21 giugno 2007

Blasfemia a Bologna e Venezia: le reazioni


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I CASI DI BOLOGNA E VENEZIA

Uno sfregio a valori universali

Carlo Cardia

Le blasfemie di Bologna e di Venezia hanno alcune cose in comune. L'offesa, voluta e cercata, al cuore della fede cristiana. Alla passione e morte di Gesù Cristo, raffigurata in oscena e macabra danza dal coreografo Felix Ruckert. Alla Madre di Dio, umiliata e degradata in una mostra cittadina al di là di ogni concepibile volgarità.
Oltre questo profilo ce n'è un altro. Nessuna delle due blasfemie è l'opera di un esaltato, il frutto di un momento di smarrimento, o di una disattenzione per quanto grave, perché entrambe sono state concepite, preparate, offerte al pubblico, con determinazione e piena consapevolezza di ciò che si stava facendo. Ed entrambe hanno ricevuto l'avallo di istituzioni e di organizzatori che pure dovrebbero fare da garanti per questo tipo di manifestazioni.
Come si è potuto giungere a tanto, in un Paese come il nostro che vuole essere il punto di riferimento di un cristianesimo aperto e fondato sull'amore per il prossimo, che intende realizzare una società libera e solidale per le nuove generazioni, accogliente verso popolazioni che vengono da tutto il mondo? Questa domanda va posta perché è necessario comprendere fino a che punto può giungere il degrado di una società abbandonata a se stessa, e cosa si può fare per evitare altre offese a valori che sono al tempo stesso cristiani e universali.
Ad essere colpito è in primo luogo quel sentimento comune che permette alle persone di vivere insieme, e che richiede il rispetto per le convinzioni più profonde degli altri. Quando viene meno questo sentimento la società si frantuma, ciascuno può irridere all'altro, può diventare strumento di offesa nei suoi confronti, senza accorgersi che in questo modo irride anche se stesso, si scopre privo di valori, diviene mezzo di disgregazione.
Con il venir meno di questo sentimento naufragano tante altre cose, tra le più preziose per una comunità civile. Naufraga il rispetto per il sacro e per la fede religiosa, oggi quella cristiana domani le altre , tutto e tutti possono essere esposti al dileggio, all'offesa, ogni persona può essere colpita nella sua dignità più intima. È sconvolta qualsiasi concezione della laicità dello Stato, perché le idee e le proposte religiose, invece di essere rispettate e ascoltate, vengono umiliate, poste ai margini della vita collettiva, costrette a difendersi dalle più degradanti fantasie e farneticazioni.
Naufragano, infine, altri apparenti capisaldi delle nostre società occidentali, quelli della tutela dei diritti umani, e del progetto educativo e di integrazione per le nuove generazioni e per le popolazioni dell'immigrazione. I diritti umani, che dovrebbero testimoniare una nostra presunta superiorità, si rivelano per essere soltanto un velo ipocrita; perché vengono calpestati e rinnegati, offendendo i sentimenti di milioni e milioni di persone (anche se fossero pochi sarebbe lo stesso), violando la libertà religiosa, la dignità umana.
Il progetto educativo per le nuove generazioni si infrange prima ancora di essere impostato, perché ai giovani si dice che possono irridere ai propri compagni, alle loro convinzioni più intime, possono vilipendere come e quando vogliono, e anche loro possono essere oggetto di derisione senza potersi difendere. In una società multiculturale, infine, si annuncia a milioni di immigrati che la nostra proposta di integrazione è fondata sulla possibilità di deridere e calpestare la religione, e le credenze più intime che ciascuno coltiva nella propria coscienza.
Bisogna dire una verità semplice. I cristiani e i cattolici sono oggi chiamati a difendere se stessi, la propria fede, la volontà di vivere liberi e rispettati in Italia e in Europa. In primo luogo rispondendo al vilipendio con la riparazione delle blasfemie compiute. Ma tutti devono sentirsi chiamati in causa da un degrado endemico, per il quale quando si parla di libertà per tutti si finisce per negare quella degli altri, quando si esaltano i diritti umani si pensa solo ai propri, quand o si evocano valori comuni nei fatti si agisce come se questi non esistessero. Perché alla fine, e a pensarci bene, le blasfemie di Bologna e di Venezia sono il frutto guasto e più amaro di quel relativismo di cui alcuni non vogliono sentir parlare e che invece può divorare tutto e tutti, magari senza che ce ne accorgiamo.

Avvenire, 21 giugno 2007


LE PROVOCAZIONI PSEUDO-ARTISTICHE DI BOLOGNA E VENEZIA

Trasgressioni d'accatto con i denari di noi tutti

Davide Rondoni

Una mostra a Bologna, un balletto a Venezia. L’una bestemmia la Madonna, l’altro irride la passione di Cristo. Sostenuta e avallata da finanziamenti e da istituzioni pubbliche. Come dire: coi nostri soldi e in nome nostro. Si tratta di un’arte che vorrebbe esser provocatoria e invece procede solo grazie alle prebende dello Stato. Spettacoli che vorrebbero essere trasgressivi, e invece prosperano solo grazie alle burocrazie di assessorati e ministeri. Artisti che hanno il coraggio di prendersela solo con chi non può fare nulla contro di loro (la Madonna non nomina i direttori di Biennali o le commissioni ministeriali). Roba vecchia, ipocrita, morta dentro, che ottiene qualche fatua attenzione non per il suo valore artistico ma per il fango che getta contro qualcuno. Roba da serie C2. Che non a caso è promossa da direttori artistici che, pur se cambiano i governi, restano al loro posto, espressione di lobby d’accordo con qualsiasi principe, poiché nulla hanno di veramente sovversivo, nulla in controtendenza rispetto a quel che è nel gusto dominante di una classe politica culturalmente conservatrice o distratta.

Sono costoro, infatti, i veri conservatori. Si attardano in banalissime offese al cristianesimo. Cose già viste da secoli. Crocefissi con una testa d’asino compaiono già nei primi anni dopo Cristo. Sai che novità, ora, vedere queste operette di blasfemia, come se fossero coraggiose… Potevano stuzzicare o far pensare qualcuno quando avvenivano in modo semiclandestino, o pagate di persona dagli artisti a costo di incomprensioni e di difficoltà.

Invece ora, passerella e buon cachet, per mettere in scena l’arte vidimata dai potenti, tra gli onori di Assessori e Aziende del Turismo. Pensare che la trasgressione oggi sia legata a gesti rivolti contro la Chiesa è un segno di arretramento culturale. Di provincialismo che si abbarbica come un rampicante nei programmi sostenuti con mezzi pubblici. Pensano di essere provocatori e non s’accorgono che sono vecchie zie invitate a prendere il tè dall’Imperatore. Se a Milano il Comune può arrivare a lanciare una mostra con una sezione "vietata ai minori di 18 anni", realizzando così un cortocircuito tra funzione di promozione pubblica della cultura e funzione di pubblica censura, che senso hanno le invocazioni al diritto alla libertà di espressione dei Direttori della Biennale di fronte all’invito -laicissimo- del Patriarca e di un Pastore protestante di lasciar perdere un balletto blasfemo ? Il dato preoccupante che esce da queste faccende non è infatti solo la presenza di opere d’arte dal contenuto violento contro la religione. Ci sono sempre state e ce ne saranno. Il rapporto con Dio sarà sempre un tema dell’arte. La Chiesa sta iniziando a prender sul serio questa faccenda. Anche se in campo di educazione estetica c’è molto da fare in Scuole, Università cattoliche e Seminari. Quel che preoccupa è la ripetuta promozione da parte dell’Ente pubblico di questo genere di manifestazioni, che sono il peggio del conservatorismo. C’è in questa promozione un segno di nècrosi, la misura di una stanchezza, una mancanza di inventiva che trova riparo nello scandalismo facile. Come se per sentire ancora il brivido di fare qualcosa di culturalmente rilevante -in mezzo al diluvio di manifestazioni di ogni genere- questa pletora di assessori, dirigenti, nominati e cooptati, avesse bisogno di darsi un pizzicotto. Per avere il dubbio di essere vivi, tra gli spettri della noia di "eventi" d’arte e cultura che si riducono spesso a intrattenimento conservatore. Usano la bestemmia come pretesto. Forse non gliene importa molto di Dio o di Gesù. Di certo se ne infischiano di quanto ciò offende i cittadini i cui soldi e il cui nome vengono usati per tali banalità. Risulta più avanguardistico, estetico e provocatorio il gesto della messa riparatrice del Card. Caffarra. C’è più futuro e più arte in quel gesto popolare, che in tante mostre e balletti.

Avvenire, 21 giugno 2007


Ecco che cosa e' accaduto a Venezia:

CHIESA/PATRIARCATO VENEZIA CONTRO 'MESSIAH GAME' A BIENNALE DANZA

"Ci si augura che lo spettacolo sia sospeso"

Roma, 19 giu. (Apcom) - Il Patriarcato di Venezia critica la Biennale Danza (27-28 giugno) per la presenza in cartellone di uno spettacolo ritenuto blasfemo e intitolato 'Messiah Game'.

"Di fronte all'esplicita intenzione provocatoria ed offensiva della fede cristiana da parte dello spettacolo 'Messiah Game' proposto dalla Biennale Danza per i giorni 27 e 28 giugno", si legge in un comunicato del Patriarcato, "è opportuno interrogarsi sulla consistenza di tale iniziativa".

Il Patriarcato, guidato dal cardinale Angelo Scola, contesta che lo spettacolo sia messo in scena sulla scorta della "libertà di espressione artistica" e non condivide chi parla di "censura preventiva". "Quanto alla prima - si legge nel comunicato - l'identificazione degli intenti provocatori e offensivi con la libertà di espressione sembra nascondere un'incapacità di trovare e proporre nuovi linguaggi artistici che rispondano realmente alla sensibilità contemporanea".

"Quanto alla questione dell'eventuale censura preventiva - prosegue la nota - è importante ricordare che lo spettacolo proposto risponde ad una scelta precisa da parte della direzione della Biennale Danza. Tale scelta di fatto non ha tenuto in considerazione il contesto sociale e culturale, veneziano e internazionale, che conta una rilevante presenza di cristiani per i quali un tale spettacolo risulta oggettivamente offensivo".

"Ci si augura, quindi, che lo spettacolo sia sospeso, come già successe a Strasburgo", conclude il comunicato. "Sarebbe triste dover constatare nell'arte contemporanea una deriva provocatoria ed offensiva. Essa lederebbe la società plurale in cui viviamo, società chiamata a vivere laicamente, cioè nella conoscenza e nel rispetto reciproci, evitando l'irrisione dell'identità e dei valori altrui".


Biennale: Scola, è un'offesa alla fede

Indignazione per la provocazione della Biennale

Indignazione per la provocazione della Biennale

Paolo Lambruschi

Non è ancora finita. Dopo l’oltraggio alla Madonna dalla mostra di Bologna, che ha costretto il cardinale Caffarra a una messa riparatrice a San Luca, dal mondo dell’arte è in arrivo un’altra iniziativa blasfema e anticristiana che ha provocato l’intervento fermo del Patriarcato. Si tratta dello spettacolo «Messiah Game» (il gioco del Messia) del coreografo tedesco Felix Ruckert che rivisita in chiave sadomasochistica e pornografica la Passione di Cristo, dall’Ultima Cena senza risparmiare la Crocifissione, in un crescendo dissacrante di oscenità.

La manifestazione è in programma, in «prima italiana», tra una settimana alla Biennale Danza di Venezia. E il Patriarca di Venezia Angelo Scola ieri ha chiesto ufficialmente la sospensione del balletto in cui ravvisa «esplicita intenzione provocatoria ed offensiva della fede cristiana». In una nota, il Patriarcato si è interrogato sulla consistenza dello spettacolo augurandosi che venga bloccato, come già è successo a Strasburgo. Quanto alla questione «dell’eventuale censura preventiva» sollevata dagli organizzatori, la curia veneziana ha sottolineato che lo spettacolo «risponde a una scelta precisa da parte della direzione della Biennale Danza» e che tale scelta «di fatto non ha tenuto in considerazione il contesto sociale e culturale, veneziano e internazionale, che conta una rilevante prenza di cristiani per i quali un tale spettacolo risulta oggettivamente offensivo». Per il Patriarcato, infine, «l’identificazione degli intenti provocatori e offensivi con la libertà di espressione sembra nascondere un’incapacità di trovare e proporre nuovi linguaggi artistici che rispondono realmente alla sensibilità contemporanea». Il direttore della Biennale Danza, il brasiliano Ismael Ivo ha replicato sostenendo che «il pubblico deve farsi un giudizio proprio di un prodotto artistico». Anche la Lega cattolica antidiffamazione ha lanciato l’allarme, definendo lo spettacolo Un «gravissimo attentato contro i milioni di cattolici italiani, ma soprattutto contro la divina Persona del Salvatore». Intanto sta sensibilizzando l’opinione pubblica, ad esempio con una campagna di boicottaggio contro i prodotti degli sponsor della Biennale. Il suo appello per annullare lo spettacolo, può essere letto e sottoscritto sul sito www.cadl.it.
Indignata pure la reazione del pastore evangelico Claudio Zappalà, che ha chiesto di ritirare ogni forma di patrocinio e finanziamento istituzionale alla rassegna. Lapidario il commento del Movimento Laici di Don Orione: «si fanno passare per arte e cultura solo espressioni blasfeme che testimoniano un preoccupante vuoto cerebrale. «Messiah Game» è stato infine oggetto di un’interrogazione parlamentare dell’onorevole Luca Volontè (Udc) .

© Avvenire, 20 Giugno 2007


Biennale: «No alla danza su Gesù, è un’offesa ai cristiani»

Claudia Provvedini

Milano — Erano preparati, al consiglio di amministrazione della Biennale, ad affrontare proteste per il cartellone Danza: già la Catholic Anti-Defamation League si era scagliata contro la performance di Felix Ruckert, Messiah Game, prevista il 27-28 all’Arsenale di Venezia. Ma ieri il Patriarca di Venezia, monsignor Angelo Scola, ha chiesto che «la rivisitazione sadomaso della passione di Cristo del coreografo tedesco sia sospesa». «Ci si augura che lo spettacolo sia sospeso, come già a Strasburgo — si legge in una nota —. Sarebbe triste constatare nell’arte contemporanea una deriva provocatoria e offensiva. Essa lederebbe la società plurale in cui viviamo, società chiamata a vivere laicamente, cioè nella conoscenza e nel rispetto reciproci, evitando l’irrisione dell’identità e dei valori altrui ». Il presidente della Biennale, Davide Croff, che ha affidato la direzione del settore Danza al vulcanico Ismael Ivo perche «il corpo e la danza si confrontino con il pensiero contemporaneo, scientifico, filosofico » ed evidentemente anche religioso, rimanda alle dichiarazioni del Consiglio fatte alla Catholic Anti-Defamation League: «Il Cda, anche considerando la libera volontà di chi intende assistere a questo spettacolo già programmato e annunciato, non ritiene di annullare questa rappresentazione. Una simile decisione, mai verificatasi nella lunga storia di questa istituzione, minerebbe infatti alle radici il principio di autonomia e di libertà d’espressione sia della Fondazione la Biennale, sia del Direttore artistico. Ogni giudizio di tipo etico, morale o religioso è pertanto lasciato alla coscienza del pubblico».

E il direttore Ismael Ivo osserva: «La cosa più bella dell’amore di Gesù Cristo è la Maddalena e penso che il senso profondo delle religioni sia aprire all’altro». All’attacco la Lega Nord: chiede l’intervento della magistratura e le dimissioni del presidente della Biennale. «Sappiamo che alcuni ci additeranno come bigotti e codini — dice il capogruppo Mazzonetto— ma è un rischio che corriamo volentieri, quando la libertà di espressione di sedicenti artisti diventa alibi per offendere la sensibilità umana e religiosa». Il linguaggio di Ruckert è sempre provocatorio — nel precedente Ring, coprodotto dal CRT di Milano, sempre in forma di gioco, il pubblico era oggetto di scherzi erotici —, ma ora, secondo il Patriarcato vi è «esplicita intenzione offensiva della fede cristiana», concetto condiviso dai cristiani evangelici d’Italia, che attraverso il pastore Zappalà chiedono «di ritirare ogni sostegno, patrocinio e finanziamento alla Biennale Danza ». Monsignor Scola conclude che «la scelta della Biennale Danza non ha tenuto in considerazione il contesto sociale e culturale, veneziano e internazionale, che conta una rilevante presenza di cristiani per i quali un tale spettacolo è oggettivamente offensivo». Lo spettacolo, realizzato da un coreografo allievo di Pina Bausch, è una coproduzione franco-tedesca arrivata in Italia dopo essere stata in scena in Germania, Francia, Finlandia, Svezia.

© il Corriere della Sera, 20 Giugno 2007

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