12 febbraio 2008

Osservatore Romano: «Sono assolutamente improprie e senz’altro erronee le confusioni che non di rado si fanno tra la Santa Sede e la Chiesa Italiana»


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«Sono assolutamente improprie e senz’altro erronee le confusioni che non di rado si fanno tra la Santa Sede e la Chiesa Italiana» «La concordia ritrovata nel 1929 è prova della bontà delle soluzioni allora trovate per la promozione dell’uomo e per il bene del Paese»

DA ROMA

SALVATORE MAZZA

Due eventi «diversi tempo­ralmente ». Tra i quali «esi­ste però una relazione stret­tissima, degna di nota». La firma dei Patti Lateranensi infatti «pose le premesse per un contributo fattivo dei cattolici italiani alla nascita del nuovo Stato democratico». E non c’è dubbio che la Carta costituzio­nale repubblicana «deve molto al­la cultura cattolica su punti assai qualificanti, come la centralità del­la persona umana, nella sua origi­naria dignità e nei suoi diritti ina­lienabili, il rilievo delle formazioni sociali, la solidarietà, l’eguaglianza non solo formale ma anche so­stanziale, l’apertura internaziona­le, l’ideale della pace, la centralità della famiglia fondata sul matri­monio tra uomo e donna, la fina­lizzazione sociale del diritto di pro­prietà, le autonomie locali».
È quanto sottolinea L’Osservatore Romano oggi in edicola, in un arti­colo pubblicato in prima pagina col titolo '11 febbraio' nel quale, nel ricordare l’anniversario dei Patti, mette questa data in relazione con la ricorrenza, quest’anno, del 60° anniversario della Costituzione. Un legame storico e giuridico, rileva il quotidiano d’Oltretevere, osser­vando a questo secondo proposito come la peculiarità dei Patti stessi risieda nei «due atti che compon­gono i Patti: il Trattato e il Concor­dato ».

Destinato il primo «a garan­tire alla Santa Sede, cioè al Ponte­fice, la piena indipendenza e libertà per l’adempimento della sua mis­sione nel mondo» e, il secondo, «destinato invece, alla stregua di o­gni Concordato, a regolare la vita della Chiesa che è in Italia».

Evi­denza, quest’ultima, che induce L’Osservatore Romano a una preci­sa notazione: «Alla luce di tale di­stinzione - si afferma - appaiono assolutamente improprie, anzi senz’altro erronee, le confusioni che non di rado si fanno, nella po­lemica politica e sui mass media, tra la Santa Sede e la Chiesa italia­na; tra la Città del Vaticano, che ri­spetto all’Italia è uno Stato stranie­ro, e l’episcopato italiano riunito nella Conferenza Episcopale Italia­na; tra le istituzioni della Santa Se­de o vaticane e le istituzioni della Chiesa italiana».

Questa osserva­zione, in sé ovvia e pacifica, non ci pare riferibile a episodi precisi, ep­pure è sempre opportuno ribadir­la. E la Santa Sede prende questa occasione per farlo, così da rinfre­scare le idee a quanti nei media fan­no volentieri allegra confusione.

Nell’articolo, ancora a proposito del legame storico tra Patti Lateranen­si e Costituzione si sottolinea co­me «grazie in particolare al Con­cordato, che venne ad assicurare alcune essenziali libertà alla Chie­sa ed ai cattolici in un ordinamen­to allora illiberale, si poté tra l’altro promuovere e sviluppare un’opera educativa e formativa a livello non solo di élites, ma anche più ampia­mente popolare, ispirata ad una an­tropologia e segnata da una cultu­ra della cittadinanza e, quindi, del­l’impegno socio-politico, che pro­dusse coerentemente un progetto politico-istituzionale in molta par­te passato nella Costituzione del 1948». Ed è così chiaro che «la for­mazione di quella cultura e l’ela­borazione di quel progetto sareb­bero state difficilmente immagina­bili senza le garanzie di una libertà, per quanto parziale, assicurata dal Concordato alle associazioni di A­zione Cattolica, all’Università cat­tolica, alle scuole cattoliche, in ge­nere alle istituzioni formative del­la Chiesa». Così come sarebbe sta­ta «inimmaginabile», prosegue il quotidiano, «la formazione, negli anni del totalitarismo, di parte con­sistente della classe politica che a­vrebbe poi guidato la giovane de­mocrazia: classe politica confluita, tra l’altro, in diverse formazioni partitiche». «La concordia ritrovata nel 1929, e prolungatasi nel lungo arco di tem­po che giunge fino a oggi – conclu­de l’articolo – è prova della bontà delle soluzioni allora trovate. Gra­zie ad essa Stato e Chiesa hanno potuto collaborare, in un clima di vera laicità, per la promozione del­l’uomo e per il bene del Paese».

© Copyright Avvenire, 12 febbraio 2008

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