20 dicembre 2007
Rusconi "terrorizzato" all'idea che anche nel PD il Cattolicesimo possa avere valenza pubblica (editoriale de "La Stampa" con i soliti argomenti)
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PARTE TV VIA INTERNET SU CHIESA, ANCHE IN ARABO E CINESE
DEMOCRATICO MA NON DEMOCRISTIANO
Gian Enrico Rusconi
E’sconcertante quanto sta accadendo nel Partito Democratico in tema di laicità. Pare che si debba chiedere scusa di essere laici. O se ne abbia un’idea molto povera. L’enfasi con cui si riconosce alla Chiesa il diritto di esprimersi nella sfera pubblica suggerisce che l’essere laico sia una faccenda privata, scarsamente significativa. Che il pubblico debba essere gestito in esclusiva secondo le direttive della Chiesa. Tutto questo non solo è sbagliato, ma rivela un impoverimento della cultura che si dice laica.
Per cominciare, la laicità è un’espressione eminentemente pubblica. Si è laici non semplicemente per sentire personale, ma perché ci si impegna a favore di un ordinamento pubblico che garantisce a tutti - credenti, non credenti e diversamente credenti - il diritto di orientare autonomamente e serenamente la propria esistenza. Compresi i rapporti interpersonali che si manifestano nelle diverse forme delle unioni familiari. Naturalmente è un diritto che non interferisce o ferisce il diritto degli altri - anche e soprattutto se si è in maggioranza. In questo senso la laicità coincide con l’essenza stessa della politica democratica.
È incredibile che si debbano ricordare queste cose al Partito Democratico, nella stesura della sua Carta fondativa, prima ancora di entrare nei dettagli delle singole questioni.
Il laico oggi si trova davanti a tre compiti. Deve innanzitutto ribadire il principio secondo cui il credente può introdurre nel discorso pubblico e quindi nella deliberazione politica soltanto tesi che non disconoscono e non limitano l’autonomia di giudizio e il comportamento degli altri cittadini, che hanno convinzioni diverse o contrarie alle sue.
Naturalmente vale anche il reciproco. Ma quando il credente si atteggia, talvolta, a vittima e protesta di essere discriminato nell’esercizio del suo diritto di costruire una «società buona» secondo i suoi criteri, dovrebbe ricordare che l’edificio legislativo della nostra società democratica non lede in nulla l’autonomia, la libertà di espressione, di pratica e di testimonianza del suo credere.
Ma il laico si trova davanti a un altro compito più impegnativo: deve sviluppare un discorso pubblico che è dotato di forza persuasiva ed efficace pari a quella dei suoi interlocutori. Deve falsificare l'inconsistente obiezione che la laicità sia, nel migliore dei casi, soltanto una procedura o un metodo, mentre la religione offrirebbe contenuti sostantivi di senso. Va fermamente respinto il luogo comune che la laicità favorisce l’individualismo anziché il solidarismo; che impoverisce anziché arricchire i rapporti umani. È una pura sciocchezza scambiare come indifferenza il pudore del laico, che non sente il bisogno di usare le retoriche del senso, tanto care ai clericali.
In terzo luogo il laico deve contrastare la tendenza di rinchiudersi in forme di cittadinanza comunitarista, che fa appello a tradizioni o radici univoche. Il laico deve far valere il principio universalistico della cittadinanza costituzionale. Il problema della laicità in Italia oggi non riguarda soltanto la riconferma dei grandi principi del pluralismo, ma l’affermazione di una cultura che dà sostegno concreto alla cittadinanza costituzionale.
Questa è la democrazia laica, nel senso che quando in essa si manifestano credenze e convinzioni incompatibili tra loro, ai fini dell’etica pubblica e delle sue espressioni normative, non decidono «verità sull’uomo», ma le procedure democratiche che minimizzano il dissenso tra i partecipanti al discorso pubblico. «La verità» - se vogliamo usare questo concetto impegnativo - consiste nello scambio amichevole di argomenti nella lealtà reciproca. Chi accetta questo atteggiamento e ragionamento è laico. Chi non lo accetta e lancia contro di esso l’accusa di relativismo, non solo non è laico, ma usa il concetto di relativismo come una parola-killer che uccide ogni dialogo.
© Copyright La Stampa, 20 dicembre 2007
Analizzamo alcune frasi:
L’enfasi con cui si riconosce alla Chiesa il diritto di esprimersi nella sfera pubblica suggerisce che l’essere laico sia una faccenda privata, scarsamente significativa
Grazie, Rusconi, per la sua magnanimita'! Grazie perche' riconosce il diritto della Chiesa di esprimersi...preferirebbe il contrario?
(Il laico) Deve innanzitutto ribadire il principio secondo cui il credente può introdurre nel discorso pubblico e quindi nella deliberazione politica soltanto tesi che non disconoscono e non limitano l’autonomia di giudizio e il comportamento degli altri cittadini, che hanno convinzioni diverse o contrarie alle sue
Enno', caro Rusconi! Enno', troppo comodo! Ribaltiamo il concetto: il credente non puo' lasciare a casa la sua fede quando si reca in Parlamento. In questo caso il mio taccuino suggerisce: attenta a chi dai il voto!
Ma il laico si trova davanti a un altro compito più impegnativo: deve sviluppare un discorso pubblico che è dotato di forza persuasiva ed efficace pari a quella dei suoi interlocutori
Ah, il problema e' questo: i laici(sti) non sono abbastanza convincenti: sono completamente d'accordo! Infatti anche questo articolo non aggiunge nulla di nuovo e di interessante...
In terzo luogo il laico deve contrastare la tendenza di rinchiudersi in forme di cittadinanza comunitarista, che fa appello a tradizioni o radici univoche. Il laico deve far valere il principio universalistico della cittadinanza costituzionale.
???? Non esiste futuro senza passato, caro Rusconi!
Chi non lo accetta e lancia contro di esso l’accusa di relativismo, non solo non è laico, ma usa il concetto di relativismo come una parola-killer che uccide ogni dialogo.
A me pare che ad uccidere il dialogo siano quelli che piangono sulla supposta violazione della laicita' ribadendo sempre e comunque gli stessi concetti. E' ora di cambiare musica, maestri!
Raffaella
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4 commenti:
buongiorno cara. Hai detto bene e non c'è molto da aggiungere.
Questo articolo è uguale a tanti altri precedenti .
E' come il messaggio delle segreterie telefoniche . Comunque è una roba rivolta a dentro il partito democratico dove hanno i loro casini interni, la carta dei valori e via sbadigliando.
Habermas è parecchio più avanti di Rusconi su questo.
Che noia.
praticamente Rusconi sostiene (e non è certo il primo) che solo il non credente può entrare con tutto se stesso, le proprie convinzioni e i propri valori, in un'aula parlamentare, mentre il credente deve, prima di fare politica, spogliarsi di una parte di se stesso, cioè di tutti quei valori che gli derivano dalla religione. Ora mi chiedo: questo mettere in stato di minorità un politico che sia anche credente è laicità o è discriminazione?
Sempre la solita solfa, con un po' di ipocrisia in più. Già il titolo: la contrapposizione tra "Democratico" e "Democristiano", che vorrebbe (e riesce) a essere velenosa, come a dire il luminoso futuro contro l'oscuro passato. Vabbè.
L'incipit è degno di risata omerica: "Per cominciare, la laicità è un’espressione eminentemente pubblica.". E certo: la rinuncia alla religione è "pubblica", mentre la sua accettazione è un fatto privato! Poi hanno la faccia di parlare di "dogmi irragionevoli". Ma di perle ce ne sono parecchie. "Si è laici... perché si riconosce a tutti il diritto... compresi rapporti interpersonali...." E certo, sei laico non solo se rinunci ad agire secondo i tuoi principi, ma anche soltanto se riconosci che è un "diritto" che la comunità assista e promuova le "diverse forme" di famiglia. In termini di logica, questo si chiama corto circuito: Rusconi ha deciso apoditticamente che è "laico" ciò che piace lui. Che possano esistere argomenti laici CONTRO l'opinione che esistano "diverse forme" di famiglia, non gli passa neanche per la testa: tutto ciò che è contro, per (sua) definzione, non è "laico". Andiamo bene.
Ma il meglio deve venire: "Il laico... deve ribadire il principio... per cui il credente deve...". Aho', se io soltanto osassi dire il contrario, e cioè che il credente deve ribadire un "principio" da imporre a un laico, sarei sommerso da disaprrovazione universale. Eppure, per un laico, è evidentemente tollerabile che i laici possano imporre ai credenti dei "principi" -la cui origine, tra l'altro, non è ben chiara: chi è che ha deciso che il credente può portare nella vita pubblica "soltanto tesi che non disconoscono e non limitano..."? Credevo che, purchè fossero razionali e logicamente sostenibili, i credenti potessero proporre -come tutti- le loro prospettive per una società e una convivenza migliore. Ma è evidente che a Rusconi l'idea che un "credente" possa agire in pubblico secondo categorie logiche e razionali non è mai neanche passata in mente.
"Naturalmente, vale anche il reciproco": bontà sua, eppure tutto l'articolo, fino qua, mostra che Rusconi non è in grado di tenere fede alle sue stesse premesse: quale "reciprocità", se è lui -il "laico"- a stabilire, secondo principi suoi cui io credente devo adeguarmi, cosa io posso portare (o no) nel dibattito pubblico?
Il laico "deve sviluppare un discorso pubblico che è dotato di forza persuasiva ed efficace pari a quella dei suoi interlocutori": ehilà, che meraviglia, anche il laico riconosce l'esistenza della democrazia; pensavo che, preso a elaborare principi cui i credenti sarebbero tenuti a uniformarsi, se lo fosse dimenticato.
Dulcis in fundo: "La verità» - se vogliamo usare questo concetto impegnativo - consiste nello scambio amichevole di argomenti nella lealtà reciproca. Chi accetta questo atteggiamento e ragionamento è laico." Caro Rusconi, usiamolo pure, questo concetto "impegnativo" (e poi, perché sarebbe tale?). Poniamo pure che la Verità, anzichè esistere come realtà a sè stante, sia da ricercarsi nello "scambio di argomenti": beh, "amichevole" in questo contesto è una parola che non ha senso, a meno che non sia usata -a sproposito- nel significato di "senza violenza prevaricatrice" (se no è chiaro che la "Verità" ottenuta con questa ricerca coincide -guarda caso- con la legge della jungla, il più forte predomina). Ma allora, caro Rusconi, facciamolo questo scambio di argomenti: nel caso non se ne fosse accorto, Lei, a favore dell'argomento in questione, non ne ha portato uno che fosse uno, se non l'apodittica dichiarazione che "è laico" (che, ribadisco, non è sinonimo di "razionale" nè tanto meno di "intelligente"). "Relativista", caro Rusconi, non è un insulto: se Lei crede in una Verità mutevole e disponibile è relativista; e allora, laicamente, prenda atto che esiste chi crede che la Verità è altra cosa, e trovi argomentazioni per confrontarsi con lui, anzichè tentare in modo un po' goffo e contraddittorio (e quindi, di per sè, poco intelligente, e ben poco "laico") di impedirgli l'accesso alla manifestazione della sua opinione.
E' grazie a quelli come Lei che la parola-killer che uccide il dialogo non è "relativismo", ma "laicità"...
Slowhand
http://crossroads.splinder.com
Grazie, Slowhand, per il tuo importante ed argomentato (questo si', al contrario di certi editoriali della carta stampata) commento.
R.
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