24 febbraio 2008

Secondo Zizola l'interventismo dividerebbe la Chiesa...


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L'interventismo divide la Chiesa

di Giancarlo Zizola

Il ritorno in forze della Chiesa sulla scena elettorale,sia in Spagna che in Italia, ha reso meno rituale il tradizionale ricevimento celebrativo dei Patti Lateranensi lo scorso 19 febbraio a Palazzo Borromeo, sede dell'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede, un porto franco fra le due rive del Tevere, utile al loro dialogo soprattutto in momenti di tensione come l'attuale.
Non si può negare che la Chiesa cattolica vada assumendo un ruolo più esplicito che in passato nella mischia politica italiana. Di fatto il suo potere di interdizione ha concorso a bloccare progetti di legge qualificanti nel programma del governo Prodi,ad esempio sulle coppie di fatto e sul testamento biologico.
L'attivismo del cardinale Ruini nel surriscaldare i temi esplosivi della bioetica e favorire la formazione di un partito dei cattolici al centro ha dato l'impressione di funzionare per una strategia più generale di riconquista neoguelfa nei confronti delle istituzioni democratiche fino a circoscrivere la sovranità del parlamento nella legislazione su materie sensibili,definite a priori "non negoziabili".
Il popolo del Family day è stato riconvocato a scendere in piazza in 134 città italiane dai primi di marzo, una mobilitazione permanente programmata fino al 15 maggio, giornata internazionale della famiglia, quando ad una manifestazione a Roma parteciperanno anche le principali associazioni europee del "cartello delle famiglie".
Lo scopo di questa agitazione è di esercitare ogni pressione possibile sui candidati per una politica fiscale più favorevole alla famiglia.
Nella cupola vaticana,il cardinale Vicario di Roma appare fra i più convinti assertori della convenienza di contrastare la temuta scomparsa pubblica del cristianesimo gettando nella fornace mediatica e nel tumulto politico l'immagine d'una Chiesa di piazza. Non importa se questo paradigma di cattolicesimo dimostrativo riveli, per il solo fatto della sua esibizione, la sua debolezza interiore. Si tende a rimuovere il monito caro ad Antonio Rosmini, di recente beatificato,secondo il quale la sovrapposizione del potere religioso e del potere politico snatura la Chiesa e ne infirma la missione.
Ciò che ha colto di sorpresa molti in queste iniziative indiscrete è stato anche il fatto che la Chiesa, o una sua parte eminente, pur sapendo di disporre di una radicatae autorevole presenza associativa nel tessuto della società civile, con la rete delle parrocchie e soggetti forti come "Comunione e Liberazione", la Comunità di Sant'Egidio,il Volontariato diffuso, l'Azione Cattolica, i Movimenti per la Vita eccetera, non abbia resistito alla tentazione neo-costantiniana di cercarsi un ulteriore e specifico influsso politico-culturale, nella forma spuria di una partnership del potere politico,quasi di un nuovo braccio secolare. Tuttavia sembra difficile affermare che la tendenza all'espansionismo politico di settori della gerarchia ecclesiastica sia la sola e definitiva opzione strategica della politica vaticana e che essa si imponga univocamente senza incontrare al vertice delle obiezioni, se non alternative di linea. Anche in Vaticano si avverte il rischio che le invasioni di campo gerarchiche possano essere foriere di contraccolpi sui rapporti futuri tra istituzioni laiche e quelle religiose.
Un editoriale della rivista dei gesuiti "Civiltà Cattolica" sull'incidente della Sapienza ha indicato «il pericolo di innalzare steccati,da una parte e dall'altra, anziché liberamente e criticamente confrontarsi».
Una nota dell'Osservatore Romano dedicata all'anniversario del Concordato sottolineava l'11 febbraio che la sovranità dello Stato non si estende al terreno religioso, aggiungendo un solo avverbio: «E viceversa». Un richiamo evidentemente mirato agli attori di uno straripamento della sfera religiosa su quella politica.
Non era evidentemente bastata la direttiva formale del cardinale Bertone nella lettera al nuovo capo della Cei, cardinale Bagnasco, di dedicarsi ai compiti spirituali, pastorali e formativi propri della Chiesa lasciando alla Segreteria di Stato vaticana la gestione dei rapporti con lo Stato e con i partiti.
Una linea non sempre né da tutti rispettata, se il cardinale segretario di Stato, che quella missiva aveva firmato, si era dovuto lamentare pubblicamente della "sordità" di alcuni suoi colleghi di porpora. Una opzione tuttavia che ha coperture le più autorevoli: basterebbe ricordare la raccomandazione di Giovanni Paolo II al convegno ecclesiale di Palermo nel 1995, allorché aveva assicurato ai cattolici italiani all'indomani dell'affondamento della Dc: «La Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito,come del resto non esprime preferenze per l'una o per l'altra soluzione istituzionale o costituzionale che sia rispettosa della autentica democrazia ». Un orientamento ripreso da Benedetto XVI nell'enciclica sul Dio amore, col rifiuto delle commistioni della Chiesa con la politica dello Stato.

© Copyright Il Sole 24 Ore, 23 febbraio 2008

Capisco che sia comodo, consolante e consolatorio pensare e scrivere che la Chiesa Cattolica e' divisa, ma la realta' e' un'altra: non si tratta di interventismo ma di giusto richiamo ai valori cristiani. O forse si nega alla Chiesa il diritto di parlare? Attenzione! E' autogol...vedasi l'odioso "caso" Sapienza...
R.

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