19 febbraio 2008

La Fabbrica dei Santi e il Rigore (Vittorio Messori per "Il Corriere della sera")


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Il commento

La Fabbrica dei Santi e il Rigore

Documento vaticano

Vittorio Messori

C’è un segnale inquietante — anzi, la constatazione di una realtà amara — in una delle ragioni della pubblicazione della Istruzione Sanctorum Mater.
Ha detto ieri il cardinal José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi: «Non sempre una diocesi può contare su persone specializzate e con esperienza pratica per i diversi compiti inerenti a una causa di canonizzazione: quelli cioè del delegato vescovile, del promotore di giustizia, dei teologi per l’esame degli scritti, dei periti in materia storica e archivistica cui è affidata la ricerca dei documenti relativi alla causa».
In effetti, decenni di scarsità di vocazioni e rinuncia all’esercizio del sacerdozio di una parte consistente del clero, hanno diradato a tal punto il personale ecclesiale da far ipotizzare la soppressione di molte diocesi e l’accorpamento di molte altre, così da far sopravvivere almeno i servizi essenziali richiesti alle Curie.

C’è poi il declino della qualità della formazione nei seminari superstiti, tanto che sembra ormai la norma l’ordinazione di chi ignora il latino e ha una conoscenza sommaria delle discipline ecclesiastiche.

Anche da queste carenze viene la difficoltà, se non l’incapacità, per numerosi episcòpi, di condurre con il rigore necessario il lavoro della prima fase dei processi, quella su cui è poi chiamata a lavorare Roma. Dunque, il documento presentato ieri è una sorta di bignamino ad uso di un personale periferico sempre più anziano, sempre più ridotto, forse sempre più inesperto. Per dirla ancora con le parole del Cardinale: «L’Istruzione è un vademecum completo e sistematico, che fornisce orientamenti chiari e precisi per i passi che si devono compiere dall’inizio dell’istruttoria fino all’invio degli atti alla Congregazione delle Cause dei Santi».
Tra i primati di Giovanni Paolo II ci fu, com’è noto, anche quello di essere stato il pontefice che ha proclamato più beati e santi.

È probabile (anche per questo, tra le righe del documento odierno, c’è qualche cauta ammissione) che alla quantità del lavoro svolto non si sia sempre accompagnato il massimo della qualità. Lo stesso cardinal Ratzinger si lasciò sfuggire un commento perplesso sulla accelerazione inaudita alla «fabbrica dei santi».

Il rigore del teologo divenuto papa intende applicarsi anche in questa direzione. Ed è fuorviante la cifra di 577 tra beatificazioni e canonizzazioni attribuite a Benedetto XVI. In realtà, lo scorso ottobre furono fatti beati, in un colpo solo, 498 spagnoli martirizzati durante la guerra civile: fu la maggiore elevazione di massa agli altari, al termine di un processo iniziato da molti anni, sotto Giovanni Paolo II.

Così è avvenuto per altre beatificazioni e canonizzazioni che papa Ratzinger non ha fatto che concludere. In realtà, il ritmo è destinato a rallentare, anche qui lo stile è diverso rispetto a quello del pur amato e venerato predecessore.

C’è da chiedersi se, nella schiera ridotta di «glorificazioni», Benedetto XVI introdurrà le più contestate: innanzitutto, quella di Pio XII, avversata da chi gli attribuisce presunti silenzi e omissioni di fronte al nazismo. C’è poi quella, ancora più spinosa, di Isabella di Castiglia, contro la quale militano musulmani (per la cacciata dei moriscos ), ebrei (per la cacciata dei marranos ), liberal e massoni (per la istituzione della inquisizione). Wojtyla stesso, che pure ruppe gli indugi e beatificò Pio IX, congelò questa beatificazione, per la quale tutto, da molto tempo, è già pronto e per la quale si moltiplicano gli appelli, soprattutto dal Sudamerica, dove la regina è molto venerata. Ci si chiede se la causa sarà sbloccata da colui che, per quasi un quarto di secolo, è stato Prefetto dell’antico Sant’Uffizio.
Nel dossier di papa Ratzinger non c’è invece il caso difficile di uno dei santi più avversati ed amati, sant’Escrivà de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei. Un caso definitivamente chiuso, con le grandiose cerimonie in piazza san Pietro presiedute da Giovanni Paolo II, grande amico della mitica Obra.

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