdl: ma quel che più conta è che tra i 14 non ci sono i senatori a vita (Colombo, Andreotti e Cossiga sono notoriamente contrari ai Dico) e gli uomini di Mastella. Insomma, la battaglia è tutta aperta e l’esito è altrettanto incerto. Per questo motivo il governo e soprattutto la sinistra (radicale e moderata) avrebbe voluto che l’iter iniziasse dalla Camera: proprio per preservare il fragile equilibrio raggiunto nel governo. A Montecitorio i nodi più spinosi sarebbero stati affrontati con più tranquillità. E l’opposizione, con le armi spuntate, non avrebbe potuto incidere negativamente. Sarebbe stato poi più facile introdurre cambiamenti che loro considerano «migliorativi». Ma la scelta è stata fatta e saranno i senatori ad avere la prima parola. Alla decisione si è arrivati attraverso un acceso scontro dentro la stessa maggioranza. Il ministro Chiti ha cercato di convincere Anna Finocchiaro e Cesare Salvi della convenienza di incardinare i Dico a Montecitorio. Ma i due esponenti diessini si sono opposti strenuamente, nonostante avessero contro il segretario dei Ds Fassino che avrebbe preferito una partenza alla Camera. Ma la Finocchiaro e Salvi hanno puntato i piedi, spiegando che intanto la discussione è già iniziata al Senato. «I Dico - è stato il ragionamento della capogruppo dell’Ulivo - sono un punto di equilibrio. Se il testo va alla Camera sarà stravolto dallo stesso centrosinistra e quando arriverà al Senato non avrebbe la minima possibilità di passare. Se invece prendiamo in mano noi questo benedetto ddl possiamo provare a blindarlo o cambiarlo poco e portarlo a casa». Per la Finocchiaro, inoltre, bisognava evitare di dare l’impressione di un Senato impotente, che non fosse in grado di legiferare. Nella girandola di incontri e contatti telefonici, Dario Franceschini alla fine ha sostenuto la Finocchiaro. Qualche perplessità sembra l’abbia avuta il presidente del Senato, Franco Marini, anche lui preoccupato di uno scivolone. Perciò avrebbe chiesto a Salvi assicurazioni: ci sono i margini per mantenere sostanzialmente invariato l’impianto dei Dico? Il presidente della commissione Giustizia avrebbe risposto che il testo, così com’è, non funziona, e che quindi va modificato in alcuni punti significativi. Qualcuno ha perfino visto in questa risposta di Salvi un retropensiero: la sua intenzione di mettere un ostacolo sulla strada della costituzione del Partito democratico.

La stampa, 21 febbraio 2007

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