11 febbraio 2008

Prof Giorgio Israel: "Il passo indietro del Cardinal Martini eppure è Ratzinger quello dipinto come reazionario..."


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Pubblichiamo il seguente commento del professor Giorgio Israel.
Non e' intenzione del blog fare polemica, ma questo articolo dimostra come i pregiudizi possano marchiare una persona, la quale viene sempre dipinta allo stesso modo, nonostante tutti gli sforzi ed i passi avanti che puo' fare nel dialogo con il prossimo.
Quindi, secondo la vulgata mediatica, Papa Benedetto e' un reazionario e, probabilmente, lo sara' sempre!
Tutti sappiano quanto il cardinale Martini sia, invece, amato da certi media, eppure il professor Israel ci dimostra come la realta' dei fatti possa essere diametralmente diversa, come un unico testo possa essere interpretato in modo opposto rispetto al pensiero unico mediatico.
Io non penso che il cardinale Martini abbia scritto il suo articolo per "Civilta' Cattolica" dopo l'affiorare delle polemiche per la modifica della preghiera per gli Ebrei contenuta nel Messale tridentino, ma una cosa e' certa: forse occorre dire una parola definitiva affinche' i testi o le interviste di un porporato non siano sempre e comunque interpretati come affondo nei confronti del Pontefice legittimamente regnante.
In altre parole: anche se il cardinale avesse scritto l'articolo prima delle polemiche scatenate da Laras e Di Segni (come, ripeto, penso e come mi conferma Alessia), l'articolo di oggi di Pirani e quello di ieri di Galeazzi sono la dimostrazione di come e quanto Martini venga strumentalizzato dai media
.
Mi piacerebbe si mettesse la parola fine a tutto questo a meno che si voglia far valere la regola del "chi tace acconsente".
R.

I rapporti tra cattolicesimo ed ebraismo arrestati dalla “teoria della sostituzione”

Il passo indietro del Cardinal Martini

Nell’ultimo saggio del cardinale di Milano “Le tenebre e la luce” la religione ebraica diventa frutto di una tradizione degradata perchè considerata come non “autentica”

di Giorgio De Neri

Nella vita basta farsi una fama, o una nomea, che poi uno se la porta dietro qualunque cosa accada. Anche contro l’evidenza della realtà. E non fanno eccezione neanche gli alti prelati, cioè i cardinali, e lo stesso Pontefice.

Leggere per credere, su uno degli ultimi numeri di “Shalom”, la polemica messa in piedi dal professor Giorgio Israel con il cardinale di Milano Carlo Maria Martini a proposito dei rapporti tra cattolicesimo ed ebraismo. Che come è noto in passato non sono stati dei migliori, avendo avuto proprio la Chiesa il monopolio, anzi il marchio di fabbrica, dell’antisemitismo con la famosa dottrina del “deicidio”. Ebbene, dice Israel, l’attuale Papa Benedetto XVI porta, forse ingiustamente, la fama di essere un “reazionario”, mentre il cardinal Martini viene incensato e venduto da tutti i luogo-comunisti che scrivono sui giornali di sinistra come “l’uomo del dialogo inter-religioso”.
Ma le cose stanno davvero così?

A leggere l’ultimo saggio del cardinal Martini sull’evoluzione dei rapporti tra le due religioni monoteiste sembrerebbe proprio di no, sostiene Israel. Che cita alcuni passi dell’ultimo libro del porporato, “Le tenebre e la luce”, accuratamente omessi nell’entusiastica presentazione che gli ha dedicato “Repubblica” qualche settimana or sono. Il professor Israel fa questa premessa: “Dovrebbe essere superfluo ricordare che la ”Nostra Aetate“ si limitava a dire degli ebrei che sono «ancora» carissimi a Dio e da rispettare per «religiosa carità evangelica». Giovanni Paolo II fece un deciso passo avanti affermando che «chi incontra Gesù, incontra l’ebraismo».

L’attuale Papa Benedetto XVI è andato ancora più in là asserendo che i doni di Dio sono irrevocabili”. Poi Israel spiega meglio quale sia stato il passo avanti di Ratzinegr con l’ebraismo: “Non sembra che sia stata sufficientemente valutata l’importanza storica di una simile affermazione che mette in soffitta la ”teologia della sostituzione“, ovvero la tesi secondo cui l’elezione di Israele è stata revocata e sostituita con quella conferita al popolo cristiano ed alla Chiesa: il recente libro del Papa (Gesù di Nazaret) prosegue su tale via, perseguendo l’obbiettivo indicato nel discorso alla Sinagoga di Colonia, ovvero di «fare passi avanti nella valutazione, dal punto di vista teologico, del rapporto fra ebraismo e cristianesimo», senza minimizzare o passare sotto silenzio le differenze”.

Martini invece, sostiene Israel citando i passi del libro recensito da “Repubblica”, torna proprio indietro di un secolo riproponendo proprio la minestra riscaldata della “teoria della sostituzione”. “Martini - scrive Israel - sostiene che il Vangelo di Giovanni presenta il processo del Sinedrio a Gesù come una ”farsa“ e una ”caricatura“ al fine di mettere in luce il crollo di un’istituzione che avrebbe avuto il compito primario di riconoscere il Messia, verificandone le prove. Sarebbe stato questo l’atto giuridico più alto di tutta la sua storia. Invece fallisce proprio lo scopo fondamentale”. “Dare per scontato proprio quel che non lo è - spiega Israel - e cioè che il Sinedrio fosse un’istituzione che «era sorta in vista» di questa «occasione provvidenziale» e che l’avrebbe persa, permette a Martini, con un salto logico sconcertante, di dedurre la fine storica dell’ebraismo”. “Non si tratta soltanto della «decadenza di un’istituzione religiosa - scrive il cardinal Martini - si leggono ancora i testi sacri, però non sono più compresi, non hanno più forza, accecano invece di illuminare, si tratta della decadenza dell’intera tradizione ebraica che, in quanto non più ”autentica“, va quindi radicalmente superata”.

Ed ecco la citazione, per così dire incriminata, dal libro del cardinal Martini che riporterebbe indietro di un secolo i rapporti tra cattolicesimo ed ebraismo: «Molte volte ho insistito sulla necessità di giungere a superare le tradizioni religiose quando non sono più autentiche».

Traduzione per chi non è addentro alle cose teologiche: l’ebraismo viene superato dalla parola di Gesù quindi gli ebrei o si convertono oppure sono da considerare quasi alla stregua degli infedeli. Secondo Martini (il cardinale tanto amato dai progressisti e dai fautori del buonismo porporato) il quale dà implicitamente del reazionario a Ratzinger un giorno sì e l’altro pure nelle proprie interviste, “al di là di un dialogo spesso formale il nostro cammino inter-religioso deve consistere soprattutto nel convertirci radicalmente alle parole di Gesù e, a partire da esse, aiutare gli altri a compiere lo stesso percorso”. Bel dialogo interreligioso quindi: gli ebrei o si convertono .. o si convertono.

E Martini quando parla di ebraismo lo fa con sprezzo definendo il tutto “frutto di una tradizione religiosa degradata”.
Conclusione del ragionamento del professor Israel: “Non mi sono mai scandalizzato che alcune religioni e religiosi vogliano convertire gli altri alla propria fede. È legittimo proporre il valore del proprio percorso. Purché non lo si faccia con la violenza, che non è soltanto quella fisica, ma anche quella consistente nell’affermare il disvalore del percorso religioso altrui”.
“Nel caso dei rapporti ebraico-cristiani , resi delicati da un passato tanto dolente - ricorda Israel - affermare questo disvalore significa né più né meno sostenere che il dono di Dio è stato revocato.

Pertanto, il cardinale Martini ha riproposto, e in termini molto brutali, insistendo su aggettivi spiacevoli, la teologia della sostituzione, facendo un passo persino indietro alla ”Nostra Aetate“. Chi voglia dialogare con lui (e con chi la pensa come lui) sa quale sia l’intenzione e l’unico possibile esito di tale dialogo: la conversione ”radicale“ alle parole di Gesù e il riconoscimento del carattere ormai ”degradato“, ”decaduto“ e ”non autentico“ dell’ebraismo.”

Eppure Martini passa da campione del dialogo inter-religoso mentre la gente crede che sia l’attuale Papa il vero reazionario. E tutto ciò “solo” perché il primo viene dipinto come “di sinistra” e il secondo come “di destra”.

© Copyright L'Opinione, 1° febbraio 2008

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