27 marzo 2007

Le ingiuste accuse di Marco Politi al Papa e alla CEI


Viene riportato in questo post l'editoriale pubblicato stamattina su "La Repubblica", a firma del vaticanista Marco Politi.
Ho deciso di inserire questo testo nel blog dopo un'attenta riflessione. Non sapevo se fosse o meno il caso di trascivere in un sito dedicato al Papa tutta una serie di accuse ingiuste e dai toni decisamente offensivi.
Penso che chiunque possa dire la sua sulla Chiesa, sui Vescovi e sui sacerdoti. Si puo' anche arrivare a non approvare questa o quella linea del Papa e criticarla apertamente, ma cio' che e', a mio avviso, poco accettabile e' la pretesa di avere la ragione dalla propria parte e di saper interpretare, piu' di tutti gli altri, il pensiero e le intenzioni del Papa.
Ecco l'editoriale. Di seguito troverete un mio commento.

Raffaella


POLITICA

Bagnasco nel solco di Ruini

di MARCO POLITI

L'entrata in scena del neo-presidente della Cei monsignor Angelo Bagnasco marca uno stile nuovo, più pacato e meno autoritario. Sparisce, rispetto all'era precedente, la rigidezza del leader che decide per tutti e sparisce anche - almeno nella forma - quell'implicita avversione pregiudiziale all'Ulivo, che caratterizzava la linea del cardinale Ruini.

È un segnale importante che Bagnasco abbia voluto depotenziare il Family Day da qualsiasi valenza anti-governativa, dandogli il sigillo di una "festa" a sostegno della famiglia. È questa, d'altronde, la linea del segretario di Stato cardinale Bertone, resosi conto del fatto che lo scontro frontale irrita vasti strati della società italiana.

Ma se il nuovo approccio appare più soft, sulla questione concreta delle coppie di fatto vi è un'intransigenza di fondo, che promana direttamente da papa Ratzinger e che pretende di vincolare i parlamentari cattolici. Intransigenza riassunta nel pronunciamento papale: "Nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore". Dov'è scontato che sulla qualità di una legge decide la gerarchia ecclesiastica. Infatti il presidente della Cei si è affrettato subito a definire "inaccettabile e pericoloso" il disegno sui Dico.

Inutile fingere. Il Family Day è la seconda tappa, dopo il referendum sulla procreazione assistita, dell'escalation della Chiesa come soggetto politico.
Inutile nascondersi che la manifestazione del 12 maggio ha il suo fulcro nell'essere contro i Dico, cioè contro l'affermazione di un diritto civile: la regolamentazione delle convivenze e il riconoscimento delle unioni gay.

La storia è testimone. Nel 1980 Giovanni Paolo II convocò il sinodo internazionale di vescovi per discutere della famiglia.

Successivamente il pontefice pubblicò il documento Familiaris Consortio. In un quarto di secolo la Chiesa italiana non sentì mai il bisogno di organizzare una simile mobilitazione di massa per la famiglia. Avviene solo oggi che si tratta di impedire il varo di una legislazione già adottata tranquillamente nella maggioranza dei paesi europei, spesso con il concorso o su iniziativa di partiti democristiani.

Corre adesso la versione che la manifestazione del 12 maggio sarebbe frutto dell'iniziativa "laica" dell'associazionismo cattolico. Non è così. E' vero che l'idea è balenata per primi ai leader di Rinnovamento nello Spirito e dei Neo-catecumenali sull'esempio dello scontro frontale ingaggiato dalla Chiesa spagnola contro Zapatero. Ma né loro né il Forum delle famiglie avrebbero mai avuto la capacità di riunire la galassia bianca. Al contrario, il progetto stava per andare all'aria per le divergenze interne al mondo cattolico.

Chi ha portato con ferrea determinazione i movimenti attorno al tavolo, con il traguardo prefissato di un documento unitario e di una manifestazione di massa, è stata la leadership della Cei. D'altronde è difficile resistere al ricatto sussurrato: il Papa lo vuole. Si è ripetuto pari pari lo schema leninista della campagna anti-referendum del 2005. Con aspetti anche surreali.
Quando ancora le associazioni discutevano se fare o no il Family Day, monsignor Rino Fisichella - da sempre in perfetta sintonia con Ruini - preannunciava già una dimostrazione e indicava pure il luogo.

Emerge qui una particolarità esclusiva dell'Italia, che Benedetto XVI ha scelto quale sua trincea nell'Occidente secolarizzato. Il nostro Paese ha un ventaglio enorme di iniziative di impegno religioso. Chi aderisce all'Azione cattolica crede nella "mediazione" tra vangelo e società, chi segue Cl è fautore della "presenza", chi è nelle Acli si batte per il rapporto tra fede e mondo del lavoro, chi sta con Rinnovamento è attratto dalla relazione con lo Spirito, chi segue i Neo-catecumenali ripercorre un cammino di iniziazione, e si potrebbe continuare. Nessuno di questi cattolici impegnati ha dato delega ai propri leader di entrare nel dettaglio legislativo di una regolamentazione delle coppie di fatto. Nessuno di loro - eppure hanno esistenze tanto variegate - è stato mai nemmeno interrogato sulla questione.

E' dall'alto, è dalla cattedra vaticana che l'associazionismo cattolico viene piegato alle esigenze di una strategia, che entra direttamente nelle aule parlamentari italiane per dire cosa si può o non si deve fare. Così come dal palazzo vaticano è giunta la singolare telefonata di plauso del Vicario di Cristo ad un capopartito, il ministro Mastella, per la sua opera di sabotaggio dei Dico. Episodio unico nella storia contemporanea del cattolicesimo.

Ben diversa è la situazione in America, così spesso citata per la sua religiosità da vescovi, teocon o atei devoti. Perché negli States ogni gruppo religioso si guadagna il consenso all'aperto.

Ci sono i battisti fondamentalisti e quelli liberal, gli episcopaliani la pensano diversamente dagli avventisti e così via.

E nessun Capo dall'alto obbliga gli uni a manifestare insieme agli altri né si permette di dare indicazioni di voto imperative.

C'è tuttavia un dettaglio nello scenario italiano: i cittadini da anni ripetono nei sondaggi che rispettano la Chiesa, ma non vogliono che sia essa a fare le leggi. Tocca ora alla classe politica rivendicare decisamente la propria autonomia.

Repubblica, 27 marzo 2007

Caro Politi, scusi se oso rivolgermi a Lei con questa riflessione, ma non posso proprio tenere a freno la tastiera.
Il fatto stesso che il suo editoriale sia inserito sotto la scritta "politica" e' un fatto emblematico.
Come in altre occasioni, si cerca di appiattire ogni discorso del Papa sui problemi dell'Italietta, quasi che il Pontefice fosse una sorta di "parroco di Roma" e non invece il Pastore della Chiesa Universale (PaPa e' la contrazione di due parole latine: Pastor Pastorum, il Pastore dei Pastori).
La Chiesa fa politica, caro Politi? Ha uno strano modo di esercitare il suo potere, visto che non afferma mai "cose comode", "in sintonia con il mondo", "indirizzate al comodo conformismo imperante". Pensi che non promette nemmeno di diminuire le tasse!
Veramente un modo strano di fare politica laddove per politica si intende anche la capacita' di dire la cosa giusta al momento giusto allo scopo di ottenere il massimo dei consensi...
E' questo che la Chiesa sta facendo? Non mi pare proprio visto che il Papa, come Lei, Politi, ben sa, non gode di buona stampa e in tv c'e' chi e' pronto ad attaccarlo o per quello che dice o non dice o "per essere diverso dal predecessore".
Se si intende per politica il perseguimento del bene comune, beh, allora si'...la Chiesa fa politica!!
Caro Politi, francamente, non comprendo la ragione per cui Lei e' cosi' critico verso Papa Ratzinger. Ricordiamo tutti i Suoi feroci editoriali contro la lectio magistralis di Ratisbona, ripresi anche dalle tv arabe e dai media americani.
Che cosa si aspetta dal Papa? Vuole che se ne rimanga zitto o che, al massimo, dica cio' che vuole sentirsi dire?
Non credo, sinceramente, che da Ratzinger avra' una tale "soddisfazione".
L'aggettivo leninista se lo potreva proprio risparmiare, caro Politi!!!
Il resto dell'Europa ha gia' leggi sulle coppie di fatto? E allora? Ciascun Paese ha la sua storia ed e' libero di usare la "propria testa" o sbaglio?
Dobbiamo per forza tutti omologarci?
Rammenta che cosa disse il cardinale Ruini il giorno stesso dell'elezione di Papa Benedetto? Ricordo perfettamente che, intervistato dall'ottima Marina Ricci per il tg5, affermo' che avremmo dovuto abituarci ad una Chiesa che parla e che parla a voce alta!
Io mi sono abituata, caro Politi, e Lei?

Raffaella

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