16 febbraio 2008

Soave conferma: la Turco si comporta come un ministro pienamente in carica ma un governo dimissionario non adotta decisioni politiche...


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L’ON.TURCO È MOLTO ATTIVA, COME UN MINISTRO PIENAMENTE IN CARICA

Non si può avere dalle linee guida ciò che il referendum non ha dato

SERGIO SOAVE

Livia Turco, titolare del dicastero della Salute del governo in carica per gli affari correnti, ha annunciato che trasmetterà entro lunedì prossimo il testo delle linee guida sulla legge 40 (regolamentazione della procreazione assistita) al Consiglio superiore di Sanità «per il parere finale». Non è chiaro se un atto di questa natura rientri nell’ambito dell’ordinaria amministrazione.

Può darsi che sia così da un punto di vista strettamente giuridico, ma è abbastanza evidente che, per la delicatezza dei temi, l’emanazione di linee di attuazione di una legge come questa ha un evidente significato politico e non meramente burocratico.

Un governo dimissionario per prassi non adotta decisioni politiche, se non in casi di particolare urgenza e dopo aver ottenuto il consenso delle opposizioni.

Si è fatto così per il decreto che congloba nella stessa data le elezioni politiche e alcune consultazioni amministrative, si farà così, secondo l’impegno assunto da Romano Prodi, per le nomine negli enti economici che spettano al governo.

La ragione che porta a questa linea di comportamento è che il Parlamento ha sempre il diritto di controllare gli atti di governo, diritto che può esplicare sfiduciando l’esecutivo quando non condivida le sue scelte, il che naturalmente è inibito nell’attuale situazione straordinaria.

L’onorevole Turco, nell’annunciare l’iniziativa, ha spiegato che il suo sforzo, nella definizione delle norme di attuazione della legge, è stato quello di «prenderne il meglio». Le leggi, però, non sono supermercati nei quali si può scegliere ciò che aggrada e lasciare sugli scaffali il resto. La legge sulla fecondazione assistita, in particolare, presenta aspetti che Livia Turco ha contestato, sostenendo anche il referendum popolare per abrogarle, il che può far capire che cosa sia per lei il «meglio». Naturalmente, non è mai lecito fare un processo alle intenzioni, anche quando queste sono state dichiarate in modo inequivoco e in varie occasioni.

Se, in generale, il compito di un governo è quello di attuare le leggi, anche quelle che politicamente ha disapprovato all’atto della loro discussione parlamentare, questo principio vale ancora di più per un ministero dimissionario. E ancora più stringente risulta questo obbligo quando la legge – non essendo state approvate le modifiche richieste per via referendaria – gode anche, seppure indirettamente, di una conferma che proviene direttamente dal corpo elettorale.

Se si volesse, per mezzo delle linee guida, ottenere per vie traverse ciò che non è stato possibile ottenere per via referendaria, riproponendo per esempio la diagnosi preimpianto che permetterebbe una specie di selezione genetica preventiva, si forzerebbe in modo inaccettabile e sostanzialmente antidemocratico una situazione delicatissima.

La fretta con cui si è deciso di intervenire, in una situazione preelettorale e in base a poteri dubbi da parte di un governo privo di maggioranza politica, giustifica qualche sospetto, e comunque sottolinea l’esigenza di una ferma vigilanza.

© Copyright Avvenire, 16 febbraio 2008

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