15 febbraio 2008
Le radici della "lectio divina" secondo la tradizione (Osservatore Romano)
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Le radici della "lectio divina" secondo la tradizione
Con i Padri accanto non si cammina a tentoni
di Mario Spinelli
La sacra Scrittura si può leggere in tanti modi: per fare esegesi biblica, per conoscere il libro sacro della più diffusa religione del mondo, per concedersi una buona lettura, per interesse storico-culturale, per curiosità intellettuale, o magari, come avviene oggi, per trarne una sceneggiatura cinematografica o televisiva.
I credenti la leggono in un altro modo: con spirito di fede, con atteggiamento di ascolto, per cercarvi un insegnamento morale o un conforto spirituale, per confrontarsi con la Parola di Dio, meditarla, nutrirsene, e pregare sulla sua scia.
È la lectio divina, antica come i cristiani e ora sempre più diffusa dopo il ritorno alle fonti scritturistiche promosso nel Novecento e specialmente dal Vaticano II.
L'odierna fioritura della lectio divina viene infatti da lontano; ha radici antiche, come spiega Enrico dal Covolo nel suo libro: Lampada ai miei passi: leggere la Parola come i nostri Padri (Torino, Elledici, 2008, pagine 239, euro 14) con prefazione del cardinale Tarcisio Bertone. Il volume di dal Covolo è la sintesi di trent'anni di interesse e di attenzione alla lectio divina, praticata, studiata e insegnata dall'autore con passione e continuità. Dal Covolo tuttavia non è un biblista, ma un patrologo, docente di letteratura cristiana antica nel Pontificio Ateneo Salesiano. Proprio per questo, il suo libro non si impernia solo sulla lettura meditata e interiorizzata dei vari libri, episodi e passi della Scrittura, ma dimostra e documenta l'origine patristica della lectio divina. Inoltre, la lettura stessa che l'autore fa della Parola di Dio, le interpretazioni e le applicazioni etico-spirituali da lui proposte nel volume risentono della sua formazione e della sua lunga consuetudine con gli scrittori cristiani antichi e medievali. Lampada ai miei passi è insomma un libro sulla lettura e la meditazione della Bibbia scritto da un cultore dei Padri, ed è in questo che consiste la sua prima - ma non unica - ragione di interesse e la sua originalità.
I Padri della Chiesa si scorgono dunque in filigrana in tutto il libro di dal Covolo; ma nel primo capitolo e nelle ultime pagine l'autore vi si sofferma in modo più esplicito, anzitutto per evidenziare il contributo fondante di alcuni grandi maestri della Tradizione alla nascita stessa della lectio divina. Come Origene, che, scrive l'autore, "nel De principiis teorizza l'esegesi spirituale della Bibbia come cardine della conoscenza di fede e della perfezione della vita" (pagina 8) e nelle Omelie sul Levitico radica ogni progresso morale e spirituale del credente nella lectio divina.
O come Ambrogio che trasferisce in occidente le prospettive teologico-esegetiche origeniane e, nel De bono mortis, è il primo fra i latini a parlare espressamente di lectio divina.
E se il vescovo di Milano raccomanda l'esercizio della lectio cotidiana, Agostino non è da meno, dandole uno spazio preciso nella giornata del monaco.
Da parte loro i monaci antichi accolgono la lezione agostiniana, inserendo e codificando la lectio nelle loro grandi regole: da quelle dello stesso Ipponate al De institutis coenobiorum di Cassiano, dalle due regole di Cesario di Arles alla Regula ad Virgines di Aureliano, dalla Regula ad monachos di Ferreolo di Uzès alla Regula Magistri. Infine, mostrando di concordare con una concezione della patristica allargata ai grandi teologi e maestri spirituali del medioevo, dal Covolo analizza il contributo di Guigo II - priore della Grande Certosa nel dodicesimo secolo - che nella Scala di Giacobbe individua e teorizza quelle che rimarranno come le quattro fasi o componenti della lectio divina: la lettura del testo biblico, la meditazione, la preghiera e la contemplazione, volta ad applicare la Parola di Dio alla concretezza del vissuto e "a trasformare in amore tutta la vita del credente" (pagina 17).
Nell'ultima parte del volume, dopo la lectio dell'inno paolino alla carità (1 Corinti 13, 1-13), l'autore torna sui Padri per accennare ai loro insegnamenti sul tema dell'amore.
I Cappadoci svettano sotto questo aspetto, e Basilio Magno poggia "l'identità della fede cristiana direttamente sul vincolo della carità" (pagina 233).
Del Crisostomo, alla luce di una splendida pagina dell'Omelia 50 su Matteo, si sottolinea l'attenzione "ai risvolti concreti e alla rilevanza sociale dell'identità di fede" (pagina 234).
Sul versante latino, accanto a Tertulliano, Cipriano e quel "formidabile testimone della carità" (pagina 235) che fu Ambrogio, dal Covolo ricorda la comunità cristiana di Roma, dove fiorì l'istituto della diaconia proprio per l'esercizio della carità.
A questo proposito l'autore lascia la parola a Benedetto XVI, che nella Deus caritas est esalta la figura del diacono Lorenzo, per la sua "attività assistenziale dei poveri e dei sofferenti secondo i principi della vita cristiana" (n. 23). E poco più avanti il documento pontificio è di nuovo citato nel suo riferimento a Martino di Tours, altro campione della carità nel cristianesimo antico.
La parte centrale e più ampia del libro raccoglie le lectiones divinae propriamente dette. L'autore percorre l'intero testo sacro, antico e nuovo Testamento, articolando ogni lectio nelle componenti già ricordate: "lettura" di uno o più passi biblici più o meno estesi, "meditazione" sugli stessi, cioè un commento o analisi aderente al testo per meglio capirlo e penetrarlo, e infine il paragrafo della "contemplazione", che viene intitolato con la formula "Per la preghiera e per la vita". In effetti, nelle ultime pagine di ogni lectio dal Covolo non solo trae ispirazione dal testo letto per orientare di volta in volta il colloquio con Dio, ma procede a una metodica applicazione della Parola alla vita concreta, sia personale che sociale, nella prospettiva di quella conversione, quella crescita spirituale che dovrà essere il frutto più valido e genuino prodotto dall'accostamento alla Scrittura. Così in queste orazioni-riflessioni - e attualizzazioni - ritroviamo tutto l'uomo, con le sue ombre e le sue luci, i suoi peccati e le sue pene; e l'intera società, il mondo attuale, con i suoi problemi, le miserie, le speranze. Bellissima, per esempio, è la pagina sul matrimonio, contemplatio dell'episodio delle nozze di Cana. A proposito delle giare vuote ormai di vino, scrive l'autore: a volte "a quegli invitati alle nozze, che sono i figli, non si ha più nulla da offrire se non la propria stanchezza, la freddezza reciproca (fra coniugi in crisi: n.d.r.) e spesso un'amara delusione" (pagina 210).
Quanto all'antico Testamento, nelle lectiones dei libri storici e dei profeti l'autore lo presenta in modo vivo, palpitante, vicino alla cultura odierna: è il tempo delle alleanze e dei tradimenti, dell'attesa e della conversione, che ogni uomo ritrova puntualmente nella propria storia personale.
Riflettendo su Salomone, che volta le spalle a Dio per darsi all'idolatria, dal Covolo suggerisce: "... la felicità dell'uomo è legata all'obbedienza a Dio. Lontano da Dio l'uomo... va incontro a una storia di lacerazioni e di errori" (pagina 61).
(©L'Osservatore Romano - 15 febbraio 2008)
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