19 marzo 2007

Aggiornamento rassegna stampa del 19 marzo 2007



Il testo completo dell'omelia pronunciata dal Papa durante la Santa Messa a Casal del Marmo e' disponibile qui

Ratzinger ai ragazzi del carcere: «Potete farcela»

La visita a Casal del Marmo: «La vita senza Dio manca di luce».

di MARIA LOMBARDI

ROMA - Sfilano davanti al Papa teste rasate a metà e lunghi capelli per l’occasione raccolti, occhi ribelli e jeans consumati come la vita di chi l’indossa. Benedetto XVI porge la mano a tutti i ragazzi del carcere e loro s’inchinano a baciarla, per un attimo quegli sguardi di sfida si arrendono. «Caro Papa, ci ha fatto tanto piacere la tua visita», un detenuto italiano parla per tutti e chi se ne importa della forma e del “lei”. «Quando ci hanno detto che saresti venuto, siamo rimasti di stucco. Non immaginavamo che una persona importante come te poteva venire a trovare noi». Noi ragazzi che abbiamo sbagliato, «e sappiamo di dover pagare, ma il prezzo è elevato e soffriamo molto», noi che viviamo senza libertà e senza futuro, tante volte con le famiglie lontane. «Speriamo di poter dare una svolta alla nostra vita», ma non sempre la svolta arriva, restiamo fuori per un po’ e poi torniamo dentro. «Caro Papa, ci piacerebbe venire qualche volta da te». Ratzinger non aspetta nemmeno che il ragazzo finisca di parlare, si alza e va ad abbracciarlo.
Per la sua prima visita in un penitenziario Benedetto XVI ha scelto il carcere minorile di Casal del Marmo, alla periferia ovest di Roma. L’ultima volta che un Pontefice aveva varcato quel portone risale al 1980, quando Giovanni Paolo II era venuto a trovare i giovani detenuti. Il ministro della Giustizia Clemente Mastella e la moglie Sandra accolgono il Papa e scambiano con lui qualche battuta cordiale. Nella piccola cappella del carcere, Ratzinger in casula e mitria rosa celebra la messa davanti alle autorità (i sottosegretari alla Giustizia Scotti, Melchiorre e Li Gotti, quello con la delega per le carceri Manconi, il capo del dipartimento per la giustizia minorile Melita Cavallo) e davanti a 49 ragazzi, 36 sono i maschi e 13 le femmine, quasi tutti stranieri e di altre fedi, per tanti di loro il Papa è solo «una persona molto importante». Ma Benedetto XVI riesce a farsi ascoltare, parla per lo più a braccio con parole semplici, ogni tanto un veloce sguardo al discorso che ha sul leggio, e un silenzio insolito per quella chiesetta (dove quasi sempre i ragazzi si alzano, fanno rumore e interrompono) accompagna la sua omelia. Racconta del figliol prodigo, della fuga da una vita noiosa alla ricerca della libertà, «fuori dal carcere della disciplina e delle regole». Ma una volta conquistata la libertà, il figliol prodigo «sente un vuoto sempre più inquietante e la vita allontanarsi sempre più». Così torna dal padre, «interiormente maturato perché ha capito cosa è vivere - spiega il Papa - che la vita senza Dio non funziona, manca dell’essenziale, manca di luce».
A questi ragazzi che la domenica vanno in chiesa per incontrarsi, maschi e femmine insieme, non conoscono le preghiere e non fanno la comunione, il Papa dice che «i comandamenti non sono ostacoli, ma indicazioni» e lascia loro un messaggio di speranza, «Dio vi dà l’opportunità di abbandonare il binario sbagliato e ricominciare». Poi prende la parola il ministro Mastella per ricordare i valori comuni che legano Stato e Chiesa, «la laicità non consiste nell’assenza di principi» e il coraggio delle scelte di clemenza, per riaffermare la centralità della famiglia, «pietra angolare della nostra società» e l’importanza di un’allenza educativa Stato-Chiesa per aiutare questi ragazzi. «Crediamo - conclude il ministro - che sia inutile, e inutilmente crudele, pensare di abbassare fino alla fanciullezza la soglia della punibilità. E’ una finta scorciatoia che non non seguiremo». Benedetto XVI ha apprezzato le parole di Mastella.
Nella palestra il Papa ringrazia i giovani detenuti per questa giornata di «gioia, mi piacerebbe poter restare più a lungo. Continuerò a pregare per voi». Riceve in dono un poggiapiedi, qualche dipinto e oggetti intagliati, regala ai detenuti cesti di dolci e un rosario ciascuno. Un ragazzo lo tiene stretto in mano e lo bacia.

Il Messaggero, 19 marzo 2007


Il regalo di un rosario, la prova che è tutto vero: «Il Papa è stato tra noi»

di MARIA LOMBARDI

ROMA - Per un giorno, il mondo che sta fuori è entrato dentro e li ha guardati, e loro si sono sentiti importanti. In prima fila nella chiesetta ad ascoltare le parole semplici del Papa scelte con cura per arrivare a tutti, in prima fila nella palestra a ricevere abbracci e doni, a piegare la testa in un saluto che mai avevano immaginato di fare, in primo piano, anche se di spalle, nelle inquadrature degli obiettivi di fotografi e cameramen. Mai s’erano sentiti così, non più vittime di esistenze sbagliate ma protagonisti anche se per poche ore di una bella storia. E adesso che quel mondo è già di nuovo lontano, il Papa è andato via e le sedie della palestra sono ormai vuote, i 49 detenuti del carcere minorile di Casal del Marmo restano lì inchiodati ai loro posti. Qualcuno si rigira tra le mani il rosario regalato da Benedetto XVI, qualcun altro nasconde le lacrime di un’emozione sconosciuta, molti sorridono perché alla fine è stato pure divertente. Sono tutti lì, quando nella palestra entra il giudice di sorveglianza Maria Teresa Spagnoletti, che sarà meno importante di tutte quelle persone appena andate via, ma nella vita di ogni ragazzo conta moltissimo perché decide della loro libertà. I 49 detenuti l’applaudono, «è incredibile», sorride il magistrato, mai le era capitato d’essere accolta così in un carcere. E forse anche i ragazzi non si riconoscono più, in questa straordinaria mattina hanno baciato la mano del Papa e applaudito un giudice.
Solo una ragazza italiana salutandola piange, «sono di nuovo qui», sussurra. E il magistrato capisce quelle lacrime. «Era uscita qualche mese fa e adesso è tornata, sempre per rapina. Avevamo fatto un importante progetto insieme, ci credeva molto anche lei. Peccato». Uno straniero col giubbotto di pelle la chiama, «dottoressa, poi ti devo parlare». Maria Teresa Spagnoletti dedica una giornata al mese ai ragazzi di Casal del Marmo, «mi cercano per parlarmi delle istanze, delle questioni giudiziarie, ma anche solo per raccontarmi della loro vita. E io li ascolto». Storie che tristemente si somigliano e tristemente si ripetono. Ragazzi stranieri per lo più (gli italiano sono il 10% circa), quasi tutti romeni, arrivano in Italia tante volte senza la famiglia, fanno furti o rapine e finiscono a Casal del Marmo. Poco meno della metà ha problemi con la droga. Escono dopo pochi mesi, in media quattro-sei, e poi tornano dentro, magari nel frattempo sono già diventati padri e madri. Qualche ragazzina si porta anche il figlio in carcere, allatta e sconta la pena. C’è una diciannovenne che ha già cinque figli. «Il percorso che si tenta di fare è quello della responsabilizzazione rispetto al reato - spiega il giudice - tentiamo con tutti, ma è chiaro che i fallimenti sono tanti». C’è chi torna anche 10,12 volte.
Il giudice di sorveglianza li conosce bene e giura di non averli mai visti come ieri mattina, «quel silenzio attento, quelle frasi così emozionate mi hanno molto colpito. Li ho sentiti molto partecipi». Chi l’avrebbe immaginato che quel ragazzo solitamente così spaccone sarebbe stato capace di rivolgersi con quelle belle parole al Papa? «Abbiamo sbagliato e sappiamo di dover pagare», ha detto per tutti, «speriamo di poter dare una svolta alle nostre vite».
Le 13 detenute, quasi tutte nomadi, hanno i capelli lunghi che di solito tengono sciolti sulle spalle, per l’occasione li hanno raccolti. Il loro padiglione ha le grate gialle, dormono in due o tre per cella. Incontrano i ragazzi la domenica nella chiesetta, ed è per questo ci vanno, anche se hanno preghiere diverse: molti sono musulmani, alcuni ortodossi, tanti altri non hanno fede. Il vangelo si legge in italiano e poi in romeno. «Ma la messa di padre Gaetano è molto particolare, è per tutti», racconta Elio Grossi, il coordinatore dei volontari. Loro però fanno un gran baccano, si muovono, ridono, scherzano e intervengono, ecco perché sono stati tutti così sorpresi a vederli così assorti durante l’omelia del Papa. «Per molti di loro il Papa è soltanto una persona importante - spiega padre Gaetano Greco, cappellano dell’istituto - ma tutti ci tenevano a toccarlo».
Adesso toglieranno le guide azzurre e si tornerà alla vita di sempre: la scuola, i laboratori di sartoria, di disegno, quello dove si lavora il cuoio, il giardinaggio e il teatro. Nella speranza che i giorni ancora da scontare siano davvero gli ultimi a Casal del Marmo e sapendo già che difficilmente sarà così.

Il Messaggero, 19 marzo 2007


SPERANZA E FEDE. Benedetto XVI nel carcere minorile di Roma accolto dal Guardasigilli Mastella
Il Papa tra i ragazzi detenuti

Roma. Il Papa teologo ha indossato ieri i panni del catechista. «La vita senza Dio non funziona, perché manca la luce, manca il senso di cosa significa essere uomo», ha spiegato Benedetto XVI ai 53 giovanissimi detenuti del Carcere minorile di Casal del Marmo a Roma, commentando la parabola evangelica del Figliol Prodigo. Papa Ratzinger ha voluto visitare il peniteniziario romano come fece nel 1980 il suo predecessore Giovanni Paolo II.
La visita è iniziata con la celebrazione della messa nella cappella del carcere, alla quale ha partecipato anche Clemente Mastella, ministro della Giustizia, accompagnato dai sottosegretari.
«I comandamenti di Dio», ha spiegato il Papa nell’omelia, «non sono un ostacolo alla libertà e alla bella vita», ma sono invece importanti «indicatori per capire quale è la strada dove andare e per trovare una vita piena». Benedetto XVI ha voluto così indicare ai carcerati minorenni, quasi tutti stranieri, la strada della disciplina e del perdono di Dio: «La disciplina allarga la vita», ha affermato il Pontefice, «e la fatica dà profondità alla vita e contribuisce a creare un mondo migliore».
Il Papa ha sottolineato l’importanza del sacramento della riconciliazione, perché nella «confessione possiamo ripartire». Non sono mancate parole di speranza: «Gli errori che commettiamo, anche se grandi», ha sottolineato Benedetto XVI, «non intaccano l’amore che Dio prova per gli uomini». Al termine della celebrazione, è interventuo il ministro Mastella: «La sua presenza, Padre Santo», ha dichiarato mastella, «ci richiama al rispetto che abbiamo in comune per la persona umana, chiunque sia e ovunque si trovi».
Inevitabile, davanti a tanti ragazzi in difficoltà, il riferimento al ruolo-chiave della famiglia: «In Italia serve un grande patto educativo, un’alleanza tra scuola, famiglia e Chiesa», ha auspicato Mastella, «per contrastare il fenomeno della devianza giovanile» sottolineando che è «inutilmente crudele abbassare» la soglia di punibilità.
La visita del Papa è proseguita nella palestra del carcere: i detenuti hanno consegnato a Benedetto XVI alcuni doni, tra cui una copia del giornalino interno Garcon, una scultura e alcuni giocattoli in legno, e il Papa ha ricambiato con alcuni cesti di dolciumi, biscotti e frutta candita.
Maria Laura Grifoni, direttrice dell’istituto, ha chiesto a Benedetto XVI «una preghiera per tutti gli operatori che lavorano nelle carceri, che potrebbero demotivarsi nei fallimenti».
«Siamo rimasti di stucco quando ci hanno detto che sarebbe venuto a trovarci», ha detto al Papa un ragazzo detenuto, «Non immaginavamo che una persona come lei venisse qui. Ci dispiace di aver commesso tanti sbagli e sappiamo di dover pagare. Ma il prezzo è elevato, soffriamo molto». Tra gli applausi, Benedetto XVI si è alzato e lo ha abbracciato. «Grazie per la vostra gioia», ha detto a conclusione, «mi piacerebbe restare più a lungo, ma sappiate che il Papa vi segue con affetto».

L'Arena, 19 marzo 2007

Vedi anche:

Rassegna stampa del 19 marzo 2007

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