19 febbraio 2008

Pio IX, la storia e le false contrapposizioni: Dalla Torre risponde a Politi...


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PIO IX, LA STORIA E LE FALSE CONTRAPPOSIZIONI

GIUSEPPE DALLA TORRE

Quello di procedere per contrapposizioni è, per quanto riguarda la Chiesa, un canone interpretativo diffuso nel mondo laico. Ma è un canone per nulla affidabile: sia dal punto di vista storico, perché la storia non si fa col giustapporre il bianco al nero, ma nel cogliere le gradazioni di colore e le sfumature; sia dal punto di vista dottrinale, perché i diversi pronunciamenti del magistero ecclesiastico vanno collocati nel contesto storico ed in riferimento alle sollecitazioni provenienti dall’interno della comunità ecclesiale così come dal suo esterno.

Nella tentazione di procedere per contrapposizioni cade anche Marco Politi, che pure è un attento osservatore della realtà cattolica, quando in un articolo pubblicato nell’edizione di domenica su «Repubblica», prendendo spunto da alcuni riferimenti a Pio IX contenuti in un recente discorso del Papa, contrappone Vaticano II e Chiesa preconciliare, Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, per giungere a dire in sostanza che l’attuale Pontefice starebbe riconducendo la Chiesa sulle posizioni conservatrici di Papa Mastai.

Vien fatto di osservare che la stampa laica immancabilmente bolla di conservatorismo il Papa vivente rispetto al predecessore, il quale a sua volta, nel corso del proprio pontificato, ha subito lo stesso giudizio.

È successo a Giovanni Paolo II rispetto a Paolo VI, è successo a Paolo VI rispetto a Giovanni XXIII. Pare che sia destino dei Papi quello di essere recuperati nella loro autenticità, e rivalutati fin quasi al rimpianto, solo da morti. Ma tant’è.

Tra gli argomenti addotti nel citato articolo a dimostrazione dell’assunto è quello del diritto di libertà religiosa, condannato dal «Sillabo» di Pio IX ed invece riconosciuto dal Vaticano II. In realtà la questione non può essere ridotta in termini così elementari.

Solo un poco di sforzo è sufficiente per cogliere che il primo condanna la libertà religiosa in quanto intesa, sul piano filosofico, come relativismo e indifferentismo; il secondo al contrario, ponendosi in una prospettiva giuridico positiva, afferma che nessuno può essere costretto od impedito in materia religiosa e di coscienza.

Di qui il diritto naturale di ogni uomo, nei confronti del potere politico - che storicamente è stato il maggior attentatore alla libertà religiosa - e di eventuali poteri privati. Non a caso la dichiarazione «Dignitatis humanae» del Vaticano II, che proprio a tale libertà si riferisce, tiene però a precisare che in coscienza ogni uomo è tenuto a cercare la verità ed a seguire la verità, una volta conosciuta: quindi niente relativismo o indifferentismo.
Quanto al «Sillabo», è noto che si tratta di un elenco di proposizioni tratte da documenti precedenti, non tutti aventi lo stesso oggetto, la stessa natura, la medesima impegnatività dal punto di vista magisteriale.

Eppure su qualche proposizione anche molti accaniti critici di ieri sembrano oggi concordare: ad esempio quella di condanna del potere senza limiti dello Stato o l’altra, riguardante il comunismo.
Solo che per comprenderlo ci sono voluti i lager, i gulag e la caduta dei muri.


© Copyright Avvenire, 19 febbraio 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi permetto di segnalare al riguardo un imperdibile Baronio su Petrus

http://www.papanews.it/dettaglio_approfondimenti.asp?IdNews=5876

Luigi