21 dicembre 2007

Benedetto XVI alla Curia Romana: l'annuncio del Vangelo guarisce l'umanità dalle ferite della secolarizzazione (Radio Vaticana)


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Benedetto XVI ricorda con la Curia Romana gli avvenimenti ecclesiali del 2007: l'annuncio del Vangelo guarisce l'umanità dalle ferite della secolarizzazione

Uno sguardo della memoria e del cuore agli avvenimenti che, nei dodici mesi del 2007, hanno costruito un nuovo anno di storia per la Chiesa e per la sua missione nel mondo contro la “pressione” delle ideologie e della secolarizzazione. E’ questa la sostanza dell’ampio discorso che questa mattina Benedetto XVI ha rivolto alla Curia Romana, nella tradizionale udienza per lo scambio degli auguri natalizi. La sintesi dell’intervento del Pontefice nel servizio di Alessandro De Carolis:

C’è una parte dell’umanità che ha dimenticato la promessa di Cristo: “Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. L’ha relegata lontano dalla propria coscienza, lasciandosi sedurre da forze secolarizzate e da “presunzioni ideologiche” interessate a sostituire la presenza di Dio nell’uomo e nel mondo con la sola “razionalità”. Contro queste derive è la “fatica” della Chiesa di ogni giorno e di ogni anno, del suo essere messaggera del Vangelo, forte di un messaggio di pace portato duemila anni fa da un Dio Bambino. Di questa fatica aspotolica, e della gioia che l’accompagna, si è fatto interprete Benedetto XVI, passando in rassegna i fatti e le esperienze del 2007: dal viaggio in Brasile a quello in Austria, dalla lettera alla Chiesa cinese a quella in risposta ai leader musulmani. Fatti accompagnati da domande e dalle risposte suggerite da ciò che che la fede produce quando l’uomo riesce a incontrare Dio nella sua anima. Esperienze concrete, dove è l’agire umano a illuminare una verità più profonda. Il primo esempio, la serata trascorsa dal Papa con i giovani brasiliani allo Stadio San Paolo, durante la visita apostolica in Brasile. Ecco la lettura che il Pontefice ha dato di quelle ore:

“Esistono manifestazioni di massa che hanno solo l’effetto di un’autoaffermazione; in esse ci si lascia travolgere dall’ebbrezza del ritmo e dei suoni, finendo per trarre gioia soltanto da se stessi. Lì invece ci si aprì proprio l’animo; la profonda comunione che in quella sera si instaurò spontaneamente tra di noi, nell’essere gli uni con gli altri, portò con sé un essere gli uni per gli altri. Non fu una fuga davanti alla vita quotidiana, ma si trasformò nella forza di accettare la vita in modo nuovo”.

E’ questa la “diversità” cristiana. Una folla attraversata dall’entusiamo che diventa, ha detto il Papa, “un’esperienza viva di comunione”. Ma il viaggio in Brasile ha offerto alla sensibilità spirituale di Benedetto XVI molti spunti di riflessione. Così, la canonizzazione di Frei Galvão diventa il segno della santità che entra nella storia, per cui è come se ogni Santo - ha intuito il Pontefice - anticipasse nello scorrere dei nostri giorni “una piccola porzione del ritorno di Cristo” alla fine dei tempi. O la visita alla “Fazenda da Esperança”, dove il sorriso tornato sul viso di ex schiavi della droga, che hanno ritrovato la dignità, è il riflesso della bellezza divina che splende nella natura circostante:

“Dobbiamo difendere la creazione non soltanto in vista delle nostre utilità, ma per se stessa – come messaggio del Creatore, come dono di bellezza, che è promessa e speranza. Sì, l’uomo ha bisogno della trascendenza. Solo Dio basta, ha detto Teresa d’Avila. Se Lui viene a mancare, allora l’uomo deve cercare di superare da sé i confini del mondo, di aprire davanti a sé lo spazio sconfinato per il quale è stato creato. Allora, la droga diventa per lui quasi una necessità. Ma ben presto scopre che questa è una sconfinatezza illusoria – una beffa, si potrebbe dire, che il diavolo fa all’uomo”.

E ancora, l’incontro con i vescovi del Brasile nella cattedrale di San Paolo o l’apertura della Conferenza di Aparecida - qui sottolineata dalla piccola statua della Madonna, là dalla musica e dai cori soilenni - entrambi rimasti nei ricordi del Pontefice insieme con una domanda valida per la Chiesa latinoamericana come per quella universale: ma “è giusto” che la Chiesa pensi alle questioni interiori mentre la storia bussa chiedendo pace e giustizia?

In altre parole, “è ancora lecito evangelizzare”? E qui, Benedetto XVI ha ribadito ancora una volta i principi-cardine del suo magistero: il mondo ha bisogno di verità e carità, ma non come enunciazioni astratte, bensì come frutto di un’incontro, vivo e vitale, con Cristo:

“Non si può mai conoscere Cristo solo teoricamente. Con grande dottrina si può sapere tutto sulle Sacre Scritture, senza averLo incontrato mai (…) La catechesi non può mai essere solo un insegnamento intellettuale, deve sempre diventare anche un impratichirsi della comunione di vita con Cristo, un esercitarsi nell’umiltà, nella giustizia e nell’amore”.

Per un cristiano, dunque, le cose si giocano su questo piano: se la parola-chiave è la “vita” - cioè, l’incontro con Gesù che trasforma l’esistenza e apre alla verità, alla carità e alla “chiamata di speranza che ne deriva” - questa vita non può essere mantenuta per sé ma va annunciata. E a ciò, ha confermato il Papa, la Chiesa si dedica “con grande energia”, perché - come San Paolo - avverte un’insopprimibile “costrizione” a proclamare il Vangelo:

“E di fatto: quanto è importante che confluiscano nell’umanità forze di riconciliazione, forze di pace, forze di amore e di giustizia – quanto è importante che nel “bilancio” dell’umanità, di fronte ai sentimenti ed alle realtà della violenza e dell’ingiustizia che la minacciano, vengano suscitate e rinvigorite forze antagoniste! È proprio ciò che avviene nella missione cristiana. Mediante l’incontro con Gesù Cristo e i suoi santi, mediante l’incontro con Dio, il bilancio dell’umanità viene rifornito di quelle forze del bene, senza le quali tutti i nostri programmi di ordine sociale non diventano realtà, ma – di fronte alla pressione strapotente di altri interessi contrari alla pace ed alla giustizia – rimangono solo teorie astratte”.

Inoltre, ha osservato Benedetto XVI, la Chiesa crede anche nella cooperazione con tutte le religioni che hanno a cuore la “promozione della pace nel mondo”. Una dimostrazione di questo impegno è contenuta nella risposta inviata dal Pontefice ai 138 leader musulmani:

“Con gioia ho risposto esprimendo la mia convinta adesione a tali nobili intendimenti e sottolineando al tempo stesso l’urgenza di un concorde impegno per la tutela dei valori del rispetto reciproco, del dialogo e della collaborazione. Il riconoscimento condiviso dell’esistenza di un unico Dio, provvido Creatore e Giudice universale del comportamento di ciascuno, costituisce la premessa di un’azione comune in difesa dell’effettivo rispetto della dignità di ogni persona umana per l’edificazione di una società più giusta e solidale”.

Un dialogo che, su un altro versante, ha visto l’anno che va a chiudersi scrivere una pagina storica attraverso le pagine della Lettera inviata dal Papa ai cattolici della Cina:

“Ho indicato alcuni orientamenti per affrontare e per risolvere, in spirito di comunione e di verità, le delicate e complesse problematiche della vita della Chiesa in Cina. Ho anche indicato la disponibilità della Santa Sede ad un sereno e costruttivo dialogo con le Autorità civili al fine di trovare una soluzione ai vari problemi, riguardanti la comunità cattolica. La Lettera è stata accolta con gioia e con gratitudine dai cattolici in Cina. Formulo l'auspicio che, con l'aiuto di Dio, essa possa produrre i frutti sperati”.

La “meravigliosa” visita in Austria, segnata da un maltempo divenuto - secondo un felice titolo dell’Osservatore Romano - “pioggia della fede e l’Agorà dei giovani di Loreto sono stati per Benedetto XVI altri segni della gioia e della speranza cristiana nel 2007, insieme con la visita a Napoli, città di “calorosa umanità”. Con questi pensieri e con il cuore aperto al messaggio del Natale, il Papa ha concluso il discorso alla Curia Romana, definita sua “comunità di lavoro”, con un’ultima considerazione, intrisa di realismo per il mondo d’oggi e di grande fede per come possa essere in futuro:

“Certo, non bisogna illudersi: i problemi che pone il secolarismo del nostro tempo e la pressione delle presunzioni ideologiche alle quali tende la coscienza secolaristica con la sua pretesa esclusiva alla razionalità definitiva, non sono piccoli. Noi lo sappiamo, e conosciamo la fatica della lotta che in questo tempo ci è imposta. Ma sappiamo anche che il Signore mantiene la sua promessa: ‘Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’”.

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1 commento:

euge ha detto...

E' stato in senso positivo ovviamente, un discorso da brivido quello rivolto alla Curia Romana da Benedetto XVI, soprattutto nella parte che tu hai riportato cara Raffaella. Un discorso, che ci ha riportato alla mente, le tappe più significative del pontificato di Benedetto XVI in questo 2007. E' stato un discorso se vogliamo definirlo così anche poetico, infatti, mi ha fatto molta tenerezza vedere e sentire con quanta sensibilità e dolcezza, il Papa ha ricordato sia l'incontro con i giovani del Brasile e sia l'incontro con i giovani di Loreto. Un animo sereno, dolce capace di sentimenti profondi ma, anche, di tanta forza e determinazione quello di Benedetto XVI. Un grande Papa che porta con altrettanta grandezza, la responsabilità di un periodo storico/sociale per nulla facile da gestire ed affrontare.
Che la nascita del Signore Gesù, Le porti Santità tutta la serenità e la forza di cui ha bisogno per il suo compito di successore di Pietro; da parte nostra non mancheranno sicuramente, le preghiere come gesto di amore e di sostegno per colui che più di ogni altro ha a cuore il bene dell'umanità.
Grazie Santità
Eugenia