28 dicembre 2007

Che cosa fa l'elemosiniere di Sua Santità? Mons. Félix del Blanco Prieto lo spiega all'Osservatore Romano


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Piccoli gesti nascosti di sostegno quotidiano

Nicola Gori

Una solidarietà feriale. Non grandi progetti o iniziative eclatanti, ma piccoli gesti quotidiani compiuti silenziosamente e con discrezione a nome del Papa. È una carità che non fa rumore quella che da secoli compie l'Elemosineria Apostolica per venire incontro alle esigenze dei più poveri e bisognosi in ogni angolo della terra. "Tutti i giorni - spiega in un'intervista al nostro giornale l'arcivescovo Félix del Blanco Prieto, elemosiniere di Sua Santità - ci arrivano domande pressanti di persone in difficoltà: da parte di chi è ammalato, di chi non ce la fa a pagare l'affitto, le bollette della luce e del gas, da parte degli immigrati, degli studenti, delle persone in cerca di lavoro". "A ognuno - aggiunge - cerchiamo di portare un po' di gioia, offrendo un segno della carità, della presenza e dell'attenzione del Pontefice".

La società consumistica sembra aver escluso dal suo vocabolario il termine "elemosina". Secondo lei ha ancora senso parlarne oggi?

Parlare di elemosina mi rimanda, anzitutto, ai ricordi del mio paese nella regione di León, dopo la guerra civile spagnola. Significa parlare di quei poveri che venivano a bussare alle porte delle case, a chiedere un pezzo di pane o qualcosa da mangiare. L'elemosina era il sostentamento per i poveri, che ogni giorno venivano a chiedere aiuto. La gente partecipava a questa solidarietà nei confronti di persone che avevano perso tutto, che erano malati o mutilati della guerra. Il secondo ricordo che mi riaffiora parlando di elemosina è la povertà nei paesi africani, perché lì la povertà domina geograficamente. Essa si estende in tutti i paesi, nel tempo e nello spazio. Devo dire che la gente del continente ha voglia di uscire da questo stato di miseria. Sono stato sedici anni in Africa, in particolare in Angola dopo la guerra, in Camerun, in Guinea Equatoriale e poi come nunzio apostolico in Libia e Malta. In tutti questi paesi la povertà è di casa. Il terzo ricordo sull'elemosina è legato all'attualità, da quando alcuni mesi fa sono stato chiamato da Benedetto XVI a ricoprire l'incarico di Elemosiniere. In questi mesi ho visto i ruscelli delle diverse povertà: la fame, la malattia, tutte quelle realtà che prima si elencavano nelle opere di misericordia.

Come si inserisce in questo quadro l'attività dell'Elemosineria?

In questi due anni e mezzo di pontificato Benedetto XVI tante volte ha invitato alla gioia cristiana, a far partecipare e a condividere con gli altri la gioia del Cristo che nasce. Il modo per condividerla è giustamente la caritas, la carità, cioè l'essere vicini a tutta la gente in situazioni di sofferenza e di necessità che si rivolge al Santo Padre. A nome del Papa l'Elemosineria porta un po' di gioia a questi fratelli che soffrono. L'elemosina elargita è appunto un segno della carità, della presenza e dell'attenzione del Pontefice a quanti sono nel bisogno. In particolare, l'Elemosineria Apostolica è l'organismo della Santa Sede che ha il compito di esercitare la carità verso i poveri a nome del Papa.

A quando risale l'istituzione di questo organismo?

Diciamo che l'esercizio "istituzionale" della carità risale ai primi secoli della Chiesa e rientrava nelle dirette competenze dei diaconi. Successivamente, l'incarico fu esercitato da uno o più familiari del Pontefice senza una speciale dignità gerarchica o prelatizia, che venne attribuita in seguito. In una Bolla di Innocenzo III si parla dell'Elemosiniere come carica già esistente. Il Papa che per primo ha costituito l'Elemosineria Apostolica è stato nel XIII secolo il beato Gregorio X, il quale stabilì anche i suoi compiti. Alessandro V con una Bolla del 1409 regolò le formalità e le norme dell'Elemosineria, che ha sempre continuato la sua attività grazie alle sollecitudini dei Papi. L'Elemosiniere di Sua Santità ha dignità arcivescovile, fa parte della Famiglia pontificia e come tale prende parte alle celebrazioni liturgiche e alle udienze ufficiali del Papa. Leone XIII allo scopo di favorire la raccolta di fondi per le opere di carità affidate all'Elemosineria, ha delegato all'Elemosiniere la facoltà di concedere la benedizione apostolica a mezzo di diplomi su carta pergamena, i quali per essere autentici devono avere la firma dello stesso Elemosiniere. La concessione della benedizione apostolica è del tutto gratuita e i costi si riferiscono solo al diploma e alle spese per la confezione o spedizione dello stesso. Tutte le entrate che pervengono all'Elemosineria Apostolica come contributo per il rilascio dei diplomi di benedizione sono interamente devolute per la carità del Papa.

Che tipo di persone si rivolgono a voi per chiedere aiuto?

Le richieste arrivano in maggioranza da parte dei singoli, delle famiglie. Per essere prese in considerazione, richiediamo un visto del parroco. Dopodiché vagliamo le domande, controlliamo se la persona o la famiglia ha già ricevuto un sussidio, poi decidiamo l'importo della carità, che oscilla dai 100 ai 500 euro. La maggioranza, come già detto, sono singole persone che si rivolgono a noi. Preferiamo aiutare i singoli, le famiglie, piuttosto che i grandi progetti. Giungono a noi anche richieste da parte di istituzioni, ognuna con il suo lodevole fine, ma noi siamo qui per elargire un piccolo aiuto concreto, non per finanziare grandi opere. Per quello ci sono altri modi.

Da quali paesi ricevete le richieste?

In maggioranza dall'Italia, ma anche dall'estero. Attualmente, molte delle domande arrivano dall'Italia da parte di immigrati. Nel periodo natalizio si intensificano le richieste: molti colgono l'occasione del Natale per chiedere un po' di carità. Del resto, i poveri hanno diritto a far sentire la loro voce, specialmente in questo periodo.

Ricevete indicazioni particolari dallo stesso Pontefice?

Benedetto XVI ci ha raccomandato di non fermare la carità e di non farla mai mancare. Andate avanti - mi disse - e se avete bisogno ditelo. E noi andiamo avanti, come facciamo da sempre.

Ci dia qualche cifra relativa alla vostra attività.

Tutti i giorni spediamo un centinaio di lettere allegando una somma in contanti o in assegno. Ogni anno doniamo circa 1.000.000 di euro ai singoli e altri 400.000 euro circa alle istituzioni assistenziali, a piccoli progetti di carità e ai monasteri di clausura bisognosi, per un totale di più di 10.000 interventi. In ufficio facciamo circa 122.000 pergamene all'anno, evadendo le richieste che ci giungono tramite lettera, fax e di persona, mentre altre 180.000 pergamene vengono diffuse da enti con noi convenzionati.

Nel concreto, come vengono scelti i criteri di assegnazione, le priorità, i destinatari, gli importi?

L'importo viene deciso in base alla situazione e alla gravità del caso. Accompagniamo l'elargizione con una lettera per sottolineare che questa è la carità che arriva direttamente dal Papa. La cosa da rilevare è che noi inviamo la lettera al parroco che ha messo il visto sulla richiesta. Questo non solo per verificare se la persona è veramente in condizioni di povertà, ma anche per sottolineare che la carità del Papa è integrata in quella che è l'attività caritativa del territorio e della parrocchia. La nostra è una carità silenziosa, perché molti non sanno nemmeno che esiste questa realtà dell'Elemosineria. Molti ignorano proprio che il Papa arrivi a tante persone con un piccolo segno, compiuto con discrezione. Non ci occupiamo di grandi opere, perché vogliamo raggiungere, a nome del Santo Padre, le persone nelle loro necessità quotidiane e più impellenti.

(©L'Osservatore Romano - 29 dicembre 2007)

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