10 febbraio 2008

Riscoprire nel silenzio la parola profonda di Dio e dell’uomo: la riflessione di mons. Ravasi sull’invito del Papa per il periodo quaresimale (R. V.)


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Riscoprire nel silenzio la parola profonda di Dio e dell’uomo: la riflessione di mons. Ravasi sull’invito del Papa per il periodo quaresimale

Ha destato ampia eco l’invito del Papa a fare della Quaresima un tempo di silenzio, di digiuno dalle immagini e dalle parole per fare spazio alla Parola di Dio. Nell’incontro di giovedì scorso, con i sacerdoti romani, Benedetto XVI ha sottolineato che è importante “crearci spazi di silenzio e anche senza immagini, per riaprire il nostro cuore all'immagine vera e alla Parola vera”. Una dimensione, quella del silenzio, su cui si sofferma il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Gianfranco Ravasi, intervistato da Fabio Colagrande:

R. – Scoprire nell’interno del silenzio la voce, autentica e profonda, è un esercizio tanto necessario ai nostri giorni, in cui la moltiplicazione dei suoni, delle parole e delle chiacchiere e di parole secondarie impedisce di ritrovare non soltanto il silenzio della coscienza, ma anche la parola suprema, la Parola profonda di Dio e dell’uomo stesso.

D. – In una civiltà, come la nostra, dove siamo bombardati da immagini, anche attraverso la facilità e la velocità dei mezzi elettronici, quali sono i rischi proprio per riscoprire un cammino spirituale?

R. – Direi che abbiamo la necessità di purificare innanzitutto il nostro sguardo, che è uno sguardo sporcato da troppe immagini. Io non intendo soltanto le immagini oscene; ci sono anche le immagini di violenza, ma anche le immagini inutili: un numero enorme di immagini secondarie che ci impediscono, per esempio, di conservare le immagini più preziose. Noi tutti abbiamo nell’interno della memoria dei nostri occhi il volto di una persona cara, magari quando questa persona è stata persa o l’abbiamo perduta nella morte. Dovremmo riuscire ad avere un arsenale di immagini che siano immagini importanti e significative. Ecco allora l’importanza anche dell’arte: l’arte del passato ed anche l’arte attuale che sa creare nuovi immagini. Accanto a questa purificazione delle sguardo, però, bisogna anche riuscire a creare un vuoto. Il vuoto non è assolutamente il vuoto nero, l’assenza cioè di luci, di segni, di immagini, di parole, ma è il vuoto bianco. Un bianco che – come si sa – riassume in sé tutti i colori dello spettro cromatico. Bisogna avere questo spazio bianco in cui collocare, da un lato, le immagini perfette e, dall’altra, le parole che siano autentiche, profonde, quelle che appunto sono alimento per l’esistenza della persona.

D. – Per chi, come noi fa radio, l’elogio del silenzio spaventa sempre, perché siamo abituati e sappiamo di poter comunicare soltanto con la parola. Per aiutarci in questa riflessione del Papa ci sembra che l’elogio del silenzio vada di pari passo anche con l’elogio della vera Parola. Tacere è, quindi, anche un esercizio utile per trovare parole autentiche?

R. – C’è una poetessa americana, Emily Dickinson, che diceva nell’Ottocento celebrando, ma non solo, la forza della parola poetica: “Molti ritengono che una parola, una volta detta, sia morta. Io invece dico che proprio allora comincia a vivere”. Noi abbiamo, forse in negativo, l’esperienza: ci sono dei fratelli che si sono scambiati, una volta, una parola cattiva, con tutta la durezza e l’odio possibile; quanto è durata quella parola? E’ durata soltanto pochi secondi, eppure ha fatto sì che essi si odiassero poi per anni. La parola è una sorta di ordigno che noi abbiamo fra le mani e che certe volte può esplodere e fare danni immensi ma, d’altra parte, la parola è anche uno strumento efficace, creativo, potente, incisivo. Pensiamo che cos’è la stessa creazione così come è narrata dalla Bibbia. Non è una fatica di Dio, è una Parola di Dio. Dio disse: “Sia la luce e la luce fu”. Quindi, una parola che crea.

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2 commenti:

mariateresa ha detto...

cara, per me è un grande piacere trovare un riferimento alla mia poetessa preferita Emily Dickinson da parte di Monsignor Ravasi.

Approfitto per segnalare che nel mio consueto tour nel sito dei protestanti (per chi è interessato http://www.icn-news.com/)
vedo le prime reazioni all'uscita dell'arcivescovo di Canterbury sull'inevitabilità che la sharia entri nelle leggi inglesi.
Direi che gli interventi girano su un dubbio e cioè se l'arcivescovo non sia diventato matto. Confesso di averci pensato anch'io; anche se mi pare strano, hoavuto occasione in passato di leggere alcune sue cose e non mi è sembrato affatto matto,anzi.
Mi è parsa una persona raffinata intelletualmente.
Quindi la cosa è inspiegabile,amenochè non sia fondata l'analisi che leggo su asianews
http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=11478&size=A

Insomma ormai si è così assuefatti e rinunciari che si arriva a dire anche un'enormità come questa.
E da parte di un cristiano.
Ho letto che sul Time hanno ricordato all'arcivescovo che le radici del Regno Unito sono cristiane.....
Il mondo va all'incontrario.

mariateresa ha detto...

naralmente "rinunciari" sta per "rinunciatari".
Cosa volete, è l'età.