24 febbraio 2008

Ferrara risponde ad Ostellino: "Il voto cristiano dei laici e quello laico dei Cattolici" (Corriere della sera)


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ABORTO, RISPOSTA A OSTELLINO

Il voto cristiano dei laici e quello laico dei cattolici

Caro direttore, l'articolo di Piero Ostellino sul Corriere di ieri è persuasivo, illuminato da un'idea che mi convince: la distinzione tra peccato e reato, la differenza qualitativa immensa tra un divieto morale e un divieto legale. Su questo è imperniata la libertà liberale dei moderni.

E' proprio perché aveva riconosciuto esplicitamente questa distinzione davanti ai suoi esaminatori che, con Ostellino, mi battei contro l'esclusione di Rocco Buttiglione, causa fede cattolica, dal ruolo di Commissario a Bruxelles. Aderisco, dunque.

Ma aderisco con tutta la mia campagna sulla moratoria per l'aborto, compresa la lista per la vita e contro l'aborto che presento alle elezioni politiche. E spiego perché non esiste, a mio giudizio, contraddizione tra il consenso per Ostellino e i suoi argomenti e la decisione di muovermi, con tanti altri, per fare qualcosa di sensato, di impegnativo, di serio.
Quando dico che cerco il voto laico dei cattolici e il voto cristiano dei laici, che cosa voglio dire? Che il fatto nuovo nella trentennale esperienza delle legislazioni abortiste in Occidente, trascurato non a caso dalle ideologie dell'aborto come diritto di autodeterminazione moralmente indifferente, è questo: la chiesa, anzi le chiese e denominazioni cristiane nel mondo, mantengono un' opposizione di principio all'aborto legale, ma praticano una cooperazione di fatto, tipica della loro specifica razionalità e della scelta per il minor danno, al fine di portare l'aborto al grado zero senza porre come pregiudiziale l'abolizione del permesso legale di abortire, a certe condizioni tra le quali non deve esserci né c'è il delirio eugenetico recente, per le donne che rifiutano la maternità.
Come la moratoria per la pena di morte alle Nazioni Unite non rende illegale la pena di morte dove è praticata (è «non binding», non obbligante), la moratoria per l'aborto, cioè il riconoscimento che la vita è tale «dal concepimento alla morte naturale», non sospende la legalità dell'aborto come soluzione eccezionale e come male minore rispetto all'aborto clandestino. Si tratta di mandare in Parlamento un gruppo di pressione che, su un tema centrale dell'esistenza moderna, abbia lo specifico mandato politico di promuovere la battaglia contro l'aborto e per la vita in tutto l'arco della sua manifestazione, che è cosa diversa dall'abrogazione delle leggi che oggi regolano l'interruzione di una gravidanza. Come in molti affermano, oggi la lotta culturale e civile contro l'aborto indifferente e eugenetico la si può e la si deve fare applicando integralmente e severamente quelle leggi, e laicamente cambiandole dove non funzionano.
Quelle leggi non prevedevano un miliardo e più di aborti in trent'anni, cinquanta milioni di aborti l'anno, cinque milioni di aborti solo in Italia.

Furono approvate, con l'opposizione dei radicali che volevano abrogarle, per prevenire l'aborto, tutelare socialmente la maternità e combattere il fenomeno dell'aborto clandestino. Non era intenzione del legislatore che l'aborto divenisse un metodo di contraccezione, una convenzione riverita e accettata per comodità dalla cultura eminentemente maschile, salvo definirla un «dramma» quando occorre sedurre l'elettorato femminile, mentre si abbandonano alla solitudine e allo squallore dell' aborto le donne in carne ed ossa, come è avvenuto nel caso scandaloso di Napoli.

Ripeto sempre che ho già vinto queste elezioni. Che uno scrittore cattolico rifletta nuovamente con lo sguardo di un Claudio Magris sul fenomeno; che uno scrittore liberale come Ostellino ripeta che sul piano etico l'aborto è «un omicidio», e che vita e libertà sono entrambe fattori non negoziabili nella cultura laica moderna; che il dibattito ferva e in tutti i partiti e gli ambienti sia in atto una corsa al «tagliando della legge 194», mentre il pensiero più responsabile del femminismo e dell'area laica si interroga su quel qualcosa che non ha funzionato in questi trent'anni: tutto questo è per me motivo di gioia intellettuale e civile, e rende ai miei occhi utile la fatica vitale che metto nel tentare di fare qualcosa di giusto, al momento giusto.

© Copyright Corriere della sera, 23 febbraio 2008

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